Art. 649 – Codice penale – Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:
1) del coniuge non legalmente separato [150-151];
1-bis) della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso;
2) di un ascendente o discendente [540; 75] o di un affine in linea retta [78], ovvero dell'adottante o dell'adottato [291];
3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.
I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato o della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui sia stata manifestata la volontà di scioglimento dinanzi all'ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll'autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell'affine in secondo grado con lui conviventi [78].
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 33856/2024
Non opera il divieto di "bis in idem", in caso di procedimento penale per il reato di peculato nei confronti del notaio che si sia appropriato delle somme versate dai clienti per adempiere l'imposta di registro, dopo l'irrogazione nei confronti del medesimo delle sanzioni amministrative per l'omesso versamento di detta imposta. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi - condotta, evento, nesso causale - e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona).
Cass. civ. n. 29188/2024
La preclusione derivante dal giudicato formatosi sul medesimo fatto, risolvendosi in un "error in procedendo", è deducibile nel giudizio di cassazione a condizione che la decisione della relativa questione non comporti la necessità di accertamenti di fatto, nel qual caso la stessa deve essere proposta al giudice dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 23954/2024
In tema di sequestro preventivo, la riqualificazione giuridica del fatto, da parte dal tribunale del riesame, in termini diversi da come contestato nell'incolpazione formulata dal pubblico ministero e recepita nel provvedimento genetico, non determina la mutazione dello stesso, né comporta l'illegittimità del provvedimento, conservando l'anzidetto giudicante, in una fase fluida come quella delle indagini preliminari, il potere-dovere di accedere, pur nei limiti degli elementi dedotti nella richiesta, all'inquadramento giuridico ritenuto più appropriato. (Fattispecie in cui la Corte ha giudicato immune da censure la riqualificazione in termini di riciclaggio, effettuata in sede di impugnazione cautelare, di un fatto originariamente contestato come ricettazione).
Cass. civ. n. 23216/2024
In tema di ricorso per cassazione, è deducibile quale violazione di legge il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione con reato già giudicato quando la relativa questione sia divenuta attuale solo all'esito del giudizio di appello. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di appello che, nel ritenere coperta da precedente giudicato parte della condotta di cui all'art. 570 bis cod. pen. ascritta all'imputato, lo aveva condannato per quella ascritta al periodo successivo senza valutare la continuazione con il reato già giudicato).
Cass. civ. n. 20245/2024
In tema di misure cautelari reali, il principio del "ne bis in idem" non preclude al pubblico ministero, in pendenza dei termini per proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di annullamento di un decreto di sequestro preventivo e prima del deposito della relativa motivazione, di richiedere l'adozione di un nuovo vincolo cautelare sui medesimi beni, a condizione che lo stesso si determini a non coltivare il rimedio impugnatorio, in quanto la contemporanea pendenza delle due iniziative cautelari contrasta con il divieto di "bis in idem". (In motivazione, la Corte ha chiarito che la verifica della litispendenza deve avvenire, con giudizio "ex post", al momento in cui è assunta la seconda iniziativa cautelare, con conseguente annullamento del secondo provvedimento per violazione dell'anzidetta regola processuale in caso di riscontrata coesistenza delle due iniziative).
Cass. civ. n. 17641/2024
L'esimente prevista dall'art. 649 cod. pen. trova applicazione anche in relazione al delitto di autoriciclaggio, atteso che esso, pur se posto a salvaguardia dell'ordine economico, è diretto a tutelare anche il patrimonio.
Cass. civ. n. 17014/2024
In tema di divieto di "bis in idem", l'identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona, sicché non opera il suddetto divieto nel caso di sentenza irrevocabile di condanna per associazione mafiosa e di altro procedimento intentato per associazione di narcotraffico finalizzata all'agevolazione del medesimo clan mafioso.
Cass. civ. n. 15125/2024
In tema di misure cautelari reali, l'annullamento di un decreto di sequestro preventivo per totale assenza di motivazione in ordine al "periculum in mora" non osta all'emissione, nei confronti della medesima persona, di un nuovo vincolo avente ad oggetto lo stesso bene, posto che il giudicato cautelare non si forma nel caso in cui, in sede di annullamento, non sia stata espressa alcuna valutazione, pur se solo incidentale o implicita, circa i presupposti richiesti per l'emissione della misura.
