Art. 597 – Codice civile – Incapacità del notaio, dei testimoni e dell’interprete
Sono nulle le disposizioni a favore del notaio o di altro ufficiale che ha ricevuto il testamento pubblico, ovvero a favore di alcuno dei testimoni o dell'interprete intervenuti al testamento medesimo.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 36104/2024
Non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice di appello che, in accoglimento dell'impugnazione dell'imputato, nel concorso di due aggravanti ad effetto speciale, avendo escluso quella più grave, applichi, per la residua, un aumento sulla pena base per il reato più grave, pur se non determinato in misura inferiore in primo grado, irrogando una sanzione complessivamente inferiore a quella inflitta con la sentenza di condanna. (In motivazione, la Corte ha precisato che, all'esito dell'esclusione dell'aggravante ad effetto speciale, non trova applicazione il meccanismo di contenimento previsto dall'art. 63, comma quarto, cod. pen.).
Cass. civ. n. 35870/2024
In tema di giudizio di appello, non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice che, pur delimitando la responsabilità dell'imputato per un reato permanente (nella specie, associazione di tipo mafioso) a un tempo in cui il regime sanzionatorio era più favorevole di quello successivo, non operi alcuna riduzione di pena. (In motivazione, la Corte ha precisato che i criteri di commisurazione della pena di cui all'art. 133 cod. pen. non coincidono con quelli che, ove sussistenti, ne impongono, a norma dell'art. 597, comma 4, cod. proc. pen., la riduzione).
Cass. civ. n. 34518/2024
Il divieto di "reformatio in peius" riguarda il solo dispositivo della decisione impugnata e non la motivazione, sicché il giudice di appello, pur in assenza di gravame del pubblico ministero, può confermare una statuizione in base a una disciplina diversa da quella indicata dal giudice di primo grado, a condizione che la nuova motivazione non determini, in concreto, una lesione dei diritti della difesa, derivante dai profili di novità che da quel mutamento scaturiscono. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto il divieto di "reformatio in peius" non violato dalla sentenza di appello che aveva subordinato al ripristino dello stato dei luoghi, ex art. 165, comma secondo, cod. pen., la sospensione condizionale della pena, che, in primo grado, era stata ancorata all'art. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 in relazione a reati nelle more estinti).
Cass. civ. n. 33854/2024
Nel caso in cui in sede di appello sia stata data al fatto, giudicato in primo grado dal tribunale in composizione monocratica, una diversa e più grave qualificazione giuridica, per effetto della quale esso rientri nelle attribuzioni del tribunale in composizione collegiale, la Corte di cassazione, ove il giudice di appello non abbia provveduto in tal senso e l'eccezione di incompetenza risulti proposta con i motivi di impugnazione, deve annullare senza rinvio la sentenza di primo grado e quella di appello e trasmettere gli atti al pubblico ministero.
Cass. civ. n. 30711/2024
In tema di pene sostitutive, il giudice d'appello può applicarle anche d'ufficio e acquisire il consenso dell'interessato anche dopo la lettura del dispositivo esclusivamente nel caso in cui i presupposti formali per la sostituzione divengano attuali a seguito della definizione del giudizio di secondo grado. (In motivazione, la Corte ha precisato che, diversamente, il consenso deve essere manifestato dall'imputato entro l'udienza di discussione dell'appello, in caso di decisione partecipata, o nei termini utili al deposito dei motivi aggiunti o della memorie difensiva, in caso di trattazione cartolare).
Cass. civ. n. 25036/2024
In caso di condanna generica al risarcimento del danno disposta in primo grado, ove il relativo capo sia stato devoluto al giudice di secondo grado, questi può procedere, anche in assenza di appello della parte civile, alla liquidazione del danno dovuto dall'imputato, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione.
