Art. 697 – Codice civile – Sostituzione fedecommissaria nei legati
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23934/2025
In tema di trattenimento amministrativo delle persone straniere nel regime processuale conseguente al d.l. 11 ottobre 2024, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187, il soggetto trattenuto che deduca l'illegittimità del provvedimento di proroga ex art. 14, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per insussistenza della delega in capo al funzionario firmatario diverso dal questore, ha l'onere di provare detto fatto negativo, sicché, nel caso in cui non riesca a procurarsi la pertinente attestazione da parte dell'amministrazione, è tenuto comunque a sollecitare il giudice ad acquisire informazioni ovvero ad avvalersi dei poteri istruttori presso l'amministrazione medesima, la quale non può esimersi dalla relativa risposta. (Fattispecie relativa all'annullamento con rinvio del decreto di proroga del trattenimento che aveva omesso di pronunciarsi sull'eccezione con la quale il difensore aveva dedotto l'assenza in atti della delega questorile in favore del sostituto commissario che aveva sottoscritto la richiesta di proroga).
Cass. civ. n. 14674/2025
L'acquisto a titolo originario conseguente all'espropriazione per pubblica utilità, se adeguatamente documentato, è idoneo a soddisfare la prova della proprietà richiesta ai fini dell'azione di rivendicazione.
Cass. civ. n. 14668/2025
In caso di rapporto processuale originariamente sorto tra defunto e terzo, ove quest'ultimo convenga in giudizio il chiamato all'eredità della parte deceduta, spetta a tale chiamato dimostrare di non aver assunto la qualità di erede e, dunque, di non aver accettato l'eredità, in base al principio di vicinanza della prova, giacché, prima dell'accettazione, il chiamato all'eredità è titolare di una facoltà che può incidere sull'evoluzione del rapporto successorio e, conseguentemente, su quello processuale sorto in origine tra defunto e terzo.
Cass. civ. n. 14288/2025
Nel caso di azione proposta da un soggetto che si qualifichi erede del de cuius in virtù di un determinato rapporto parentale o di coniugio, la produzione del certificato dello stato di famiglia è idonea a dimostrare l'allegata relazione familiare e, dunque, la qualità di soggetto che deve ritenersi chiamato all'eredità, ma non anche la qualità di erede, posto che essa deriva dall'accettazione espressa o tacita, non evincibile dal certificato; tuttavia, tale produzione, unitamente alla allegazione della qualità di erede, costituisce una presunzione iuris tantum dell'intervenuta accettazione tacita dell'eredità, atteso che l'esercizio dell'azione giudiziale da parte di un soggetto che si deve considerare chiamato all'eredità, e che si proclami erede, va considerato come atto espressivo di siffatta accettazione e, quindi, idoneo a considerare dimostrata la qualità di erede.
Cass. civ. n. 13691/2025
Il divieto di monetizzazione delle ferie non godute ex art. 5, comma 8, d.l. n. 95 del 2012, interpretato in conformità alla giurisprudenza della CGUE (v. sentenza del 18.1.2024, n. 218), si applica anche per ogni causa di cessazione del rapporto di lavoro (ivi compresi i licenziamenti) a cui il lavoratore abbia concorso attivamente, sempreché egli, ancorché dirigente, si sia consapevolmente astenuto dal fruire delle ferie dopo essere stato messo in condizione di esercitare in modo effettivo il relativo diritto dal datore di lavoro, su cui grava il corrispondente onere della prova. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che, in assenza della prova anzidetta, aveva escluso la monetizzazione delle ferie per una lavoratrice licenziata per giusta causa, sul presupposto che ella, in quanto dirigente apicale, aveva potuto scegliere in autonomia il periodo di fruizione delle stesse).
Cass. civ. n. 13324/2025
In tema di evasione dell'IVA a mezzo di frodi carosello, quando l'operazione soggettivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente ed il cessionario, l'onere probatorio a carico dell'Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettato all'obbligo del pagamento dell'imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l'interposto è privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuente-cessionario fornire la prova, contraria, della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta, alla luce delle regole di diligenza massima esigibili da un operatore accorto e dei criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.
Cass. civ. n. 13148/2025
In tema di permesso di ingresso e soggiorno a favore di familiare del cittadino dell'Unione europea, di cui all'art. 3, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 30 del 2007, il requisito della "vivenza a carico" non è provato dall'attestazione da parte del Sindaco del Comune del Paese di provenienza, in assenza di una prova certa di rimesse in denaro continuative nel tempo che dimostrino il mantenimento del familiare, in modo strutturato e continuativo.
