Art. 111 – Codice civile – Celebrazione per procura
I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio per procura [287].
La celebrazione del matrimonio per procura può anche farsi se uno degli sposi risiede all'estero e concorrono gravi motivi da valutarsi dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l'altro sposo. L'autorizzazione è concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero [737 c.p.c.].
La procura deve contenere l'indicazione della persona con la quale il matrimonio si deve contrarre [107, 287].
La procura deve essere fatta per atto pubblico; i militari e le persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali ad essi consentite.
Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi centottanta giorni da quello in cui la procura è stata rilasciata [99].
La coabitazione, anche temporanea, dopo la celebrazione del matrimonio, elimina gli effetti della revoca della procura, ignorata dall'altro coniuge al momento della celebrazione [1396].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14714/2025
Al fine di stabilire se sussiste un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c., occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dall'originario proprietario ad altro soggetto, ne consegue che, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni risulta riservata ad uno solo dei contraenti, detto bene non rientra nel novero di quelli comuni.
Cass. civ. n. 13197/2025
In tema di condominio, l'indennità prevista dall'ultimo comma dell'art. 1127 c.c. trae fondamento dalla considerazione che, per effetto della sopraelevazione, il proprietario dell'ultimo piano aumenta, a scapito degli altri condomini, il proprio diritto sulle parti comuni dell'edificio che, ai sensi dell'art. 1118, comma 1, c.c., è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene; pertanto, il legislatore ha inteso compensare in parte i condomini, assumendo a parametro il valore del suolo occupato, che costituisce l'unica parte comune suscettibile di valutazione autonoma, cosicché un titolo attributivo al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare della proprietà esclusiva della colonna d'aria non è idoneo ad esonerare dall'obbligo di pagamento dell'indennità prevista per la sopraelevazione, poiché a siffatto titolo, ex art. 1424 c.c., potrebbe essere riconosciuta solo la più limitata efficacia di rinuncia da parte degli altri condomini alla (futura ed eventuale) indennità di cui all'art. 1127 c.c., rinuncia che, essendo priva di effetti reali, non impegnerà gli aventi causa a titolo particolare dagli originari stipulanti.
Cass. civ. n. 11604/2025
La prova della partecipazione, anche di fatto, di una società di capitali a una società di persone (cd. supersocietà di fatto) deve essere fornita attraverso la dimostrazione dei presupposti costituiti dall'esercizio in comune dell'attività economica, dall'esistenza di un fondo comune (da apporti o attivi patrimoniali) e dall'effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite e, dunque, da un agire nell'interesse, ancorché diversificato, dei soci. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto l'esistenza di una società di fatto tra due imprese, di cui una fallita, sulla base del vicendevole utilizzo del personale dipendente e della comunanza di intenti nella vendita ed assistenza post vendita di macchine edili-stradali, unitamente all'identità della compagine sociale e dell'amministratore unico).
Cass. civ. n. 10369/2025
Poiché i locali dell'edificio per i servizi in comune di cui all'art. 1117, n. 2), c.c. costituiscono beni suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome, la natura di bene comune degli stessi necessita - in mancanza di apposita convenzione - di una specifica destinazione di fatto al momento della costituzione del condominio e non cessa per il sopravvenuto venir meno del servizio comune. (Fattispecie relativa a locale bruciatore, contenente la caldaia a servizio dell'originario impianto di riscaldamento centralizzato e adibito a deposito di materiali a seguito della realizzazione di impianti di riscaldamento autonomo).
Cass. civ. n. 10362/2025
La "diversa convenzione", ex art. 1123, comma 1, c.c., è una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata, con cui i condomini (come parimenti può fare il costruttore, con il regolamento predisposto unilateralmente in vista della successiva alienazione delle unità edificate) dispongono di derogare ai criteri legali di ripartizione delle spese di cui agli artt. 1118, 1123 e ss. c.c. e 68 disp. att. c.c.: sicché nell'ipotesi di convenzione pattuita all'unanimità - o di regolamento del costruttore - per le successive modifiche è necessaria una nuova manifestazione di volontà unanime dei condomini, restando altrimenti vincolante la deroga originaria.
Cass. civ. n. 9869/2025
Il principio di universalità della divisione ereditaria, in forza del quale la divisione dell'eredità deve comprendere, di norma, tutti i beni facenti parte dell'asse ereditario, non è assoluto ed inderogabile, ma trova eccezione per via legislativa (ex artt. 713, comma 3, 720, 722 1112 del c.c.) o per accordo dei condividenti, tanto che l'art. 762 c.c. ammette il supplemento di divisione nelle ipotesi in cui siano stati omessi uno o più beni ereditari, senza che sia necessario indagare se alle parti ne fosse nota l'esistenza al momento dell'apertura della successione.