Cass. civ. n. 19976/2024
In tema di giudizio di appello, in applicazione del principio devolutivo e delle norme che impongono, a pena di inammissibilità, la specificità dei motivi, l'impugnazione della decisione in punto di sussistenza della natura specifica della recidiva non può estendersi al punto relativo ai presupposti per il riconoscimento di tale aggravante. (In motivazione la Corte ha affermato che diversa deve ritenersi l'ipotesi in cui oggetto del motivo di appello sia la sola natura reiterata della recidiva e con il ricorso per cassazione si contesti il riconoscimento dell'aggravante, tenuto conto che la verifica dei presupposti di cui all'art. 99, comma 4, cod. proc. pen., presuppone l'accertamento dei requisiti per il riconoscimento della condizione di recidivo semplice).
Cass. civ. n. 19543/2024
In tema di impugnazioni, non è deducibile con ricorso per cassazione l'omessa motivazione del giudice di appello in ordine al denegato riconoscimento dell'attenuante della lieve entità del delitto di estorsione, prevista dalla sentenza della Corte cost. n. 120 del 2023, ove la questione, già proponibile in quella sede, non sia stata prospettata in appello con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni.
Cass. civ. n. 19541/2024
In caso di riforma della sentenza in grado di appello per l'avvenuta riqualificazione in termini di delitto tentato del delitto consumato originariamente contestato, la riduzione della pena inflitta per il delitto come derubricato non implica l'obbligo di ridurre anche gli aumenti sanzionatori per le aggravanti riconosciute nel giudizio di primo grado, posto che la diversa qualificazione giuridica del fatto comporta una diversa incidenza degli elementi circostanziali.
Cass. civ. n. 18865/2024
Viola il divieto di "reformatio in pejus" il giudice di appello che, in mancanza di impugnazione del pubblico ministero, pone in comparazione un'attenuante, di cui ritiene la sussistenza, con la recidiva, ritualmente contestata, ma di cui però il primo giudice non ha fatto applicazione nel determinare la pena. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudizio di bilanciamento può operare solo con le aggravanti già valutate e ritenute sussistenti in primo grado).
Cass. civ. n. 16351/2024
Il divieto di "reformatio in peius" non opera nel giudizio conseguente all'accoglimento della richiesta di rescissione del giudicato, in quanto la ritenuta nullità, assoluta e insanabile, della dichiarazione di assenza travolge l'intero giudizio e la sentenza con cui esso è stato definito, sicché nel nuovo e del tutto autonomo processo non sussiste alcun limite al potere discrezionale del giudice nella determinazione del trattamento sanzionatorio. (In motivazione, la Corte ha precisato che il nuovo giudizio disposto ai sensi dell'art. 629-bis, comma 3, cod. proc. pen., diversamente da quello di cui all'art. 597, comma 3, cod. proc. pen, non configura una fase di impugnazione).
Cass. civ. n. 15430/2024
In tema di giudizio di appello, è illegittima, in quanto viola il principio devolutivo, la statuizione con cui, in riforma della decisione impugnata dal solo imputato con motivi non attinenti al trattamento sanzionatorio, sia sciolto, "ex officio", il vincolo della continuazione riconosciuto in primo grado. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato la decisione con la quale era stata sciolta d'ufficio la ritenuta continuazione tra delitti e contravvenzioni).
Cass. civ. n. 12991/2024
In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi di cui all'art. 20-bis cod. pen., affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sulla loro applicabilità come previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell'art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), è necessaria una richiesta in tal senso dell'imputato, che non dev'essere formulata necessariamente con l'atto di impugnazione o con la presentazione di motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma deve intervenire, al più tardi, nel corso dell'udienza di discussione del gravame.
Cass. civ. n. 12692/2024
L'imputato ha interesse ad impugnare la sentenza che abbia riconosciuto la recidiva in rapporto di equivalenza rispetto alle circostanze attenuanti, solo quando essa sia l'unica aggravante oggetto del giudizio di bilanciamento, posto che, in tal caso, la sua esclusione comporterebbe l'espansione della riduzione di pena per effetto delle attenuanti.