Cass. civ. n. 10245/2024
In tema di impugnazioni cautelari reali, la preclusione del giudicato cautelare, derivante da una precedente pronuncia del tribunale del riesame sul disposto sequestro preventivo, concerne le sole questioni dallo stesso trattate, in quanto formalmente dedotte, nonché quelle con queste ultime inscindibilmente connesse, essendo preordinata ad evitare ulteriori interventi giudiziari in assenza di una modifica della situazione di riferimento, sicché può essere superata solo laddove intervengano elementi nuovi che alterino il quadro precedentemente definito.
Cass. civ. n. 9375/2024
La revoca della misura cautelare inflitta al magistrato, una volta formatosi il c.d. "giudicato cautelare" in ordine ai fatti contestati e alla loro gravità, presuppne l'esplicita considerazione di elementi caratterizzati da novità, che non siano già stati oggetto di apprezzamento, neppure su un piano di derivazione logica da quelli già esaminati in sede di applicazione della misura o di sua impugnazione, e che, valutati unitariamente, siano idonei a suffragare l'affievolimento delle esigenze cautelari, non rilevando ex se il mero decorso del tempo.
Cass. civ. n. 8669/2024
La preclusione processuale determinata dal cosiddetto "giudicato cautelare" opera solo nel caso in cui via sia stato un effettivo apprezzamento, in fatto o in diritto, del materiale probatorio e dell'imputazione provvisoria, non conseguendo, invece, tale effetto alle decisioni che definiscono l'incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente procedurali. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale il tribunale del riesame aveva ritenuto operante la preclusione in relazione all'impugnazione di un'ordinanza applicativa di misura cautelare personale in quanto preceduta da altra impugnazione proveniente dal medesimo indagato, inoltrata a mezzo di posta elettronica e dichiarata inammissibile per mancanza della firma digitale del difensore).
Cass. civ. n. 5887/2024
Sussiste concorso materiale, e non assorbimento, tra il delitto di rapina e quello di danneggiamento, nel caso in cui l'alterazione, il deterioramento o la distruzione del luogo di custodia di un bene sia seguito dalla violenza alla persona, posto che solo il furto semplice, e non anche quello aggravato dalla violenza sulle cose, costituisce elemento costitutivo del delitto di rapina. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la contestazione dei reati di tentata rapina impropria e di danneggiamento a fronte della condotta di un imputato che, dopo avere infranto il deflettore di un'autovettura, tentava di impossessarsi di una sacca custodita al suo interno, non riuscendovi per l'intervento della persona offesa, nei cui confronti usava, poi, violenza onde assicurarsi l'impunità).
Cass. civ. n. 4193/2024
E' configurabile il delitto di autoriciclaggio anche nel caso in cui il delitto presupposto non è punibile, ex art. 649 cod. pen., in ragione della qualità soggettiva del suo autore, essendo sufficiente la dimostrazione che il bene sia stato appreso, in origine, con condotta oggettivamente illecita, purché i vincoli che rendono operativa l'esimente, ove di natura civile (matrimonio, unione civile), siano rescissi nel momento in cui il delitto derivato è commesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente il "fumus" del delitto di autoriciclaggio sul rilevo che il trasferimento di un quadro illecitamente appreso era avvenuto quando il vincolo matrimoniale era già stato sciolto).
Cass. civ. n. 3613/2024
In tema di ordinamento professionale, non esiste un divieto di instaurazione di un secondo procedimento per il medesimo fatto, sia in quanto non trova applicazione analogica l'art. 649 c.p.p. (divieto di un secondo giudizio), avendo la sanzione disciplinare finalità, intensità ed ambiti di applicazione diversi dalla sanzione penale, sia perché nessuna preclusione opera laddove sia ravvisabile un concorso reale di norme sanzionatorie, che si verifica quando la condotta materiale contestata, pur essendo la stessa, integri una pluralità di illeciti in relazione alla diversità degli interessi tutelati. (Nel caso di specie, la S.C., in considerazione della natura plurioffensiva della condotta contestata, ha confermato la legittimità della duplice sanzione della interdizione dalle professioni di odontoiatra e di medico, applicata dai rispettivi albi professionali nei confronti di un medico chirurgo odontoiatra per avere agevolato l'esercizio abusivo della professione medica da parte di soggetto non abilitato).