Cass. civ. n. 13038/2025
Il cd. superminimo è soggetto al principio dell'assorbimento, nel senso che, in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a una qualifica superiore, l'emolumento è assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l'onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l'assorbimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, interpretando restrittivamente la lettera di assunzione - secondo cui "ogni futuro aumento dei minimi contrattuali introdotto dalla legge o dal c.c.n.l. sarà assorbito nel superminimo assorbibile" -, aveva limitato tale assorbimento ai soli aumenti dei minimi tabellari, escludendolo per quello derivante dal passaggio automatico ad un superiore inquadramento, previsto dal c.c.n.l. fin dall'assunzione).
Cass. civ. n. 12879/2025
In tema di risarcimento del danno per violazione delle distanze legali tra costruzioni, il proprietario è tenuto ad allegare il danno subito a causa della violazione ed in caso di contestazione specifica è tenuto a provarlo, anche tramite nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza o mediante presunzioni semplici.
Cass. civ. n. 12121/2025
In tema di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, spetta a chi agisce in giudizio invocando la sussistenza del diritto o, all'opposto, il venir meno dei presupposti della sua persistenza, ovvero una estinzione o modificazione dei fatti costitutivi che avevano sorretto il suo riconoscimento, l'onere di allegare e di dimostrare le circostanze dedotte e, in ipotesi, contestate, anche attraverso presunzioni semplici. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che, nell'escludere il contributo di mantenimento a carico del padre separato, si era limitata a rilevare che la giovane, appena ventenne, non aveva proseguito gli studi, senza valutare la sua capacità lavorativa, in relazione alla sua formazione professionale, alle possibilità concrete del mercato del lavoro in quel territorio e all'occupazione femminile).
Cass. civ. n. 11999/2025
In tema di imposte dirette, l'Amministrazione finanziaria, nel negare l'inerenza di un costo per mancanza, insufficienza od inadeguatezza degli elementi dedotti dal contribuente ovvero a fronte di circostanze di fatto tali da inficiarne la validità o la rilevanza, può contestare l'incongruità e l'antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza, pur non identificandosi in essa; in tal caso è onere del contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni in relazione allo svolgimento dell'attività d'impresa ed alle scelte imprenditoriali. (In applicazione del principio la S.C. ha cassato la decisione impugnata che, pur riconoscendo l'eccessività dei costi pubblicitari rispetto ai ricavi, li aveva ritenuti inerenti all'attività d'impresa sul mero rilievo che la pubblicità può costituire strumento di ampliamento della clientela e di incremento del volume di affari, senza alcuna verifica, da compiersi sulla scorta di precise allegazioni e prove da offrirsi dal contribuente, della loro concreta destinazione alla produzione).
Cass. civ. n. 11809/2025
A fronte della domanda di accertamento di un'occupazione senza titolo volta ad ottenere la condanna al rilascio del bene e al risarcimento del danno, compete esclusivamente al convenuto provare il possesso di un titolo che assicura il legittimo godimento del cespite.
Cass. civ. n. 11801/2025
In tema di risarcimento del danno per l'inadempimento o l'inesatto adempimento dell'obbligo del conduttore, qualora il locatore abbia provato l'avvenuto deterioramento della cosa locata, l'onere di dimostrare che questo si è verificato per un uso conforme al contratto o per fatto a lui non imputabile spetta al locatario, sia per la regola generale che ripartisce l'onere probatorio in ragione della scomposizione della fattispecie tra fatti costitutivi e fatti impeditivi, modificativi od estintivi del diritto azionato, sia per la regola particolare di esclusione della responsabilità di cui all'art. 1590, comma 1, seconda parte, c.c.
Cass. civ. n. 11649/2025
In tema di azione revocatoria ordinaria promossa dalla procedura fallimentare ex art. 66 l.fall., il curatore, per dimostrare la sussistenza dell'eventus damni, ha l'onere di provare che l'atto dispositivo posto in essere dal fallito, tenuto conto della consistenza dei crediti ammessi al passivo, della preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al suo compimento e del conseguente mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore, è tale da rendere oggettivamente più difficoltosa l'esazione del credito, in misura eccedente la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori.