Cass. civ. n. 9457/2024
Il giudice di appello, pur in presenza dell'impugnazione del solo imputato, può procedere alla riqualificazione giuridica del fatto nel rispetto del principio del giusto processo previsto dall'art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, anche senza disporre la rinnovazione totale o parziale dell'istruttoria dibattimentale, sempre che sia sufficientemente prevedibile la ridefinizione dell'accusa inizialmente formulata, che il condannato sia in condizione di far valere le proprie ragioni in merito alla nuova definizione giuridica del fatto e che questa non comporti una modifica "in peius" del trattamento sanzionatorio.
Cass. civ. n. 9176/2024
Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della condanna per il reato più grave ritenuto in continuazione, il giudice, nel determinare la pena per il reato satellite, non è vincolato alla quantificazione già effettuata in termini di aumento ex art. 81, comma secondo, cod. pen., ma, per il divieto di "reformatio in peius", non può irrogare una pena più grave, per specie e quantità, di quella base stabilita nel provvedimento di condanna annullato, purché superiore al minimo edittale previsto per tale reato satellite, configurandosi altrimenti un'ipotesi di pena illegale.
Cass. civ. n. 9175/2024
In tema di giudizio di appello, il principio devolutivo e le norme che impongono, a pena di inammissibilità, la specificità dei motivi ostano a che l'impugnazione della decisione in punto di responsabilità sia intesa come implicitamente comprensiva della doglianza relativa al trattamento sanzionatorio.
Cass. civ. n. 2103/2024
È censurabile in sede di legittimità la decisione resa in grado di appello in cui sia stata del tutto omessa la presa in carico di un motivo di gravame, non potendosi ritenere che la pronunzia reiettiva dell'impugnazione sia sorretta, sul punto, da motivazione implicita, quand'anche le ragioni a fondamento del rigetto possano ricavarsi dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza. (In motivazione, si è altresì affermato che, diversamente opinando, si finirebbe per consentire al giudice di legittimità di sostituire irritualmente il proprio ragionamento a quello del giudice di merito, che non ha mai preso in carico la questione e, quindi, non l'ha mai scrutinata).
Cass. civ. n. 1188/2024
In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice d'appello non può disporre la sostituzione "ex officio" nel caso in cui, nell'atto di gravame, non sia stata formulata una specifica e motivata richiesta al riguardo, non rientrando la conversione della pena detentiva nel novero dei benefici e delle diminuenti tassativamente indicati dall'art. 597, comma 5, cod. proc. pen., che costituisce disposizione derogatoria, di natura eccezionale, al principio devolutivo dell'appello. (In motivazione, la Corte ha altresì affermato che è onere dell'appellante supportare la richiesta di sostituzione delle pene detentive brevi con specifiche deduzioni e che il mancato assolvimento di tale onere comporta l'inammissibilità originaria della richiesta).
Cass. civ. n. 757/2024
La formazione progressiva del giudicato conseguente ad annullamento con rinvio consente di dare al fatto, nel giudizio rescissorio, una diversa e più grave qualificazione giuridica anche in assenza di impugnazione sul punto del pubblico ministero, nel caso in cui la questione attinente alla riqualificazione costituisca un punto della decisione oggetto dell'annullamento o sia col punto caducato in rapporto di connessione essenziale, posto che la questione "de qua" non può ritenersi un capo della sentenza, difettando della completezza che rende il capo suscettibile di definitività. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione, assunta in sede di rinvio, che aveva attribuito al fatto l'originaria qualificazione giuridica di "induzione indebita a dare o promettere utilità", benché la decisione annullata l'avesse riqualificato in termini di "traffico di influenze illecito" e non vi fosse stata impugnazione sul punto da parte del pubblico ministero).
Cass. civ. n. 576/2024
In tema di appello cautelare, la cognizione del giudice, in ossequio al principio della "doppia devoluzione", è circoscritta ai motivi dedotti con l'atto di impugnazione, che, a loro volta, non possono esorbitare dal "thema decidendum" sottoposto al giudice di prima istanza, salvo il potere di quello del gravame di dichiarare le nullità assolute, rilevabili anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l'ordinanza, pronunciata in sede di appello cautelare reale, che aveva accolto la richiesta di dissequestro di un'aviopista, non formulata con l'istanza originaria, volta ad ottenere la mera autorizzazione all'uso temporaneo del bene da parte di terzi, ma avanzata, per la prima volta, mediante impugnazione).
