Art. 90 – Codice civile – Assistenza del minore
Con il decreto di cui all'articolo 84 il tribunale [38] o la corte d'appello nominano, se le circostanze lo esigono [165], un curatore speciale che assista il minore [2] nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali [159 ss. c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14164/2025
La volontà della società di dare una determinata destinazione ad un credito litigioso ancora sub iudice si forma, prima dell'estinzione per cancellazione dal registro delle imprese, mediante una delibera assembleare adottata con il quorum ordinario e non richiede una manifestazione di volontà di tutti i soci che, a seguito dell'estinzione, diverranno successori del patrimonio residuo, del quale non fanno parte le aspettative validamente dismesse e trasferite.
Cass. civ. n. 13662/2025
Il ricorso per cassazione, con il quale si deduce la violazione dell'art. 2909 c.c., deve contenere, a pena di inammissibilità, per il principio dell'autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., la specifica indicazione della parte del provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, contenente il precetto sostanziale di cui si denuncia l'errata interpretazione.
Cass. civ. n. 13405/2025
In tema di fallimento, le esenzioni previste dall'art. 67, comma 3, l. fall. per gli atti costitutivi di garanzie trovano applicazione non soltanto all'azione revocatoria fallimentare, ma, alle condizioni per la stessa previste, anche all'azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore, nonché a quella esercitata al di fuori del fallimento, nel caso in cui il giudizio promosso dal singolo creditore sia proseguito dal curatore, poiché anche in tali ipotesi è ravvisabile la medesima esigenza di non revocare una garanzia che la società aveva costituito in vista di un suo risanamento.
Cass. civ. n. 13169/2025
Il giudicato esterno opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell'azione, presupponendo che soggetti, petitum e causa petendi siano comuni alla causa anteriore e a quella successivamente intrapresa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza gravata che aveva escluso la sussistenza del giudicato esterno in ordine all'estinzione delle obbligazioni di una compagnia assicuratrice per intervenuto esaurimento del massimale aggregato, accertata in altro giudizio tra le medesime parti e in relazione al medesimo periodo di vigenza del contratto, ma avente diverso petitum e diversa causa petendi, in quanto relativa ad altro sinistro).
Cass. civ. n. 13153/2025
La disciplina delle distanze per le vedute, contenuta nell'art 907 c.c., vale per tutte le vedute, indipendentemente dal fatto che esse siano state aperte iure proprietatis o iure servitutis.
Cass. civ. n. 12879/2025
In tema di risarcimento del danno per violazione delle distanze legali tra costruzioni, il proprietario è tenuto ad allegare il danno subito a causa della violazione ed in caso di contestazione specifica è tenuto a provarlo, anche tramite nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza o mediante presunzioni semplici.
Cass. civ. n. 12764/2025
La conferma delle disposizioni testamentarie o la volontaria esecuzione di esse non opera rispetto a quelle lesive della legittima, in quanto gli effetti convalidativi di cui all'art. 590 c.c. si riferiscono alle sole disposizioni testamentarie nulle: ne deriva che in dette ipotesi non è preclusa al legittimario l'azione di riduzione, salvo che egli non abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesione mediante un comportamento concludente incompatibile con la stessa.(Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione che aveva escluso come la sottoscrizione da parte dell'erede pretermesso del preliminare di vendita di un bene caduto in successione, con il quale l'erede istituito aveva promesso di consegnare parte del prezzo anche all'erede pretermesso, costituisse rinuncia all'azione di riduzione da parte di quest'ultimo).
Cass. civ. n. 12395/2025
In tema di sovraindebitamento, nell'ambito del sub-procedimento di formazione del passivo disciplinato dall'art. 14-octies della l. n. 3 del 2012, il liquidatore può sollevare in via incidentale l'eccezione di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., in applicazione del principio "quae temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum", atteso che l'art. 14-decies, comma 2, della l. n. 3 del 2012 (integrato dal d.l. n.137 del 2020, conv. con mod. dalla l.n.176 del 2020, applicabile anche alle procedure pendenti alla data della sua entrata in vigore) riconosce al liquidatore il potere di esercitare o proseguire, su autorizzazione del giudice, le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.
Cass. civ. n. 11943/2025
L'interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impugnata, che aveva illegittimamente integrato ab extra, con conseguente rideterminazione in peius della carriera della ricorrente, la sentenza passata in giudicato con cui, tanto nella motivazione quanto nel dispositivo, era stato univocamente riconosciuto il diritto della docente al computo integrale del servizio prestato ai fini dell'anzianità di servizio e della retribuzione, senza alcun abbattimento e senza escludere l'applicazione della regola dell'equivalenza prevista dell'art. 489 del d.lgs. n. 297 del 1994).
