Art. 110 – Codice civile – Celebrazione fuori della casa comunale
Se uno degli sposi, per infermità o per altro impedimento giustificato all'ufficio dello stato civile, è nell'impossibilità di recarsi alla casa comunale [106], l'ufficiale si trasferisce col segretario nel luogo in cui si trova lo sposo impedito e ivi, alla presenza di quattro testimoni, procede alla celebrazione del matrimonio secondo l'articolo 107 [137, 138].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 12293/2025
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, la previsione dell'obbligo datoriale di informare il lavoratore un mese prima della scadenza del termine, contenuta nell'art. 58, lett. b), del c.c.n.l. addetti all'industria delle calzature, conforma - al pari dell'arco temporale massimo di comporto - l'esercizio del potere di licenziamento, dovendosi interpretare il silenzio della norma collettiva per l'ipotesi della tardività di tale comunicazione nel senso della equiparazione del ritardo alla omissione dell'informazione, in quanto il superamento del termine concordemente pattuito dalle parti sociali in relazione all'obbligo di tenere una condotta o compiere un determinato atto deve essere inteso come valutazione di intrinseca inadeguatezza a soddisfare detto obbligo.
Cass. civ. n. 12272/2025
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, il divieto di computo delle assenze stabilito dall'art. 26, comma 1, del d.l. n. 18 del 2020, conv. con modif. dalla l. n. 27 del 2020, opera oggettivamente, a prescindere dalla conoscenza che il datore di lavoro abbia della causa dell'assenza, sia in quanto l'esistenza di una siffatta condizione per l'applicabilità dello scomputo introdurrebbe surrettiziamente un requisito aggiuntivo non previsto dalla legge, sia in quanto il legislatore, tacendo sulla conoscenza soggettiva del datore, ha evidentemente ritenuto - nel bilanciamento degli opposti interessi - di dare prevalenza a quello del lavoratore ammalato per ragioni riconducibili alla situazione eccezionale di emergenza pandemica, considerando, per converso, recessiva la tutela dell'affidamento datoriale.
Cass. civ. n. 11429/2025
Il divieto di recesso del datore di lavoro nel "periodo Covid" non si applica al licenziamento per superamento del periodo di comporto, in quanto le norme che regolano le due fattispecie sono in rapporto di specialità reciproca, essendo ispirato l'art. 46 del d.l. n. 18 del 2020, conv. con modif. dalla l. n. 27 del 2020, alla specifica ratio di tutela dei lavoratori rispetto alle conseguenze negative sull'occupazione derivanti dal blocco o dalla riduzione dell'attività produttiva conseguente all'emergenza Covid-19, e attenendo, invece, l'art. 2110, comma 2, c.c., ad ipotesi particolari, di modo che quest'ultimo prevale sia sulla disciplina generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione lavorativa sia su quella limitativa dei licenziamenti individuali.
Cass. civ. n. 11154/2025
Lo svolgimento di altre attività da parte del dipendente durante l'assenza per malattia, se da un lato mette in pericolo l'adempimento dell'obbligazione principale del lavoratore, per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia, dall'altro integra violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà e dei doveri di correttezza e buona fede; la relativa valutazione, trattandosi di illecito di pericolo e non di danno, è costituita da un giudizio ex ante, riferito al momento in cui è stato tenuto il comportamento contestato, e ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro. (In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva dichiarato illegittimo - per sproporzione tra la sanzione e l'infrazione disciplinare - il licenziamento comminato, a un lavoratore infortunatosi al braccio, in ragione dello svolgimento di un'attività ludica durante l'assenza per malattia, sulla scorta dell'accertamento che la serie variegata di attività compiute senza alcun tutore o fasciatura ne aveva esposto a rischio di peggioramento le condizioni di salute, tenuto conto delle prescrizioni mediche che indicavano il riposo e l'immobilizzazione dell'arto).
Cass. civ. n. 9430/2025
In tema di IMU, il soggetto passivo dell'imposta è il proprietario dell'immobile (ovvero il titolare di diritti reali di godimento), sicché non è sufficiente, al fine di beneficiare dell'esenzione per l'abitazione principale, il possesso e l'uso "di fatto" del bene comune; ne consegue che al titolare di una quota pari al 50% dell'immobile, ancorché adibito per intero a prima casa, spetta il beneficio soltanto per la propria quota e non anche per il restante 50%, che deve considerarsi come seconda casa.(Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso del contribuente che invocava l'esenzione integrale dall'imposta, sebbene comproprietario in parti uguali con la sorella dell'abitazione dallo stesso interamente destinata a propria prima casa).
