Art. 50 – Codice di procedura civile – Riassunzione della causa
Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente [44, 49] avviene nel termine fissato nella ordinanza dal giudice e, in mancanza, in quello di tre mesi dalla comunicazione dell'ordinanza di regolamento o dell'ordinanza che dichiara l'incompetenza del giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice [disp. att. 125].
Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il processo si estingue [307, 310, 393].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 23324/2024
In tema di procedimenti camerali contenziosi in grado d'appello, nessuna norma vieta la delega dello svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti ad uno dei componenti del collegio, trattandosi, anzi, di facoltà propria dei giudizi di impugnazione davanti alla Corte d'appello, ex art. 350, comma 1, c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Cass. civ. n. 22874/2024
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l'estinzione del giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione della sentenza di accoglimento dell'opposizione, comporta, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero procedimento e l'inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, anche ove esso sia stato erroneamente dichiarato esecutivo, trattandosi di un provvedimento meramente dichiarativo privo di carattere decisorio, che, seppur non impugnabile, neanche con il ricorso ex art. 111 Cost., non è sottratto al sindacato del giudice, che può verificarne la legittimità, sia in sede di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., ove l'esecutorietà sia dichiarata per mancata proposizione dell'opposizione o mancata costituzione dell'opponente, sia in sede di opposizione all'esecuzione, ove il decreto ingiuntivo costituisca il titolo dell'azione esecutiva, sia infine in altro giudizio, nel quale se ne faccia valere l'efficacia.
Cass. civ. n. 17926/2024
Il giudice d'appello che, a seguito del mancato rispetto dei termini a comparire, ha ordinato la rinnovazione della notifica del gravame con prescrizioni rivelatesi erronee non può dichiarare inammissibile l'impugnazione, ma deve revocare l'ordinanza erroneamente pronunciata e, nel rispetto del principio del giusto processo ed a tutela dell'affidamento della parte appellante, deve concedere a quest'ultima un nuovo termine per la notifica, non potendo la stessa essere pregiudicata dall'invalidità di un atto determinata dall'ottemperanza ad un provvedimento del giudice, fatta ovviamente salva la costituzione dell'appellato, che comporta la sanatoria dell'atto difforme dal paradigma legale per il raggiungimento dello scopo, giusta l'art. 156, comma 3, c.p.c.
Cass. civ. n. 17400/2024
Nel regime anteriore alla riforma di cui alla l. n. 69 del 2009, il decreto che provvede sul ricorso straordinario al Capo dello Stato, pur ponendosi al di fuori dell'ordine gerarchico della pubblica amministrazione e su un piano alternativo rispetto alla tutela giurisdizionale, ha natura amministrativa, con conseguente inapplicabilità, in caso di pronunzia di inammissibilità fondata sul difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, del principio della translatio iudicii.
Cass. civ. n. 15473/2024
In caso di mancato perfezionamento per trasferimento o irreperibilità del destinatario, la notificazione dell'impugnazione o dell'opposizione deve considerarsi meramente tentata e, quindi, omessa, poiché priva di uno degli esiti positivi previsti dall'ordinamento secondo il modello legale del procedimento prescelto, sicché il diritto di impugnazione deve intendersi consumato, salva la possibilità di un suo nuovo esercizio nel rispetto del termine cui esso è soggetto, nonché, ove ne ricorrano le condizioni, di un'impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c..
Cass. civ. n. 12110/2024
In tema di prova testimoniale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 104 disp. att. c.p.c. e 250 c.p.c., nel caso di ingiustificatamente omessa citazione dei testi per l'udienza fissata per il loro esame e di loro mancata comparizione spontanea, la decadenza dalla prova dev'essere eccepita dalla parte interessata e pronunciata dal giudice nella stessa udienza alla quale si riferisce l'inattività, che ne costituisce il presupposto di fatto, salvo che sussista un valido motivo per rinviare all'udienza successiva la proposizione dell'eccezione.