Cass. civ. n. 25493/2024
L'apparenza della servitù si identifica nell'oggettiva e permanente presenza di opere suscettibili di essere viste, ancorché in concreto ignorate, che, per struttura e consistenza, inequivocamente denuncino il peso imposto su un fondo a favore dell'altro; tale requisito mira a garantire l'acquirente del fondo servente dalla presenza di vincoli ignoti e non verificabili e va valutato caso per caso, cosicché risulta significativa, in un contesto di unità abitative in condominio, la possibilità dell'acquirente di rappresentarsi il passaggio di tubi di scarico del piano superiore.
Cass. civ. n. 19472/2024
In tema di IRPEF, la parziale detraibilità dall'imposta lorda delle spese sostenute per gli interventi edilizi, richiamati dall'art. 1, comma 1, della l. n. 449 del 1997, trova applicazione in favore di tutti i possessori o detentori di parti comuni di un edificio residenziale che le hanno effettivamente sostenute, perché il richiamo alla disciplina del condominio operato dalla disposizione è esclusivamente rivolto ad individuare gli interventi edilizi a cui è applicabile il beneficio e non limita la fruizione dell'agevolazione ai soli possessori o detentori di edifici in condominio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva negato la detraibilità delle spese per interventi edilizi riguardanti un immobile costituito da due distinte unità immobiliari, con tetto in comune, autonomamente classate e con diverso numero civico, di proprietà indivisa del contribuente per il 75% e del coniuge per il 25%).
Cass. civ. n. 18238/2024
Al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. c.c., anche il cd. supercondominio viene in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati.
Cass. civ. n. 18045/2024
In tema di condominio negli edifici, le spese del riscaldamento centralizzato, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore, vanno ripartite in base al consumo effettivamente registrato, risultando perciò illegittima una loro suddivisione (ancorché parziale) in base ai valori millesimali delle singole unità immobiliari, giacché tale criterio di riparto delle spese è possibile solo in assenza di sistemi di misurazione del calore erogato valevoli a ripartirle in base all'uso.
Cass. civ. n. 18003/2024
Nel giudizio di rivendicazione proposto, verso il fallimento, ex art. 103 l.fall., ciascun condomino ha un'autonoma legittimazione individuale ad agire e resistere in giudizio a tutela dei propri diritti di comproprietario, concorrente ed alternativa rispetto a quella dell'amministratore, cosicché è ammissibile l'opposizione dei condomini che, pur non avendo proposto domande nel procedimento di verificazione dello stato passivo, intendono evitare gli effetti sfavorevoli del decreto pronunciato nei confronti del condominio.
Cass. civ. n. 14410/2024
Al contratto concluso con un professionista da un amministratore di condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la disciplina di tutela del consumatore, agendo l'amministratore stesso come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale.
Cass. civ. n. 9456/2024
Nel caso in cui più soggetti, esclusivi proprietari di aree tra loro confinanti, si accordino per realizzare una costruzione, per il principio dell'accessione, ciascuno di essi, salvo convenzione contraria, acquista la sola proprietà della parte di edificio che insiste in proiezione verticale sul proprio fondo, cosicché anche le opere e strutture inscindibilmente poste a servizio dell'intero fabbricato (quali scale, androne, impianto di riscaldamento, ecc.) rientrano, per accessione, in tutto o in parte, a seconda della loro collocazione, nella proprietà dell'uno o dell'altro, salvo l'instaurarsi sulle medesime, in quanto funzionalmente inscindibili, di una comunione incidentale di uso e di godimento, comportante l'obbligo dei singoli proprietari di contribuire alle relative spese di manutenzione e di esercizio in proporzione dei rispettivi diritti dominicali.
Cass. civ. n. 8407/2024
Nel caso di innalzamento di un pilastrino sul muro comune costituente, per tutta la sua estensione e profondità, appoggio di un tetto a spiovente, il comproprietario non incorre in violazione dell'art. 1102 c.c. ove la modificazione del bene comune non ne alteri la destinazione, non ne comprometta la stabilità e conservazione e non impedisca il pari uso degli altri partecipanti alla comunione.
Cass. civ. n. 5371/2024
In tema di scioglimento della comunione, ai fini della determinazione del valore di un bene oggetto di comodato, occorre tenere conto delle migliorie apposte dal comodatario in quanto esse, non riconducibili a quelle necessarie ed urgenti per la conservazione della cosa, se liberamente assunte, non possono essere oggetto di domanda di rimborso nei confronti dell'originario comunista comodante.