Cass. civ. n. 9309/2025
L'azienda ereditaria è oggetto di comunione tra tutti i coeredi finché questi si limitino a godere in comune l'azienda relitta dal de cuius, mentre quando essa viene esercitata da uno o da alcuni dei coeredi, la comunione incidentale è limitata all'azienda come relitta dal de cuius, con gli elementi, materiali e immateriali, esistenti al momento dell'apertura della successione.
Cass. civ. n. 1635/2025
Il rappresentante comune degli azionisti di risparmio non è un organo sociale, ma è un esponente rappresentativo della predetta categoria, in posizione tendenzialmente contrapposta alla società, alla luce delle esigenze di tutela degli azionisti "risparmiatori" rispetto agli azionisti "imprenditori".
Cass. civ. n. 24052/2024
In tema licenziamento per superamento del periodo di comporto, la contrattazione collettiva, per sottrarsi al rischio di trattamenti discriminatori a danno dei lavoratori con handicap, deve prendere in specifica considerazione la posizione di svantaggio del disabile, poiché non è sufficiente ad elidere detto rischio una disciplina negoziale che tiene conto solo del profilo oggettivo dell'astratta gravità o particolarità delle patologie senza valorizzare anche l'aspetto soggettivo della disabilità, in relazione al quale vanno adottati gli accorgimenti ragionevoli prescritti dalla direttiva 2000/78/CE e dall'art. 3, comma 3-bis, d.lgs. n. 216 del 2006. (Principio affermato in relazione al c.c.n.l. Associazione nazionale strutture territoriali 2017-2019, che prevede l'esclusione dal computo del comporto solo dei giorni di ricovero ospedaliero, dei day hospital, dei giorni di assenza per malattia dovuti a sclerosi multipla o connessi alla somministrazione di terapie salvavita, non anche dei giorni di assenza per malattie, anche non gravi, ma cagionate dalla disabilità).
Cass. civ. n. 15906/2024
Il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell'edificio e di opporsi conseguentemente alla costruzione di altro condomino che, direttamente o indirettamente, pregiudichi tale suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino, avendo operato già l'art. 907 c.c. il bilanciamento tra l'interesse alla medesima riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, poiché luce ed aria assicurano l'igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita.
Cass. civ. n. 15845/2024
In tema di malattia del lavoratore, l'art. 70 del c.c.n.l. Carta Industria del 30.11.2016 deve essere interpretato nel senso che i giorni di accesso al pronto soccorso sono esclusi dal computo nel periodo di comporto.
Cass. civ. n. 15604/2024
Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze del lavoratore per malattia od infortunio, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c., né la riconduzione alla categoria della nullità è impedita dalla collocazione di detta violazione fra quelle a regime reintegratorio attenuato ex art. 18, comma 7, st.lav. (novellato dalla l. n. 92 del 2012), perché, anche in presenza del medesimo vizio di nullità, il legislatore può graduare diversamente il rimedio ripristinatorio in ragione di un giudizio di minore riprovazione; conseguentemente, la previsione del citato comma 7 è speciale rispetto a quella di cui al comma 1 dello stesso art. 18 st.lav., che disciplina le altre ipotesi di nullità previste dalla Legge. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, la quale aveva qualificato come nullo il licenziamento intimato alla lavoratrice che - per evitare il superamento del periodo di comporto - aveva chiesto di fruire di un periodo di ferie, negato senza la sussistenza di ragioni obiettive di carattere organizzativo).
Cass. civ. n. 15568/2024
La richiesta del lavoratore, anteriore alla scadenza del periodo di comporto, di fruire dell'aspettativa senza stipendio di cui all'art. 51 del c.c.n.l. personale servizi di pulizia del 31 maggio 2011 determina il naturale prolungamento del comporto oltre il previsto termine di dodici mesi, con la conseguenza che nessun licenziamento può essere validamente intimato in detto periodo.
Cass. civ. n. 14407/2024
In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall'autonomia privata, che si attua attraverso la semplice stipulazione del contratto di compravendita di un'unità immobiliare ricadente nel comprensorio, essendo tale adesione - alla quale si ricollega l'assunzione dei corrispondenti obblighi dell'aderente - contemplata sia da una clausola statutaria, che implica il preventivo assenso degli altri proprietari di immobili partecipanti al consorzio, sia dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volontà del nuovo acquirente di partecipare al consorzio.
Cass. civ. n. 14316/2024
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, la conoscenza dello stato di disabilità del lavoratore - o la possibilità di conoscerlo secondo l'ordinaria diligenza - da parte del datore di lavoro fa sorgere l'onere datoriale - a cui non può corrispondere un comportamento ostruzionistico del lavoratore - di acquisire, prima di procedere al licenziamento, informazioni circa l'eventualità che le assenze per malattia del dipendente siano connesse allo stato di disabilità, al fine di individuare possibili accorgimenti ragionevoli imposti dall'art. 3, comma 3-bis, d.lgs. n. 216 del 2003, la cui adozione presuppone l'interlocuzione ed il confronto tra le parti, che costituiscono una fase ineludibile della fattispecie complessa del licenziamento de quo.
