Art. 101 – Codice civile – Matrimonio in imminente pericolo di vita
Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi, l'ufficiale dello stato civile del luogo può procedere alla celebrazione del matrimonio senza pubblicazione [93] e senza l'assenso al matrimonio, se questo è richiesto, purché gli sposi prima giurino che non esistono tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa [84, 86, 87 nn. 1, 2-4, 88].
L'ufficiale dello stato civile dichiara nell'atto di matrimonio il modo con cui ha accertato l'imminente pericolo di vita.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 28202/2023
Ai fini della successione nel diritto di percepire l'indennità di cui all'art. 985 c.c. da parte degli eredi del donante usufruttuario, qualora quest'ultimo si sia riservato l'usufrutto per sé e per il coniuge, vita natural durante e con reciproco diritto di accrescimento (c.d. usufrutto congiuntivo), se il coniuge sopravvive al donante, il valore del bene donato corrisponde alla sola nuda proprietà.
Cass. civ. n. 7031/2022
L'art 1015 c.c., conformemente all'art 516 c.c. del 1865, prevede tre distinte ipotesi in presenza delle quali l'usufruttuario puo essere dichiarato decaduto dall'usufrutto, che ricorrono quando l'usufruttuario alieni i beni o li deteriori o li lasci andare in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni. La decadenza, peraltro, non può che riguardare i casi piu gravi, in quanto per gli abusi di minore gravità la stessa legge prevede, nel comma 2 dell'art. 1015 c.c., rimedi meno rigorosi di carattere non repressivo e sanzionatorio, ma semplicemente cautelari, a tutela preventiva del diritto del nudo proprietario.
Cass. civ. n. 20062/2021
In caso di acquisto "pro indiviso" di un immobile effettuato da due conviventi "more uxorio" per quote uguali in difetto di diversa indicazione nel titolo, stante la presunzione di cui all'art. 1101 c.c., il maggior apporto fornito dal co-acquirente nella corresponsione del prezzo non può presumersi effettuato in favore dell'altro a titolo di liberalità, avente giustificazione nella mera convivenza, senza che sia fornita dimostrazione, anche mediante presunzioni, purché serie, dell'"animus donandi". Pertanto, in difetto di tale prova, il convivente che abbia sborsato una somma maggiore ha il diritto di ottenere dall'altro il rimborso della parte eccedente la sua quota.
Cass. civ. n. 2701/2019
Il contratto di vendita di un bene in comunione stipulato da uno solo dei comproprietari, nel quale compratore e venditore abbiano, tuttavia, considerato l'immobile come un "unicum" inscindibile, è, comunque, valido, risultando, secondo i principi generali che regolano il regime giuridico della comunione "pro indiviso", meramente inopponibile al comproprietario che non ha preso parte all'atto.
Cass. civ. n. 20040/2019
Nell'ipotesi di comunione impropria sul fondo interessato, caratterizzata dalla coesistenza di diritti non omogenei, nuda proprietà e usufrutto, allorquando l'azione confessoria o negatoria a tutela del fondo gravato dall'usufrutto sia promossa dal (o contro il) nudo proprietario, non è necessaria la partecipazione al giudizio dell'usufruttuario del fondo passivamente o attivamente gravato dalla servitù, non sussistendo i presupposti per l'applicazione analogica dell'art. 1012, comma 2, c.c. L'onere di chiamare in giudizio il nudo proprietario, posto dall'art 1012 c.c. a carico dell'usufruttuario che intenda esercitare l'azione confessoria o negatoria a tutela del fondo gravato dall'usufrutto, trae la sua giustificazione dal particolare contenuto, assai ristretto nel tempo e nelle facoltà, che caratterizza l'estensione di tale diritto nei confronti della proprietà e dalla correlativa esigenza di evitare la formazione di giudicati la cui inopponibilità al nudo proprietario, derivante dalla sua mancata partecipazione al giudizio, contrasterebbe con la finalità di accertare una "conditio" o "qualitas fundi" cui i giudicati stessi sono preordinati, esigenza che non ricorre, invece, nella diversa ipotesi in cui le suddette azioni siano promosse dal (o contro il) nudo proprietario. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA).