Cass. civ. n. 4816/2024
L'apertura di una veduta da una parete di proprietà individuale verso il cortile di proprietà esclusiva di un edificio limitrofo (appartenente ad un diverso proprietario) è soggetta alle prescrizioni contenute nell'art. 905 c.c., finendo altrimenti per imporre una servitù di fatto a carico dell'immobile altrui, dato che il diritto di veduta comporta una permanente minorazione della utilizzabilità del bene che ne è gravato da parte di chiunque ne sia o ne divenga proprietario, con attribuzione alla proprietà vicina di un corrispondente vantaggio che a questa finisce per inerire come "qualitas", ossia con le caratteristiche di realità tali da inquadrarsi nello schema delle servitù.
Cass. civ. n. 2406/2024
All'assemblea del supercondominio partecipano tutti i condòmini, o i loro rappresentanti ai sensi dell'art. 67, comma 3, disp. att. c.c., e le maggioranze per la costituzione del collegio e per la validità delle deliberazioni, che sono immediatamente obbligatorie per gli stessi condòmini, si calcolano in relazione al numero degli aventi diritto e al valore dell'intero complesso di unità immobiliari, edifici o condomìni aventi quella o quelle parti comuni in discussione, avendo riguardo sotto il profilo dell'elemento personale al numero dei contitolari (che devono essere convocati personalmente o tramite il rappresentante designato) e sotto il profilo reale al valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare (ove si tratti di assemblea dei proprietari) o al valore proporzionale di ciascun condominio (ove si tratti di assemblea dei rappresentanti, ex art. 67, comma 3, disp. att. c.c.).
Cass. civ. n. 1319/2024
Il rendiconto, ancorché per il disposto dell'art. 723 c.c. costituisca operazione contabile che deve necessariamente precedere la divisione, poiché preliminare alla determinazione della quota spettante a ciascun condividente, non si pone, tuttavia, in rapporto di pregiudizialità con la proposizione della domanda di divisione giudiziale, ben potendosi richiedere tale divisione ex art. 1111 c.c. a prescindere dal rendiconto, a tanto potendosi e dovendosi provvedere nel corso del giudizio. Il giudice non può, peraltro, disporre il rendiconto senza istanza delle parti, le quali devono indicare i presupposti di fatto del relativo obbligo, con la conseguenza che la detta istanza non può non essere soggetta al regime di cui all'art. 345 c.p.c.
Cass. civ. n. 32857/2023
Nel caso di frazionamento della proprietà di un immobile che dia luogo alla formazione di un condominio, la parte acquirente di una parte di esso, salvo che il titolo non disponga diversamente, entra a far parte del condominio ipso jure et facto relativamente alle parti comuni ex art. 1117 c.c. esistenti al momento dell'alienazione e per addizione, man mano che si realizzano, di quelle ulteriori parti necessarie o destinate, per caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune, nonché di quelle che i contraenti, nell'esercizio dell'autonomia privata, dispongano comunque espressamente di assoggettare al regime di condominialità.
Cass. civ. n. 29016/2023
In tema di ICI, l'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, presupponendo che gli immobili siano destinati allo svolgimento, da parte di associazioni senza scopo di lucro, di attività sportive rientranti nelle discipline riconosciute dal CONI, in favore di un pubblico indifferenziato e ad una tariffa che non tenga conto dei valori di mercato, non spetta per la sola messa a disposizione di spazi per l'esercizio individuale dello sport, mancando la finalità solidaristica che giustifica il beneficio fiscale. (Nella specie, la S.C., decidendo nel merito, ha escluso l'esenzione per un supercondominio, che aveva messo a disposizione dei soli condomini i campi da tennis di pertinenza condominiale).
Cass. civ. n. 28955/2023
In tema di successione ereditaria, il coerede, che abbia pagato un debito ereditario in misura maggiore di quanto corrisponda alla propria quota o un debito trasmissibile del defunto sorgente in conseguenza della sua morte (quali le spese funerarie, quelle per l'apposizione dei sigilli o quelle per imposte di successione), non può vantare un diritto a una quota maggiore di quella spettantegli, ma, acquistando un mero diritto di credito nei confronti degli altri coeredi, può esperire l'azione di ripetizione, pur in pendenza dello stato di indivisione, o chiedere che ciascun coerede imputi alla propria quota la somma di cui è debitore verso il coerede, così da procedere, prima della divisione, al prelevamento, dalla massa comune, di quanto anticipato per il pagamento del debito, che viene, così, ripartito pro quota fra tutti i coeredi, lui compreso.