Cass. civ. n. 11887/2025
L'individuazione dei limiti (soggettivi ed oggettivi) del giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. presuppone l'identificazione degli elementi costitutivi (soggettivi ed oggettivi) della domanda (personae, petitum e causa petendi), sicché può dirsi che su una azione si è formato il giudicato solo se essa coincide, in tutti i suoi elementi costitutivi, con altra azione già esercitata in passato. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato il provvedimento impugnato che aveva accolto l'eccezione di giudicato, in quanto non vi era identità tra le domande di garanzia proposte nei giudizi conclusi con le sentenze richiamate dalle parti e la domanda di garanzia formulata nella fattispecie in esame, essendo diverse le parti della domanda principale risarcitoria e, dunque, diversi il petitum e la causa petendi della domanda accessoria, con cui era stato azionato, in forza di una clausola on claims made basis, il diritto di manleva dell'ente ospedaliero verso la compagnia assicuratrice).
Cass. civ. n. 11801/2025
In tema di risarcimento del danno per l'inadempimento o l'inesatto adempimento dell'obbligo del conduttore, qualora il locatore abbia provato l'avvenuto deterioramento della cosa locata, l'onere di dimostrare che questo si è verificato per un uso conforme al contratto o per fatto a lui non imputabile spetta al locatario, sia per la regola generale che ripartisce l'onere probatorio in ragione della scomposizione della fattispecie tra fatti costitutivi e fatti impeditivi, modificativi od estintivi del diritto azionato, sia per la regola particolare di esclusione della responsabilità di cui all'art. 1590, comma 1, seconda parte, c.c.
Cass. civ. n. 11649/2025
In tema di azione revocatoria ordinaria promossa dalla procedura fallimentare ex art. 66 l.fall., il curatore, per dimostrare la sussistenza dell'eventus damni, ha l'onere di provare che l'atto dispositivo posto in essere dal fallito, tenuto conto della consistenza dei crediti ammessi al passivo, della preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al suo compimento e del conseguente mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore, è tale da rendere oggettivamente più difficoltosa l'esazione del credito, in misura eccedente la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori.
Cass. civ. n. 11296/2025
Il curatore fallimentare che intenda promuovere l'azione revocatoria ordinaria, per dimostrare la sussistenza dell'eventus damni ha l'onere di provare tre circostanze: la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell'atto pregiudizievole; il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto; solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre questi elementi dovesse emergere che per effetto dell'atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l'esazione del credito, in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori, potrà ritenersi dimostrata la sussistenza dell'eventus damni.
Cass. civ. n. 11138/2025
Il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, comma 1, c.c. integra un'eccezione in senso lato ed è, pertanto, rilevabile d'ufficio anche in appello (così come in sede di rinvio), fermo restando il limite del giudicato interno, sicché, qualora sulla questione vi sia stata una statuizione di primo grado, il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo se la decisione gli sia stata devoluta mediante l'impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di ravvisare l'avvenuta eventuale formazione del giudicato interno sulle questioni concernenti l'esistenza dell'illecito commesso dall'ente locale e l'entità delle relative conseguenze dannose, in relazione alla compromissione delle capacità edificatorie del terreno di proprietà degli originari attori, atteso che tali questioni erano state costantemente devolute, dapprima al giudice d'appello, e poi al giudice di legittimità, e quindi al giudice del rinvio, mediante le impugnazioni proposte dalle parti).
Cass. civ. n. 10929/2025
È ammissibile l'azione revocatoria di un negozio di conferimento di beni in società, perché non riguarda la validità del contratto costitutivo della società e, quindi, non interferisce col disposto dell'art. 2332 c.c. (anche nella formulazione successiva alla riforma apportata dal d.lgs. n. 6 del 2003), concernente la nullità del negozio societario e non i vizi della singola partecipazione, regolati dalle norme generali, e perché non intacca il principio di separazione del patrimonio societario da quello dei soci (dato che il bene oggetto di revocatoria non rientra nel patrimonio del debitore se il conferimento è dichiarato inefficace nei confronti del suo creditore), né incide sulla disciplina della trascrizione, la quale tutela gli aventi causa dell'acquirente diretto e non la società che riceve il conferimento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto irrilevante che l'atto di conferimento costituisse atto esecutivo di una delibera di aumento di capitale, da ritenersi comunque atto presupposto rispetto alla vicenda traslativa, in quanto per effetto di essa nel patrimonio del conferente si sostituisce al bene - nel caso un immobile - un semplice titolo partecipativo ad un capitale di rischio).