Cass. civ. n. 1629/2018
In tema di condominio negli edifici, è nulla la deliberazione dell'assemblea condominiale che, all'esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest'ultimo, "pro quota", il pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo; in tal caso, infatti, non può farsi applicazione, neanche in via analogica, degli artt. 1132 e 1101 c.c., trattandosi di spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche ragioni personali del singolo condomino.
Cass. civ. n. 14803/2017
Il nudo proprietario che chieda la decadenza dell'usufruttuario dal suo diritto in conseguenza dell'abuso fattone, ex art. 1015 c.c., consistente nella mancanza di ordinarie riparazioni che lasci andare in perimento i beni che ne formano oggetto, deve limitarsi a dimostrare la sussistenza di tale condizione al momento della proposizione della domanda, mentre grava sull'usufruttuario, che affermi che la mancanza di manutenzione preesisteva alla costituzione del suo diritto, l'onere di provare tale circostanza, trattandosi un'eccezione diretta a paralizzare la pretesa fatta valere in giudizio.
Cass. civ. n. 13885/2014
In tema di condominio negli edifici, è invalida la deliberazione dell'assemblea che, all'esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest'ultimo, "pro quota", il pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo, non trovando applicazione nella relativa ipotesi, nemmeno in via analogica, gli artt. 1132 e 1101 cod. civ.
Cass. civ. n. 482/2013
La rinuncia all'usufrutto, quale negozio unilaterale meramente abdicativo, ha come causa la dismissione del diritto e, poiché il consolidamento con la nuda proprietà ne costituisce effetto "ex lege", non può essere considerata come una donazione, né necessita della forma prescritta dall'art. 782 cod. civ. (Rigetta, App. Ancona, 25/03/2006).
Cass. civ. n. 22348/2009
In tema di limitazioni legali della proprietà, l'azione per denunciare la violazione da parte del vicino della distanze nelle costruzioni ha natura di "negatoria servitutis", essendo diretta a far valere l'inesistenza di "iura in re" a carico della proprietà suscettibili di dar luogo ad una servitù, e pertanto al suo esercizio è legittimato, a norma dell'art. 1012, secondo comma, c.c., anche il titolare del diritto di usufrutto sul fondo.
Cass. civ. n. 12775/2008
Il perimento, totale o per una parte che rappresenti i tre quarti dell'edificio condominiale, determina l'estinzione del condominio per mancanza dell'oggetto, in quanto viene meno il rapporto di servizio tra le parti comuni mentre permane tra gli ex condomini soltanto una comunione "pro indiviso" dell'area di risulta, potendo la condominialità essere ripristinata solo in caso di ricostruzione dell'edificio in modo del tutto conforme al precedente. Ne consegue che, in caso di ricostruzione difforme, la nuova costruzione sarà soggetta esclusivamente alla disciplina dell'accessione e la sua proprietà apparterrà ai comproprietari dell'area di risulta in proporzione delle rispettive quote. (Nella fattispecie, riguardante un palazzo andato distrutto a causa dei bombardamenti nell'ultimo conflitto bellico, la Corte ha confermato la pronuncia di secondo grado che aveva escluso il diritto alla sopraelevazione in capo ad uno dei comproprietari, perché la nuova costruzione era stata edificata con un piano in meno rispetto alla precedente, e non poteva applicarsi il regime giuridico del condominio). (Rigetta, App. Firenze, 24 novembre 2003).
Cass. civ. n. 17257/2006
Nel caso di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare con cui venga pattuito il trasferimento di un immobile "indivisibilmente" a più persone, le quote di comproprietà dei singoli acquirenti, in mancanza di diversa specifica pattuizione, debbono presumersi uguali, non potendo rilevare, in contrario, la diversa entità della parte di prezzo da loro versata, la quale se può esercitare effetto nei rapporti interni, non esplica alcuna efficacia nel rapporto tra le parti del contratto. (Rigetta, App. Venezia, 5 febbraio 2003).
Cass. civ. n. 17094/2006
In un giudizio di rivendicazione che riguardi una quota ideale di un bene in comproprietà "pro indiviso", non può essere ordinato il rilascio della quota, ma il giudice deve limitarsi alla declaratoria della titolarità da parte del rivendicante della predetta comunione per la quota indicata, atteso che è necessario prima procedere alla concretizzazione della quota in una porzione determinata attraverso la divisione del bene stesso, con la partecipazione necessaria di tutti i comproprietari. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 24 aprile 2002).