Cass. civ. n. 49651/2023
In tema di tentata estorsione in danno di congiunti, la procedibilità a querela prevista dall'art. 649 cod. pen. trova applicazione anche nel caso in cui le condotte minacciose siano attuate mediante violenza sulle cose. (Fattispecie in cui l'imputato aveva danneggiato l'autovettura della sorella non convivente).
Cass. civ. n. 48796/2023
In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, ove l'indennizzo sia già stato riconosciuto rispetto al medesimo periodo o ad una frazione di esso, non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità l'intervenuta formazione del giudicato, nel caso in cui essa sia precedente alla pronunzia dell'ordinanza impugnata.
Cass. civ. n. 45850/2023
Il rigetto della misura di prevenzione patrimoniale non ha effetto preclusivo di un successivo procedimento per la confisca ex art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356, avente ad oggetto gli stessi beni ed in danno della medesima persona, nel quale siano dedotti fatti nuovi o siano valutati fatti non rilevanti nel giudizio di prevenzione, comportando solo l'onere di una più rigorosa motivazione circa la sussistenza dei presupposti del provvedimento.
Cass. civ. n. 42172/2023
La definitività del provvedimento di revoca, in sede penale, di una misura patrimoniale già disposta, ai sensi dell'art. 240-bis cod. pen., impedisce, in mancanza di fatti nuovi, l'adozione di un decreto di confisca nel procedimento di prevenzione avente a oggetto i medesimi beni, a condizione che la decisione si riferisca agli accertamenti in fatto relativi ai presupposti applicativi comuni.
Cass. civ. n. 41380/2023
Nel caso di litispendenza tra due procedimenti per lo stesso fatto e a carico della stessa persona, avanti ad uffici diversi, non opera, con riferimento all'azione penale esercitata nel secondo procedimento, la preclusione del "ne bis in idem", in quanto si tratta di una situazione che deve essere regolata dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza.
Cass. civ. n. 39498/2023
In tema di divieto di "bis in idem", l'emissione di una sentenza o di un decreto penale di condanna non è preclusa dall'esistenza, per il medesimo fatto, di un precedente decreto di archiviazione ex art. 131-bis cod. pen., non essendo quest'ultimo un provvedimento suscettibile di esecuzione o di conseguire l'irrevocabilità.
Cass. civ. n. 33988/2023
In tema di misure cautelari reali, il principio del "ne bis in idem" non preclude l'emissione di un nuovo provvedimento di sequestro preventivo sui medesimi beni rispetto ai quali il vincolo, precedentemente disposto, sia stato annullato a seguito di impugnazione, nel caso in cui non siano state ancora depositate le motivazione dell'ordinanza di annullamento. (In motivazione, la Corte ha precisato che, finché non sono conoscibili le argomentazioni della decisione di annullamento del provvedimento impositivo, non sussistono preclusioni derivanti dal cd. "giudicato cautelare").
Cass. civ. n. 32918/2023
La contestazione al medesimo soggetto, ora come singolo, ora come concorrente, di uno stesso fatto di reato non ne muta la struttura e le caratteristiche di accadimento di vita e non consente di sottrarsi all'operatività del divieto di secondo giudizio.
Cass. civ. n. 30802/2023
Non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario e pertanto non si deve integrare il contraddittorio con la chiamata in causa di tutti i coeredi, quando si domandi la consegna di beni legati in vari testamenti nei confronti di quel coerede in possesso dei beni legati, in quanto unico tenuto alla loro consegna, non essendo lo status di erede l'oggetto del giudizio, ma il rilascio dei beni legati nel possesso di un determinato coerede.