Cass. civ. n. 13491/2024
In tema di licenziamento per superamento del comporto, nel regime successivo all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 42, della l. n. 92 del 2012, l'inadempimento dell'obbligo, previsto dal contratto collettivo, di comunicare al lavoratore l'imminente scadenza del periodo di comporto determina l'illegittimità del licenziamento e l'applicazione del regime sanzionatorio della tutela reintegratoria c.d. debole, secondo l'espressa previsione dei commi 7 e 4 del novellato art. 18 della l. n. 300 del 1970.
Cass. civ. n. 11411/2024
Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l'obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo. (Nella fattispecie, la S.C. ha statuito che alle socie di una società in nome collettivo, sciolta senza liquidazione e cancellata dal registro delle imprese nel corso del giudizio di primo grado, era stato erroneamente negato il diritto di impugnare la sentenza che aveva riconosciuto l'esistenza di un debito della società, il quale si era trasferito in capo a loro proprio per la menzionata vicenda estintiva).
Cass. civ. n. 10637/2024
In tema di diritti di privativa industriale, in caso di comunione sul marchio, il contratto di licenza d'uso del segno distintivo a terzi in via esclusiva richiede, per il suo perfezionamento, il consenso unanime dei contitolari, perché la concessione al licenziatario dell'esclusiva priva i contitolari del godimento diretto dell'oggetto della comunione, assumendo rilievo contrario il disposto dell'art. 1108, commi 1 e 3, c.c.
Cass. civ. n. 9456/2024
Nel caso in cui più soggetti, esclusivi proprietari di aree tra loro confinanti, si accordino per realizzare una costruzione, per il principio dell'accessione, ciascuno di essi, salvo convenzione contraria, acquista la sola proprietà della parte di edificio che insiste in proiezione verticale sul proprio fondo, cosicché anche le opere e strutture inscindibilmente poste a servizio dell'intero fabbricato (quali scale, androne, impianto di riscaldamento, ecc.) rientrano, per accessione, in tutto o in parte, a seconda della loro collocazione, nella proprietà dell'uno o dell'altro, salvo l'instaurarsi sulle medesime, in quanto funzionalmente inscindibili, di una comunione incidentale di uso e di godimento, comportante l'obbligo dei singoli proprietari di contribuire alle relative spese di manutenzione e di esercizio in proporzione dei rispettivi diritti dominicali.
Cass. civ. n. 8407/2024
Nel caso di innalzamento di un pilastrino sul muro comune costituente, per tutta la sua estensione e profondità, appoggio di un tetto a spiovente, il comproprietario non incorre in violazione dell'art. 1102 c.c. ove la modificazione del bene comune non ne alteri la destinazione, non ne comprometta la stabilità e conservazione e non impedisca il pari uso degli altri partecipanti alla comunione.
Cass. civ. n. 4816/2024
L'apertura di una veduta da una parete di proprietà individuale verso il cortile di proprietà esclusiva di un edificio limitrofo (appartenente ad un diverso proprietario) è soggetta alle prescrizioni contenute nell'art. 905 c.c., finendo altrimenti per imporre una servitù di fatto a carico dell'immobile altrui, dato che il diritto di veduta comporta una permanente minorazione della utilizzabilità del bene che ne è gravato da parte di chiunque ne sia o ne divenga proprietario, con attribuzione alla proprietà vicina di un corrispondente vantaggio che a questa finisce per inerire come "qualitas", ossia con le caratteristiche di realità tali da inquadrarsi nello schema delle servitù.
Cass. civ. n. 1710/2024
Nessuno dei partecipanti alla comunione di una strada interpoderale, costruita su una striscia di terreno di proprietà comune lungo il confine tra fondi, può servirsi della stessa per accedere ad un immobile di esclusiva proprietà, del tutto separato e distinto dai fondi a servizio dei quali è destinata la strada comune, perché l'uso a favore del detto immobile si risolve necessariamente nella costituzione di una vera e propria servitù, con evidente pregiudizio degli altri comunisti.
Cass. civ. n. 33016/2023
Nei rapporti a tempo determinato, come in quelli a tempo indeterminato, il licenziamento intimato durante la malattia del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto, è nullo ed improduttivo di effetti, stante il fondamento garantistico - la conservazione del posto di lavoro - della previsione di cui all'art. 2110 c.c., che ne impone l'applicazione anche ai rapporti temporanei, per definizione meno tutelati, ogni interpretazione in senso contrario ponendosi in aperto contrasto con il principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato, recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE.