Cass. civ. n. 4965/2004
In materia di proprietà, il principio generale che regola il regime giuridico della comunione pro indiviso è quello della libera disponibilità della quota ideale, sicché è ben possibile che ciascun comunista autonomamente venda o prometta di vendere la sua quota, valido essendo il contratto anche nell'ipotesi in cui il bene sia dalle parti considerato un unicum inscindibile, risultando in tal caso l'alienazione meramente inopponibile al comproprietario che non ha preso parte alla stipula dell'atto (Nel fare applicazione del suindicato principio, la S.C., nel rigettare la doglianza della ricorrente concernente la mancata declaratoria da parte del giudice del merito della nullità del negozio, ha ritenuto nel caso corretta la qualificazione da questi operata, in termini di preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui a formazione progressiva, del contratto originariamente sottoscritto da una sola delle comproprietarie e recante la dichiarazione, inserita in epoca successiva, di consenso anche dell'altra comproprietaria).
Cass. civ. n. 12512/2004
In tema di retribuzione applicabile al lavoratore ai sensi dell'art. 36 Cost., quando il lavoratore deduce l'inadeguatezza del compenso di cottimo, il giudice di merito, ove si tratti di cottimo misto, nel verificare se la retribuzione corrisposta sia proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, oltre che sufficiente a norma della disposizione costituzionale, deve valutare l'entità dei risultati produttivi in riferimento anche alle condizioni tecnico-produttive in atto nei vari periodi coinvolti dalla domanda e prendere in considerazione sia la parte fissa che quella variabile della retribuzione.(Nella specie, relativa alla retribuzione spettante, in un lungo arco di tempo, a impiegati addetti, attraverso l'utilizzazione di strumenti informatici, all'elaborazione di bollettini di calcolo delle competenze del personale, la S.C ha cassato la sentenza di merito che non aveva verificato quali fossero i livelli di produzione corrispondenti a ritmi lavorativi normali, in relazione anche alle eventuali sopravvenute modifiche delle condizioni tecniche delle lavorazioni).
Cass. civ. n. 11939/2004
Alle parti sociali è consentito, in virtù del principio generale dell'autonomia negoziale di cui all'art. 1322 c.c., prorogare l'efficacia dei contratti collettivi, modificare, anche in senso peggiorativo, i pregressi inquadramenti e le pregresse retribuzioni — fermi restando i diritti quesiti dei lavoratori sulla base della precedente contrattazione collettiva —, nonché disporre in ordine alla prevalenza da attribuire, nella disciplina dei rapporti di lavoro, ad una clausola del contratto collettivo nazionale o del contratto aziendale, con possibile concorrenza delle due discipline. La concorrenza delle due discipline, nazionale e aziendale, non rientrando nella disposizione recata dall'art. 2077 c.c., va risolta tenuto conto dei limiti di efficacia connessi alla natura dei contratti stipulati, atteso che il contratto collettivo nazionale di diritto comune estende la sua efficacia nei confronti di tutti gli iscritti, nell'ambito del territorio nazionale, alle organizzazioni stipulanti e il contratto collettivo aziendale estende, invece, la sua efficacia, a tutti gli iscritti o non iscritti alle organizzazioni stipulanti, purché svolgenti l'attività lavorativa nell'ambito dell'azienda. I lavoratori ai quali si applicano i contratti collettivi aziendali possono, pertanto, giovarsi delle clausole dei contratti collettivi nazionali se risultano iscritti alle organizzazioni sindacali che hanno stipulato i relativi contratti collettivi. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva ritenuto che il compenso previsto dall'art. 25 del Ccnl 2 luglio 1992 per gli addetti all'industria delle materie plastiche, competesse ai lavoratori non risultando, dal contenuto degli accordi aziendali, che tale compenso fosse stato inglobato nella voce retributiva denominata «accordo» aziendale prevista dal contratto collettivo aziendale, e che ai medesimi lavoratori competesse altresì il compenso del 5 per cento dei minimi tabellari, previsto dal Ccnl solo per aziende con meno di 150 dipendenti e per lavoratori che non fruissero di premi di cottimo, ricorrendo, nel caso di specie, entrambi i cennati requisiti).