Cass. civ. n. 10829/2025
In tema di formazione del giudicato, se una sentenza contiene due statuizioni, una di cessazione della materia del contendere (nella specie, in relazione alla domanda di esecuzione dell'obbligo di concludere il contratto definitivo ex art. 2932 c.c.) e l'altra contenente un accertamento (nella specie, di responsabilità del promissario acquirente che non aveva dato esecuzione al preliminare, ai fini della soccombenza virtuale), detta seconda statuizione va impugnata onde evitare che la decisione diventi definitiva, a differenza della prima che è inidonea al giudicato, salvo quanto alla statuizione del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio.
Cass. civ. n. 10548/2025
L'agente della riscossione, ai sensi dell'art. 49 del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall'art. 1, comma 415, della l. n. 311 del 2004, è legittimato a promuovere azione revocatoria a tutela del credito spettante all'ente impositore, anche se oggetto di istanza di rateizzazione, senza sottostare alle condizioni ed ai limiti previsti dal successivo art. 50 - che fa salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento - sia perché esula dall'oggetto dell'azione revocatoria ogni valutazione in ordine alla legittimità dell'iscrizione a ruolo o all'accertamento delle somme ancora dovute, sia perché l'art. 2901 c.c. accoglie una nozione lata di "credito", comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, coerentemente con la funzione propria dell'azione, che non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori, compresi quelli meramente eventuali.
Cass. civ. n. 10547/2025
In tema di azione revocatoria di un atto di trasferimento di un bene inserito in un fondo patrimoniale, sussiste il litisconsorzio necessario del coniuge non debitore che ha partecipato all'atto di disposizione patrimoniale per prestare consenso allo scioglimento del fondo, ex art. 169 c.c., essendo necessario che sia posto in condizione di difendersi rispetto alla evenienza dell'inefficacia della sua volontà, dirimente per giungere al perfezionamento negoziale, conseguente all'accoglimento dell'azione.
Cass. civ. n. 10545/2025
L'atto di trasferimento immobiliare, effettuato da un coniuge in favore dell'altro in ottemperanza agli accordi assunti in sede di separazione consensuale omologata, è assoggettabile ad azione revocatoria ordinaria, non ostandovi né l'avvenuta omologazione dell'accordo, a cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione, né la funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento gravante sul coniuge onerato, venendo in contestazione non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti.
Cass. civ. n. 10541/2025
Il cessionario beneficia "ope legis" degli effetti dell'azione revocatoria vittoriosamente esperita dal cedente a tutela del credito oggetto della cessione e, quindi, acquista il diritto - ex art. 2902 c.c., non concepibile come scisso dal credito ceduto - di agire "in executivis" nei confronti del terzo acquirente, come confermano, sul piano sistematico, il trasferimento al cessionario di tutti i privilegi (ex art. 1263 c.c.) e degli effetti del pignoramento eseguito dal cedente e la considerazione che l'atto in frode alle ragioni creditorie è egualmente pregiudizievole per il creditore cessionario, indipendentemente dalla circolazione del credito "ex latere creditoris".
Cass. civ. n. 10540/2025
Il curatore speciale, nominato dal giudice tutelare ai sensi dell'art. 320, comma 6, c.c., ha la rappresentanza processuale del minore con riferimento ai giudizi nei quali sia coinvolto l'atto per il compimento del quale è stato nominato e nei limiti dell'affare che ne ha imposto la nomina, con la conseguenza che detta rappresentanza va esclusa ove il giudizio abbia per oggetto una domanda revocatoria, giacché il suo eventuale accoglimento, non avendo effetto recuperatorio, non inciderebbe negativamente sulla titolarità del diritto conseguito dal minore attraverso l'atto stipulato con l'intervento del curatore.
Cass. civ. n. 10298/2025
In tema di azione revocatoria, condizione essenziale per la tutela del creditore è il pregiudizio alle ragioni dello stesso, per la cui configurabilità, tuttavia, non è necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo sufficiente un pericolo di danno derivante dall'atto di disposizione, il quale, alla luce di un giudizio prognostico proiettato verso il futuro, abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale tale da rendere incerta l'esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità.
Cass. civ. n. 10261/2025
Nel caso di domanda di revocatoria di un atto di retrocessione conseguente a una simulata alienazione, il conflitto tra creditore revocante e simulato alienante nonché apparente retroceduto dev'essere regolato in ragione dell'effetto prenotativo della trascrizione, se eseguita, delle domande ex art. 2901 c.c. e di simulazione, con la conseguenza che, in presenza della prioritaria trascrizione della prima, la simulazione resta inopponibile al creditore vittorioso.