Cass. civ. n. 32353/2023
In caso di continuazione dell'attività di impresa del de cuius da parte degli eredi non si configura una mera comunione di godimento, ma, fino all'iscrizione nel registro delle imprese, una società di fatto o irregolare, con conseguente responsabilità solidale ed illimitata di tutti i soci ex art. 2297 c.c.; conseguentemente, se l'erede è convenuto in giudizio per il pagamento dei debiti sociali non quale socio di fatto, ma quale mero successore mortis causa del de cuius, va dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva, perché - evocato in tale veste - egli nemmeno potrebbe far valere il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale.
Cass. civ. n. 31105/2023
In tema di divisione, in caso di utilizzazione esclusiva del bene comune da parte di un comproprietario, l'occupante è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ricavabili dal godimento indiretto, solo se gli altri partecipanti abbiano manifestato l'intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta senza nulla ottenere e ne abbia tratto un vantaggio patrimoniale. In tal caso occorre la prova di una sottrazione o di un impedimento assoluto all'esercizio delle facoltà dominicali di godimento e disposizione del bene comune spettanti agli altri contitolari o una violazione dei criteri stabiliti dall'art. 1102 c.c., potendosi quantificare il danno in base ai frutti civili ricavati dall'uso esclusivo.
Cass. civ. n. 27980/2023
In tema di superamento del periodo di comporto si deve tener conto anche dei giorni non lavorativi che cadono nel periodo di assenza per malattia, dovendosi presumere la continuità dell'episodio morboso.
Cass. civ. n. 27772/2023
In tema di condominio negli edifici, in presenza di unità immobiliari in regime di comunione legale tra coniugi, la legittimazione ad impugnare le delibere assembleari spetta a ciascun coniuge separatamente, trovando applicazione l'art. 180, comma 1, c.c., secondo cui la rappresentanza in giudizio per gli atti relativi all'amministrazione dei beni della comunione spetta ad entrambi; ne consegue che, in caso di partecipazione all'assemblea di uno solo dei coniugi, ove vengano deliberati argomenti non inseriti all'ordine del giorno, il coniuge non presente può impugnare la delibera ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato l'irrilevanza, ai fini dell'ammissibilità e della fondatezza dell'impugnazione proposta da un coniuge, della presenza all'assemblea dell'altro coniuge comproprietario).
Cass. civ. n. 26993/2023
L'art. 42 del c.c.n.l. Aiop del 2002-2005, nella parte in cui prevede che "il datore di lavoro può recedere dal rapporto allorquando il lavoratore si assenti oltre il limite dei diciotto mesi complessivi nell'arco di un quadriennio mobile", va interpretato nel senso della non cumulabilità delle assenze per malattia con quelle per infortunio, in quanto le parti collettive - come si evince dal chiaro tenore della complessiva regolamentazione contenuta nel predetto articolo - hanno previsto e disciplinato il comporto con esclusivo riferimento alle assenze per malattia.
Cass. civ. n. 25462/2023
In tema di divisione ereditaria, la cessione a terzi estranei di diritti su singoli beni immobili ereditari non comporta lo scioglimento - neppure parziale - della comunione, in quanto i diritti continuano a fare parte della stessa comunione, restando l'acquisto del terzo subordinato all'avveramento della condizione che essi siano in sede di divisione assegnati all'erede che li abbia ceduti. Ne consegue che, se un coerede può alienare a terzi in tutto o in parte la propria quota, tanto produce effetti reali se e in quanto l'acquirente venga immesso nella comunione ereditaria, mentre, in caso diverso, la vendita avrà soltanto effetti obbligatori, salvo che la vendita non abbia avuto a presupposto un atto di scioglimento della comunione ereditaria, anche implicito, in ordine a tali beni.
Cass. civ. n. 22755/2023
In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la sussistenza dei requisiti, previsti dalla contrattazione collettiva per il prolungamento del periodo di comporto, non fa sorgere un diritto soggettivo alla protrazione dell'assenza, essendo rimessa all'amministrazione pubblica la valutazione discrezionale degli opposti interessi, di cui deve, però, dare conto, motivando, esplicitando e comunicando all'interessato le ragioni per le quali, ritenuta l'insussistenza dei presupposti per il prolungamento, intima il licenziamento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, secondo cui l'obbligo di motivazione era stato assolto attraverso il solo richiamo alla durata dell'assenza, al periodo indicato nell'art. 36 del c.c.n.l. comparto funzioni locali del 21 maggio 2018).
Cass. civ. n. 22502/2023
In caso di rigetto della domanda di costituzione, per destinazione del padre di famiglia o per usucapione, di servitù di passaggio e di inibitoria delle turbative al suo esercizio, dà luogo a "mutatio libelli", preclusa in sede di gravame, la proposizione di una domanda di accertamento del diritto di passaggio in virtù di una comunione incidentale "ex collatione privatorum agrorum", perché in tale modo si chiede l'accertamento di un diverso diritto "erga omnes", con mutamento degli elementi costitutivi della domanda, impedendosi all'appellato di sollevare pertinenti eccezioni ed argomentazioni.