Cass. civ. n. 27996/2023
In tema di condominio negli edifici, in base all'art. 1117 c.c., l'estensione della proprietà condominiale ad un bene separato e autonomo rispetto alle restanti unità facenti parte dello stesso edificio o comprensorio, può essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a farlo ricomprendere nella proprietà del condominio medesimo, qualificando espressamente tale bene come ad esso appartenente.
Cass. civ. n. 27957/2023
Qualora un condomino agisca per l'accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto ne eccepisce la proprietà esclusiva, senza formulare un'apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione - con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato - la comproprietà degli altri soggetti partecipanti al condominio.
Cass. civ. n. 24730/2023
La domanda giudiziale di divisione è idonea ad interrompere il termine per l'usucapione nei confronti del comunista che abbia il possesso esclusivo di uno dei beni comuni, poiché l'azione ha quale finalità ultima la trasformazione di un diritto ad una quota ideale su uno o più beni comuni in un diritto di proprietà esclusiva su singoli beni ed è, quindi, potenzialmente estesa a ottenere la proprietà esclusiva (e quindi il conseguente rilascio) di uno dei beni oggetto di comunione, compresi quelli che eventualmente si trovino nel possesso esclusivo di uno o più comunisti.
Cass. civ. n. 23250/2023
In tema di condominio, le spese di riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, facente anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, non vanno ripartite in base ai criteri di cui all'art. 1126 c.c., dovendosi applicare analogicamente l'art. 1125 c.c., che, in virtù del generale principio dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c., accolla per intero le spese di manutenzione della parte della struttura complessa, identificantesi con il pavimento del piano superiore, a chi, con l'uso esclusivo della stessa, ne rende necessaria la manutenzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva posto a carico esclusivo dei condomini le spese di riparazione del cortile di accesso agli edifici condominiali ed utilizzato per il parcheggio dei veicoli, che fungeva anche da copertura di un locale interrato adibito a palestra).
Cass. civ. n. 21896/2023
Ai fini dell'attribuzione di un bene comune in proprietà esclusiva ad un condomino è necessaria un'espressa deliberazione dell'assemblea, assunta all'unanimità, posto che tale deliberazione, per sortire l'effetto traslativo della proprietà, deve assumere un valore contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato che tale effetto potesse conseguire alla mera annotazione a penna del nominativo di un condomino accanto al cespite in questione, all'interno di una tabella millesimale).
Cass. civ. n. 16794/2023
Nel giudizio di scioglimento della comunione di un bene, gli eventuali usufruttuari non rivestono la qualità di litisconsorti necessari, giacché, in ossequio al principio dispositivo, il litisconsorzio necessario, stante la sua natura eccezionale, opera nei soli casi previsti dalla legge.
Cass. civ. n. 15332/2023
In tema di scioglimento della comunione, la previsione di cui all'art. 1115, comma 3, c.c. - per effetto della quale il compartecipe, il quale abbia estinto i debiti solidali fuori dai limite temporali previsti nel comma 2, non può pretendere il rimborso in natura tramite l'incremento di quota e, dunque, aspirare a trasformare il suo diritto di credito in un diritto reale - non preclude l'esercizio del diritto di regresso.
Cass. civ. n. 12381/2023
Quando due fondi o due parti di un fondo appartenenti a più proprietari in comunione siano posti in una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio corrispondente "de facto" al contenuto proprio di una servitù, non può configurarsi l'esercizio di una servitù in favore di uno dei comunisti, ostandovi il principio "nemini res sua servit" e si può, piuttosto, determinare la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ove tale situazione sussista al momento dello scioglimento della comunione con divisione di due fondi e non emerga una manifestazione di volontà dei condividenti impeditiva della costituzione della servitù stessa.
Cass. civ. n. 12259/2023
In materia di condominio, la presenza di un diritto di servitù in favore indistintamente delle proprietà esclusive presenti in un edificio condominiale assoggetta il diritto stesso, sia nelle modalità di esercizio, sia con riguardo alle spese di gestione del bene, alla disciplina propria del condominio, con conseguente criterio di ripartizione legale di quest'ultime fondato sulle quote di proprietà; tuttavia, è valida la disposizione del regolamento condominiale, di natura contrattuale, secondo cui le suindicate spese debbano essere ripartite in quote uguali tra i condomini.
Cass. civ. n. 6228/2023
Nei giudizi di scioglimento della comunione, la prova della comproprietà dei beni dividendi non è quella rigorosa richiesta in caso di azione di rivendicazione o di accertamento positivo della proprietà, atteso che la divisione, oltre a non operare alcun trasferimento di diritti dall'uno all'altro condividente, è volta a far accertare un diritto comune a tutte le parti in causa e non la proprietà dell'attore con negazione di quella dei convenuti, sicché, in caso di non contestazione sull'appartenenza dei beni, non può disconoscersi la possibilità di una prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico, siccome ridondanti a vantaggio della collettività dei condividenti.
