Art. 324 – Codice di procedura civile – Cosa giudicata formale
Si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395 [124 disp. att.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 13662/2025
Il ricorso per cassazione, con il quale si deduce la violazione dell'art. 2909 c.c., deve contenere, a pena di inammissibilità, per il principio dell'autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., la specifica indicazione della parte del provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, contenente il precetto sostanziale di cui si denuncia l'errata interpretazione.
Cass. civ. n. 13169/2025
Il giudicato esterno opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell'azione, presupponendo che soggetti, petitum e causa petendi siano comuni alla causa anteriore e a quella successivamente intrapresa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza gravata che aveva escluso la sussistenza del giudicato esterno in ordine all'estinzione delle obbligazioni di una compagnia assicuratrice per intervenuto esaurimento del massimale aggregato, accertata in altro giudizio tra le medesime parti e in relazione al medesimo periodo di vigenza del contratto, ma avente diverso petitum e diversa causa petendi, in quanto relativa ad altro sinistro).
Cass. civ. n. 11887/2025
L'individuazione dei limiti (soggettivi ed oggettivi) del giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. presuppone l'identificazione degli elementi costitutivi (soggettivi ed oggettivi) della domanda (personae, petitum e causa petendi), sicché può dirsi che su una azione si è formato il giudicato solo se essa coincide, in tutti i suoi elementi costitutivi, con altra azione già esercitata in passato. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato il provvedimento impugnato che aveva accolto l'eccezione di giudicato, in quanto non vi era identità tra le domande di garanzia proposte nei giudizi conclusi con le sentenze richiamate dalle parti e la domanda di garanzia formulata nella fattispecie in esame, essendo diverse le parti della domanda principale risarcitoria e, dunque, diversi il petitum e la causa petendi della domanda accessoria, con cui era stato azionato, in forza di una clausola on claims made basis, il diritto di manleva dell'ente ospedaliero verso la compagnia assicuratrice).
Cass. civ. n. 11657/2025
In tema di espropriazione per pubblica utilità, la formazione di un giudicato sull'avvenuta acquisizione (ad altro titolo) dell'immobile ad opera dell'amministrazione espropriante impedisce di esercitare il potere attribuitole dall'art. 42-bis del TUE e il provvedimento eventualmente emesso, risultando adottato in palese carenza di potere, va disapplicato dal giudice ordinario, poiché il limite di operatività dell'istituto presuppone l'intervento tempestivo dell'amministrazione, per ripristinare la legalità violata in seguito all'occupazione illegittima di beni appartenenti a privati.
Cass. civ. n. 11138/2025
Il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, comma 1, c.c. integra un'eccezione in senso lato ed è, pertanto, rilevabile d'ufficio anche in appello (così come in sede di rinvio), fermo restando il limite del giudicato interno, sicché, qualora sulla questione vi sia stata una statuizione di primo grado, il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo se la decisione gli sia stata devoluta mediante l'impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di ravvisare l'avvenuta eventuale formazione del giudicato interno sulle questioni concernenti l'esistenza dell'illecito commesso dall'ente locale e l'entità delle relative conseguenze dannose, in relazione alla compromissione delle capacità edificatorie del terreno di proprietà degli originari attori, atteso che tali questioni erano state costantemente devolute, dapprima al giudice d'appello, e poi al giudice di legittimità, e quindi al giudice del rinvio, mediante le impugnazioni proposte dalle parti).
Cass. civ. n. 10964/2025
L'istanza di cancellazione delle espressioni sconvenienti od offensive e l'eventuale correlata domanda di condanna al risarcimento del danno ex art. 89 c.p.c. sono caratterizzate da una propria specificità rispetto all'oggetto del contendere e danno luogo, pertanto, a una decisione del tutto indipendente rispetto a quella afferente alla domanda originariamente formulata, che può essere autonomamente impugnata e sulla quale, in mancanza di apposita impugnazione, si forma il giudicato interno.
Cass. civ. n. 10829/2025
In tema di formazione del giudicato, se una sentenza contiene due statuizioni, una di cessazione della materia del contendere (nella specie, in relazione alla domanda di esecuzione dell'obbligo di concludere il contratto definitivo ex art. 2932 c.c.) e l'altra contenente un accertamento (nella specie, di responsabilità del promissario acquirente che non aveva dato esecuzione al preliminare, ai fini della soccombenza virtuale), detta seconda statuizione va impugnata onde evitare che la decisione diventi definitiva, a differenza della prima che è inidonea al giudicato, salvo quanto alla statuizione del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio.