Cass. civ. n. 24964/2023
In tema di esecuzione, il conflitto di giudicati determinato dalla coesistenza, nei confronti dello stesso soggetto e per il medesimo fatto, di una sentenza di condanna e di una sentenza di proscioglimento che abbia dichiarato la prescrizione del reato verificatasi dopo l'irrevocabilità della prima decisione, deve essere risolto con la prevalenza della sentenza di condanna, la cui irrevocabilità preclude la formazione della causa estintiva per il principio di consumazione del potere di esercizio dell'azione penale. (In motivazione, la Corte ha precisato che deve trovare applicazione la disciplina di cui all'art. 669, comma 8, cod. proc. pen. e non quella diversa di cui all'art. 649 cod. proc. pen., avente la finalità di prevenire il contrasto di giudicati nella fase di cognizione).
Cass. civ. n. 24256/2023
In tema di giudicato cautelare, la preclusione conseguente alle pronunzie emesse nel procedimento incidentale di impugnazione ha una portata più ristretta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, coprendo solo le questioni dedotte ed effettivamente decise ed essendo limitata allo stato degli atti, sicché l'allegazione di un mutamento della situazione processuale impone un nuovo esame della vicenda. (Fattispecie relativa a impugnazione del decreto reiettivo della richiesta di sequestro preventivo impeditivo, in cui la Corte ha ritenuto che la declaratoria di inammissibilità, per tardività, del precedente ricorso del pubblico ministero avverso il provvedimento di diniego della convalida del sequestro preventivo disposto in via d'urgenza non potesse precludere la rivalutazione della vicenda, in ragione degli elementi di novità addotti dagli inquirenti, idonei a dimostrare la permanenza del reato).
Cass. civ. n. 21882/2023
La sentenza passata in giudicato preclude un secondo giudizio solo nei confronti della medesima persona e per il medesimo fatto cui la pronuncia si riferisce, sicché, in caso di differente processo nei confronti di imputato diverso, non è precluso al giudice di accertare nuovamente il medesimo fatto storico, che potrà ritenere commesso con diverse modalità o perfino inesistente, mancando il requisito del "medesimo imputato".
Cass. civ. n. 20277/2023
In tema di trattamento sanzionatorio, non viola il principio del "ne bis in idem" la valutazione dell'ingente quantitativo della sostanza stupefacente effettuata anche ai fini della determinazione della pena, ove sia stata ritenuta configurabile la circostanza aggravante di cui all'art. 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 390, e valutata in termini di subvalenza nel giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti. (In motivazione, la Corte ha sottolineato che, diversamente, si farebbe luogo ad una "interpretatio abrogans" del generale criterio di graduazione del trattamento sanzionatorio tra il minimo e il massimo edittale previsto per il reato per cui si procede).
Cass. civ. n. 20045/2023
In tema di "bis in idem" cautelare, dopo che il giudice della cognizione del procedimento principale asseritamente preclusivo abbia consentito al pubblico ministero di "chiudere" la contestazione "aperta" del reato associativo, così accettando la delimitazione temporale del "thema decidendum", il giudice del subprocedimento cautelare non può sindacare quella decisione - allo stato esistente ed efficace, ancorché non irrevocabile - né eventualmente disapplicarla in via incidentale per affermare che il primo processo abbraccia un ulteriore periodo di tempo rispetto a quello ritenuto dal giudice della cognizione, poiché compete a quest'ultimo evitare eventuali abusi e verificare che la perimetrazione dell'imputazione non si traduca in un'inammissibile ritrattazione dell'azione penale.
Cass. civ. n. 16760/2023
In tema di condizioni di procedibilità, con riguardo ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, la disciplina transitoria di cui all'art. 12, comma 2, del citato d.lgs., che, in caso di procedimento pendente, prevede l'avviso alla parte lesa per l'eventuale esercizio del diritto di querela, trova applicazione anche in relazione alla persona offesa che abbia precedentemente manifestato la volontà di punizione oltre il termine di cui all'art. 124 cod. pen., atteso che la valutazione in ordine alla condizione di procedibilità è ancorata al momento dell'entrata in vigore del nuovo regime normativo, a nulla rilevando eventuali irregolarità della querela afferenti a un momento procedimentale anteriore, in cui la stessa non era richiesta ai fini della procedibilità.
