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Art. 2655 — Annotazione di atti e di sentenze

Art. 2655 — Annotazione di atti e di sentenze

Qualora un atto trascritto o iscritto sia dichiarato nullo o sia annullato, risoluto, rescisso o revocato o sia soggetto a condizione risolutiva, la dichiarazione di nullità e, rispettivamente, l’annullamento, la risoluzione, la rescissione, la revocazione, l’avveramento della condizione devono annotarsi in margine alla trascrizione o all’iscrizione dell’atto [ 2643, 2656, 2679 n. 4, 2692, 2896 ].

Si deve del pari annotare, in margine alla trascrizione della relativa domanda, la sentenza di devoluzione del fondo enfiteutico [ 2653 ].

Se tali annotazioni non sono eseguite, non producono effetto le successive trascrizioni o iscrizioni a carico di colui che ha ottenuto la dichiarazione di nullità o l’annullamento, la risoluzione, la rescissione, la revoca o la devoluzione o a favore del quale si è avverata la condizione. Eseguita l’annotazione, le trascrizioni o iscrizioni già compiute hanno il loro effetto secondo l’ordine rispettivo [ 2644, 2650, 2692; disp. att. 225 ].

L’annotazione si opera in base alla sentenza o alla convenzione da cui risulta uno dei fatti sopra indicati; se si tratta di condizione, può eseguirsi in virtù della dichiarazione unilaterale del contraente in danno del quale la condizione stessa si è verificata [ 2692 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 7068/2009

A differenza dell’erede – il quale succede di diritto nella situazione possessoria del “de cuius”, pur essendo tenuto all’accettazione dell’eredità – il legatario, che acquista il legato senza bisogno di accettazione, dipende dall’erede per conseguire il possesso del bene legato; ne consegue che la sentenza la quale accerti il diritto del legatario alla consegna della cosa, ai sensi dell’art. 649, comma terzo, c.c., una volta passata in giudicato, rende incontestabile anche la proprietà della cosa in capo al legatario stesso.

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Cass. civ. n. 5556/2002

All’assicurazione per conto di chi spetta, disciplinata dall’art. 1891 c.c., non è applicabile, attesa la sua natura indennitaria, l’art. 1411, terzo comma, c.c., il quale, in tema di contratto a favore di terzi, legittima lo stipulante a beneficiare della prestazione ove il terzo rifiuti di profittarne; ne consegue che, nel, caso in cui il contratto di assicurazione non sia stato stipulato dal vettore in favore del proprietario delle cose trasportate; è da escludere che il primo possa beneficiare dell’indennità ancorché l’assicurato non abbia profittato dell’assicurazione, avendo preferito chiedere il risarcimento del danno al vettore. Né da tale comportamento dell’assicurato può trarsi il di lui «espresso consenso» a che il contraente eserciti, secondo quanto prevede il secondo comma del citato art. 1891, i diritti derivanti dalla polizza, atteso che esso palesa soltanto il rifiuto dell’assicurato di avvalersi dell’assicurazione, ma nulla esprime in ordine all’esercizio, da parte dello stipulante, dei diritti derivanti dall’assicurazione medesima.

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Cass. pen. n. 13780/2002

Anche nel rito abbreviato è possibile la sospensione del procedimento, tanto in attesa della risoluzione di questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza (ai sensi dell’art. 3 c.p.p.), quanto in pendenza di giudizio su altre questioni pregiudiziali civili o amministrative di particolare complessità, come previsto dall’art. 479 stesso codice, atteso che non può ritenersi vincolante la lettera di tale articolo, la quale fa riferimento solo alla sospensione del dibattimento, considerato che detta sospensione non è finalizzata ad operare sul momento della acquisizione probatoria, ma su quello della decisione; invero, proprio della decisione pregiudiziale di altro giudice, il giudice penale attende la possibilità di acquisire, non ulteriori dati probatori, quanto elementi indispensabili al fine di pervenire ad una corretta soluzione.

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Cass. pen. n. 3035/1999

Ai sensi dell’art. 2 c.p.p. spetta al giudice penale decidere in via incidentale la natura pubblica o privata di un ente quando la questione assuma rilevanza ai fini della qualificazione giuridica del fatto oggetto dell’imputazione. (Fattispecie in cui in relazione alla contestazione del reato di falso in atto pubblico si è ritenuto che spettasse al giudice penale decidere della qualificazione quale ente pubblico o privato di una casa di riposo, rientrante tra le istituzioni di assistenza e beneficenza, senza dover attendere la decisione del giudice civile sulla natura del rapporto di lavoro dell’imputata).

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Cass. civ. n. 10527/1998

A norma dell’art. 2135 c.c., l’attività di allevamento del bestiame può considerarsi agricola e, come tale, non assoggettabile a fallimento, ancorché svolta con l’ausilio di tecniche moderne, quando si presenta in collegamento funzionale con il fondo, nel senso che trae occasione o forza dallo sfruttamento del fondo stesso, mentre qualora tale attività, per le dimensioni, l’ubicazione e le modalità di esercizio, si configuri come autonoma rispetto ai fini dell’azienda agricola – come nel caso in cui il terreno funga soltanto da luogo di stazionamento degli animali – si è in presenza di impresa industriale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto correttamente e congruamente motivata la decisione della Corte territoriale che aveva qualificato come commerciale e, quindi, soggetta a fallimento, l’attività di allevatore di conigli, sulla scorta di una serie di elementi, quali le caratteristiche dell’allevamento e del capannone all’uopo costruito, le dimensioni dello stesso, il numero e la sistemazione delle gabbie impiegate, i quantitativi di mangime acquistati, la circostanza che l’imprenditore di cui si trattava fosse conosciuto a livello internazionale quale allevatore di conigli da pelliccia – e non da carne – la produzione ed il conferimento di numerosissime pelli, l’ingente entità del passivo accumulato, non addebitabile ai costi di conduzione del fondo).

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Cass. civ. n. 8130/1996

Nell’ipotesi in cui nel corso della procedura di amministrazione controllata venga iscritta ipoteca giudiziale su bene immobile del debitore, il successivo fallimento produce l’inefficacia di detta iscrizione nei confronti della massa; inefficacia che opera ipso jure e può essere sempre fatta valere in via d’eccezione. Pertanto, nel caso in cui sorga controversia sugli effetti dell’iscrizione ed intervenga l’accertamento giudiziario della sua inefficacia, resta a carico del beneficiario l’onere dell’annotazione di cui all’art. 2655 c.c.

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