Cass. civ. n. 2365/2025
In tema di giudizio di rinvio, la rilevabilità del giudicato, interno ed esterno, in ogni stato e grado del processo, va coordinata con i principi che disciplinano quel giudizio, e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d'ufficio nel procedimento di legittimità, ma, anche, quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza stessa, ancorché ivi non dedotte o rilevate, sicché il giudice di rinvio non può prendere in esame la questione concernente l'esistenza di un giudicato, esterno o interno, ove tale esistenza, pur potendo essere allegata o rilevata, risulti tuttavia esclusa, quantomeno implicitamente, dalla statuizione di cassazione con rinvio.
Cass. civ. n. 25700/2024
Nel giudizio di legittimità, la parte ricorrente che deduca l'inesistenza del giudicato esterno invece affermato dalla Corte di appello deve, per il principio di autosufficienza del ricorso ed a pena d'inammissibilità dello stesso, riprodurre in quest'ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione.
Cass. civ. n. 24416/2024
Nel processo tributario, l'efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre quando i separati giudizi riguardano tributi diversi, trattandosi di imposte strutturalmente differenti, anche se la pretesa impositiva è fondata sui medesimi presupposti di fatto.
Cass. civ. n. 21025/2024
In tema di sinistro stradale, se la sentenza che stabilisce la misura delle responsabilità dei conducenti coinvolti è impugnata soltanto da uno di questi, non si forma il giudicato interno sulla misura della responsabilità dell'altro conducente, perché il relativo accertamento deve svolgersi in maniera unitaria.
Cass. civ. n. 20636/2024
La pronuncia "in rito" di inammissibilità della domanda dà luogo ad un giudicato meramente formale, con effetti circoscritti al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata, talché non è idonea a produrre, né sul piano oggettivo né sul piano soggettivo, gli effetti del giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. e non preclude, pertanto, la riproposizione della domanda in altro giudizio. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza gravata che, decidendo nel merito di una domanda risarcitoria dichiarata inammissibile per tardività in un precedente giudizio tra le stesse parti, ne aveva ritenuto precluso l'esame sulla base di una non consentita interpretazione estensiva del dictum della sentenza di condanna emessa ad altro titolo nel precedente giudizio e passata in giudicato, operando un indebito allargamento della liquidazione con essa operata anche ai danni oggetto della diversa domanda dichiarata in quella sede inammissibile).
Cass. civ. n. 14620/2024
In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il dies a quo del termine semestrale di proponibilità della relativa domanda, previsto dall'art. 4 della legge n. 89 del 2001, decorre dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione che conclude il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero dalla scadenza del termine previsto per la sua impugnazione. Ne consegue che quando la decisione sia stata emessa all'esito del giudizio di revocazione c.d. ordinaria, ai sensi dei nn. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c., essa diviene "definitiva", nel senso richiesto dalla disposizione, non nel giorno della sua pubblicazione ma in quello in cui è divenuta irrevocabile e passata, quindi, in giudicato.
Cass. civ. n. 8260/2024
L'opponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo non opposto decorre dalla data di emissione del provvedimento di esecutorietà di cui all'art. 647 c.p.c., atteso che con esso il giudice compie un'attività di natura giurisdizionale avente ad oggetto la verifica del contraddittorio e la regolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, con conseguente passaggio in cosa giudicata formale e sostanziale del decreto medesimo, restando privi di rilievo disfunzioni dell'ufficio o ritardi nell'emissione del relativo provvedimento.
Cass. civ. n. 5370/2024
L'eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta per la prima volta in cassazione se il giudicato si é formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove; se, invece, il giudicato esterno si é formato dopo la conclusione del giudizio di merito (e, cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello), la relativa eccezione é opponibile nel giudizio di legittimità.
Cass. civ. n. 3752/2024
Le decisioni della Corte di cassazione passano in giudicato al momento della loro pubblicazione, anche quando la formula decisoria sia di cassazione con decisione di merito, senza che rilevi ai fini dell'immediatezza del giudicato la astratta suscettibilità della revocazione per errore di fatto, poiché il rimedio revocatorio non incide sulla formazione della cosa giudicata formale delle pronunce di legittimità, né la funzione nomofilattica può indurre a superare la applicazione del criterio temporale in caso di contrasto di giudicati.
Cass. civ. n. 3352/2024
In tema di giudizio di cassazione, la questione processuale concernente l'ammissibilità dell'appello non valutata dal giudice di secondo grado non può essere rilevata d'ufficio dalla cassazione potendo essere esaminata soltanto a fronte di uno specifico motivo di ricorso che censuri l'error in procedendo.