Cass. civ. n. 13817/2023
In materia di misure cautelari reali, la preclusione del giudicato cautelare non opera nel caso in cui, annullato il provvedimento di sequestro probatorio di una somma di denaro per vizi formali (nella specie, per difetto di notifica della decisione del riesame), sia nuovamente disposto, sulla base dei medesimi elementi, il sequestro ai sensi dell'art. 240-bis cod. pen. (In motivazione la Corte ha precisato che il giudicato cautelare non si forma pur quando in sede di annullamento per vizio formale del primo provvedimento il giudice abbia affermato l'insussistenza del "fumus" del reato).
Cass. civ. n. 12745/2023
In tema di giudicato cautelare, la preclusione processuale conseguente alle pronunce emesse, all'esito del procedimento incidentale di impugnazione, dalla Corte di cassazione o dal Tribunale in sede di riesame o di appello è di portata più ridotta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, sia perché limitata allo stato degli atti, sia perché non copre le questioni deducibili, ma solo le questioni dedotte e decise, ancorché implicitamente, nel procedimento di impugnazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari personali.
Cass. civ. n. 9479/2023
decreto ingiuntivo non opposto - Profili deducibili - Sospensione dell'esecutorietà del d.i. - Condizioni - Principio enunciato ex art. 363, comma 3, c.p.c.. Ai fini del rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti riconosciuti al consumatore dalla direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive dei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore, e dalle sentenze della CGUE del 17 maggio 2022, l'opposizione tardiva (ex art. 650 c.p.c.) al decreto ingiuntivo non motivato in ordine al carattere non abusivo delle clausole del contratto fonte del diritto azionato in via monitoria può riguardare esclusivamente il profilo di abusività di dette clausole; conseguentemente, il giudice dell'opposizione ha il potere (ex art. 649 c.p.c.) di sospendere, in tutto o in parte, l'esecutorietà del provvedimento monitorio a seconda degli effetti che l'accertamento sull'abusività delle clausole negoziali potrebbe comportare sul titolo giudiziale.
Cass. civ. n. 8605/2023
Non configura un'ipotesi di inammissibilità ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen. la riproposizione di una richiesta di remissione del debito susseguente alla declaratoria d'inammissibilità o al rigetto di una precedente, a condizione che si deducano questioni giuridiche nuove o nuovi elementi di fatto, anche preesistenti, sempreché diversi da quelli valutati dal giudice che ha emesso il primo provvedimento.
Cass. civ. n. 4092/2023
Il diritto di abitazione spettante al coniuge ex art. 540 c.c. è opponibile al creditore che abbia pignorato, in danno di un coerede, una quota indivisa della proprietà dell'immobile, anche se non sia stato trascritto (o lo sia stato successivamente all'iscrizione ipotecaria e alla trascrizione del pignoramento), trattandosi di diritti diversi e concettualmente compatibili e non verificandosi, quindi, la situazione di conflitto tra acquirenti dal medesimo autore di diritti tra loro incompatibili, presupposto per l'applicazione dell'art. 2644 c.c., con la conseguenza che, in tal caso, oggetto della procedura esecutiva deve ritenersi il diritto di nuda proprietà (o, quanto meno, il diritto di proprietà limitato dal suddetto diritto reale di godimento).
Cass. pen. n. 22930/2023
La minaccia o la mera violenza psichica non escludono la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola derogatoria prevista dall'art. 649, comma terzo, cod. pen., opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica.
Cass. pen. n. 23060/2021
In tema di reati contro il patrimonio, il rapporto di affinità tra autore e vittima del reato che fonda la causa di non punibilità ovvero la procedibilità a querela di cui all'art. 649 cod. pen. non opera allorché sia morto il coniuge da cui l'affinità stessa deriva e non vi sia prole.
Cass. pen. n. 33614/2020
In tema di tentata estorsione in danno di congiunti commessa con minaccia, la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 cod. pen. trova applicazione anche quando le condotte minacciose siano attuate mediante violenza sulle cose.
Cass. pen. n. 26619/2018
I reati consumati di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione sono esclusi dall'area di applicabilità della previsione dell'art. 649 cod. pen., pur se posti in essere senza violenza alle persone, bensì con la sola minaccia. (In motivazione, la Corte ha precisato che la causa di non punibilità per "ogni altro diritto contro il patrimonio" commesso con minaccia alle persone si applica solo alle ipotesi diverse da quelle nominativamente previste, rispetto alle quali non è richiamata la distinzione tra minaccia e violenza).