Cass. civ. n. 11604/2025
La prova della partecipazione, anche di fatto, di una società di capitali a una società di persone (cd. supersocietà di fatto) deve essere fornita attraverso la dimostrazione dei presupposti costituiti dall'esercizio in comune dell'attività economica, dall'esistenza di un fondo comune (da apporti o attivi patrimoniali) e dall'effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite e, dunque, da un agire nell'interesse, ancorché diversificato, dei soci. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto l'esistenza di una società di fatto tra due imprese, di cui una fallita, sulla base del vicendevole utilizzo del personale dipendente e della comunanza di intenti nella vendita ed assistenza post vendita di macchine edili-stradali, unitamente all'identità della compagine sociale e dell'amministratore unico).
Cass. civ. n. 10810/2025
Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l'inserimento della pronunzia nell'elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, in tale momento venendo ad esistenza la sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione, sicché, se tali momenti sono impropriamente scissi con apposizione in calce alla decisione di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività del gravame, il giudice deve accertare - attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all'art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all'impugnante provare la tempestività della propria impugnazione - quando la sentenza è divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell'elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva erroneamente affermato la tardività dell'impugnazione senza considerare che, in conseguenza dell'accorpamento di due diversi Uffici del G.d.P., la sentenza, pur depositata presso la cancelleria dell'ufficio accorpato, era stata reperita e inserita nell'elenco cronologico delle sentenze - evento dal quale dipende il deposito - di quello accorpante oltre un anno dopo).
Cass. civ. n. 10456/2025
Il legittimario che intende proporre l'azione di riduzione ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione; in particolare, in relazione al principio sancito dagli artt 555 e 559 c..c., egli ha l'onere di indicare, oltre al valore, l'ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l'azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento e cominciando, comunque, dall'ultima e risalendo via via alle anteriori.
Cass. civ. n. 10438/2025
In tema di determinazione del reddito di impresa, le linee guida elaborate dall'OCSE e la disciplina interna di cui agli artt. 9, comma 3, e 110, comma 7, del d.P.R. n. 917 del 1986 prevedono l'obbligo di rispettare, nelle operazioni di transfer pricing, il principio della libera concorrenza, rispetto al quale non sono ammesse esenzioni documentali, cosicché il contribuente, in caso di scostamento dal prezzo di mercato, è tenuto a dimostrare il rispetto del medesimo principio al momento in cui è stato fissato il prezzo di trasferimento ed a confermare tale risultato al momento della dichiarazione dei redditi.
Cass. civ. n. 10435/2025
La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto. (Nella specie, la S.C., in un giudizio di risarcimento del danno derivante da evento alluvionale, ha escluso, cassando sul punto la sentenza impugnata, che l'attore avesse l'onere di provare la titolarità del diritto di proprietà sull'immobile e sul veicolo danneggiati, stante la tardività della contestazione svolta dal Comune convenuto solo con la comparsa conclusionale ed a fronte di difese, contenute nella comparsa di costituzione, costituenti riconoscimento implicito della suddetta titolarità).
Cass. civ. n. 10364/2025
In tema di accertamenti bancari, la presunzione di cui all'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che l'Amministrazione finanziaria fornisca la prova della riferibilità del conto, pur se formalmente intestato a terzi, al contribuente, non occorrendo tuttavia necessariamente dimostrare che il conto sia utilizzato soltanto da quest'ultimo, posto che altrimenti la presunzione sarebbe limitata al solo caso di conto fittiziamente intestato.
Cass. civ. n. 10363/2025
In tema di accertamento del reddito con metodo sintetico ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. 600 del 1973 (nel testo applicabile ratione temporis), si presume che le spese per incrementi patrimoniali siano state sostenute con redditi conseguiti, in quote di un quinto, nell'anno in cui le spese sono state effettuate e nei quattro anni precedenti, sicché è onere dell'Amministrazione finanziaria provare che, al contrario, l'intero importo della spesa è riconducibile a redditi percepiti nell'anno di imposta considerato dall'accertamento.
Cass. civ. n. 10336/2025
In tema di attività d'impresa, ai fini del disconoscimento della deducibilità dei costi risultanti da una fattura emessa per operazioni oggettivamente inesistenti, incombe sull'Amministrazione finanziaria l'onere di dimostrare, attraverso prove dirette o indiziarie, la fittizietà dell'operazione, spettando viceversa al contribuente di fornire la rigorosa prova del contrario, la quale non può consistere nella mera esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché facilmente falsificabili e normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia.
