Art. 502 – Codice civile – Pagamento dei creditori e dei legatari
Divenuto definitivo lo stato di graduazione [501 c.c.] o passata in giudicato [324 c.p.c.] la sentenza che pronunzia sui reclami, l'erede deve soddisfare i creditori e i legatari in conformità dello stato medesimo. Questo costituisce titolo esecutivo contro l'erede [474 c.p.c.].
La collocazione dei crediti condizionali non impedisce il pagamento dei creditori posteriori, sempre che questi diano cauzione [1179 c.c.].
I creditori e i legatari che non si sono presentati hanno azione contro l'erede solo nei limiti della somma che residua dopo il pagamento dei creditori e dei legatari collocati nello stato di graduazione [508 c.c.]. Questa azione si prescrive [2934 ss. c.c.] in tre anni dal giorno in cui lo stato è divenuto definitivo o è passata in giudicato [324 c.p.c.] la sentenza che ha pronunziato sui reclami, salvo che il credito sia anteriormente prescritto [495, 2934 ss. c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 20713/2018
Una volta scaduto il termine di cui all'art. 498 c.c., ai creditori che non hanno tempestivamente presentato la dichiarazione di credito è preclusa la possibilità di partecipare alla procedura di liquidazione concorsuale, restando loro azione ex art. 502, comma 3, c.c. nei limiti della somma che residui dopo il pagamento dei creditori e dei legatari collocati nello stato di graduazione.
Cass. civ. n. 6144/2016
In tema di vendita con patto di riscatto, la nullità, per l'eccedenza, della clausola con cui le parti subordinano l'esercizio del riscatto al pagamento di un prezzo superiore a quello fissato per la vendita colpisce anche la pattuizione relativa al pagamento di interessi sul prezzo medesimo, quand'anche a titolo compensativo di utilità che il venditore abbia potuto trarre in ragione di particolari accordi intervenuti con l'acquirente (nella specie, per avere previsto una riserva di usufrutto, in proprio favore, sul bene compravenduto), giacché tale utilità, secondo un criterio di ragionevolezza, deve ritenersi scontata nel prezzo originario fissato dalle parti.
Cass. civ. n. 15599/2000
La fusione per incorporazione tra società di capitali, pur comportando effetti più pregnanti di una semplice modifica dell'atto costitutivo, deve essere deliberata dall'assemblea straordinaria delle società che vi partecipano, con le maggioranze all'uopo previste, e non all'unaminità, a nulla rilevando che (come nella specie) lo statuto della società incorporante preveda una clausola di destinazione di una parte degli utili in beneficienza, giacché tale clausola non incide sulla comunione di interessi creata col contratto sociale e non è idonea, in linea di principio, ad eludere lo scopo lucrativo perseguito dalla società.
Cass. civ. n. 3380/1995
Gli atti di fusione di società sono sottoposti alla pubblicità costitutiva dell'iscrizione sul registro delle imprese e non alla omologazione del tribunale, che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2502 e 2411 c.c., è invece, prescritta per le deliberazioni di fusione.
Cass. civ. n. 3121/1993
In forza dell'art. 2502 c.c. — nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del D.L.vo n. 22 del 1991 (attuazione delle direttive CEE nn. 855/78 e 897/82) — e del richiamo in esso operato all'art. 2411, primo, secondo e terzo comma, c.c., la deliberazione di fusione deve essere iscritta nel registro delle imprese (da individuarsi in base alla sede della società che la ha adottata) previo giudizio di omologazione, indipendentemente dalla circostanza che dalla fusione risulti una società di capitali ovvero una società di persone, non essendo rilevante, rispetto al descritto contesto normativo, la diversa disciplina della pubblicità degli atti costitutivi dei due tipi di società.
Cass. civ. n. 1332/1983
In tema di vendita con patto di riscatto, il venditore, che esercita il diritto di riscatto, è tenuto, ai sensi dell'art. 1502 c.c., a rimborsare al compratore le spese che hanno aumentato il valore della cosa riscattata nei limiti dell'aumento, costituendo quindi oggetto della corrispondente obbligazione la spesa erogata dal compratore a vantaggio della cosa, e non l'utilità conseguitane, la quale viene in rilievo non per sé ma, nella misura in cui permanga al momento del riscatto, come limite (massimo) di detta obbligazione; e ciò al fine di non consentire un indebito arricchimento del venditore mediante acquisizione della cosa per lo stesso prezzo per il quale era stata venduta, nonostante l'incremento di valore apportatovi con suoi esborsi dal compratore, e di impedire, per converso, che il venditore medesimo debba sostenere un onere in difetto di sostanziale correlativo incremento del suo patrimonio, per fatto del compratore, sicuramente lecito ma posto in essere in una consapevole situazione aleatoria.
Cass. civ. n. 1113/1972
In tema di vendita con patto di riscatto, i pagamenti legittimamente fatti per la vendita, che, a norma dell'art. 1502 c.c., il venditore che esercita il diritto di riscatto deve rimborsare, sono quelli obiettivamente giustificati che il compratore abbia dovuto affrontare per concludere la vendita. Non può essere ricompreso tra i pagamenti rimborsabili l'onorario corrisposto per il ricorso alla consulenza di un professionista legale nella stipula di una comune vendita immobiliare non coinvolgente rilevanti interessi economici.