Cass. pen. n. 26020/2018
La causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 649, comma primo, n. 1, cod. pen. è operativa anche nei confronti di coniugi "riconciliati" pur se al momento della commissione del fatto non sia ancora intervenuta la sentenza di riconciliazione, poiché essa determina la cessazione degli effetti della precedente separazione omologata, non già con effetto "ex nunc" ma a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale della vita coniugale, considerato che, ai sensi dell'art.157 cod. civ., i coniugi possono far cessare gli effetti della sentenza di separazione anche con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato di appropriazione indebita, applicando il principio e ritenendo configurabile l'esimente a fatti commessi quando la riconciliazione tra i coniugi era già intervenuta di fatto).
Cass. pen. n. 26533/2017
L'esimente di cui all'art. 649, comma primo, n. 1, cod. pen., viene meno soltanto per effetto della pronuncia della sentenza che conclude il procedimento instaurato con l'azione di separazione legale tra i coniugi, essendo irrilevante l'eventuale separazione di fatto (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso il decreto di archiviazione emesso dal gip per il reato di cui all'art. 646 cod. pen. avvenuto tra coniugi non separati).
Cass. pen. n. 1674/2017
Nell'ipotesi di estorsione commessa in danno del proprio coniuge, non opera la causa di non punibilità di cui all'art. 649, primo comma, c.p. sia che il reato sia stato commesso con violenza o con minaccia. (Nella fattispecie si trattava di una serie di minacce eseguite dall'imputata, sia personalmente che tramite sms, nei confronti del marito, dal quale si stava separando legalmente, con la prospettiva che se non le avesse concesso quanto da lei richiesto avrebbe continuato a molestarlo durante il servizio, in modo tale da indurre il datore di lavoro a licenziarlo, facendosi, in tal modo, consegnare somme di denaro in misura maggiore rispetto a quelle stabilite nel provvedimento di separazione legale).
Cass. pen. n. 53631/2016
La disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 649 cod. pen., che esclude l'operatività della causa di non punibilità prevista per i reati contro il patrimonio commessi fra determinate categorie di familiari quando vi sia stato impiego di violenza alla persona, si applica anche ai delitti tentati e non solo a quelli consumati. (Fattispecie in tema di tentativo di estorsione ai danni della madre dell'imputato).
Cass. pen. n. 1381/2015
I presupposti per la declaratoria della causa di non punibilità prevista per il coniuge dall'art. 649, comma primo, n. 1, c.p., devono sussistere al momento della commissione del fatto e, pertanto, non assume rilevanza il matrimonio contratto tra l'imputato e la persona offesa dopo la consumazione del reato.
Cass. pen. n. 32354/2013
La minaccia o la mera violenza psichica non esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola negativa prevista dall'art. 649, terzo comma, c.p., opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica. (Fattispecie in tema di tentata estorsione commessa con minacce ai danni del coniuge convivente).
Cass. pen. n. 34866/2011
L'operatività dell'esimente di cui all'art. 649, comma primo, n. 1, c.p. per i delitti contro il patrimonio viene meno non con l'ordinanza presidenziale che autorizza in via provvisoria i coniugi a vivere separatamente, ma soltanto per effetto della pronuncia della sentenza che conclude il procedimento instaurato con l'azione di separazione legale tra i coniugi.
Cass. pen. n. 18273/2011
Il tentativo di estorsione commesso con minaccia in danno del genitore non è punibile ex art. 649 c.p..
Cass. pen. n. 28686/2010
La causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p. non si applica all'estorsione commessa con violenza verso i congiunti indicati in tale disposizione neanche se il delitto sia stato solo tentato.
Cass. pen. n. 19668/2010
In tema di reati contro il patrimonio, il rapporto di affinità tra autore e vittima del reato che fonda la causa di non punibilità ovvero la procedibilità a querela di cui all'art. 649 c.p. non opera allorché sia morto il coniuge da cui l'affinità stessa deriva e non vi sia prole.