Cass. civ. n. 1259/2024
Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile concerne i limiti oggettivi del giudicato, il cui ambito di operatività è correlato all'oggetto del processo e riguarda, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, estendendosi non soltanto alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia; i limiti oggettivi del giudicato, pertanto, anche con riguardo al deducibile, non si estendono a domande diverse per petitum e causa petendi, rispetto alle quali può porsi soltanto il problema di una eventuale preclusione che, tuttavia, non può ritenersi sussistente in ragione del mero rapporto di connessione intercorrente con una domanda già proposta in un giudizio precedente, in quanto la connessione incide normalmente sulla competenza del giudice, ma non postula il necessario cumulo delle domande connesse. (Affermando tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto preclusa una domanda risarcitoria che in un precedente giudizio si era accertato, con statuizione passata in giudicato, come non proposta, conseguendone la dichiarazione di nullità per extrapetizione della pronuncia che l'aveva accolta).
Cass. civ. n. 36272/2023
Il giudice d'appello ha il potere di interpretare e qualificare la domanda in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado, salvo il caso in cui sulla qualificazione accolta da quest'ultimo si sia formato il giudicato interno e a condizione che i fatti costitutivi della diversa fattispecie giuridica oggetto di riqualificazione coincidano (o si pongano, comunque, in relazione di continenza) con quelli allegati nell'atto introduttivo. (Nella specie, in cui la domanda volta al recupero delle somme versate quali premi assicurativi di polizze rivelatesi false era stata qualificata dal giudice di primo grado alla stregua di azione di ripetizione dell'indebito, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che l'aveva riqualificata come domanda di risarcimento del danno extracontrattuale, basandosi sui medesimi fatti oggetto dell'originaria prospettazione dell'attore, che faceva espresso riferimento alla condotta colposa delle promotrici finanziarie).
Cass. civ. n. 33273/2023
In tema d'imposta di registro sugli atti dell'autorità giudiziaria ex art. 37 TUR, un provvedimento è imponibile anche ove sia ancora suscettibile di impugnazione o sia stato impugnato, ma non anche nel caso in cui sia stato già riformato o annullato con conseguente venir meno del presupposto impositivo.
Cass. civ. n. 32370/2023
Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause (o costituente indispensabile premessa logica della statuizione in giudicato) preclude il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto che il giudicato formatosi sull'inefficacia di un contratto di locazione e, conseguentemente, del collegato contratto di sublocazione, spiegasse i propri effetti nel diverso giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla sublocatrice per il pagamento dei canoni, nel senso di escluderne la debenza).
Cass. civ. n. 31330/2023
Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice alla domanda se la parte interessata non ha proposto specifica impugnazione, salvo i casi in cui tale qualificazione o non ha condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito, o è incompatibile con le censure formulate dall'appellante, o non ha formato oggetto di contestazione tra le parti, o quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta.
Cass. civ. n. 29301/2023
Può essere ravvisata l'efficacia riflessa del giudicato nei soli casi in cui si configuri una relazione di pregiudizialità-dipendenza, in senso giuridico, tra la situazione che forma oggetto del processo e quella facente capo a un terzo estraneo al giudizio e, dunque, anche quando solo alcuni dei fatti costitutivi della fattispecie del rapporto pregiudiziale-condizionante integrino gli elementi del rapporto pregiudicato-condizionato.
Cass. civ. n. 27401/2023
In materia di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo, l'espressione "decisione definitiva" di cui all'art. 4 della l. n. 89 del 2001 è rivolta a comprendere tutte le tipologie di processo e si intende riferita a qualsiasi provvedimento in conseguenza del quale il processo deve ritenersi concluso e non più pendente, sicché, ove si tratti di una sentenza di merito in grado di appello resa in un processo con pluralità di parti, la definitività della decisione si identifica con il suo passaggio in giudicato formale, per essere la sentenza non più impugnabile coi rimedi ordinari elencati nell'art. 324 c.p.c. da nessuna delle parti, senza che perciò rilevi, ai fini del decorso del termine di sei mesi per proporre la domanda di equa riparazione, la data in cui una delle parti sia decaduta dall'impugnazione per effetto della notifica della sentenza eseguita ad uno solo dei contraddittori.
Cass. civ. n. 26970/2023
La mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero processo, con conseguente caducazione di tutte le sentenze emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già passate in giudicato in quanto non impugnate, non essendo applicabile al giudizio di rinvio l'art. 338 dello stesso codice, che regola gli effetti dell'estinzione del procedimento di impugnazione.
Cass. civ. n. 26916/2023
La questione della violazione del giudicato esterno, derivante dalla mancata proposizione dell'appello incidentale in un diverso giudizio, non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità ove tale fatto, già verificatosi nel momento in cui è andato in decisione il giudizio di merito la cui pronuncia è oggetto del ricorso per cassazione, non sia stato tempestivamente sottoposto all'esame del giudice di merito.