Cass. civ. n. 11698/2024
In caso di pignoramento presso terzi delle somme dovute al debitore a titolo di canone di locazione di un immobile già pignorato da altro creditore, dovendosi considerare dette somme già pignorate, ai sensi dell'art. 2912 c.c., quali frutti civili dell'immobile, il giudice dell'espropriazione presso terzi, a cui il terzo dichiari che i canoni sono stati già pignorati nell'ambito dell'esecuzione immobiliare, deve trasmettere il fascicolo al giudice di quest'ultima affinché questi proceda alla parziale riunione, trattandosi di plurime azioni esecutive avviate da creditori diversi su beni parzialmente coincidenti.
Cass. civ. n. 10521/2024
In tema di giudizio di impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per azioni, l'avvenuta riassunzione a seguito di una declaratoria di incompetenza territoriale, non preclude alla parte la facoltà di dedurre in sede di riassunzione un vizio di nullità inizialmente non dedotto, atteso che l'art. 2434-bis c.c., nel prevedere che le azioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo, va intesa nel senso che la parte decade dalla possibilità di esercitare l'azione di impugnativa in sé considerata, ma non che tale preclusione si estende all'azione di impugnativa già introdotta, quale che sia il vizio invalidante, posto che il senso della previsione di legge è che il bilancio di esercizio non può essere impugnato dopo l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo, ma non prima di tale evento.
Cass. civ. n. 7261/2024
L'ordinanza con la quale il giudice, sull'erroneo presupposto dell'esistenza di un vizio che importi la nullità della notificazione, disponga la rinnovazione della medesima è nulla in quanto lo scopo della valida instaurazione del contraddittorio è stato già raggiunto per la ritualità della notificazione precedente e la sua esecuzione non ha l'effetto di far decorrere ex novo i termini che le parti devono osservare, a pena di decadenza, per le attività processuali che hanno l'onere di compiere dal perfezionamento di una valida notifica.(Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che, pur riconoscendo che la regolarità della prima notificazione dell'appello, eseguita presso la cancelleria quale domicilio eletto, aveva ritenuto comunque tempestivo l'appello incidentale proposto successivamente all'ordine di rinnovo della notificazione).
Cass. civ. n. 3595/2024
L'inosservanza da parte del giudice di appello della previsione di cui all'art. 348 ter, comma 1, primo periodo, c.p.c., ratione temporis vigente, la quale gli consente di dichiarare inammissibile l'appello che non abbia ragionevole probabilità di essere accolto soltanto prima di procedere alla trattazione ai sensi dell'art. 350 c.p.c., costituisce un vizio proprio dell'ordinanza di inammissibilità ex art. 348 bis, comma 1, c.p.c. deducibile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., senza che sia anche necessario valutare se dalla stessa sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti, avendo il giudice di appello, dopo l'inizio della trattazione, perduto il potere di definire anticipatamente il merito della lite mediante l'ordinanza predetta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice del gravame il quale, dopo che le parti avevano discusso sulle reciproche richieste istruttorie, aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter c.p.c.).
Cass. civ. n. 36312/2023
In tema di esecuzione forzata per espropriazione, l'impignorabilità dei beni facenti parte del fondo patrimoniale può essere eccepita, in sede di opposizione distributiva, da parte di un creditore intervenuto, dal momento che il relativo vincolo, essendo improntato alla tutela di interessi di natura patrimoniale, non costituisce espressione di un diritto personalissimo (come tale, esercitabile dal solo titolare); in tal caso, sul creditore eccipiente grava l'onere di provare, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c., i presupposti dell'art. 170 c.c., che costituisce eccezione al regime dell'ordinaria pignorabilità di tutti i beni (presenti e futuri) del debitore.
Cass. civ. n. 35365/2023
Nell'espropriazione forzata l'omesso o tardivo deposito dell'istanza di vendita ex art. 497 c.p.c. determina la perdita di efficacia del pignoramento e, quindi, l'estinzione della procedura esecutiva, che la parte interessata deve far valere a norma dell'art. 630 c.p.c. e, in caso di rigetto dell'eccezione, col reclamo previsto dalla citata disposizione, non già con l'opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ. n. 34670/2023
Quando l'ordinanza dichiarativa dell'incompetenza non contenga, come sarebbe doveroso, la pronuncia sulle spese, l'estinzione del giudizio per mancata riassunzione della causa dinanzi al giudice dichiarato competente rende improcedibile l'appello autonomamente proposto ai soli fini della pronuncia sulle spese.