Cass. civ. n. 1896/2023
In tema di revisione e modificazione delle tabelle millesimali, qualora i condomini, nell'esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita alla "diversa convenzione" di cui all'art. 1123, primo comma, ultima parte, c.c., la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., che attribuisce rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell'edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle. Ove, invece, tramite l'approvazione della tabella, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell'unico originario proprietario e l'accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l'accordo unanime di tutti i condomini), i condomini stessi intendano non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima), la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale, con la conseguenza che l'errore il quale, in forza dell'art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali, non coincide con l'errore che è vizio del consenso, di cui agli artt. 1428 e ss. c.c., ma consiste, per l'appunto, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito.
Cass. civ. n. 5465/2022
In materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, l'art. 1110 c.c., escludendo ogni rilievo dell'urgenza o meno dei lavori, stabilisce che il comunista che, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell'amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso, a condizione di aver precedentemente interpellato o, quantomeno, preventivamente avvertito gli altri partecipanti o l'amministratore, sicché solo in caso di inattività di questi ultimi egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, pur in mancanza della prestazione del consenso da parte degli interpellati, incombendo comunque su di lui l'onere della prova sia della suddetta inerzia che della necessità dei lavori; ciò a differenza di quanto previsto in tema di condominio di edifici, ove il rimborso delle spese sostenute per la conservazione della cosa comune è condizionato al più stringente presupposto dell'urgenza, tenuto conto che i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione.
Cass. civ. n. 36401/2022
La norma dell'art. 1111 c.c., secondo la quale, in presenza di una domanda di scioglimento di una comunione, il giudice può concedere una dilazione alla divisione nel caso che questa possa recare 'pregiudizio agli interessi degli altri' compartecipanti, deve essere intesa nel senso che il pregiudizio non possa ravvisarsi nella lesione dell'interesse dei singoli partecipanti a conservare posizioni personali di vantaggio, ma che debba ravvisarsi obbiettivamente, nel pregiudizio a tutti i condomini, nell'interesse obiettivo della comunione.
Cass. civ. n. 30320/2022
L'esecuzione di un sequestro preventivo, nell'ambito di un procedimento penale, avente ad oggetto un bene appartenente ad un soggetto in comunione con terzi estranei al reato non costituisce motivo di sospensione necessaria del processo civile di scioglimento della comunione, ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., nelle more del giudicato penale, atteso che le esigenze del sequestro e della eventuale confisca trovano tutela nella disciplina della trascrizione del provvedimento ablatorio e degli effetti della sentenza di divisione regolati dall'art. 1113 c.c.
Cass. civ. n. 21440/2022
In tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall'art. 1117 c.c. ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio - ossia dal primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto, con conseguente frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali -, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l'alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni.
Cass. civ. n. 25097/2022
La vendita di una parte determinata della cosa comune da parte del singolo comunista non ha immediata efficacia traslativa, ma è tuttavia fattispecie negoziale perfetta, con efficacia meramente obbligatoria, che di per sé non pregiudica la posizione degli altri comproprietari, i quali non sono litisconsorti necessari nel giudizio nel quale l'acquirente abbia invocato, sebbene in maniera infondata, l'efficacia immediata del contratto.
Cass. civ. n. 7971/2022
Ove sia accertata la comunione di un cortile sito fra edifici appartenenti a proprietari diversi ed allorché fra il cortile e le singole unità immobiliari di proprietà esclusiva non sussista quel collegamento strutturale, materiale o funzionale, ovvero quella relazione di accessorio a principale, che costituisce il fondamento della condominialità dell'area scoperta, ai sensi dell'art. 1117 c.c., l'apertura di una veduta da una parete di proprietà individuale verso lo spazio comune rimane soggetta alle prescrizioni contenute nell'art. 905 c.c. Il partecipante alla comunione del cortile non può, in sostanza, aprire una veduta verso la cosa comune a vantaggio dell'immobile di sua esclusiva proprietà, finendo altrimenti per imporre di fatto una servitù a carico della cosa comune, senza che operi, al riguardo, il principio di cui all'art. 1102 c.c., il quale non è applicabile ai rapporti tra proprietà individuali e beni comuni finitimi, che sono piuttosto disciplinati dalle norme che regolano i rapporti tra proprietà contigue od asservite.