Cass. civ. n. 25633/2023
ordinamento UE - Cedevolezza rispetto alla decisione della Commissione - Ragioni - Eliminazione del giudicato dall'ordinamento interno - Esclusione - Mera inefficacia sul piano del diritto unionale - Questioni attinenti al recupero dell'agevolazione illegittima - Esclusiva rilevanza in fase di ottemperanza. In tema di aiuti di stato, il giudicato che riconosca il diritto all'agevolazione in contrasto con l'ordinamento UE è cedevole rispetto alla decisione con cui la Commissione accerti siffatto contrasto, sia quando antecedente sia quando successivo ad essa, in quanto, nell'una come nell'altra ipotesi, emesso in violazione della disciplina, cogente per gli ordinamenti interni degli Stati membri, che attribuisce all'esclusiva competenza della Commissione la valutazione circa la compatibilità con il mercato comune di misure di aiuto o di un regime di aiuti; siffatta cedevolezza, tuttavia, non si esplica nel senso di una non consentita modificazione od eliminazione del giudicato come titolo di per sé esistente, ma si estrinseca soltanto sul piano dell'inidoneità di esso a produrre effetti, alla stregua del diritto unionale, cosicché eventuali questioni riguardanti quest'ultimo profilo, con particolare riguardo al recupero dell'agevolazione illegittima, possono essere discusse soltanto in sede di ottemperanza.
Cass. civ. n. 16603/2023
Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice all'azione quando essa ha formato oggetto di contestazione e sul punto deciso la parte interessata non ha proposto impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha statuito che, nel giudizio di cassazione, la domanda risarcitoria dell'attore non poteva essere riqualificata ex art. 144 cod. ass., poiché sulla qualificazione ex art. 141 cod. ass. data dal giudice di primo grado si era formato il giudicato, in assenza di successiva impugnazione).
Cass. civ. n. 15846/2023
Il principio della rilevabilità in sede di legittimità del giudicato esterno, sempre che questo risulti dagli atti comunque prodotti nel giudizio di merito, deve essere coordinato con l'onere di completezza e autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve indicare il momento e le circostanze processuali in cui i predetti atti siano stati prodotti, senza possibilità di depositare per la prima volta la sentenza in sede di legittimità, atteso che tale facoltà è consentita solo in caso di giudicato successivo alla sentenza impugnata.
Cass. civ. n. 10430/2023
Nei rapporti di durata, il vincolo del giudicato formatosi in relazione a periodi temporali diversi opera solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso ed in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili. (Nella specie, la S.C., avuto riguardo al diritto del Comune di Roma a percepire il c.d. COSAP, ha riconosciuto la sussistenza del giudicato esterno in relazione al fatto costitutivo rappresentato dalla presenza di griglie e intercapedini sul marciapiede destinato al pubblico passaggio, ancorché i canoni dovuti con riferimento ai singoli periodi si connotassero come elementi variabili).
Cass. civ. n. 10641/2019
La statuizione su una questione di rito dà luogo soltanto al giudicato formale ed ha effetto limitato al rapporto processuale nel cui ambito è emanata; essa, pertanto, non essendo idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale, non preclude la riproposizione della domanda in altro giudizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto che la statuizione di improponibilità della domanda per il conseguimento della rivalutazione contributiva ex art. 13, comma 8, della l. n. 257 del 1992, resa nel precedente giudizio per assenza del presupposto processuale costituito dalla previa istanza amministrativa, precludesse la riproposizione dell'azione).
Cass. civ. n. 9680/2019
Nel caso di questione di giurisdizione prospettata sotto il profilo del c.d.eccesso di potere giurisdizionale, la possibile formazione, e la conseguente rilevazione da parte della Corte di cassazione, di un giudicato interno sulla giurisdizione per effetto della sentenza di primo grado, è configurabile solo quando l'eccesso sia stato commesso dal giudice speciale di primo grado, la sentenza non sia stata impugnata in appello sul punto ed il giudice speciale di secondo grado abbia a sua volta giudicato, confermando la decisione; qualora, invece, l'eccesso di potere giurisdizionale sia contestato in riferimento alla sentenza di secondo grado, assumendosi che vi sia incorso direttamente il giudice d'appello oppure, qualora l'eccesso sia stato commesso dal primo giudice, il vizio sia stato fatto valere mediante l'appello ma il giudice di secondo grado abbia disatteso il relativo motivo di impugnazione, così avallando a sua volta l'eccesso, la formazione di un giudicato interno si verifica se la sentenza di appello non venga impugnata sul punto in Cassazione.
