Art. 495 – Codice civile – Pagamento dei creditori e legatari
Trascorso un mese dalla trascrizione prevista nell'articolo 484 o dall'annotazione disposta nello stesso articolo per il caso che l'inventario sia posteriore alla dichiarazione, l'erede, quando i creditori o legatari non si oppongono [498 c.c.] ed egli non intende promuovere la liquidazione a norma dell'articolo 503, paga i creditori e i legatari [649 ss. c.c.] a misura che si presentano, salvi i loro diritti di poziorità [499, 503, 2741, 2830 c.c.].
Esaurito l'asse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti hanno soltanto diritto di regresso contro i legatari, ancorché di cosa determinata appartenente al testatore [649 c.c.], nei limiti del valore del legato.
Tale diritto si prescrive in tre anni dal giorno dell'ultimo pagamento, salvo che il credito sia anteriormente prescritto [2934 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 35718/2024
In tema di prova contraria, la parte che ne fa richiesta è tenuta a specificare i fatti oggetto della prova a carico che intende contrastare, nonché il nominativo dei testi addotti e le circostanze su cui deve vertere il loro esame, non essendo sufficiente un generico riferimento alle prove a discarico indicate nella lista depositata. (In motivazione, la Corte ha altresì precisato che la richiesta di ammissione di prova contraria avanzata dalla difesa deve avere per oggetto fatti rilevanti ai fini dell'imputazione, non potendo tradursi in un diritto incondizionato all'ammissione di una prova superflua o vertente su fatti estranei a quelli contestati).
Cass. civ. n. 31694/2024
In tema di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, nei casi previsti dall'art. 190-bis cod. proc. pen., la prova riassunta in ottemperanza alla disposizione di cui all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. non deve necessariamente essere raccolta una seconda volta quando muti la persona fisica del giudice di secondo grado o dei componenti del collegio giudicante. (In motivazione la Corte ha precisato che, in ogni caso, sussiste l'onere della parte di indicare le ragioni poste a fondamento dell'esigenza di rinnovazione).
Cass. civ. n. 29346/2024
In tema di prove, il giudice dibattimentale, in forza di quanto sancito dal combinato disposto degli artt. 190, comma 3 e 495, comma 4, cod. proc. pen., può revocare, anche su sollecitazione di parte e nel rispetto del contraddittorio, una precedente ordinanza istruttoria, ammettendo prove originariamente escluse. (In motivazione, la Corte ha precisato che la sollecitazione di parte non dev'essere assimilata ad un'impugnazione dell'ordinanza reiettiva, preclusa nel corso del processo ex art. 586 cod. proc. pen., conservando il giudice piena discrezionalità nella propria valutazione).
Cass. civ. n. 23516/2024
In tema di prova testimoniale, la difesa può chiedere l'ammissione di nuovi testi nel caso di mutamento del giudice, anche se, in precedenza, non ha presentato alcuna lista testimoniale, a condizione che tali testimoni siano inseriti in una lista depositata almeno sette giorni prima dell'udienza dinanzi al nuovo giudice.
Cass. civ. n. 13076/2024
Il giudice di appello ha l'obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento nel caso in cui la richiesta di parte è riconducibile alla violazione del diritto alla prova, che non sia stato esercitato per forza maggiore o per la sopravvenienza della stessa dopo il giudizio, o perché la ammissione della prova, ritualmente richiesta nel giudizio di primo grado, sia stata irragionevolmente negata da quel giudice. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato la decisione del giudice di appello che aveva irragionevolmente rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria, valutando la rilevanza della prova testimoniale formante oggetto della richiesta, che, nel giudizio di primo grado, era stata dapprima ammessa e poi revocata sul rilievo che la difesa aveva l'onere di dare preventiva comunicazione della mancata conoscenza, da parte del teste regolarmente citato e presente in aula, della lingua italiana e della necessità di escuterlo con l'ausilio di un interprete).
Cass. civ. n. 3015/2024
Integra il delitto di falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale sulle proprie qualità personali la condotta di colui che, nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, necessaria per fruire di colloqui con detenuti, attesti falsamente di essere immune da precedenti penali. (In motivazione, la Corte ha precisato che, influendo la dichiarazione mendace sulla valutazione di ammissibilità del colloquio, propedeutica all'esercizio della potestà autorizzativa della direzione della struttura penitenziaria, non è configurabile né il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, che ricorre quando la falsa attestazione abbia ad oggetto "fatti" dei quali l'atto sia destinato a provare la verità, né quello di false dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri, configurabile solo in via residuale quando la falsità non abbia alcuna attinenza, neppure indiretta, con la formazione dell'atto).