Cass. civ. n. 9935/2025
In tema di testamento invalido per vizi della volontà del testatore, il giudice di merito è tenuto ad accertare sia la volontà del beneficiario di attribuire efficacia all'atto invalido sia la conoscenza della causa d'invalidità.
Cass. civ. n. 9649/2025
In tema di revocatoria ordinaria, ove la società convenuta sia dichiarata fallita nel corso del giudizio di merito, l'omessa declaratoria di interruzione del processo comporta la nullità relativa degli atti successivi che va fatta valere dalla parte interessata, da identificarsi nella curatela fallimentare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso che i ricorrenti, parti diverse dalla curatela, avessero interesse a far valere la nullità).
Cass. civ. n. 9082/2025
Il giudicato penale di condanna, formatosi su una fattispecie di "reato di danno" in cui il danno-evento coincide con il danno-conseguenza, si estende anche all'accertamento dell'esistenza del danno che, pertanto, non può formare oggetto di ulteriore accertamento in sede civile. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello, affermando che il giudicato penale di condanna per il reato previsto dall'art. 224, comma 2 l.fall. si estende non solo alla violazione dei doveri contestata all'amministratore, ossia la distribuzione di utili fittizi, ma anche all'accertamento che tale condotta ha determinato il dissesto della società o, comunque, il suo aggravamento).
Cass. civ. n. 8517/2025
Il figlio del de cuius nato fuori dal matrimonio, già riconoscibile secondo la legge vigente al tempo di apertura della successione, ha il potere di interrompere l'usucapione dei beni ereditari, senza dovere attendere il passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione, poiché, ai fini della idoneità dell'atto interruttivo del possesso ad usucapionem di un bene ereditario, non è richiesto l'acquisto della qualità di erede da parte del figlio, essendo sufficiente l'interesse alla conservazione del patrimonio ereditario, che, nel caso di specie, sussiste fin dalla morte del genitore.
Cass. civ. n. 1898/2025
In tema di azione revocatoria avente ad oggetto un atto di disposizione anteriore al sorgere del credito, ai fini dell'integrazione dell'elemento soggettivo della "dolosa preordinazione", richiesta dall'art. 2901, comma 1, n. 1, c.c., non è sufficiente la mera consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni dei creditori (cd. dolo generico) ma è necessario che l'atto sia stato da lui compiuto in funzione del sorgere dell'obbligazione, al fine d'impedire o rendere più difficile l'azione esecutiva o comunque di pregiudicare il soddisfacimento del credito, attraverso una modificazione della consistenza o della composizione del proprio patrimonio (cd. dolo specifico), e che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse a conoscenza dell'intento specificamente perseguito dal debitore rispetto al debito futuro.
Cass. civ. n. 1041/2025
In tema di ricorso per cassazione, pur costituendo il giudicato la regola del caso concreto e conseguentemente una questione di diritto da accertare direttamente, la sua interpretazione, da parte del giudice di legittimità, è possibile solo se la sentenza da esaminare venga messa a disposizione mediante trascrizione nel corpo del ricorso, derivandone in mancanza l'inammissibilità del motivo, con cui si denuncia la violazione dell'art. 2909 c.c., restando precluse ogni tipo di attività nomofilattica. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso nel quale la sentenza di primo grado - dalla quale desumere la violazione del giudicato interno in ordine alla sussistenza dell'interesse ad agire e la conseguente inapplicabilità nei giudizi pendenti dell'art. 12, comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, introdotto con l'art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, convertito dalla l. n. 215 del 2021 - era stata riportata solo nel frontespizio).
Cass. civ. n. 457/2025
L'accoglimento, con sentenza passata in giudicato, della domanda ex art. 2932 c.c. presuppone l'implicita validità ed efficacia del contratto preliminare, con conseguente preclusione, da giudicato esterno, dell'esame di ogni ulteriore deduzione, eccezione o domanda tendenti all'accertamento di una sua causa di invalidità.
Cass. civ. n. 194/2023
Al termine del contratto di locazione, il locatore può sottrarsi all'obbligo di restituzione del deposito cauzionale, a condizione che proponga domanda giudiziale per l'attribuzione dello stesso, in tutto o in parte, a copertura di importi rimasti impagati, ovvero di specifici danni subiti, di qualsiasi natura (e non solo di quelli strettamente afferenti alla "res locata").