Cass. civ. n. 30019/2023
L'inosservanza delle disposizioni sulla composizione, collegiale o monocratica, del giudice costituisce, ai sensi degli artt. 50 quater e 161, comma 1, c.p.c. (norme applicabili in forza del rinvio operato dall'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992), autonoma causa di nullità della decisione che si converte in motivo di impugnazione senza comportare la rimessione al primo giudice, se quello dell'impugnazione è anche giudice del merito; pertanto, nel giudizio tributario d'ottemperanza (in cui il giudice dell'impugnazione è sempre la Corte di cassazione ex art. 70, comma 10, d.lgs. n. 546 del 1992), il vizio di costituzione del giudice determinante la nullità della sentenza impugnata comporta la cassazione con rinvio alla corte di giustizia tributaria, nella diversa e corretta composizione, non essendo la S.C. giudice del merito.
Cass. civ. n. 27039/2023
In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l'istanza di disconoscimento della scrittura privata prodotta all'atto del deposito del ricorso per l'ingiunzione deve essere compiuta nell'atto introduttivo dell'opposizione a decreto ingiuntivo, siccome costituente la prima risposta successiva ai sensi dell'art. 215, comma 2, n. 1, c.p.c., e non nell'atto di riassunzione dinanzi al giudice competente ai sensi dell'art. 50 c.p.c., conseguente alla declaratoria di incompetenza dell'ufficio giudiziario che ha emesso il decreto ingiuntivo e dinanzi al quale è stata proposta l'opposizione.
Cass. civ. n. 24885/2023
Nell'espropriazione forzata di beni immobili gravati da ipoteca, l'assunzione del debito, con le garanzie ad esso inerenti, da parte dell'aggiudicatario ai sensi dell'art. 508 c.p.c. - in accordo col creditore ipotecario e con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione - costituisce una modalità alternativa di pagamento del prezzo di aggiudicazione che determina, da un lato, l'immediata e incondizionata liberazione del debitore nei limiti del debito assunto (e, cioè, della parte del prezzo che l'aggiudicatario è dispensato dal versare) e, dall'altro, la soddisfazione - non necessariamente totale, ma nella sola medesima misura corrispondente al debito assunto dall'aggiudicatario - del creditore ipotecario, con conseguente suo diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato (anche col rango ipotecario, se spettante) per il credito eventualmente residuo.
Cass. civ. n. 23971/2023
In tema di espropriazione forzata, il prezzo di assegnazione, coincidente con il valore del bene assegnato, e l'eventuale differenza tra questo ed il credito dell'assegnatario, da versare e attribuire al debitore, devono essere sempre stabiliti dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza di assegnazione, anche con implicito rinvio alla stima dell'ufficiale giudiziario in sede di pignoramento, non potendo ammettersi la loro determinazione in un momento successivo da parte del giudice del merito, attesa la natura dell'opposizione ex art. 617 c.p.c., limitata alla sola verifica della legittimità dell'atto o del provvedimento esecutivo impugnato.
Cass. civ. n. 19984/2023
Nel caso della trattazione cartolare introdotta dall'art. 221, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, conv. dalla l. n. 77 del 2020, la contestualità della prima udienza di trattazione regolata dall'art. 350 c.p.c., davanti al giudice d'appello, risulta necessariamente disarticolata, poiché la sequenza temporale si scompone, legittimando, in difetto di un pur opportuno rilievo giudiziale precedente, reazioni scritte immediatamente successive, ma pur sempre riconducibili alla medesima unità giuridica di tempo logico, con la conseguenza che il deposito di "files" telematici idonei a comprovare la notifica dell'appello, avvenuto con la prima difesa successiva all'udienza cartolare ed all'esito del rilievo del collegio, deve considerarsi come effettuato alla medesima "udienza", dovendo escludersi che possa essere dichiarata l'improcedibilità del gravame.