Cass. civ. n. 7499/2019
In tema di giudicato interno, ai fini della verifica dell'avvenuta impugnazione, o meno, di una statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, la S.C. non è vincolata all'interpretazione compiuta dal giudice di appello, ma ha il potere-dovere di valutare direttamente gli atti processuali per stabilire se, rispetto alla questione su cui si sarebbe formato il giudicato, la funzione giurisdizionale si sia esaurita per effetto della mancata devoluzione della questione nel giudizio di appello, con conseguente preclusione di ogni esame della stessa, purché il ricorrente non solo deduca di aver ritualmente impugnato la statuizione, ma - per il principio di autosufficienza - indichi elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il contenuto dell'atto di appello a questo preciso proposito, non essendo tale vizio rilevabile "ex officio". (Nella specie, riguardante l'appello avverso sentenza ex art. 99 l. fall. fondata su due autonome "rationes decidendi", l'una relativa all'inammissibilità della domanda perché nuova rispetto a quella svolta in sede di insinuazione al passivo, l'altra al merito del credito vantato, il ricorrente, assumendo che la corte d'appello avesse erroneamente ritenuto la decisione del tribunale fondata anche sulla prima "ratio", ha inammissibilmente sostenuto di averla indirettamente censurata lamentando l'omessa valutazione di risultanze probatorie documentali).
Cass. civ. n. 7925/2019
La decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale "quaestio iuris", pur avendo costituito la premessa logica della statuizione di merito, non sia stata sollevata dalle parti, posto che una questione può ritenersi decisa dal giudice di merito soltanto ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio.
Cass. civ. n. 11161/2019
Per il principio del "ne bis in idem", secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, ossia anche ciò che poteva essere dedotto in quanto afferente all'identica "causa petendi", l'efficacia panprocessuale delle pronunce della S.C. sulla giurisdizione non si realizza soltanto qualora la nuova domanda sia proposta in termini identici sotto tutti i profili della struttura dell'azione ("personae", "causa petendi" e "petitum"), atteso che non conta tanto il modo in cui essa è presentata, ma l'esatta qualificazione della domanda e dei fatti posti a base della stessa ("petitum" sostanziale), sicché, ove la S.C. abbia già statuito sulla giurisdizione in altro e precedente giudizio, è inammissibile il regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c. proposto in un successivo giudizio, instaurato dallo stesso attore sulla base degli identici fatti narrati nel primo, quand'anche l'atto introduttivo del secondo giudizio abbia evocato solo il convenuto principale nel primo (ma sia poi risultato legittimamente estensibile a tutte le altre parti, chiamate in causa dal convenuto principale), con il medesimo "petitum" (sebbene parzialmente ridotto solo nel "quantum") e sostanzialmente la medesima "causa petendi" (per quanto diversamente qualificata rispetto alla domanda del primo giudizio).
Cass. civ. n. 8766/2019
Il giudicato, oltre ad avere una sua efficacia diretta nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa, è dotato anche di un'efficacia riflessa, nel senso che la sentenza, come affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione, con la conseguenza reciproca che l'efficacia del giudicato non si estende a quanti siano titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico definito con la prima sentenza. (Nella specie, la S.C., in relazione alla pronunzia di accoglimento della domanda di restituzione del prezzo del biglietto pagato da alcuni spettatori per assistere ad uno spettacolo lirico in teatro all'aperto, interrotto da gravi avverse condizioni atmosferiche, ha confermato l'efficacia riflessa della sentenza, passata in giudicato, con la quale era stata accolta analoga domanda, proposta da altri spettatori e per identici motivi a fronte dell'automatico operare dell'effetto risolutivo ex art. 1463 c.c.).
Cass. civ. n. 13750/2019
Il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicché non può validamente prospettarsi l'insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all'esito del giudizio di secondo grado, perché tale questione non dipende dall'esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal "petitum" sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso, in quanto non erano stati trascritti i motivi di appello con i quali era stata contestata la decisione di primo grado sotto il profilo della giurisdizione e non risultando, peraltro, dalla pronuncia impugnata le doglianze sollevate con il gravame).
Cass. civ. n. 15339/2018
Il giudicato va assimilato agli elementi normativi, sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge; ne consegue che l'accertamento del giudicato può essere effettuato dal giudice anche d'ufficio e pure in grado di appello.