Cass. civ. n. 5815/2023
In tema di azione revocatoria ordinaria, l'esistenza di un'ipoteca sul bene oggetto dell'atto dispositivo, ancorché di entità tale da assorbirne potenzialmente l'intero valore, non esclude la connotazione dell'atto stesso come "eventus damni" (presupposto per l'esercizio della azione pauliana), atteso che la valutazione tanto della idoneità dell'atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa all'ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell'atto ma attraverso un giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l'eventualità del venir meno o di un ridimensionamento della garanzia ipotecaria.
Cass. civ. n. 5812/2023
In tema di azione revocatoria, quando l'atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ad integrare l'"animus nocendi" richiesto dall'art. 2901, comma 1, n. 1, c.c. è sufficiente il mero dolo generico e, cioè, la mera previsione, da parte del debitore, del pregiudizio arrecato ai creditori, non essendo invece necessaria la ricorrenza del dolo specifico, vale a dire la consapevole volontà di pregiudicare le ragioni creditorie.
Cass. civ. n. 5736/2023
L'azione prevista dall'art. 2901 c.c., avente ad oggetto un atto di cessione di crediti a terzi, non deve essere provata necessariamente attraverso la produzione in giudizio dell'atto di cessione, ma in qualsiasi modo, ivi comprese sia la comunicazione che il cedente faccia ai debitori ceduti dell'avvenuta cessione, sia la condotta di non contestazione dell'avvenuta cessione da parte del convenuto nel giudizio revocatorio, atteso che la cessione, pur essendo un "atto negoziale", in relazione alla domanda ex art. 2901 c.c. proposta per la sua declaratoria d'inefficacia, rileva anche come "fatto" costitutivo del diritto azionato in giudizio, rispetto al quale opera il principio di non contestazione.
Cass. civ. n. 2552/2023
È assoggettabile ad azione revocatoria ordinaria, ai sensi dell'art. 2901 c.c., l'alienazione di un bene immobile da parte del debitore, anche se il relativo prezzo sia stato destinato, in parte, al pagamento di debiti scaduti del venditore-debitore, non potendo tale circostanza ex se escludere la sussistenza dell'"eventus damni".
Cass. civ. n. 6795/2023
Qualora sia stata proposta un'azione revocatoria ordinaria per fare dichiarare inopponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore e, in pendenza del relativo giudizio sopravvenga il fallimento di quest'ultimo, la prosecuzione del giudizio in corso da parte della curatela, secondo la legittimazione concessa dall'art. 66 l.fall., comporta sul piano probatorio che il curatore costituitosi debba soltanto dimostrare il pregiudizio derivante dall'atto dispositivo, a prescindere dall'insinuazione al passivo fallimentare del credito inizialmente dedotto nel giudizio dall'attore originario.
Cass. civ. n. 5649/2023
In tema di azione revocatoria, qualora la parte attrice ceda il proprio credito durante la controversia, il cessionario può intervenire nel processo ai sensi dell'art. 111 c.p.c. quale successore nel diritto affermato in giudizio, poiché con la domanda ex art. 2901 c.c. si esplica la facoltà del creditore - che costituisce contenuto proprio del suo diritto di credito (presupposto e riferimento ultimo dell'azione esercitata) - di soddisfarsi su un determinato bene nel patrimonio del debitore.
Cass. civ. n. 4049/2023
La disposizione dell'art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell'art. 2935 c.c., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo.
Cass. civ. n. 23398/2022
In tema di successione ereditaria, l'accettazione con beneficio di inventario produce l'effetto di tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede, consentendo a quest'ultimo di pagare i debiti ereditari e i legati nel limite del valore dei beni a lui pervenuti e soltanto con questi stessi beni, senza conformare il diritto di credito azionato, che resta immutato nella sua natura, portata e consistenza, ma segnando i confini della sua soddisfazione attraverso la limitazione della responsabilità dell'erede, in deroga al più generale principio della tendenziale illimitatezza della responsabilità patrimoniale ex art. 2740, comma 2, c.c.. Ne deriva che, detto istituto, incidendo sulla qualità del rapporto, assume rilievo soltanto nel giudizio di cognizione avente ad oggetto l'accertamento del credito e la condanna del debitore al relativo adempimento, prima che si instauri la fase dell'esecuzione forzata. (Nella specie, la S.C., in applicazione di tale principio, ha cassato la sentenza impugnata, con la quale i giudici d'appello avevano confermato l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dall'erede beneficiato, e rigettato la domanda del creditore, ritenendo che quest'ultimo non avesse azione di accertamento e condanna in danno del coerede, sia pure nei limiti dell'accettazione condizionata).