Cass. civ. n. 10248/2025
Il giudice è tenuto ad accertare, anche d'ufficio, il fondamento giuridico della domanda, sulla base dei fatti costitutivi o impeditivi della pretesa dedotta in giudizio, tranne che si tratti di eccezioni in senso stretto, che devono essere proposte in giudizio soltanto dalla parte interessata; sicché tutte le ragioni che possono condurre al rigetto della domanda, per difetto delle sue condizioni di fondatezza, possono essere rilevate anche d'ufficio, in base alle risultanze ritualmente acquisite al processo, nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole processuali.
Cass. civ. n. 10188/2025
In tema di accertamento e di prova del nesso di causalità, sia materiale che giuridica, il giudice di merito, quando ritiene ignota la causa dell'evento dannoso, non è tenuto ad indagare sulle relative ragioni, dimostrando di poter risolvere tutti i relativi problemi tecnici, qualora i fatti posti a fondamento del giudizio di incertezza eziologica siano stati esaustivamente e compiutamente individuati, analizzati ed enunciati nella sentenza, mentre l'insanabile incertezza circa la relazione causale tra condotta colpevole del sanitario ed evento di danno ridonda a carico del paziente danneggiato che chiede il risarcimento.
Cass. civ. n. 9534/2025
In tema di incapacità naturale del disponente che, ai sensi dell'art. 591 c.c., determina l'invalidità del testamento, l'esistenza di legami affettivi e di intensa frequentazione con soggetti pretermessi nel testamento non è di per sé indice di incapacità se non associata ad anomalie, incoerenze della scheda o altri segnali che rilevino una condizione patologica invalidante, la quale può essere comunque esclusa dal giudice sulla base di altri elementi maggiormente significativi, il cui accertamento è incensurabile se sorretto da motivazione adeguata.
Cass. civ. n. 9095/2025
In tema di disciplina antielusiva ex art. 37, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, è irrilevante la distinzione tra interposizione fittizia e reale di persona, in quanto la norma imputa al contribuente i redditi formalmente intestati ad altro soggetto laddove, anche in base a presunzioni, vi sia prova che egli ne sia l'effettivo titolare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto direttamente ascrivibili al contribuente alcune attività ed investimenti all'estero, in ragione dell'accertata natura simulata del trust in cui erano confluite le partecipazioni delle società del gruppo di imprese a lui riconducibili).
Cass. civ. n. 8505/2025
In caso di contestazione specifica, da parte del contribuente, dei requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell'avviso di accertamento, l'Amministrazione finanziaria è tenuta, anche per il principio di vicinanza della prova, a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell'avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale.
Cass. civ. n. 2123/2025
L'accertamento, ai fini fiscali, dell'esistenza di una società di fatto presuppone l'effettiva esistenza di tutti gli elementi costitutivi del vincolo societario - quali l'intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro, ed il conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi - che l'Amministrazione è tenuta a provare, anche in via presuntiva, poiché la sola apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi non costituisce un autonomo titolo della responsabilità fiscale dei soci (nascendo l'obbligazione tributaria ex lege solo al concreto verificarsi del presupposto dell'imposizione), ma è uno dei possibili indici rivelatori della reale esistenza di tale società.
Cass. civ. n. 1903/2025
In tema di risarcimento del danno da nascita indesiderata conseguente a responsabilità medica, poiché l'interruzione volontaria della gravidanza è legittima in evenienze che restano eccezionali, l'impossibilità della scelta della madre di determinarsi a quella, imputabile a negligente carenza informativa del medico curante, può essere fonte di responsabilità civile a condizione che: a) ricorrano i presupposti normativi di cui all'art. 6 della l. n. 194 del 1978; b) risulti la volontà della donna di non portare a termine la gravidanza. Il relativo onere della prova ricade sulla gestante, ma può essere assolto anche in via presuntiva, sempre che i presupposti della fattispecie facoltizzante siano stati tempestivamente allegati e siano rispettati i requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all'art. 2729 c.c..
Cass. civ. n. 1701/2025
In tema di contratto di appalto, ove il committente convenuto in giudizio dall'appaltatore per il pagamento del corrispettivo sollevi l'eccezione generale di inadempimento, spetta all'appaltatore provare l'esatto adempimento della propria obbligazione, mentre ove il committente – che abbia la disponibilità fisica e giuridica dell'opera – proponga domanda di garanzia speciale per le difformità e vizi, spetta allo stesso appaltante dimostrare l'esistenza di tali difformità e vizi e delle conseguenze dannose lamentate.