Cass. civ. n. 24174/2021
Nel giudizio di divisione, la domanda di attribuzione di un immobile indivisibile non ha natura negoziale, ma costituisce una mera specificazione della pretesa introduttiva del processo volta a porre fine allo stato di comunione, sicché, afferendo alle modalità di attuazione dello scioglimento della comunione, non costituisce domanda in senso proprio e può perciò essere proposta per la prima volta anche in appello.
Cass. civ. n. 2110/2021
L'esecuzione del preliminare di vendita di un immobile indiviso può essere domandata dal promissario acquirente per la sola quota indivisa del promittente venditore quando il bene non sia stato considerato nella sua interezza e in previsione della prestazione del consenso anche da parte degli altri proprietari, né è di ostacolo al trasferimento l'intervenuta divisione, alla quale il promissario abbia partecipato, ai sensi dell'art. 1113 c.c., prestandovi consenso.
Cass. civ. n. 10370/2021
In tema di edificio costituito da più unità immobiliari autonome, la comproprietà di una o più cose, non incluse tra quelle elencate nell'art. 1117 c.c. (quale, nella specie, un tetto avente funzione di copertura di una sola delle unità immobiliari compresa in un condominio orizzontale), può essere attribuita a tutti i condomini quale effetto dell'acquisto individuale operato con i rispettivi atti di una quota di tale bene, oppure in forza di un contratto costitutivo di comunione, ai sensi degli artt. 1350, n. 3, e 2643, n. 3, c.c., recante l'inequivoca manifestazione del consenso unanime dei condomini, espressa della forma scritta essenziale, alla nuova situazione di contitolarità degli immobili individuati nella loro consistenza e localizzazione.
Cass. civ. n. 24166/2021
Mentre vanno ripartite tra tutti i condomini, in proporzione al valore della quota di ciascuno, le spese che attengano a parti dell'edificio comuni o ritenute tali in base a norma regolamentare e che adempiano, attraverso le opere poste in essere, ad una funzione di prevenzione di eventi che potrebbero interessare l'intero edificio condominiale, non così accade quando l'utilità riguardi la singola proprietà esclusiva e l'intervento non possa in alcun modo servire ad uno o più condomini, non essendo gli stessi obbligati a contribuire alle spese relative. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la decisione con la quale la corte d'appello aveva ritenuto legittima la delibera condominiale che aveva posto a carico dei condomini non proprietari le spese concernenti la progettazione e l'esecuzione dei lavori di adeguamento alla normativa antincendi di autorimesse interrate di proprietà esclusiva e dei relativi spazi di manovra, stante l'assenza per essi di utilità, e l'irrilevanza del beneficio solo indiretto ritratto).
Cass. civ. n. 24189/2021
In tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, come i cortili, risultanti dall'art. 1117 c.c. non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari. (Nella specie la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva omesso di accertare, attraverso l'individuazione e la verifica dell'atto di frazionamento dell'iniziale unica proprietà, se l'obiettiva destinazione primaria del cortile oggetto del giudizio fosse o meno volta al servizio esclusivo di una delle unità immobiliari ivi prospicienti).
Cass. civ. n. 27363/2021
In tema di condominio degli edifici, qualora non intervenga una volontà derogatoria degli interessati sul regime di appartenenza, i beni e i servizi elencati dall'art. 1117 c.c., in virtù della relazione di accessorietà o di collegamento strumentale con le singole unità immobiliari, sono attribuiti "ex lege" in proprietà comune per effetto dell'acquisto della proprietà dei piani o porzioni di piano; pertanto, il terrazzo a livello è oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo, per tale intendendosi gli atti di acquisto delle altre unità immobiliari, nonché il regolamento di condominio espressamente accettato dai singoli condomini in occasione del loro acquisto, non essendo sufficiente che la proprietà individuale risulti dal titolo di acquisto della parte che si rivendica proprietaria esclusiva del terrazzo, sicchè, in difetto di tale prova, la presunzione di condominialità spiega piena efficacia.
Cass. civ. n. 35514/2021
In tema di condominio negli edifici, rientrano tra le parti comuni (ex art. 1117 c.c.) i cd. volumi tecnici, ossia quelli destinati a contenere gli impianti tecnici del fabbricato (quali i vani ascensore, caldaia, autoclave, contatori), per essere vincolati all'uso comune, in virtù della loro naturale destinazione o della loro connessione materiale e strumentale rispetto alle singole parti dell'edificio. Tuttavia, per stabilire la condominialità di detti beni (nella specie, vano caldaia e contatori), occorre accertare che la relazione di accessorietà ed il collegamento funzionale fra gli impianti o i servizi comuni, da un lato, e le unità in proprietà esclusiva, dall'altro, sussistessero già al momento della nascita del condominio, non rilevando il collegamento creato solo successivamente alla formazione dello stesso, dal quale potrebbe piuttosto discendere la costituzione di una servitù a carico di porzione di proprietà esclusiva.