Cass. civ. n. 7971/2022
Ove sia accertata la comunione di un cortile sito fra edifici appartenenti a proprietari diversi ed allorché fra il cortile e le singole unità immobiliari di proprietà esclusiva non sussista quel collegamento strutturale, materiale o funzionale, ovvero quella relazione di accessorio a principale, che costituisce il fondamento della condominialità dell'area scoperta, ai sensi dell'art. 1117 c.c., l'apertura di una veduta da una parete di proprietà individuale verso lo spazio comune rimane soggetta alle prescrizioni contenute nell'art. 905 c.c. Il partecipante alla comunione del cortile non può, in sostanza, aprire una veduta verso la cosa comune a vantaggio dell'immobile di sua esclusiva proprietà, finendo altrimenti per imporre di fatto una servitù a carico della cosa comune, senza che operi, al riguardo, il principio di cui all'art. 1102 c.c., il quale non è applicabile ai rapporti tra proprietà individuali e beni comuni finitimi, che sono piuttosto disciplinati dalle norme che regolano i rapporti tra proprietà contigue od asservite.
Cass. civ. n. 12202/2022
La disposizione dell'art. 907, terzo comma, c.c., secondo cui le nuove costruzioni in appoggio al muro devono rispettare la distanza di tre metri dalla soglia delle vedute preesistenti, deve essere intesa nel senso che tale distanza opera, anche in senso verticale, nei riguardi delle costruzioni sottostanti non solo le finestre ma anche i balconi con riguardo al loro piano di calpestio. Ed infatti, ai fini della disposizione anzidetta, il termine costruzione non va inteso in senso restrittivo di manufatto in calce o in mattoni o in conglomerato cementizio, ma in quello di qualsiasi opera che, qualunque ne sia la forma e destinazione, ostacoli l'esercizio di una veduta. È altrettanto pacifico che la distanza di tre metri dalle vedute prescritta dall'art. 907 c.c. per le nuove costruzioni, al pari di ogni altra distanza prescritta dalla legge per disciplinare i rapporti di vicinato, ha carattere assoluto, essendo stata predeterminata dal legislatore in via generale ed astratta, senza che al giudice sia consentito alcun margine di discrezionalità sia nella valutazione della esistenza della violazione della distanza, sia nella valutazione relativa alla dannosità e pericolosità della posizione della nuova costruzione rispetto alla veduta del vicino.
Cass. civ. n. 25417/2022
In tema di vendita di beni di consumo, in caso di difetto di conformità del bene la legge riconosce al consumatore due classi di rimedi subordinate ma non alternative, con la conseguenza che il consumatore che abbia dapprima richiesto al venditore la riparazione o sostituzione del bene può successivamente richiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, ove il tentativo di riparazione compiuto non si sia rivelato idoneo a porre rimedio al difetto.
Cass. civ. n. 21188/2022
A differenza della vendita, di cui può essere chiesta la risoluzione, ex art. 1490 c.c., quando i vizi della cosa venduta siano tali da diminuire in modo apprezzabile il suo valore, la disciplina dettata dell'art. 1668 c.c., in materia di appalto, consente al committente di chiedere la risoluzione del contratto soltanto nel caso in cui i difetti dell'opera, incidendo in modo notevole sulla struttura e sulla funzionalità della stessa, siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione oggettiva ovvero all'uso particolare cui debba essere specificamente destinata in base al contratto, autorizzandolo, invece, a richiedere a sua scelta uno dei provvedimenti di cui al primo comma dell'art. 1668 c.c. nel caso in cui i vizi e le difformità siano facilmente eliminabili, salvo il risarcimento del danno in caso di colpa dell'appaltatore.
Cass. civ. n. 23143/2022
La responsabilità del conduttore verso il locatore per i danni cagionati da terzi alla cosa locata dopo la risoluzione del contratto, ma prima della riconsegna del bene, ha natura contrattuale, atteso che la caducazione del contratto non determina l'automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione, che permangono, ex art. 1591 c.c., sino all'esatto adempimento dell'obbligazione del conduttore di riconsegna del cespite, la quale rimane inadempiuta ogniqualvolta il locatore non riacquisti la disponibilità del bene locato in modo da farne uso secondo la sua destinazione e, dunque, anche quando l'immobile risulti inutilizzabile perché danneggiato o ancora occupato da cose del conduttore.
Cass. civ. n. 23762/2022
In tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola secondo cui l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento dei danni causati "in conseguenza di un fatto accidentale" non può essere intesa nel senso di escludere dalla copertura assicurativa i fatti colposi, giacché tale interpretazione renderebbe nullo il contratto per inesistenza del rischio ai sensi dell'articolo 1895 c.c., non potendo mai sorgere alcuna responsabilità dell'assicurato dal caso fortuito.