Cass. civ. n. 25097/2022
La vendita di una parte determinata della cosa comune da parte del singolo comunista non ha immediata efficacia traslativa, ma è tuttavia fattispecie negoziale perfetta, con efficacia meramente obbligatoria, che di per sé non pregiudica la posizione degli altri comproprietari, i quali non sono litisconsorti necessari nel giudizio nel quale l'acquirente abbia invocato, sebbene in maniera infondata, l'efficacia immediata del contratto.
Cass. civ. n. 19756/2022
In tema di condominio negli edifici, non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, nè per il tramite del vincolo solidale di cui all'art. 63 disp. att. c.c., né attraverso la previsione dettata in tema di comunione ordinaria di cui all'art. 1104 c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l'obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali spese.
Cass. civ. n. 13677/2022
Valida e legittima la delibera dell'assemblea di condominio che disciplina l'uso del bene comune sottraendolo solo in parte al transito dei veicoli ed al loro parcheggio, non precludendo l'uso diverso di tale porzione agli altri comproprietari, comunque approvata con la maggioranza qualificata prevista dall'art. 1108 cod. civ. per le innovazioni dirette al miglioramento della cosa comune o a renderne più comodo l'esercizio, con esclusione - per tali ragioni - della violazione dell'art. 1102 cod. Civile.
Cass. civ. n. 514/2022
In tema di condominio negli edifici le transazioni stipulate dai condomini che abbiano ad oggetto rapporti relativi a beni comuni richiedono, ai sensi dell'art. 1108, comma 3, c.c. il consenso di tutti i partecipanti al condominio.
Cass. civ. n. 15302/2022
L'obbligo del singolo partecipante di contribuire agli oneri condominiali derivanti dalla transazione approvata dall'assemblea con riguardo ad una lite insorta con un terzo creditore ha causa immediata non nell'efficacia soggettiva del contratto, ma nella disciplina del condominio, essendo le deliberazioni prese dall'assemblea vincolanti per tutti i condomini e dovendo questi ultimi sostenere "pro quota" le spese necessarie alle parti comuni.
Cass. civ. n. 18044/2022
Nel caso di fondo in comunione tra più soggetti, il contratto di cessione di cubatura, con cui solo uno o alcuni dei comproprietari del fondo distaccano la facoltà inerente al loro diritto dominicale di costruire sull'intero immobile nei limiti della cubatura assentita dal piano regolatore, costituisce atto eccedente l'ordinaria amministrazione valido, ma improduttivo di effetti nei confronti dei comproprietari rimasti estranei alla stipula dell'atto di cessione, atteso che ciascun comproprietario può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa esclusivamente nei limiti della propria quota.
Cass. civ. n. 2299/2022
In tema di comunione "pro indiviso" di beni immobili, sono irrilevanti i principi elaborati in materia di assemblea condominiale, sia in ragione della diversità delle regole afferenti alla convocazione e allo svolgimento dell'assemblea, sia della facoltà, concessa ai comunisti, di risolvere ogni questione attraverso l'esercizio del diritto potestativo di richiesta di divisione del bene, sicché le deliberazioni adottate dall'assemblea dei comunisti non possono essere impugnate per il vizio di eccesso di potere assembleare o per conflitto di interesse, ma esclusivamente per le ragioni indicate dall'art. 1109 c.c.
Cass. civ. n. 5465/2022
In materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, l'art. 1110 c.c., escludendo ogni rilievo dell'urgenza o meno dei lavori, stabilisce che il comunista che, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell'amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso, a condizione di aver precedentemente interpellato o, quantomeno, preventivamente avvertito gli altri partecipanti o l'amministratore, sicché solo in caso di inattività di questi ultimi egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, pur in mancanza della prestazione del consenso da parte degli interpellati, incombendo comunque su di lui l'onere della prova sia della suddetta inerzia che della necessità dei lavori; ciò a differenza di quanto previsto in tema di condominio di edifici, ove il rimborso delle spese sostenute per la conservazione della cosa comune è condizionato al più stringente presupposto dell'urgenza, tenuto conto che i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione.