Cass. civ. n. 15311/2023
Nel giudizio di appello, ove l'udienza destinata alla verifica del contraddittorio sia sostituita con la cd. trattazione scritta - che non consente alle parti il deposito di documenti, ma solo di note contenenti istanze e conclusioni - il giudice, in caso di mancata costituzione dell'appellato, non può dichiarare l'improcedibilità del gravame senza prima verificare l'esistenza e la regolarità della notifica, della quale, conseguentemente dovrà formulare richiesta di esibizione, rinviando a tal uopo ad altra udienza, in presenza o, se del caso, in forma sostitutiva scritta.
Cass. civ. n. 14692/2023
L'inesistenza della notificazione di un decreto ingiuntivo è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, nel caso in cui la relativa attività sia del tutto mancante ovvero sia priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione (identificabili nella trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato, e nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento), ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto inesistente la notificazione del decreto ingiuntivo, eseguita per mezzo del servizio postale dalla creditrice, in ragione della sua consapevolezza della condizione di incapacità naturale del debitore, proprio fratello convivente, senza tener conto – tra l'altro – che l'erede di quest'ultimo aveva spiegato opposizione avverso i due precetti che, successivamente, le erano stati notificati, nella seconda delle quali aveva pure chiesto la conversione dell'azione ex art. 615 c.p.c. in quella ex art. 650 c.p.c.).
Cass. civ. n. 13365/2023
La nullità della notificazione del decreto ingiuntivo deve essere dedotta con l'opposizione ai sensi dell'art. 645 c.p.c. o, nell'ipotesi in cui il vizio della notificazione abbia impedito la conoscenza del provvedimento, con l'opposizione tardiva ex art. 650 dello stesso codice, con la conseguenza che ove dedotta in sede di opposizione esecutiva, ex art. 615 o 617 c.p.c., questa è inammissibile non potendo neppure essere riqualificata quale opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, stante la diversità dei presupposti, occorrendo, per la seconda (a differenza che per la prima) che all'irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio si aggiungano la chiara allegazione e la prova, il cui onere incombe sull'opponente, che a causa di quell'irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione.
Cass. civ. n. 13189/2023
L'inammissibilità dell'appello pronunciata in ragione del difetto di specificità dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 342 c.p.c., e non sulla base dei presupposti di cui all'art. 348-bis c.p.c. (ossia, in considerazione dell'insussistenza di alcuna ragionevole probabilità di accoglimento dell'impugnazione) non è soggetta ai termini di preclusione imposti dall'art. 348-ter c.p.c., e, pertanto, può essere emessa anche dopo l'udienza di cui all'art. 350 c.p.c..
Cass. civ. n. 12958/2023
In tema di notifica alle persone fisiche, come tali non obbligate ad avere una propria PEC, una semplice comunicazione di "recapito digitale" presso il quale ricevere "le successive comunicazioni", in mancanza di specificazione circa il contenuto e lo scopo di tale comunicazione, non costituisce valida elezione di domicilio speciale ai fini della notifica di un atto processuale, posto che, in forza del necessario coordinamento dell'art. 141 c.p.c. con l'art. 47 c.c., la corretta esecuzione della notificazione presso il domiciliatario presuppone che l'atto oggetto della notifica sia catalogabile fra quelli considerati con l'elezione di domicilio. (Affermando tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto correttamente eseguita la notifica di un decreto ingiuntivo con le forme previste per gli "irreperibili", ai sensi dell'art. 143 c.p.c., in difetto di valida elezione di "domicilio digitale").
Cass. civ. n. 12577/2023
In tema di opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, ai fini della verifica di regolarità della notifica ex art. 145 c.p.c., quando l'ufficiale giudiziario attesti di non avere rinvenuto la società destinataria della notifica presso la sua sede legale, perché, secondo quanto appreso, questa aveva la sua sede effettiva altrove e, recatosi presso quest'ultima, abbia fatto consegna a persona qualificatasi come "addetta" alla ricezione per la società, le attestazioni in parola sono da ritenersi assistite da fede fino a querela di falso, riguardando esse circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale; viceversa, il contenuto delle notizie apprese circa la sede effettiva e della dichiarazione di chi si sia qualificato "addetto" alla ricezione è assistito da presunzione "iuris tantum" che, in assenza di prova contraria, non consente al giudice di disconoscere la regolarità dell'attività di notificazione.