Cass. civ. n. 4357/2022
In tema di sospensione dell'assicurazione, la disciplina prevista nel primo e nel secondo comma dell'art. 1901 c.c., a seconda che il mancato pagamento dell'assicurato riguardi il premio o la prima rata di premio oppure i premi successivi, non mira a distinguere tra l'ipotesi dell'unicità del premio (contratto di assicurazione annuale) e quella della pluralità dei premi (contratto pluriennale) - con conseguente esclusione dall'ambito di operatività della disciplina del secondo comma della norma citata del caso in cui, pur essendo unico il premio, non venga pagata una rata di esso successiva alla prima - ma tende solo a contrapporre un inadempimento iniziale ad un inadempimento nel corso del rapporto assicurativo, riferibili, rispettivamente, al mancato pagamento dell'intero premio o della prima rata dello stesso ed al mancato pagamento tanto dei premi successivi al primo, quanto delle rate successive alla prima.
Cass. civ. n. 34297/2022
La mancata richiesta all'assicuratore, da parte dell'assicurato, di rimborsare le spese (nella specie, il compenso spettante al consulente di parte) sostenute per resistere all'azione del danneggiato può integrare la trascuratezza del debitore che costituisce presupposto dell'azione surrogatoria (con cui il creditore è legittimato ad agire "in sostituzione" del debitore per conservare la garanzia patrimoniale), se si ingenera il pericolo che, a causa dell'inerzia, le ragioni creditorie possano essere frustrate; l'esercizio dell'azione ex art. 2900 c.c. non è incompatibile con l'intervenuta accettazione con beneficio d'inventario dell'eredità relitta dal debitore, trattandosi di circostanza neutra rispetto ai presupposti della surrogatoria e di istituto, finalizzato alla separazione del patrimonio degli eredi da quello del "de cuius" e alla sua liquidazione (individuale o, se richiesta, concorsuale), che non impedisce l'incremento dell'asse ereditario mediante la riscossione di crediti (nel caso, l'indennizzo assicurativo) da parte degli eredi beneficiati o, nell'ipotesi di loro inerzia, per iniziativa dei creditori del defunto.
Cass. civ. n. 34940/2022
L'azione surrogatoria, consentendo al creditore di prevenire e neutralizzare gli effetti negativi che possano derivare alle sue ragioni dall'inerzia del debitore, il quale ometta di esercitare le opportune azioni dirette ad incrementare il suo patrimonio, conferisce al creditore stesso la legittimazione all'esercizio di un diritto altrui, ed ha perciò carattere necessariamente eccezionale, potendo essere proposta solo nei casi ed alle condizioni previsti dalla legge. Ne discende che, qualora il debitore non sia più inerte, per aver posto in essere comportamenti idonei e sufficienti a far ritenere utilmente espressa la sua volontà in ordine alla gestione del rapporto, viene a mancare il presupposto perché a lui possa sostituirsi il creditore, il quale non può sindacare le modalità con cui il debitore abbia ritenuto di esercitare i suoi diritti nell'ambito del rapporto, né contestare le scelte e l'idoneità delle manifestazioni di volontà da lui poste in essere a produrre gli effetti riconosciuti dall'ordinamento, soccorrendo all'uopo altri strumenti di tutela a garanzia delle pretese del creditore, quali, ove ne ricorrano i requisiti, l'azione revocatoria ovvero l'opposizione di terzo.
Cass. civ. n. 22824/2022
Nella revocatoria dell'atto di compravendita, la malafede del terzo acquirente può desumersi in base ad indici presuntivi, dotati dei requisiti della gravità, precisione e concordanza quali le anomalie delle vicende contrattuali pregresse all'acquisto e le anomalie dell'atto di compravendita.
Cass. civ. n. 15866/2022
Ai fini dell'esercizio dell'azione revocatoria è sufficiente una ragione di credito eventuale, mentre il requisito dell'anteriorità di esso rispetto all'atto impugnato in revocatoria deve essere riscontrato in base al momento in cui il credito stesso insorga e non a quello del suo accertamento giudiziale. In tema di azione revocatoria ordinaria, non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso con la precisazione che rimangono invece, irrilevanti tanto l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo.