Cass. civ. n. 28611/2022
Il consorzio costituito tra proprietari di immobili per la manutenzione di strade ed opere comuni realizzate a seguito dell'attuazione di un piano di lottizzazione costituisce una figura atipica e, quindi, il rapporto consortile è disciplinato anzitutto dalle pattuizioni contenute nell'atto costitutivo e nello statuto del consorzio; soltanto qualora in tali atti manchi una disciplina specifica sono applicabili le disposizioni più confacenti alla regolamentazione degli interessi coinvolti dalla controversia che, nel caso in cui il consorzio abbia ad oggetto la gestione dei beni e dei servizi comuni di una zona residenziale, devono individuarsi nelle norme concernenti il condominio, con la conseguenza che, trovando applicazione l'art.1118, comma 2, c.c. e non l'art. 1104 c.c., il consorziato non può, attraverso il c.d. abbandono liberatorio, rinunziare al diritto sui beni in comune, sottraendosi al contributo delle spese necessarie alla loro conservazione.
Cass. civ. n. 11870/2021
La nozione di pari uso della cosa comune, di cui all'art. 1102 c.c., sebbene non debba intendersi nel senso di uso identico e contemporaneo, implica pur sempre che la destinazione della cosa resti compatibile con i diritti degli altri partecipanti, onde il proprietario di un vano terraneo dell'edificio condominiale non può eseguire, in corrispondenza dell'accesso al proprio locale, modificazioni della pavimentazione e dell'arredo del marciapiede condominiale, per consentirne l'attraversamento con autovetture, ove da tale utilizzazione della cosa comune risulti alterata la destinazione e sia impedito agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO ROMA).
Cass. civ. n. 20062/2021
In caso di acquisto "pro indiviso" di un immobile effettuato da due conviventi "more uxorio" per quote uguali in difetto di diversa indicazione nel titolo, stante la presunzione di cui all'art. 1101 c.c., il maggior apporto fornito dal co-acquirente nella corresponsione del prezzo non può presumersi effettuato in favore dell'altro a titolo di liberalità, avente giustificazione nella mera convivenza, senza che sia fornita dimostrazione, anche mediante presunzioni, purché serie, dell'"animus donandi". Pertanto, in difetto di tale prova, il convivente che abbia sborsato una somma maggiore ha il diritto di ottenere dall'altro il rimborso della parte eccedente la sua quota.
Cass. civ. n. 14120/2021
Il provvedimento di revoca giudiziaria dell'amministratore della comunione ordinaria ha natura di atto di volontaria giurisdizione, ex art. 1105, comma 4, c.c. - in ogni tempo suscettibile, pertanto, di revoca o modificazione, ma non ricorribile per cassazione, ex art. 111, comma 7, Cost., salvo che, travalicando i limiti per la propria emanazione, abbia risolto una controversia su diritti soggettivi - non essendo configurabile un diritto dell'amministratore medesimo alla prosecuzione dell'incarico e potendo eventuali pretese dello stesso, analogamente a quanto avviene in ambito condominiale, in ipotesi di dedotta insussistenza della giusta causa di revoca, trovare tutela in forma risarcitoria o per equivalente nella sede propria del giudizio di cognizione. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall'amministratore giudiziario di un complesso immobiliare rispetto al decreto di revoca adottato, nei propri confronti, dalla Corte di appello, adìta in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c.).
Cass. civ. n. 3043/2021
In tema di condominio negli edifici, non inficia la validità della deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto presentato dall'amministratore la circostanza che, in essa, si provveda all'impiego degli attivi di gestione, costituiti dai proventi che il condominio trae dalla locazione a terzi di parti comuni, al fine di ridurre, per parziale compensazione, l'importo totale delle spese da ripartire tra i singoli condomini, con conseguente proporzionale incidenza sui conti individuali di questi ultimi e sulle quote dovute dagli stessi; tale decisione, infatti, espressione del potere discrezionale dell'assemblea, non pregiudica l'interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all'accredito della proporzionale somma, perché compensata dal corrispondente minore addebito degli oneri di contribuzione alle spese.
Cass. civ. n. 2636/2021
L'assemblea del condominio ha il potere di decidere le modalità concrete di utilizzazione dei beni comuni, nonché di modificare quelle in atto, anche revocando una o precedenti delibere, benché non impugnate da alcuno dei partecipanti e stabilendone liberamente gli effetti, sulla base di una rivalutazione - il cui sindacato è precluso al giudice di merito, se non nei limiti dell'eccesso di potere - dei dati ed apprezzamenti obiettivamente rivolti alla realizzazione degli interessi comuni ed alla buona gestione dell'amministrazione, non producendosi alcun autonomo diritto acquisito in capo ai condomini, ovvero ai terzi, soltanto per effetto ed in sede di esecuzione della precedente delibera. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto illegittima la revoca di precedenti delibere autorizzative all'installazione di un ascensore, per il sol fatto di essere quelle divenute inoppugnabili, senza verificare, al contrario, se la revoca fosse conforme a legge o al regolamento, per non esser stati rispettati i limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c. quanto all'installazione dell'impianto).