Cass. civ. n. 9479/2023
decreto ingiuntivo non opposto - Profili deducibili - Sospensione dell'esecutorietà del d.i. - Condizioni - Principio enunciato ex art. 363, comma 3, c.p.c.. Ai fini del rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti riconosciuti al consumatore dalla direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive dei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore, e dalle sentenze della CGUE del 17 maggio 2022, l'opposizione tardiva (ex art. 650 c.p.c.) al decreto ingiuntivo non motivato in ordine al carattere non abusivo delle clausole del contratto fonte del diritto azionato in via monitoria può riguardare esclusivamente il profilo di abusività di dette clausole; conseguentemente, il giudice dell'opposizione ha il potere (ex art. 649 c.p.c.) di sospendere, in tutto o in parte, l'esecutorietà del provvedimento monitorio a seconda degli effetti che l'accertamento sull'abusività delle clausole negoziali potrebbe comportare sul titolo giudiziale.
Cass. civ. n. 9433/2023
Nel procedimento di espropriazione dei crediti di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c., il terzo pignorato che dichiari la sussistenza della propria obbligazione nei confronti del debitore esecutato - precisando, però, che il relativo credito risulta già vincolato da precedenti pignoramenti - ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 550 c.p.c., di indicare gli estremi di questi ultimi (precisando, quindi, l'identità dei creditori pignoranti, la data della notifica dei pignoramenti, gli importi pignorati, nonché il contenuto delle dichiarazioni di quantità già rese e gli eventuali pagamenti già effettuati in base ai provvedimenti di assegnazione emessi), onde consentire al giudice dell'esecuzione di eventualmente disporre, nella presenza dei necessari presupposti, la riunione delle procedure, ai sensi dell'art. 524 c.p.c.; nel caso in cui tali indicazioni non siano fornite, la dichiarazione dovrà ritenersi incompleta e il giudice dell'esecuzione dovrà sollecitarne al terzo l'integrazione, fissando all'uopo una nuova udienza ex art. 548 c.p.c. e concedendogli, nell'ipotesi in cui i pignoramenti in questione siano in numero tale da rendere necessaria una complessa attività di recupero dei dati necessari, un adeguato termine, il cui vano decorso impedisce di intendere la dichiarazione come regolarmente resa, ai sensi dello stesso art. 548 c.p.c., con la conseguenza che, se le allegazioni del creditore o anche la stessa dichiarazione comunque resa dal terzo consentano l'individuazione del credito pignorato, potrà procedersi alla relativa assegnazione in favore del creditore procedente.
Cass. civ. n. 9224/2023
All'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale è applicabile, in forza del rinvio operato dall'art. 50-quater c.p.c., il regime della nullità di cui all'art. 161, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che il relativo vizio (che non comporta la nullità degli atti precedenti) si converte in motivo di impugnazione, senza che quest'ultima produca l'effetto della rimessione degli atti al primo giudice, ove il giudice dell'impugnazione sia anche giudice del merito, essendo egli chiamato a rinnovare la decisione come se fosse nella posizione del giudice di primo grado, e non potendo, pertanto, sindacare il mancato rispetto, nell'atto di appello, dei requisiti di ammissibilità di cui all'art. 342 c.p.c.
Cass. civ. n. 8951/2023
La costituzione dell'appellante con deposito della copia dell'atto di citazione (cd. velina) in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., come tale sanabile anche in virtù dell'operatività del principio del raggiungimento dello scopo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata - che aveva rigettato l'eccezione di improcedibilità dell'appello, formulata alla seconda udienza, per mancato deposito dell'originale dell'atto di appello notificato - sul rilievo, da un lato, che due appellati si erano comunque costituiti, difendendosi nel merito, e, dall'altro, che gli appellanti avevano provveduto, a detta udienza - nella quale si erano pertanto esaurite le complessive verifiche di cui all'art. 350, comma 3, c.p.c. -, al deposito dell'originale in conformità all'invito, finalizzato alla verifica della regolare notificazione dell'atto alla parte appellata non costituita, formulato dal giudice del gravame nella prima udienza di trattazione.)