Cass. civ. n. 1997/2023
In tema di valutazione delle prove, il divieto per il giudice di trarre dai documenti ritualmente prodotti la conoscenza di fatti non allegati dalle parti riguarda soltanto i fatti principali, e cioè i fatti posti dalle parti (e che devono essere dedotti necessariamente da queste ultime) a sostegno delle loro domande e delle loro eccezioni, e non riguarda, invece, i fatti secondari, rilevanti nel processo soltanto quali elementi di conoscenza, dai quali risalire logicamente all'accertamento dei fatti principali, poiché tale divieto è finalizzato ad evitare che il giudice, analizzando il materiale probatorio, supplisca alle carenze delle parti nell'assolvimento dell'onere di indicare precisamente i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni.
Cass. civ. n. 4681/2023
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto quando i fatti controversi siano noti alla parte, con la conseguenza che spetta a chi denunci la violazione del principio di non contestazione allegare che la controparte era a conoscenza della circostanza assunta come controversa, non essendo altrimenti configurabile a carico della predetta un onere di contestazione sulla questione.
Cass. civ. n. 9863/2023
Le regole sull'onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria - secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) - e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie.
Cass. civ. n. 12064/2023
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti.
Cass. civ. n. 12910/2022
Il principio di vicinanza della prova non deroga alla regola di cui all'art. 2697 c.c. (che impone all'attore di provare i fatti costitutivi del proprio diritto e al convenuto la prova dei fatti estintivi, impeditivi o modificativi del diritto vantato dalla controparte) ma opera allorquando le disposizioni attributive delle situazioni attive non offrono indicazioni univoche per distinguere le suddette due categorie di fatti, fungendo da criterio ermeneutico alla cui stregua i primi vanno identificati in quelli più prossimi all'attore e dunque nella sua disponibilità, mentre gli altri in quelli meno prossimi e quindi più facilmente suffragabili dal convenuto, di modo che la vicinanza riguarda la possibilità di conoscere in via diretta o indiretta il fatto, e non già la possibilità concreta di acquisire la relativa prova.
Cass. civ. n. 29063/2022
Il principio dell'onere della prova positivizzato nell'art. 2697 c.c., applicabile anche al processo tributario, prescinde dal grado di intrinseca attendibilità delle affermazioni che una parte faccia a suo favore, cosicché, per effetto della struttura dialettica del giudizio, che pone le parti in identica posizione, occorre necessariamente che la verifica dei fatti posti a fondamento della domanda (o delle eccezioni) passi attraverso il vaglio di elementi diversi dalla mera affermazione che di essi faccia la parte a proprio vantaggio.
Cass. civ. n. 5413/2021
L'onere di provare il fatto interruttivo della prescrizione, ritualmente introdotto nel processo, grava su chi ha esercitato il diritto soggetto a prescrizione; perché sorga detto onere, è sufficiente la dimostrazione che il diritto è venuto in essere e poteva essere fatto valere in un momento in relazione al quale esso, in mancanza del menzionato fatto interruttivo, avrebbe dovuto essere considerato estinto quando è stato azionato. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 11/11/2017).
Cass. civ. n. 8018/2021
L'onere probatorio gravante, a norma dell'art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto "fatti negativi", in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, tanto più se l'applicazione di tale regola dia luogo ad un risultato coerente con quello derivante dal principio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova, riconducibile all'art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'azione in giudizio. Tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva posto a carico del vettore la prova della mancata stipulazione di polizza assicurativa, quale condizione, contrattualmente stabilita, di rinuncia al diritto di rivalsa da parte della società assicuratrice che aveva risarcito, all'avente diritto assicurato, il danno derivante dal furto delle cose trasportate). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 14/03/2019).
Cass. civ. n. 14610/2014
In tema di onere della prova, la parte convenuta in giudizio per il pagamento di una somma di denaro che eccepisca di avere adempiuto alla propria obbligazione ammette, per ciò stesso, sia pur implicitamente, l'esistenza del rapporto su cui si fonda la pretesa della controparte, la quale, conseguentemente, è sollevata dall'onere della relativa prova, incombendo sul convenuto il compito di dimostrare il proprio assunto difensivo in base al principio per cui chi eccepisce l'estinzione del diritto fatto valere nei suoi confronti deve provare il fatto su cui l'eccezione si fonda.
Cass. civ. n. 3576/2013
L'onere di contestazione - la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova - sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per i fatti ad essa ignoti.
Cass. civ. n. 16917/2012
In tema di riparto dell'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo.