Cass. civ. n. 16382/2021
Il trattamento di cassa integrazione guadagni - sia ordinario che straordinario - non è escluso rispetto ai lavoratori assenti per malattia od infortunio con diritto alla conservazione del posto (art. 2110 c.c.), ma il loro credito, in deroga all'art. 2110 citato (che prevede la liberazione del datore di lavoro dalla obbligazione di corrispondere anche a tali lavoratori la retribuzione solo ove siano predisposte equivalenti forme previdenziali, con conseguente permanenza di un'obbligazione integrativa nel caso che forme siffatte diano luogo a trattamenti di minore entità rispetto al tetto massimo della retribuzione stessa), si riduce nei limiti del suddetto trattamento, con la conseguenza che la legittima ammissione alla cassa integrazione comporta il subingresso dell'ente erogatore delle relative prestazioni in tali obbligazioni del datore di lavoro (il quale rimane tenuto alle anticipazioni quale "adiectus solutionis causa"), previa corrispondente riduzione delle medesime, nel senso che quest'ultimo è tenuto ad anticipare anche ai menzionati lavoratori o l'intero trattamento di cassa integrazione o l'importo pari alla differenza fra questo e l'inferiore trattamento di natura previdenziale o assistenziale.
Cass. civ. n. 18038/2020
In tema di regolamentazione dell'uso della cosa comune, la previsione, ad opera dell'art. 1105, comma 4, c.c. del ricorso, da parte di ciascun partecipante, all'autorità giudiziaria per adottare gli opportuni provvedimenti in sede di volontaria giurisdizione (inclusi gli atti di conservazione), preclude al singolo partecipante alla comunione di rivolgersi al giudice, in sede contenziosa, per ottenere provvedimenti di gestione della "res", ai fini della sua amministrazione nei rapporti interni tra i comunisti; ne consegue che non è consentito il ricorso all'A.G. per ottenere determinazioni finalizzate al "migliore godimento" delle cose comuni, ovvero l'imposizione di un regolamento contenente norme circa l'uso delle stesse, spettando unicamente al gruppo l'espressione della volontà associativa di autorganizzazione contenente i futuri criteri di comportamento vincolanti per i partecipanti alla comunione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, che aveva proceduto, in sede contenziosa, alla determinazione giudiziale delle superfici delle mura perimetrali dell'androne, utilizzabili dai proprietari dei locali terranei del condominio per apporvi delle vetrine espositive). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO SALERNO, 14/01/2016).
Cass. civ. n. 6090/2020
La deliberazione condominiale con la quale vengono assegnate parti comuni (nella specie, una caldaia) in proprietà esclusiva ad alcuni condomini richiede l'unanimità degli stessi, incidendo sulla pregressa comproprietà originaria "ex lege" di parti comuni e comportando l'esclusione dal vincolo reale di alcuni dei condomini. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 26/11/2014).
Cass. civ. n. 5061/2020
In tema di condominio negli edifici, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari è limitato ad un riscontro di legittimità della decisione, avuto riguardo all'osservanza delle norme di legge o del regolamento condominiale ovvero all'eccesso di potere, inteso quale controllo del legittimo esercizio del potere di cui l'assemblea medesima dispone, non potendosi invece estendere al merito ed al controllo della discrezionalità di cui tale organo sovrano è investito; ne consegue che ragioni attinenti alla opportunità ed alla convenienza della gestione del condominio possono essere valutate soltanto in caso di delibera che arrechi grave pregiudizio alla cosa comune, ai sensi dell'art. 1109, comma 1, c.c.. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 30/01/2018).
Cass. civ. n. 11697/2020
In tema di licenziamento per giusta causa, le disposizioni dell'art. 5 st.lav., che vietano al datore di lavoro di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e lo autorizzano a effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato d'incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificare l'assenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che, all'esito di un'indagine demandata dal datore di lavoro a un'agenzia investigativa, risultava aver svolto con assiduità, durante il periodo di riposo per malattia, attività sportiva e ludica attestante l'intervenuta guarigione non comunicata al datore). (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 08/06/2018).
Cass. civ. n. 29506/2019
In materia di comunione nei diritti reali, la domanda di risarcimento danni da fatto illecito del terzo (nella specie, realizzazione di manufatto abusivo sul fondo confinante) esperita da uno dei comproprietari, pur riguardando anche gli altri non richiede l'integrazione necessaria del contraddittorio trattandosi di azione a tutela della proprietà comune, non implicante l'accertamento della titolarità del proprio o dell'altrui diritto di proprietà.