Cass. pen. n. 17261/2010
La causa di non punibilità di cui all'art. 649 c.p. non è applicabile nell'ipotesi in cui la cosa sottratta appartenga a persona diversa dal congiunto, il quale ne abbia soltanto la custodia, anche temporanea ed a qualsiasi titolo.
Cass. pen. n. 44047/2009
La causa soggettiva di esclusione della punibilità prevista per il coniuge dall'art. 649 c.p. non si estende al convivente "more uxorio". (Fattispecie di ricettazione di assegno bancario il cui smarrimento era stato denunciato dal convivente "more uxorio" della persona offesa all'epoca del fatto)
Cass. pen. n. 39008/2009
I reati consumati di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione restano esclusi dall'operatività della previsione dell'art. 649 c.p., pur se posti in essere senza violenza alle persone.
Cass. pen. n. 32190/2009
Non è punibile il furto commesso in danno del convivente "more uxorio", ma è punibile, a querela dell'offeso, il furto commesso in danno di persona già convivente "more uxorio". (In motivazione, la Corte ha precisato che la prevalenza dell'interesse alla riconciliazione rispetto a quello alla punizione del colpevole, posto a fondamento della causa soggettiva di esclusione della punibilità di cui all'art. 649 c.p., ricorre anche con riguardo ai soggetti che siano, o siano stati, legati da un vincolo non matrimoniale, ma ugualmente caratterizzato da una convivenza tendenzialmente duratura, fondata sulla reciproca assistenza e su comuni ideali e stili di vita).
Cass. pen. n. 26386/2009
In tema di furto, la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p.. ha natura personale, con la conseguenza che non si estende all'eventuale concorrente.
Cass. pen. n. 19651/2007
In tema di delitti contro il patrimonio, la causa di non punibilità per fatti in danno dei congiunti non trova applicazione nei casi in cui siano commessi con violenza fisica, consistente in qualsiasi atteggiamento di coartazione della libertà fisica del soggetto passivo, costretto pertanto a fare, tollerare o omettere qualche cosa, indipendentemente dall'esercizio su di lui di un vero e proprio costringimento fisico. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di non convalida del fermo, motivata anche con la mancanza del requisito della violenza fisica, per il fatto commesso da un soggetto che, per procurarsi un ingiusto profitto, aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere i genitori a consegnargli la somma di denaro di euro 100, scagliando contro costoro vari oggetti dopo averli ripetutamente minacciati di morte).
Cass. pen. n. 41317/2006
Non è applicabile l'esimente di cui all'art. 649 c.p. (fatti commessi in danno di congiunti), al reato di illecito uso di una tessera bancomat (di cui all'art. 12 D.L 3 maggio 1991, convertito in L. 5 luglio 1991, n. 197), nel caso in cui tale uso sia stato effettuato con carta di credito appartenente al coniuge separato di fatto, considerato che il reato di cui al suddetto art. 12 L. n. 197 del 1991 ha natura plurioffensiva avendo di mira la tutela del patrimonio e insieme della sicurezza dei traffici finanziari e commerciali e, pertanto, una dimensione lesiva che trascende il mero patrimonio individuale per estendersi, in modo più o meno diretto, a valori riconducibili all'ambito dell'ordine pubblico, economico e della fede pubblica; ne consegue che esso confligge con la ratio della previsione di cui all'art. 649 c.p., la quale concerne esclusivamente i delitti contro il patrimonio e ha natura eccezionale che ne preclude l'applicazione in via analogica.
Cass. pen. n. 16023/2005
La minaccia o la mera violenza psichica non esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno di prossimi congiunti (art. 649, commi primo e secondo, c.p.), in quanto la clausola negativa prevista dall'art. 649, comma terzo, opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica.
Cass. pen. n. 20110/2002
L'art. 649, comma 3, c.p., nella parte in cui esclude l'operatività delle disposizioni di favore contenute nei commi precedenti in materia di reati contro il patrimonio commessi in danno di prossimi congiunti quando trattasi di delitti caratterizzati da «violenza alle persone», intende riferirsi, con detta ultima espressione, alla sola violenza fisica e non anche a quella psichica, estrinsecantesi nella minaccia. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato escluso che fosse da qualificare come «violenza» quella costituita dalla minaccia portata con un coltello dall'autore del fatto, rubricato come tentativo di estorsione, nei confronti della madre, persona offesa).