Cass. civ. n. 16847/2018
L'esistenza del giudicato esterno è, a prescindere dalla posizione assunta in giudizio dalle parti, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo anche nell'ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi astratti, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto; sicché, il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del "ne bis in idem", corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo e consistente nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. (Nella specie, la S.C., in virtù di sentenze "inter partes" acquisite in sede di memoria ex art. 380 bis1 c.p.c., ha rigettato l'impugnazione del secondo licenziamento, intimato a seguito di ripristino giudiziale del rapporto lavorativo, per effetto del giudicato sopravvenuto sulla legittimità del primo licenziamento disciplinare).
Cass. civ. n. 22465/2018
Il principio secondo cui l'autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest'ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio. (Nella specie la S.C. ha ritenuto preclusa dal giudicato, formatosi a seguito dell'estinzione della causa di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da un banca in relazione al saldo passivo di un conto corrente, la successiva domanda, proposta dal correntista, tesa ad ottenere la ripetizione delle somme indebitamente trattenute dall'istituto di credito in forza di clausole negoziali invalide).
Cass. civ. n. 24358/2018
Il giudicato interno può formarsi solo su capi di sentenza autonomi, che cioè risolvano una questione controversa avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; sono privi del carattere dell'autonomia i meri passaggi motivazionali, ossia le premesse logico-giuridiche della statuizione adottata, come pure le valutazioni di meri presupposti di fatto che, unitamente ad altri, concorrono a formare un capo unico della decisione. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso che vi fosse stata violazione del giudicato interno, per la mancata impugnazione della sentenza di prime cure, nella parte in cui aveva ritenuto insussistente il requisito della eterodirezione, quale indice rilevante, ma non esaustivo, della natura subordinata del rapporto di lavoro, per il cui riconoscimento era stato intentato il giudizio).
Cass. civ. n. 27161/2018
Il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalità d'interesse pubblico di eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti e non è subordinato ai limiti fissati dall'art. 345 c.p.c. per le prove nuove in appello, di tal che il giudice, al quale ne risulti l'esistenza, non è vincolato dalla posizione assunta dalle parti in giudizio, dovendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, nell'ambito di un giudizio per querela di falso, non aveva preso in esame la sentenza penale divenuta definitiva nel corso del giudizio di secondo grado ed eccepita dalla parte interessata, con cui la convenuta, imputata del reato di cui all'art. 481 c.p., era stata assolta perché il fatto non sussiste).
Cass. civ. n. 26992/2018
In tema di limiti soggettivi del giudicato, gli artt. 1306 e 1310 c.c. - che con riferimento alle obbligazioni solidali, e quindi a un rapporto con pluralità di parti ma scindibile, prevedono che i condebitori i quali non abbiano partecipato al giudizio tra il creditore e altro condebitore possano opporre al primo la sentenza favorevole al secondo (ove non basata su ragioni personali) - costituiscono espressione di un più generale principio, operante "a fortiori" con riguardo a rapporti caratterizzati da inscindibilità, secondo cui alla parte non impugnante si estendono gli effetti derivanti dall'accoglimento dell'impugnazione proposta da altre parti contro una sentenza sfavorevole emessa nei confronti di entrambi.
Cass. civ. n. 4997/2018
Ai fini della verifica della proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione nella pendenza del giudizio di primo grado, e della sua conseguente ammissibilità, assume rilievo la data della notifica e non del deposito del ricorso ad esso finalizzato.
Cass. civ. n. 2735/2017
In tema di giudizio di cassazione, il principio secondo cui l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quello interno, rilevabile d'ufficio, non solo quando emerga da atti prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell'ipotesi in cui si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, con correlativa inopponibilità del divieto ex art. 372 c.p.c., non può trovare applicazione laddove la sentenza passata in giudicato venga invocata al fine di dimostrare l'effettiva sussistenza, o meno, dei fatti, poiché, in tal caso, il giudicato ha valenza non già di regola di diritto cui conformarsi bensì solo in relazione a valutazioni di stretto merito. (Nella specie, riguardante la domanda di un concessionario di beni demaniali, a titolo di manutenzione nel possesso, spiegata contro committente ed appaltatrice dell'esecuzione di lavori con effetti sull'area di demanio, la S.C. ha escluso l'ammissibilità della produzione della sentenza definitiva con cui il giudice amministrativo aveva dichiarato l'illegittimità dell'annullamento in autotutela dei titoli abilitativi edilizi, osservando che l'elemento soggettivo sotteso alla domanda non era escluso dai suddetti titoli).