Cass. civ. n. 35794/2021
Nel giudizio di impugnazione avverso una delibera assembleare, ex art. 1137 c.c., la questione dell'appartenenza, o meno, di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, ovvero della titolarità comune o individuale di una porzione dell'edificio, in quanto inerente all'esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., può formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell'atto collegiale, ma privo - in assenza di esplicita domanda di una delle parti ai sensi dell'art. 34 c.p.c. - di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli, svolgendosi il giudizio ai sensi dell'art. 1137 c.c. nei confronti dell'amministratore del condominio, senza la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario.
Cass. civ. n. 1610/2021
La cessione delle singole unità immobiliari separatamente dal diritto sulle cose comuni, vietata ai sensi dell'art. 1118 c.c., è esclusa soltanto quanto le cose comuni e i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva siano, per effetto di incorporazione fisica, indissolubilmente legate le une alle altre (cd. condominialità "necessaria" o "strutturale") oppure nel caso in cui, pur essendo suscettibili di separazione senza pregiudizio reciproco, esista tra di essi un vincolo di destinazione che sia caratterizzato da indivisibilità per essere i beni condominiali essenziali per l'esistenza delle proprietà esclusive, laddove, qualora i primi siano semplicemente funzionali all'uso e al godimento delle singole unità (cd. condominialità "funzionale), queste ultime possono essere cedute anche separatamente dal diritto di condominio sui beni comuni. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 25/09/2015).
Cass. civ. n. 10371/2021
In tema di spese per la conservazione delle parti comuni, l'obbligo del singolo partecipante di sostenere le spese condominiali, da un lato, e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori, dall'altro, restano del tutto indipendenti, il primo fondando sulle norme che regolano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni (artt. 1118 e 1123 ss. c.c.), le seconde trovando causa nel rapporto contrattuale col terzo, approvato dall'assemblea e concluso dall'amministratore in rappresentanza dei partecipanti al condominio; ne consegue che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non è idoneo ad estinguere il debito "pro quota" dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c.
Cass. civ. n. 3694/2021
Perché si abbia negozio divisorio non è necessario che si verifichi lo scioglimento della comunione nei confronti di tutti i coeredi, essendo sufficiente che ciò avvenga rispetto ai coeredi partecipanti all'atto; in tal caso, infatti, lo scioglimento della comunione opera egualmente, pur se limitatamente ai soli partecipanti all'atto ed ancorché i coeredi che rimangono in comunione debbano, poi, mettere in essere un altro (od altri) negozio per pervenire allo scioglimento definitivo e totale della comunione stessa.
Cass. civ. n. 17175/2020
La procura "ad nubendum" costituisce uno strumento sostitutivo della simultanea presenza degli sposi avanti all'Ufficiale dello stato civile e di manifestazione del consenso alle nozze, che interviene tramite la volontà manifestata dal procuratore, sicché il mandato conferitogli in favore del regime patrimoniale della separazione dei beni, non è sufficiente all'instaurazione del detto regime, che richiede l'accordo di entrambi i nubendi. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione della corte di merito la quale aveva accertato che nessun accordo delle parti si era espressamente perfezionato nell'atto di celebrazione del matrimonio, tale da consentire di ritenere che le stesse avessero inteso derogare al regime legale di comunione dei beni). (Conforme Cass. n. 569/1975, Rv. 373879-01).
Cass. civ. n. 4014/2020
In tema di divisione di beni comuni, gli artt. 1119 e 1112 c.c. hanno una "ratio" diversa e forniscono differenti tutele: il primo contempla una forma di protezione rafforzata dei diritti dei condomini, in omaggio al minor "favor" del legislatore per la divisione condominiale e, conseguentemente, contiene la prescrizione dell'unanimità e la tutela del mero comodo godimento del bene, in relazione alle parti di proprietà esclusiva; il secondo costituisce un'eccezione alla regola generale della divisione della comunione disposta dall'art. 1111 c.c., tutela la destinazione d'uso del bene e, per questo, ammette che la divisione sia richiedibile anche da uno solo dei comproprietari, con la sola subordinazione della stessa alla valutazione giudiziale che il bene, anche se diviso, manterrà l'idoneità all'uso cui è stato destinato.
Cass. civ. n. 15994/2020
I creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti trascritti hanno diritto ad intervenire nella divisione, ex art. 1113, comma 1, c.c., ma non ne sono parti necessarie, assumendo la posizione di litisconsorti, con la conseguente necessità d'integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello, ex art. 331 c.p.c., soltanto con l'effettivo intervento in causa, anche a seguito di chiamata in giudizio, ex art. 1113, comma 3, c.c., la quale costituisce un onere per i comunisti, sui quali grava l'obbligo di salvaguardare il diritto d'intervento dei creditori iscritti e dei cessionari opponenti o trascriventi.