Cass. civ. n. 35529/2022
In tema di azione revocatoria ex art. 2901 c.c., a seguito del fallimento del debitore originariamente "in bonis", il curatore è legittimato a proseguire il giudizio già intrapreso dal singolo creditore, subentrando nella posizione processuale di quest'ultimo, senza che l'iniziativa dell'organo concorsuale - quand'anche si verifichi nelle more della riassunzione del processo dinanzi al giudice di primo grado, a seguito di remissione in suo favore operata ex art. 354 c.p.c. in grado d'appello - dia luogo all'esercizio di una nuova azione e all'instaurazione di un diverso giudizio, non mutando, invero, le condizioni dell'azione e venendo assorbita alla massa l'esigenza di tutela della posizione del creditore individuale. Ne consegue l'insuscettibilità della vicenda a determinare lo spostamento della competenza sul giudizio in corso in capo al giudice fallimentare, operando il principio generale della "perpetuatio jurisdictionis" ex art. 5 c.p.c., non derogato dall'art. 66, comma 2, l. fall., norma riferibile alle sole cause promosse "ex novo" dal curatore.
Cass. civ. n. 33021/2022
L'ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibile, è correlato all'oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull'esistenza del diritto azionato, ma anche sull'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del "petitum" e della "causa petendi", fermo restando il requisito dell'identità delle persone.
Cass. civ. n. 30728/2022
Il giudicato interno non si determina sul fatto ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell'ambito della controversia, sicché l'appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull'intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame.
Cass. civ. n. 12754/2022
Nel giudizio di cassazione, l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell'ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto.
Cass. civ. n. 20951/2022
Il giudicato interno può formarsi solo su di un capo autonomo della sentenza che risolva una questione avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare una decisione del tutto indipendente, e non sussiste nei riguardi di una mera argomentazione, ossia della semplice esposizione di un'astratta tesi giuridica, anche quando sia utile a risolvere questioni strumentali all'attribuzione del bene controverso.
Cass. civ. n. 6868/2022
La parte che eccepisce il giudicato esterno ha l'onere di fornirne la prova, non soltanto producendo la sentenza emessa in altro procedimento, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la stessa non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull'affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere della controparte medesima dimostrare l'impugnabilità della sentenza.
Cass. civ. n. 1252/2022
La preclusione per effetto di giudicato sostanziale può scaturire solo da una statuizione che abbia attribuito o negato "il bene della vita" preteso e non anche da una pronuncia che non contenga statuizioni al riguardo, pur se essa risolva questioni giuridiche strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso.
Cass. civ. n. 36140/2022
In tema di invenzione del dipendente, l'elemento distintivo tra l'invenzione di servizio e l'invenzione di azienda - nella vigenza del r.d. n. 1127 del 1939 "ratione temporis" applicabile - risiede nel fatto che, pur presupponendo entrambe la realizzazione di un'invenzione industriale nell'adempimento di un contratto di lavoro, nel primo caso l'attività inventiva è prevista come oggetto del contratto, essendo prevista, attraverso un'esplicita previsione contrattuale, una speciale retribuzione costituente il suo corrispettivo, mentre nel caso dell'invenzione di azienda la prestazione del lavoratore non ha ad oggetto il conseguimento di un risultato inventivo, che alla prima è piuttosto collegata come frutto non dovuto, né previsto; conseguentemente, laddove l'invenzione sia oggetto della prestazione lavorativa, il risultato inventivo potrà esservi o meno, ma nel caso in cui si verifichi, la retribuzione stabilita vale già a compensarlo, mentre nel secondo caso, in quanto non è prevedibile che le ordinarie mansioni possano condurre ad un risultato inventivo, è dovuto il riconoscimento di un compenso ulteriore, costituito dall'equo premio.
Cass. civ. n. 5040/2022
In difetto di norme regolamentari che prevedano distanze dei comignoli con canna fumaria dal confine, il giudice, nel definire la distanza idonea, secondo l'art. 890 c.c., a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza, può far riferimento a quella di due metri prevista dall'art. 889 c.c.
Cass. civ. n. 20315/2022
Il cessionario beneficia "ope legis" degli effetti dell'azione revocatoria vittoriosamente esperita dal cedente a tutela del credito oggetto della cessione e, quindi, acquista il diritto - ex art. 2902 c.c., non concepibile come scisso dal credito ceduto - di agire "in executivis" nei confronti del terzo acquirente, come confermano, sul piano sistematico, il trasferimento al cessionario di tutti i privilegi (ex art. 1263 c.c.) e degli effetti del pignoramento eseguito dal cedente e la considerazione che l'atto in frode alle ragioni creditorie è egualmente pregiudizievole per il creditore cessionario, indipendentemente dalla circolazione del credito "e latere creditoris".