Cass. pen. n. 22628/2001
In tema di reati contro il patrimonio commessi in danno di congiunti, la causa di non punibilità e la condizione di non procedibilità di cui ai commi primo e secondo dell'art. 649 c.p. si applicano anche alle ipotesi tentate dei delitti di cui agli artt. 628, 629 e 630 c.p., che non siano commesse con violenza alle persone.
Cass. pen. n. 8034/1997
Il soggetto passivo del delitto di circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.), titolare del diritto di querela nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 649 c.p. (fatti commessi a danno di congiunti), è soltanto l'incapace — ossia il soggetto che abbia subito la circonvenzione — quale portatore dell'interesse tutelato dalla norma incriminatrice, e non anche il terzo che abbia subito danni in conseguenza degli atti dispositivi posti in essere dall'incapace medesimo; il terzo, infatti, riveste solo la qualità di persona danneggiata dal reato ed è pertanto, come tale, legittimato solamente ad esercitare l'azione civile ai sensi dell'art. 2043 c.c.
Cass. pen. n. 8470/1995
Non è punibile il tentativo di estorsione (artt. 56, 629 c.p.) commesso con minaccia in danno del coniuge; nella specie deve trovare applicazione, infatti, la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p., in quanto le ipotesi criminose che rimangono escluse dalla sua operatività concernono solamente, da un lato, i delitti consumati — dai quali necessariamente si distinguono, per la loro autonomia, le rispettive forme tentate — di cui agli artt. 628, 629 e 630 c.p.; e, dall'altro, tutti i delitti contro il patrimonio anche tentati ma commessi con violenza, con l'esclusione quindi di ogni rilevanza, al fine che interessa, di quelli commessi con minaccia.
Cass. pen. n. 3542/1995
La disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 649 c.p., che esclude l'operatività della causa di non punibilità prevista per i reati contro il patrimonio commessi fra determinate categorie di familiari quando vi sia stato impiego di violenza alla persona, si applica anche ai delitti tentati e non solo a quelli consumati. (Fattispecie in tema di tentativo di rapina ai danni del coniuge).
Cass. pen. n. 8384/1991
Allorquando la non punibilità o la punibilità «a querela» (art. 649 c.p.) del reato presupposto si riferisce alla particolare qualità (coniuge, ascendente, discendente, affine, fratello, sorella...) della persona offesa, sussiste ugualmente il delitto di ricettazione, poiché sono presenti tutti gli elementi costitutivi del «reato presupposto», alla cui realizzazione possono concorrere soggetti privi delle qualità personali, in presenza delle quali è prevista la «non punibilità» ovvero la «punibilità a querela». (Fattispecie relativa a rigetto di ricorso con il quale si deduceva che essendo il reato presupposto [furto commesso in danno di sorella] perseguibile a querela, non proposta, non avrebbe dovuto ritenersi sussistente il delitto di ricettazione).
Cass. pen. n. 8428/1988
Il fondamento della causa di non punibilità di cui all'art. 649 c.p. è costituito dalle ragioni di carattere morale e sociale che connotano i rapporti fra certe categorie di familiari riguardo ai beni materiali ed in vista delle quali si è esclusa o condizionata a querela la punibilità di alcuni reati. L'espressa esclusione della rapina, dell'estorsione e del sequestro di persona è poi giustificata dalla necessità di reprimere l'impiego della violenza fisica o psichica contro le persone; l'esclusione deve comprendere anche il tentativo di questi delitti perché anche in esso ricorre l'impiego della violenza.
Cass. pen. n. 13268/1986
La violenza alle persone, che rende procedibili di ufficio i reati previsti nel titolo XIII del libro secondo del codice penale, se commessi in danno delle persone indicate nel secondo comma dell'art. 649 c.p., deve essere contestuale alla consumazione del reato. In particolare, per quanto riguarda il delitto di danneggiamento, detta violenza deve essere effettuata all'inizio o durante il corso dell'azione diretta alla distinzione o al deterioramento delle cose rimanendo irrilevante la violenza successiva.