Cass. civ. n. 25136/2023
In tema di giudizio abbreviato condizionato all'assunzione di una prova testimoniale, la mancata citazione del teste non causa l'automatica decadenza della parte dal diritto alla sua escussione, ma genera in capo al giudice un onere di verifica circa la sua rilevanza per l'accertamento in corso, da compiersi alla stregua della valutazione già effettuata al momento dell'ammissione del rito. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale era stata rilevata la decadenza dal diritto dell'imputato all'assunzione della testimonianza, inferendola dalla mancata citazione del testimone).
Cass. civ. n. 2784/2023
Costituiscono prove documentali, ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen., suscettibili di essere legittimamente inserite nel fascicolo del dibattimento, i verbali formati nell'ambito di un procedimento diverso da quello penale (nella specie, procedimento di giustizia sportiva), che riproducono, unitamente ad altri dati, le dichiarazioni di persone informate sui fatti, fermo restando l'obbligo per il giudice di distinguere tra contenente e contenuto, ossia tra il documento e la dichiarazione in esso contenuta.
Cass. civ. n. 1956/2023
In tema di diritto alla prova, nel caso in cui una parte rinuncia all'esame di un proprio testimone, le altre hanno diritto a procedervi solo se questi era inserito nelle rispettive liste testimoniali, valendo altrimenti la loro richiesta come mera sollecitazione all'esercizio dei poteri officiosi del giudice ex art. 507 cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretto il rigetto della richiesta di rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale per l'audizione di un teste al quale il pubblico ministero aveva rinunciato, sul rilievo che la difesa non aveva dato dimostrazione del suo inserimento anche nella propria lista).
Cass. civ. n. 884/2023
La mancata assunzione di una prova decisiva, quale motivo d'impugnazione ex art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione ai sensi dell'art. 495, comma 2, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente articolato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l'invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione.
Cass. civ. n. 23350/2016
In tema di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, l'erede, senza ricorrere alla liquidazione di tipo concorsuale di cui agli art. 498 e ss. c.c. e provvedere alla conversione dei beni del "de cuius" in denaro, può procedere al pagamento individuale dei creditori ex art. 495 c.c. e conservare per sé la parte dell'attivo ereditario che dovesse residuare; in tal caso la responsabilità dell'erede è limitata al valore della stima dei beni effettuata in sede di inventario.
Cass. civ. n. 1627/1985
A differenza del debitore che per adempiere alcune delle sue obbligazioni, al di fuori di procedure concorsuali o individuali, è libero di scegliere il creditore al quale eseguire il pagamento, il curatore dell'eredità giacente è tenuto - anche al di fuori dell'ipotesi di liquidazione dell'eredità a norma degli artt. 498 e segg. c.c. - a rispettare l'ordine dei diritti di prelazione a norma dell'art. 495 c.c. (richiamato dall'art. 531 stesso codice) con la conseguenza che, restando la pretesa dei vari creditori alla soddisfazione delle loro ragioni limitata da quella concorrente dei creditori aventi un titolo pozione, l'inosservanza di quell'ordine comporta l'illegittimità del relativo pagamento anche se debitamente autorizzato dal pretore.
Cass. civ. n. 3294/1968
Sia nella forma della liquidazione individuale (art. 495 c.c.) sia più ancora nella forma della liquidazione concorsuale (artt. 498 e segg. c.c.) i poteri di amministrazione nonché di disposizione con le cautele prescritte dalla legge, che l'erede beneficiario, quale titolare dell'ufficio di liquidazione, ha rispetto all'eredità in generale si estendono anche alla cosa legata, la quale è e rimane soggetta al potere e quindi alla ingerenza dell'erede, potendosi solo, per alcuni riflessi, ammettere una coamministrazione dato che anche il legatario ha interessi da tutelare. In ogni caso, però, i poteri di amministrazione e disposizione del legatario non possono sovrapporsi a quelli dell'erede rendendo inefficienti gli atti di gestione e disposizione, che a quest'ultimo appaiono migliori per raggiungere i fini della liquidazione. (In applicazione di tale principio la Corte di cassazione ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale aveva riconosciuto al coniuge superstite legatario usufruttuario ex lege di una quota maggioritaria di godimento rispetto al bene ereditario oggetto di locazione, l'esercizio di una specie di ius prohibendi ex artt. 1105 e 1108 c.c. rispetto all'atto dispositivo compiuto dall'erede beneficiario mediante l'instaurazione dell'azione intesa a far cessare per morosità o per scadenza del termine convenzionale la locazione già stipulata dal de cuius).