Cass. civ. n. 12108/2010
In tema di riparto dell'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo. Ne consegue che nel giudizio promosso da una società per l'accertamento dell'insussistenza dell'obbligo contributivo preteso dall'INPS sulla base di verbale ispettivo, incombe sull'Istituto previdenziale la prova dei fatti costitutivi del credito preteso, rispetto ai quali il verbale non riveste efficacia probatoria. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha escluso che incombesse sulla società promotrice del giudizio di accertamento negativo del credito contributivo dell'INPS l'onere di provare l'inesistenza, dovendosi escludere che alle dichiarazioni dei lavoratori riportate nel verbale ispettivo potesse attribuirsi efficacia probatoria).
Cass. civ. n. 21544/2008
In tema di risarcimento del danno, il creditore che voglia ottenere, oltre il rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di "chance" - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non costituisce una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta. (Nel caso di specie, la S.C., cassando con rinvio, ha ritenuto che il giudice di merito avesse erroneamente omesso di vagliare il nesso tra l'inabilità temporanea conseguente ad un infortunio riguardante una dipendente ed il mancato rinnovo alla stessa del contratto di lavoro, rinnovato, invece, a tutti gli altri dipendenti).
Cass. civ. n. 15162/2008
Il principio generale di riparto dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 c.c. deve essere contemperato con il principio di acquisizione, desumibile da alcune disposizioni del codice di rito (quale ad esempio l'art. 245, comma secondo, c.p.c.) ed avente fondamento nella costituzionalizzazione del principio del giusto processo, in base al quale le risultanze istruttorie, comunque acquisite al processo, e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale si siano formate, concorrono tutte alla formazione del convincimento del giudice. Ne deriva che la soccombenza dell'attore consegue alla inottemperanza dell'onere probatorio a suo carico soltanto nell'ipotesi in cui le risultanze istruttorie, comunque acquisite al processo, non siano sufficienti per provare i fatti che costituiscono il fondamento del diritto che si intende far valere in giudizio.
Cass. civ. n. 384/2007
L'onere probatorio gravante, a norma dell'art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto «fatti negativi», in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo. (Fattispecie relativa a domanda di trasferimento coattivo di un fondo, sul presupposto dell'accertamento negativo della sussistenza del diritto di prelazione agraria in capo a un confinante, che aveva esercitato la prelazione alla quale il preliminare era subordinato).
Cass. civ. n. 19064/2006
La violazione del precetto di cui all'art. 2697 c.c. si configura soltanto nell'ipotesi che il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull'esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c.
Cass. civ. n. 13958/2006
Non sussistendo nel vigente ordinamento processuale un onere, per la parte, di contestazione specifica di ogni fatto dedotto ex adverso, la mera mancata contestazione in quanto tale non può avere automaticamente l'effetto di prova, onde il giudice che ritenga non raggiunta la prova di una circostanza, consistente in un fatto dedotto in esclusiva funzione probatoria, semplicemente allegata dall'attore, non incorre in violazione di legge o vizio di motivazione nel non aver tenuto conto, quale elemento probante, della non contestazione da parte del convenuto (fattispecie in tema di allegazione della qualità di imprenditore ai fini della liquidazione del maggior danno per svalutazione monetaria in obbligazione pecuniaria).
Cass. civ. n. 5488/2006
Nel vigente ordinamento processuale i fatti allegati da una delle parti vanno considerati «pacifici» — e quindi possono essere posti a fondamento della decisione — quando siano stati esplicitamente ammessi dalla controparte oppure quando questa pur non avendoli espressamente contestati abbia tuttavia assunto una posizione difensiva assolutamente incompatibile con la loro negazione, così implicitamente ammettendone l'esistenza. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto perché priva di prova la domanda di rilascio di un fondo rustico, benché il resistente avesse sempre impostato le proprie difese sulla legittimità della detenzione del fondo da parte sua, assumendo di essere anche titolare del diritto di prelazione sul terreno).
Cass. civ. n. 4622/2004
Ai fini della ripartizione dell'onere della prova, allorché il convenuto non si limiti a contestare genericamente l'assunto attoreo, ma contrapponga una difesa articolata su fatti diversi da quelli posti a, base della domanda, propone una eccezione in senso sostanziale di cui è tenuto a fornire la dimostrazione ai sensi dell'art. 2697 c.c. (Nella specie, relativa alla richiesta da parte del lavoratore di rimborsi spese per consegne a domicilio, il datore di lavoro aveva sostenuto, senza provarlo, che le consegne erano state effettuate «sulla strada» percorsa dalla lavoratrice per rientrare nella propria abitazione).