Cass. civ. n. 10513/2017
La responsabilità di cui all’art. 2043 c.c. e quella ex art. 2050 c.c. presuppongono un unico fatto costitutivo, la causazione del danno, ed un elemento reciprocamente specializzante, dato dal criterio d’imputazione alternativo che, in un caso, è la colpa, e, nell’altro, lo svolgimento di un’attività pericolosa, sicché pronunciare in ordine all’applicabilità della prima norma implica escludere quella della seconda per il medesimo fatto, stante l'unicità dell'oggetto del processo ed il nesso di reciproca esclusione tra le due fattispecie legali, e come l’una domanda può essere modificata con l’introduzione dell’altra in corso di causa, nel rispetto delle previsioni dettate per il giudizio ordinario dall’art. 183 c.p.c., così anche il giudicato formatosi sulla responsabilità per uno dei due titoli esclude la riproponibilità dell’azione per far valere l’altro.
Cass. civ. n. 12202/2017
Il giudicato non si determina sul fatto ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull'intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che si fosse formato un giudicato implicito sul fatto storico dell’esistenza di un nesso causale tra l’incidente occorso alla ricorrente, caduta uscendo da un esercizio commerciale, e la vetrina espositiva ivi collocata, a fronte di una sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni sul diverso presupposto che le lesioni subite non erano riconducibili alla caduta determinata dall’urto con la vetrina).
Cass. civ. n. 24162/2017
Il giudicato esterno è assimilabile agli "elementi normativi", sicché la sua interpretazione deve effettuarsi alla stregua dell'esegesi delle norme, non già degli atti e dei negozi giuridici, e la sua portata va definita dal giudice sulla base di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendosi far riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all'esito dell'esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un'obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione.
Cass. civ. n. 10930/2017
Il giudicato, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici, e, conseguentemente, la sua interpretazione non si risolve in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilata, per natura ed effetti, all'interpretazione delle norme giuridiche, sicché l'erronea presupposizione della sua esistenza, equivalendo all’ignoranza della "regula juris", rileva non quale errore di fatto ma quale errore di diritto, derivandone sostanzialmente un vizio del giudizio sussuntivo, consistente nel ricondurre la fattispecie ad una norma diversa da quella che reca, invece, la sua disciplina, inidoneo, come tale, ad integrare gli estremi dell'errore revocatorio di cui all'art. 395, numero 4, c.p.c.
Cass. civ. n. 9954/2017
Il giudicato sostanziale di cui all'art. 2909 c.c., il quale, come riflesso di quello formale previsto dall'art. 324 c.p.c., fa stato ad ogni effetto tra le parti quanto all'accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso, si forma soltanto su ciò che ha costituito oggetto della decisione, ricomprendendosi in esso anche gli accertamenti di fatto che abbiano rappresentato le premesse necessarie ed il fondamento logico-giuridico per l'emanazione della pronuncia, precludendo l'esame di quegli stessi elementi in un successivo giudizio quando l'azione ivi dispiegata abbia identici elementi costitutivi. (Nella specie, la S.C. ha escluso che, nell’ambito di un giudizio finalizzato a conseguire l’indennizzo assicurativo per il furto di un’autovettura, potesse ritenersi coperta dal giudicato, intervenuto in altro processo avente ad oggetto il risarcimento dei danni occorsi alla stessa autovettura in conseguenza di un sinistro verificatosi prima del furto, la circostanza della mancata riparazione del mezzo, non rappresentando l’accertamento della stessa premessa necessaria o fondamento logico-giuridico della pronuncia di condanna dell’assicuratore al risarcimento del danno).
Cass. civ. n. 25906/2017
Il giudicato interno preclude la rilevabilità d’ufficio delle relative questioni solo se espresso, cioè formatosi su rapporti tra "questioni di merito" dedotte in giudizio e, dunque, tra le plurime domande od eccezioni di merito, e non quando implicito, cioè formatosi sui rapporti tra "questioni di merito" e "questioni pregiudiziali" o "preliminari di rito o merito" sulle quali il giudice non abbia pronunziato esplicitamente, sussistendo tra esse una mera presupposizione logico-giuridica. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la rilevazione d'ufficio del difetto di legittimazione ad agire, in quanto in rapporto di mera presupposizione logico-giuridica con il merito, nonostante il dedotto giudicato interno).
Cass. civ. n. 3539/2017
In materia di impugnazione, quando la domanda è rigettata in primo grado in applicazione del termine di prescrizione correlato alla sua qualificazione giuridica, se il giudice d’appello procede d’ufficio ad una diversa qualificazione della stessa, alla quale è riferibile un differente termine prescrizionale, non opera il giudicato interno sul termine di prescrizione individuato dal primo giudice in correlazione alla qualificazione originaria della domanda.