Cass. civ. n. 14731/2000
Al diritto reale d'uso sulle aree a parcheggio di cui all'art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, secondo il testo introdotto dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, è applicabile il modo di estinzione per non uso protrattosi per venti anni, previsto dal combinato disposto degli artt. 1014 n. 1) e 1026 c.c.
Cass. civ. n. 7886/1998
Il nudo proprietario il quale chieda la decadenza dell'usufruttuario dal suo diritto, adducendo che si sia verificata una delle ipotesi previste dall'art. 1015 c.c. (abuso del diritto consistente nell'alienazione o nel deterioramento dei beni che ne formano oggetto, ovvero nella mancanza di ordinarie riparazioni che li lasci andare in perimento), deve limitarsi a dimostrare la sussistenza di tali condizioni al momento della proposizione della domanda esaurendosi con questa prova l'onere posto a suo carico. Pertanto, l'usufruttuario, il quale affermi che la mancanza di manutenzione preesisteva alla costituzione del suo diritto, propone un'eccezione che, essendo diretta a paralizzare la pretesa fatta valere in giudizio, deve essere da lui provata.
Cass. civ. n. 3811/1995
L'atto di esercizio idoneo ad escludere la prescrizione del diritto di usufrutto per non uso può essere compiuto anche per mezzo di terzi, come il comodatario al quale il bene sia stato dato in godimento.
Cass. civ. n. 1125/1994
La stipulazione con il comune di una convenzione di lottizzazione implica che i proprietari dei terreni interessati alla urbanizzazione pongano in essere un negozio (interno) di costituzione di un consorzio urbanistico volontario — con assunzione delle obbligazioni a fini organizzativi e con costituzione degli effetti reali necessari per conferire al territorio l'assetto giuridico conforme al progetto approvato dalla Amministrazione — da ritenersi assoggettato alla disciplina della comunione dettata dal codice civile, ivi compreso l'art. 1101, secondo comma, con la conseguenza che, in difetto di espressa deroga convenzionale, giusta la regola da tale norma imposta, le spese per la lottizzazione (quali quelle afferenti, fra l'altro, al progetto, alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria) ed i pesi alla medesima inerenti (quali la cessione al Comune delle opere di urbanizzazione e la destinazione di talune aree, con vincolo permanente, a vantaggio dell'intera lottizzazione o di singoli lotti) si ripartiscono e si distribuiscono in proporzione alle quote dei partecipanti.
Cass. civ. n. 2815/1990
Il principio generale che regola il regime giuridico della comunione pro indiviso è quello della libera disponibilità della quota ideale indivisa da parte di ogni partecipante, salvo le autolimitazioni che all'esercizio di questa facoltà possono derivare dalla volontà delle parti interessate, nel senso che, i condomini possono vincolarsi a non disporre delle proprie quote se non indivisamente ed insieme. Né alla disponibilità e trasferibilità della quota da parte di ciascun condomino può essere d'ostacolo la mancata determinazione, negli atti di provenienza, della misura dei suoi diritti sulla cosa comune, operando in questa ipotesi la presunzione di uguaglianza dei partecipanti sancita dall'art. 1101 c.c.
Cass. civ. n. 3441/1974
L'azione promossa contro il proprietario per costruire sul fondo una servitù coattiva non comporta la presenza necessaria in giudizio dell'usufruttuario del fondo stesso, dal momento che nel giudizio non si controverte affatto dell'esistenza del suo diritto; e, se dall'esito della controversia dovesse scaturire una limitazione del diritto di godimento dell'usufruttuario, questa non sarebbe che un effetto riflesso dell'imposizione di un peso sullo stesso fondo e, quindi, della limitazione del diritto del proprietario, che egli, in quanto usufruttuario, è costretto a subire. Diversa, infatti, è l'ipotesi in cui sia l'usufruttuario ad agire in negatoria servitutis, poiché nel relativo giudizio il proprietario è litisconsorte necessario ai sensi dell'art. 1012 c.c.