Cass. civ. n. 2299/2004
La mancata specifica contestazione di un fatto costitutivo del diritto dedotto da uno dei contendenti lo rende incontroverso e non più bisognoso di prova, in quanto l'atteggiamento difensivo delle parti, valutato alla stregua della regola di condotta processuale di cui all'art. 167 comma 1 c.p.c., che impone al convenuto di prendere posizione in comparsa di risposta sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, espunge il fatto stesso dall'ambito degli accertamenti richiesti; non sussistono tali presupposti qualora lo stesso attore — ad esempio — introduca il tema probatorio concernente la titolarità attiva del rapporto, ancorché parte convenuta si sia difesa avanzando argomentazioni logicamente successive alla questione della titolarità, ma non incompatibili con il diniego della stessa. (Fattispecie relativa a giudizio risarcitorio in cui era controversa l'appartenenza del veicolo danneggiato all'attore; la S.C. ha negato che si fosse formata non contestazione sul punto, in quanto l'attore stesso aveva prodotto una dichiarazione sostitutiva di atto notorio volta a superare le risultanze del registro automobilistico e la compagnia assicuratrice convenuta aveva contestato la sussistenza «dei presupposti e delle condizioni dell'azione» negando la sussistenza della responsabilità extracontrattuale del convenuto nel sinistro, senza con ciò riconoscere che ove dell'illecito fosse stato ritenuto responsabile l'assicurato, titolare del diritto al risarcimento sarebbe stato l'attore).
Cass. civ. n. 17336/2003
In tema di procedimento civile, il principio dell'onere della prova non implica che il fondamento del diritto vantato debba essere dimostrata unicamente dalle prove prodotte dal soggetto gravato dal relativo onere. Tale fondamento può invece desumersi da elementi altrimenti acquisiti o acquisibili al processo, anche attraverso l'esercizio da parte del giudice dei poteri officiosi riconosciutigli in materia dall'ordinamento processuale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva rigettato l'istanza di espletamento di una consulenza tecnica finalizzata ad accertare la ricorrenza di difformità progettuali rispetto ad un accordo negoziale avente ad oggetto la compravendita di un terreno edificabile, sebbene la parte ricorrente avesse prodotto una planimetria costituente, quanto meno, un principio di prova).
Cass. civ. n. 11054/2001
Il principio per cui il giudice deve porre a base della sua decisione unicamente i fatti allegati dalle parti e l'altro per cui i fatti pacifici tra le parti non hanno bisogno di essere provati incontrano un limite allorquando la legge richiede per la prova di tali fatti un atto scritto ad substantiam, ciò si verifica per il decreto di esproprio, che, come qualunque provvedimento tipico e nominato, esige una statuizione della P.A. espressa ed esteriorizzata nell'atto, preordinata alla realizzazione degli specifici effetti per esso previsti dall'ordinamento. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato inammissibile l'opposizione all'indennità di esproprio in un caso in cui il decreto non era stato prodotto dalle parti né risultava dagli atti la sua esistenza, rendendo superfluo l'esercizio di poteri ufficiosi di acquisizione).
Cass. civ. n. 13904/2000
I fatti allegati possono essere considerati «pacifici», esonerando la parte dalla necessità di fornirne la prova, solamente quando l'altra parte abbia impostato la propria difesa su argomenti logicamente incompatibili con il disconoscimento dei fatti medesimi, ovvero quando si sia limitata a contestarne esplicitamente e specificamente taluni soltanto, evidenziando in tal modo il proprio non interesse ad un accertamento degli altri. (Fattispecie relativa ad una causa di lavoro: un dirigente d'azienda aveva chiesto il computo del valore dei cosiddetti fringe benefit nella quantificazione dell'indennità supplementare di licenziamento; la S.C. ha confermato la sentenza che aveva rigettato tale domanda per difetto di prova del valore di tali elementi, in presenza di una mera non contestazione al riguardo da parte del datore di lavoro, che peraltro aveva contestato l'includibilità nel computo di tali elementi).
Cass. civ. n. 536/2000
Il principio generale per cui l'onere della prova grava su colui che allega i fatti posti a fondamento della domanda o dell'eccezione, non viene meno nel caso in cui al giudice è riconosciuto di disporre d'ufficio mezzi di prova ritenuti necessari, in quanto detto potere avendo carattere discrezionale non si pone in funzione sostitutiva dell'onere predetto, con la conseguenza che il mancato esercizio dello stesso non è censurabile in sede di legittimità anche se del tutto immotivato ed anche se disattenda una specifica sollecitazione della parte interessata.