Cass. civ. n. 49341/2023
In tema di impugnazioni, la rinuncia ai motivi di appello con i quali si stata richiesta l'assoluzione dell'imputato determina la preclusione, nel successivo giudizio di legittimità, di ogni doglianza relativa alla delimitazione spazio-temporale del reato permanente e alla misura della pena, anche nel caso di mutamento della cornice sanzionatoria per effetto di una modifica della pena intervenuta durante l'arco temporale della condotta.
Cass. civ. n. 47128/2023
E' sottratto alla cognizione del giudice di appello l'accertamento di ufficio della pericolosità sociale dell'imputato, in mancanza di specifica impugnazione della statuizione della sentenza riguardante la misura di sicurezza.
Cass. civ. n. 46782/2023
In tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell'art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all'applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all'art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell'imputato, da formulare non necessariamente con l'atto di gravame o in sede di "motivi nuovi" ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell'udienza di discussione d'appello.
Cass. civ. n. 44188/2023
In tema di giudizio di appello, il giudice non è tenuto a concedere d'ufficio la sospensione condizionale della pena, né a motivare sul punto, nel caso in cui, nell'atto di impugnazione e in sede di discussione, siano stati genericamente richiamati i "benefici di legge", omettendo l'indicazione di alcun elemento di fatto idoneo a giustificare l'accoglimento della richiesta.
Cass. civ. n. 43980/2023
In caso di concordato sulla pena in appello con rinuncia ai motivi, il giudice non può sostituire d'ufficio la pena detentiva con le sanzioni sostitutive, in assenza di esplicita richiesta delle parti.
Cass. civ. n. 36824/2023
Non sussiste l'obbligo di rinnovazione dell'assunzione delle prove dichiarative nel caso in cui il giudizio di appello abbia avuto come esito non la riforma dell'originaria sentenza di assoluzione, bensì la riqualificazione del fatto in un reato più grave di quello per il quale l'imputato era stato condannato dal primo giudice.
Cass. civ. n. 31840/2023
Viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice di appello che, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento della sentenza di condanna su ricorso proposto dal solo imputato, non si attiene al giudicato implicitamente formatosi sul capo della decisione non interessato dalla pronuncia di annullamento. (Fattispecie in cui, all'esito del giudizio rescissorio, la Corte di appello aveva rideterminato in anni due la durata della misura di sicurezza di cui all'art. 609-nonies, ultimo comma, n. 2 cod. proc. pen., confermando sul punto la decisione di primo grado, senza tener conto della riduzione operata con la sentenza annullata).
Cass. civ. n. 30640/2023
Non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice di appello che, riformando in senso assolutorio una sentenza di condanna, applichi la misura di sicurezza prevista dalla legge quale conseguenza dell'assoluzione per vizio di mente dell'appellante. (Conf.: n. 4037 del 1992,
Cass. civ. n. 26721/2023
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di appello non può revocare "ex officio" il beneficio che altra sentenza, diversa da quella impugnata, abbia concesso in violazione dell'art. 164, comma quarto, cod. pen., trattandosi di statuizione che presuppone che si accerti, in fatto, se le cause ostative fossero o meno documentalmente emerse nel corso di quel giudizio.
Cass. civ. n. 20619/2023
L'appello del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione "perché il fatto non costituisce reato" non preclude al giudice di appello una diversa valutazione sulla sussistenza della condotta, stante l'effetto pienamente devolutivo dell'impugnazione, che attribuisce al giudice "ad quem" gli ampi poteri decisori di cui all'art. 597, comma 2, lett. b), cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 20276/2023
In tema di divieto di "reformatio in peius", il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da più reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l'esistenza di un'attenuante in precedenza negata e influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, è tenuto a ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satelliti, salvo che per questi ultimi sia confermato, con adeguata motivazione, l'aumento in precedenza disposto e a condizione che il risultato finale dell'operazione implichi l'irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella irrogata in precedenza. (Fattispecie relativa a reati sessuali, in cui la Corte ha annullato senza rinvio la decisione con la quale, a fronte dell'integrale risarcimento del danno, effettuato a seguito della condanna in primo grado anche in relazione a ciascuno dei reati-satellite, erano stati confermati, senza specifica motivazione, gli aumenti in precedenza disposti per tali illeciti).
