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Art. 646 — Retroattività della condizione

Art. 646 — Retroattività della condizione

L’adempimento della condizione [ 633 c.c. ] ha effetto retroattivo [ 456, 1360 c.c. ]; ma l’erede o il legatario, nel caso di condizione risolutiva, non è tenuto a restituire i frutti [ 820 c.c. ] se non dal giorno in cui la condizione si è verificata [ 1361 c. 2 c.c. ]. L’azione per la restituzione dei frutti si prescrive in cinque anni [ 2948 c.c. ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 1701/1969

L’art. 646 c.c. — innovando rispetto al codice civile abrogato, il quale, all’art. 853, sanciva l’inefficacia della disposizione testamentaria sotto condizione sospensiva, qualora l’istituito fosse morto prima del verificarsi della condizione — stabilisce che l’adempimento della condizione sospensiva ha effetto retroattivo. Conseguentemente, retroagendo gli effetti della disposizione testamentaria, al verificarsi della condizione, al momento dell’apertura della successione, l’istituzione sotto condizione sospensiva, nel caso in cui l’erede sia deceduto dopo il testatore ma anteriormente al verificarsi della condizione, è pienamente valida secondo l’ordinamento vigente.

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Cass. civ. n. 663/1969

In tema di successione testamentaria l’efficacia retroattiva della condizione comporta che al suo verificarsi gli effetti della disposizione condizionata retroagiscono al tempo dell’apertura della successione; ma, mentre l’istituito sotto condizione risolutiva è considerato come se mai avesse adita l’eredità ed in tal caso cadono tutti i diritti costituiti dall’erede o dal legatario a favore dei terzi senza distinzione fra atti a titolo oneroso o gratuito, diversamente avviene al verificarsi della condizione sospensiva perché l’istituito assume la qualità di erede sin dal tempo dell’apertura della successione e gli atti da lui compiuti medio tempore non sono caducati e non possono essere dallo stesso erede, che li ha compiuti, inficiati di nullità o ritenuti a lui non opponibili. Pertanto, mentre gli atti di amministrazione sono validi in ogni caso, sia che si tratti di condizione risolutiva o sospensiva, gli atti dispositivi sono invece subordinati nei loro effetti alla condizione medesima nel senso che, ove si tratta di condizione risolutiva, essi sono caducati, mentre permangono validi con l’avverarsi della condizione sospensiva.

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