Cass. civ. n. 9592/1998
Il principio dell'onere della prova non implica affatto che la dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto preteso debba ricavarsi esclusivamente dalle prove offerte da colui che è gravato dal relativo onere, senza poter utilizzare altri elementi probatori acquisiti al processo, poiché nel vigente ordinamento processuale vige il principio di acquisizione secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale sono formate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell'altro, e, quindi, senza che possa escludersi l'utilizzazione di una prova fornita da una parte per trarne elementi favorevoli alla controparte.
Cass. civ. n. 5573/1997
In tema di trasporto di cose, il mancato esperimento dell'accertamento tecnico preventivo previsto dall'art. 1697, terzo comma c.c., al fine di far acclamare, prima della loro riconsegna, l'identità e lo stato delle cose trasportate, non preclude al mittente di provare altrimenti la perdita o l'avaria della merce.
Cass. civ. n. 3775/1996
Ai fini della ripartizione dell'onere della prova, il convenuto, soltanto se contrapponga una difesa articolata su fatti diversi da quelli posti a base della domanda (invece di contestare genericamente l'assunto attoreo), propone una eccezione in senso sostanziale di cui è tenuto a fornire la dimostrazione ai sensi dell'art. 2697 c.c. con le relative conseguenze in caso di prova non offerta o non raggiunta, sicché, se egli si limiti a sostenere la sua estraneità al rapporto giuridico posto a fondamento della domanda e pertanto deduca la mancanza di una delle condizioni dell'azione, quale l'identificazione in esso convenuto del soggetto nei cui confronti la legge conferisce all'attore il diritto azionato, spetta pur sempre a quest'ultimo, a norma dell'art. 2697 citato, l'onere di provare i fatti giuridici da cui deriva tale diritto, mentre, allorché le circostanze costitutive dell'azione esperita siano desumibili ex actis, incombe al convenuto di dimostrarne l'inefficacia.
Cass. civ. n. 5733/1993
L'onere probatorio del convenuto, di contenuto contrario a quello dell'attore, sorge in concreto solo quando quest'ultimo abbia fornito la prova dei fatti posti a fondamento della domanda, con la conseguenza che l'insufficienza della prova con cui il convenuto abbia inteso confortare le contestazioni delle pretese dell'attore non vale a dispensare quest'ultimo dell'onere probatorio a suo carico, salvo, peraltro, il principio, di generale applicazione, per cui i fatti allegati da una parte possono considerarsi pacifici, si da potere essere posti a base della decisione, non solo quando siano stati esplicitamente ammessi dalla controparte, ma anche quando questa non li contesti specificamente ed imposti altrimenti il proprio sistema difensivo.
Cass. civ. n. 563/1985
In tema di trasporto di cose l'accertamento che il destinatario ha il diritto di fare eseguire, prima di ricevere la consegna di esse, circa l'eventuale esistenza di perdite o di avarie, deve avvenire secondo quanto prescrive il terzo comma dell'art. 1697 c.c. cioé nei modi stabiliti dall'art. 696 c.p.c. per l'accertamento tecnico preventivo e per l'ispezione giudiziale, con la conseguenza che quando il destinatario, senza ricorrere all'autorità giudiziaria, proceda autonomamente all'accertamento della perdita o delle avarie delle cose trasportate, pone in essere degli atti di esercizio del potere di fatto sulle medesime comprovanti l'avvenuta riconsegna delle cose stesse e, quindi, l'esaurimento del rapporto di trasporto. (Nella specie, la C.S., in applicazione del suesposto principio, ha confermato la decisione del merito che aveva ritenuto la sussistenza di un nuovo e autonomo contratto di trasporto nella consegna delle cose eseguita dal destinatario al vettore per la rispedizione al mittente, dopo l'accertamento eseguito senza il ricorso all'autorità giudiziaria).
Cass. civ. n. 1366/1980
I verbali previsti dall'art. 45 della Convenzione internazionale merci (CIM) — firmata a Berna i1 25 ottobre 1952 e ratificata in Italia con la L. 28 maggio 1955, n. 916 — al fine di accertare la perdita o l'avaria del carico, non hanno natura di prova legale, ma del loro contenuto il giudice può avvalersi ai fini dell'accertamento della responsabilità del vettore, ben potendo essi offrire validi elementi di convincimento, specialmente quando siano suffragati da altre circostanze o da fatti ritenuti pacifici o non contestati (nella specie: la mancata assunzione dell'obbligo di refrigerazione della merce, da parte delle ferrovie, per il tempo di durata del trasporto). .