Cass. civ. n. 18693/2016
In caso di rigetto della domanda di arricchimento senza causa, proposta per la prima volta dal creditore opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso con riguardo alla sua domanda di adempimento, senza che la relativa statuizione sia stata impugnata con ricorso incidentale da parte del preteso arricchito, unico soggetto interessato alla sua eventuale censurabilità, si forma il giudicato implicito sulla questione pregiudiziale relativa alla proponibilità della domanda ex art. 2041 c.c., costituendo la mancata impugnazione sintomo di un comportamento incompatibile con la volontà di far valere in sede di impugnazione la questione pregiudiziale (che dà luogo ad un capo autonomo della sentenza e non costituisce un mero passaggio interno della decisione di merito, come si desume dall'art. 279, comma 2, n. 2 e 4, c.p.c.), verificandosi il fenomeno dell'acquiescenza per incompatibilità, con le conseguenti preclusioni sancite dagli artt. 324 e 329, comma 2, c.p.c., in coerenza con i principi dell'economia processuale e della durata ragionevole del processo, di cui all'art. 111 Cost.
Cass. civ. n. 15339/2016
Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il "petitum" del primo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva deciso con sentenza non definitiva sulla validità di un brevetto in presenza di una sentenza passata in giudicato che si era già espressa per la nullità dello stesso).
Cass. civ. n. 10088/2016
Il principio secondo cui le questioni attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale sono rilevabili d'ufficio anche nel giudizio di legittimità va coordinato con i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che comportano un'applicazione in senso restrittivo e residuale di tale rilievo officioso, sicché le suddette questioni restano coperte dal giudicato implicito allorché siano state ignorate dalle parti nei precedenti gradi di giudizio per essersi il contraddittorio incentrato sul merito della lite e su di esse non si sia pronunciato il giudice adito. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile la questione, dedotta per la prima volta innanzi ad essa, della tardività della costituzione dell'ingiunto in sede di opposizione al provvedimento monitorio).
Cass. civ. n. 2217/2016
Ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, la locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l'esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico. Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l'impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull'intera statuizione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, su appello dell'INPS, incentrato sulla mancanza di prova del fatto dannoso, aveva rigettato la domanda di una lavoratrice, di risarcimento del danno esistenziale a causa della ritardata corresponsione del trattamento economico di maternità).
Cass. civ. n. 25304/2015
L'efficacia del giudicato copre anche la questione pregiudiziale in senso logico su cui si fonda la pronuncia, ossia il fatto costitutivo del diritto fatto valere, sicché ove il giudice abbia accertato la sussistenza di un credito, ancorché ceduto ed eccepito in compensazione, sussiste l'interesse ad impugnare della parte che contesti la sua qualità di debitrice ceduta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto carente di interesse ad impugnare la parte chiamata in causa in un giudizio di opposizione a cartella esattoriale, che aveva contestato di essere la debitrice del credito ceduto e opposto in compensazione dell'importo iscritto a ruolo).
Cass. civ. n. 24952/2015
Il giudicato esterno è assimilabile agli "elementi normativi", sicché la sua interpretazione deve effettuarsi alla stregua dell'esegesi delle norme, non già degli atti e dei negozi giuridici, e la sua portata va definita dal giudice sulla base di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendosi far riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all'esito dell'esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un'obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione.
Cass. civ. n. 24558/2015
L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato non estende i suoi effetti e non è vincolante rispetto ai terzi ma, quale affermazione obiettiva di verità, è ugualmente idoneo a spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, sempreché il terzo non sia titolare di un rapporto autonomo ed indipendente rispetto a quello in ordine al quale il giudicato interviene, non essendo ammissibile, in tale evenienza, che egli, salvo diversa ed espressa indicazione normativa, ne possa ricevere pregiudizio giuridico o possa avvalersene a fondamento della sua pretesa. (Nella specie, la S.C. ha escluso che una società in accomandita semplice potesse beneficiare del giudicato concernente la qualificazione di una clausola compromissoria intervenuto nei confronti del socio accomandatario in un giudizio cui la medesima società non aveva partecipato).
Cass. civ. n. 20928/2015
L'eccezione relativa alla titolarità del rapporto sostanziale controverso attiene al merito della controversia ed è soggetta alle preclusioni di legge previste per ciascun grado di giudizio dal codice di rito, sicché la sua riproposizione, ove sia stata rigettata dal giudice di prime cure con statuizione che non abbia formato oggetto di specifico motivo di appello, è preclusa dall'avvenuta formazione del giudicato interno. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile l'eccezione di difetto di titolarità, dal lato passivo, del rapporto controverso, diretta a far valere che il Sindaco aveva operato come ufficiale del Governo e non quale rappresentante dell'ente locale con riguardo ad un giudizio per il risarcimento dei danni per illegittimo allontanamento di un minore dalla famiglia).