Cass. civ. n. 26692/2020
Anche secondo il sistema tavolare la pubblicità della divisione (o della domanda di divisione giudiziale) non è sottoposta al regime predisposto per gli atti traslativi, ma è imposta ai fini del principio di continuità e per gli effetti previsti dall'art. 1113 c.c. Ne consegue che l'avente causa o il creditore di uno dei comproprietari, il quale abbia trascritto o iscritto il proprio titolo prima della trascrizione della divisione (o della domanda di divisione giudiziale), non rafforza definitivamente il proprio acquisto secondo lo schema dell'art. 2644 c.c., ma, nel concorso delle condizioni previste dall'art. 1113 c.c., acquisisce il diritto di impugnare la divisione già eseguita alla quale non sia stato chiamato a partecipare, o di disconoscerne immediatamente l'efficacia, se l'omissione è incorsa in danno dei soggetti indicati nel comma 3 dello stesso art. 1113 c.c. Nella stessa condizione si trovano l'avente causa e il creditore che abbiano trascritto o iscritto contro il compartecipe prima della trascrizione della domanda di divisione giudiziale.
Cass. civ. n. 791/2020
La fattispecie del condominio parziale, che rinviene il fondamento normativo nell'art. 1123, comma 3, c.c., è automaticamente configurabile "ex lege" tutte le volte in cui un bene risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell'edificio in condominio, rimanendo, per l'effetto, oggetto di un autonomo diritto di proprietà e venendo meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene; ne consegue che i partecipanti al gruppo non hanno il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose di cui non hanno la titolarità e la composizione del collegio e delle maggioranze si modifica in relazione alla titolarità delle specifiche parti oggetto della concreta delibera da adottare. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 12/06/2014).
Cass. civ. n. 3852/2020
L'individuazione delle parti comuni (nella specie, i cortili o qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture) operata dall'art. 1117 c.c. non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 10/10/2014).
Cass. civ. n. 18796/2020
La speciale normativa urbanistica, dettata dall'art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942, introdotto dall'art. 18 della l. n. 765 del 1967, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d'uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell'edificio, senza imporre all'originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione; pertanto, ove manchi un'espressa riserva di proprietà o sia stato omesso qualsiasi riferimento, al riguardo, nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari, le aree in questione, globalmente considerate, devono essere ritenute parti comuni dell'edificio condominiale, ai sensi dell'art. 1117 c.c., con conseguente legittimazione dell'amministratore di condominio ad esperire, riguardo ad esse, le azioni contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere il ripristino dei luoghi e il risarcimento dei danni, giacché rientranti nel novero degli atti conservativi, al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130, n. 4, c.c. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 30/03/2018).
Cass. civ. n. 20543/2020
.In presenza di un edificio strutturalmente unico, su cui insistono due distinti ed autonomi condominii, è illegittima l'apertura di un varco nel muro divisorio tra questi ultimi, volta a collegare locali di proprietà esclusiva del medesimo soggetto, tra loro attigui, ma ubicati ciascuno in uno dei due diversi condominii, in quanto una simile utilizzazione comporta la cessione del godimento di un bene comune, quale è, ai sensi dell'art. 1117 c.c., il muro perimetrale di delimitazione del condominio (anche in difetto di funzione portante), in favore di una proprietà estranea ad esso, con conseguente imposizione di una servitù per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/01/2017).
Cass. civ. n. 23316/2020
In materia di condominio, il cortile, salvo titolo contrario, ricade nella presunzione di condominialità ai sensi dell'art. 1117 c.c., essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune, senza che la presunzione possa essere vinta dalla circostanza che ad esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condomino, in quanto l'utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all'edificio condominiale. (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 22/09/2015).
Cass. civ. n. 28972/2020
La pattuizione avente ad oggetto l'attribuzione del cd. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, idoneo ad incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del "numerus clausus" dei diritti reali e della tipicità di essi. Ne consegue che il titolo negoziale che siffatta attribuzione abbia contemplato implica di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del condominio, le parti non abbiano voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l'applicazione dell'art. 1419 c.c., costituire un diritto reale d'uso ex art. 1021 c.c. ovvero, ancora se sussistano i presupposti, ex art. 1424 c.c., per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente "inter partes") di natura obbligatoria. (Dichiara estinto il processo, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 23/07/2015).
Cass. civ. n. 9383/2020
La natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può presumersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 26/05/2014).