Cass. civ. n. 5132/2019
L'esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti indicati dall'art. 1102 c.c., deve esaurirsi nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa stessa e non può essere esteso, quindi, per il vantaggio di altre e diverse proprietà esclusive del medesimo condomino perché, in tal caso, si verrebbe ad imporre una servitù sulla "res" comune in favore di beni estranei alla comunione, per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i comproprietari. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto fosse stata illegittimamente costituita una servitù di passaggio in un caso nel quale una società, proprietaria del primo piano interrato di un edificio condominiale, aveva creato un accesso in favore di un adiacente terreno di sua proprietà, adibito a parcheggio, praticando tre varchi nella recinzione posta sul confine tra gli immobili). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 14/07/2013).
Cass. civ. n. 7618/2019
In tema di condominio di edifici, l'art 1102 c.c. sull'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante non pone alcun limite minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni del predetto uso, pertanto può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti del cortile comune che impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva vietato il parcheggio di motoveicoli nello spazio del cortile condominiale, prospiciente l'immobile di proprietà di uno dei condomini, senza dare rilievo alla sporadicità o saltuarietà delle soste, bastando che queste ostacolassero l'accesso a tale immobile). (Rigetta, TRIBUNALE NAPOLI, 14/12/2017).
Cass. civ. n. 32437/2019
In tema di uso della cosa comune, è illegittima l'apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell'edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 17/04/2015).
Cass. civ. n. 2701/2019
Il contratto di vendita di un bene in comunione stipulato da uno solo dei comproprietari, nel quale compratore e venditore abbiano, tuttavia, considerato l'immobile come un "unicum" inscindibile, è, comunque, valido, risultando, secondo i principi generali che regolano il regime giuridico della comunione "pro indiviso", meramente inopponibile al comproprietario che non ha preso parte all'atto.
Cass. civ. n. 33158/2019
Nella comunione ordinaria, a norma degli artt. 1110 e 1134 c.c., il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell'amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, può ottenerne il rimborso solo qualora provi tanto la suddetta inerzia, quanto la necessità e l'urgenza dei lavori.
Cass. civ. n. 9280/2018
In tema di cd. condominio minimo, in mancanza di tabelle regolarmente approvate, la quota di partecipazione alle spese gravante sui singoli proprietari deve essere determinata dal giudice in base alla disciplina del condominio di edifici di cui all'art. 1123 c.c. e, quindi, tenendo conto del valore delle loro proprietà esclusive, e non, invece, applicando la regolamentazione in materia di comunione prevista dall'art. 1101 c.c., secondo la quale, in assenza di altra indicazione degli accordi, le quote si presumono uguali.
Cass. civ. n. 9100/2018
Il partecipante alla comunione che intenda dimostrare l'intenzione di possedere non a titolo di compossesso, ma di possesso esclusivo ("uti dominus"), non ha la necessità di compiere atti di "interversio possessionis" alla stregua dell'art. 1164 c.c., dovendo, peraltro, il mutamento del titolo consistere in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed "animo domini" della cosa, incompatibile con il permanere del compossesso altrui, non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione, consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l'erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore.
Cass. civ. n. 12568/2018
Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c..
Cass. civ. n. 31462/2018
Qualora un esborso relativo ad innovazioni non debba essere ripartito fra i condomini, per essere stato assunto interamente a proprio carico da uno di essi, trova applicazione la disposizione generale dell'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, in forza della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune - purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condòmini di farne uguale uso secondo il loro diritto - e può, perciò, apportare alla stessa, a proprie spese, le modificazioni necessarie a consentirne il migliore godimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di appello che aveva ritenuto l'installazione di un ascensore sulle parti comuni, eseguita dai convenuti in primo grado a loro spese, legittima ex art. 1102 c.c., non ricorrendo una limitazione della proprietà degli altri condomini incompatibile con la realizzazione dell'opera).
Cass. civ. n. 25535/2018
A differenza del licenziamento disciplinare, che postula l'immediatezza del recesso a garanzia della pienezza del diritto di difesa all'incolpato, nel licenziamento per superamento del periodo di comporto per malattia, l'interesse del lavoratore alla certezza della vicenda contrattuale va contemperato con quella del datore di lavoro a disporre di un ragionevole "spatium deliberandi", in cui valutare convenientemente la sequenza di episodi morbosi del lavoratore, ai fini di una prognosi di sostenibilità delle sue assenze in rapporto agli interessi aziendali; ne consegue che, in tale caso, il giudizio sulla tempestività del recesso non può conseguire alla rigida applicazione di criteri cronologici prestabiliti, ma costituisce valutazione di congruità che il giudice deve compiere caso per caso, apprezzando ogni circostanza al riguardo significativa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva evinto la volontà abdicativa del diritto di recesso da parte del datore, oltre che dal ritardo nella comunicazione del licenziamento, dall'accettazione del rientro in servizio e della prestazione lavorativa per un breve lasso di tempo, nonché dal riconoscimento di un ulteriore periodo di ferie e dalla fissazione della visita di sorveglianza sanitaria del dipendente).