Cass. civ. n. 51/2023
Laddove il debitore, nel proporre opposizione al precetto intimatogli sulla base di un decreto ingiuntivo, deduca l'inesistenza della notificazione di quest'ultimo, la prova della tempestiva effettuazione della stessa incombe sul creditore, che deve assolvervi mediante la produzione dell'originale dell'ingiunzione corredato della relazione di notificazione, non essendo all'uopo sufficiente il mero deposito della copia del provvedimento monitorio munito del decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c.
Cass. civ. n. 1121/2022
La sentenza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dichiara l'incompetenza territoriale non comporta anche la declinatoria della competenza funzionale a decidere sull'opposizione ma contiene necessariamente, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità e di revoca del decreto stesso, sicché quello che trasmigra innanzi al giudice "ad quem" non è più una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, bensì un ordinario giudizio di cognizione concernente l'accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio. In tale giudizio riassunto è, pertanto, ammissibile l'istanza di autorizzazione alla chiamata del terzo, seppur non avanzata in precedenza, potendo la riassunzione cumulare in sé anche la funzione introduttiva di un nuovo giudizio e non traducendosi ciò in una violazione del contraddittorio, in quanto il chiamato non resta assoggettato alle preclusioni e alle decadenze eventualmente già maturate nella precedente fase del giudizio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MESSINA, 01/10/2020).
Cass. civ. n. 5542/2021
Quando, a norma dell'art. 50 c.p.c., la riassunzione della causa - disposta a seguito di una pronuncia dichiarativa di incompetenza - davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato dal giudice o, in mancanza, dalla legge, il processo continua davanti al nuovo giudice mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti gli effetti sostanziali e processuali di quello svoltosi davanti al giudice incompetente, poiché la riassunzione non comporta l'instaurazione di un nuovo processo, bensì costituisce la prosecuzione di quello originario. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che, nel rito del lavoro, aveva riconosciuto rilevanza preclusiva alla non contestazione, ex art. 416 c.p.c., valutando il contegno processuale tenuto dalla parte alla prima udienza dinanzi al giudice della riassunzione, in luogo di quello avuto nel giudizio "a quo"). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 29/09/2014).
Cass. civ. n. 13860/2020
La nullità della notifica dell'atto di riassunzione del processo di primo grado che sia stato interrotto, per la quale occorre disporre la rinnovazione della notificazione stessa, comporta, se il destinatario non si è costituito, la nullità del relativo giudizio, con la conseguenza che il giudice di appello o, in mancanza, quello di legittimità devono rimettere le parti dinanzi al primo giudice, in applicazione analogica dell'art. 354 c.p.c. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 08/09/2017).
Cass. civ. n. 31293/2019
Nel rito del lavoro, per effetto del combinato disposto degli artt. 202, comma 1, 420, commi 5 e 6, e 250 c.p.c., vige il principio che il giudice provvede nella stessa udienza di ammissione della prova testimoniale alla audizione dei testi, comunque presenti, ma non può dichiarare decaduta la parte dalla prova per la loro mancata presentazione, essendone consentita la citazione solo a seguito del provvedimento di ammissione, con la conseguenza che il giudice dovrà fissare altra udienza per la prosecuzione della prova; tali considerazioni valgono anche per il rito cd. "Fornero", caratterizzato - nella fase sommaria - dal principio di libertà delle prove, in relazione al quale non è possibile ipotizzare decadenze, e - nella fase a cognizione piena - dalle disposizioni dettate per il processo del lavoro.
Cass. civ. n. 9683/2019
Il processo che, a seguito di tempestiva riassunzione conseguente ad una pronuncia declinatoria della giurisdizione, si instaura innanzi al giudice indicato come munito di essa, non è un nuovo ed autonomo procedimento, ma la naturale prosecuzione dell'unico giudizio sicché, mentre nella ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 59, comma 3, della L. n. 69 del 2009 (e dell'art. 11, comma 3, del c.p.a.) e sempre che la causa riassunta costituisca la riproposizione di quella originaria, il giudice successivamente adito può sollevare d'ufficio la questione di giurisdizione, al contrario, nel giudizio riassunto non può essere sollevato il regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c., giacché la pronuncia declinatoria emessa nella prima fase integra una decisione sulla giurisdizione assunta nell'unitario giudizio e, pertanto, ostativa alla proposizione del regolamento preventivo, il quale è utilizzabile solo nella prima fase del medesimo giudizio, ove tale decisione ancora manca.