Cass. civ. n. 19900/2023
Nel caso in cui in sede di appello sia stata data al fatto, giudicato in primo grado dal tribunale in composizione monocratica, una diversa e più grave qualificazione giuridica, per effetto della quale esso rientri nelle attribuzioni del tribunale in composizione collegiale, la Corte di cassazione, ove il giudice di appello non abbia provveduto in tal senso e l'eccezione di incompetenza risulti proposta con i motivi di impugnazione, deve annullare senza rinvio la sentenza di primo grado e quella di appello e trasmettere gli atti al pubblico ministero.
Cass. civ. n. 13806/2023
Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della condanna per il solo reato più grave, il giudice del rinvio, nel determinare la pena per il reato residuo, meno grave, non è vincolato alla quantità di pena individuata quale aumento ai sensi dell'art. 81, comma secondo, cod. pen. ma, per la regola del divieto di "reformatio in peius", non può irrogare una pena che, per specie e quantità, costituisca un aggravamento di quella individuata, nel giudizio precedente all'annullamento parziale, quale base per il computo degli aumenti a titolo di continuazione. (Nella specie la Corte ha ritenuto sussistente la violazione del divieto in un caso in cui il giudice del rinvio aveva aumentato la pena per il reato satellite determinandola in misura superiore a quanto disposto nel primo giudizio, pur irrogando una pena finale complessivamente inferiore).
Cass. civ. n. 5517/2023
Il divieto di "reformatio in peius" opera anche nel giudizio di rinvio e si estende a tutti gli eventuali, ulteriori, giudizi di rinvio, dovendo la comparazione fra sentenze, necessaria all'individuazione del trattamento meno deteriore, essere eseguita tra quella di primo grado e quelle rese in detti giudizi, restando immodificabile "in peius" l'esito più favorevole tra quelli intervenuti a seguito di impugnazione dell'imputato, senza che rilevi, in contrario, la circostanza che il pubblico ministero abbia impugnato la prima sentenza nel capo relativo alla misura della pena e non abbia coltivato il gravame avverso il rigetto.
Cass. civ. n. 4302/2023
Non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice di appello che, anche nel caso di impugnazione proposta dal solo imputato, aggravi le modalità di esecuzione della misura di sicurezza applicata dal primo giudice, dovendo le prescrizioni essere idonee ad evitare l'occasione di nuovi reati e potendo le stesse essere, pertanto, suscettibili di successive modifiche o limitazioni.
Cass. civ. n. 2493/2023
Non sussiste l'obbligo di rinnovazione dell'assunzione delle prove dichiarative nel caso in cui il giudizio di appello abbia avuto come esito non la riforma dell'originaria sentenza di assoluzione, bensì la riqualificazione del fatto in un reato più grave di quello per il quale l'imputato era stato condannato dal primo giudice.
Cass. civ. n. 1995/2023
In tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell'art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all'applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all'art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell'imputato, da formulare non necessariamente con l'atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell'udienza di discussione in appello.
Cass. civ. n. 1174/2023
In tema di responsabilità disciplinare del notaio, l'istituzione di quest'ultimo quale esecutore testamentario - mediante disposizione testamentaria posta all'interno del testamento dallo stesso rogato - configura l'illecito disciplinare di cui all'art. 28, comma 1, n. 3, della l. n. 89 del 1913, in quanto detta disposizione tutela l'immagine di terzietà e imparzialità che il notaio deve preservare nello svolgimento della propria attività professionale, con valutazione "ex ante" dell'interesse che avrebbe dovuto indurlo ad astenersi dalla redazione dell'atto, a nulla rilevando che lo stesso testamento non preveda una istituzione di erede o legato a favore dello stesso notaio, ciò che eventualmente potrebbe rilevare ai diversi fini della nullità di cui all'art. 597 c.c..