Cass. civ. n. 9915/2019
Quando, a norma dell'art. 50 c.p.c., la riassunzione della causa - disposta a seguito di una pronuncia dichiarativa di incompetenza - davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato dal giudice o, in mancanza, dalla legge, il processo continua davanti al nuovo giudice mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti gli effetti sostanziali e processuali di quello svoltosi davanti al giudice incompetente, poiché la riassunzione non comporta l'instaurazione di un nuovo processo, bensì costituisce la prosecuzione di quello originario.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto improponibile una domanda di equa riparazione per l'ingiustificata durata di un processo amministrativo ritendo erroneamente, ai fini dell'applicabilità dell'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, che il procedimento di equa riparazione dovesse intendersi introdotto, piuttosto che alla data di proposizione del ricorso avanti al giudice dichiaratosi incompetente, alla data della riassunzione del processo dinanzi al giudice competente).
Cass. civ. n. 12313/2019
Il termine per la riassunzione della causa decorre, ai sensi dell'art. 50 c.p.c., dalla data di comunicazione della sentenza che abbia dichiarato l'incompetenza ovvero, in mancanza, da quella della sua notificazione, a nulla rilevando che il giudice, con statuizione da considerare "tamquam non esset", lo abbia fissato con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza, la quale costituisce un atto interno alla cancelleria, di cui la parte non ha notizia.
Cass. civ. n. 11204/2019
Il termine assegnato dal giudice, con il provvedimento che dichiara la propria incompetenza, per la riassunzione ai sensi dell'art. 50, comma 1, c.p.c. non può essere inferiore o superiore a quello minimo e massimo stabiliti dall'art. 307, comma 3, c.p.c.; ne consegue che - analogamente all'ipotesi in cui il giudice si sia astenuto dall'esercitare il potere discrezionale - trova applicazione sussidiaria esclusivamente il termine perentorio massimo previsto dalla norma di legge che è quello di tre mesi dalla comunicazione del provvedimento che dichiara l'incompetenza del giudice adito.
Cass. civ. n. 26729/2019
In tema di giudizio di impugnazione, qualora il Tribunale pronunci sentenza affetta da nullità per inosservanza delle disposizioni sulla sua composizione, monocratica o collegiale, in relazione alla specifica domanda azionata, la Corte d'appello, investita della questione relativa all'inquadramento giuridico della domanda fatto proprio dal Tribunale, deve rilevare la nullità, per il rinvio operato dall'art. 50-quater c.p.c. all'art. 161, comma 1, c.p.c., ed esaminare la fondatezza del motivo di appello, essendo anche giudice del merito, senza che l'errata qualificazione ritenuta dal Tribunale possa riflettersi sul termine di impugnazione. (Nella specie, la Corte d'appello aveva erroneamente dichiarato inammissibile il gravame avverso la sentenza pronunciata in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana dal Tribunale in composizione monocratica ex art. 702-bis c.p.c., anziché collegiale, poiché tardivamente proposto oltre il termine di cui all'art. 702-quater c.p.c.).
Cass. civ. n. 11716/2018
E' inammissibile il regolamento di competenza proposto per violazione dell'art. 50 bis c.p.c., in quanto norma che, nello stabilire quando il tribunale debba decidere in composizione collegiale, non attiene alla competenza, ma alla ripartizione degli affari all'interno del tribunale medesimo. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE ROMA, 10/03/2017).
Cass. civ. n. 24218/2018
In tema di esonero dell'esecutore testamentario dal suo ufficio, in considerazione dell'espresso richiamo all'art. 710 c.c. contenuto nell'art. 750, ultimo comma, c.p.c., il provvedimento del presidente del tribunale è reclamabile davanti al presidente della corte d'appello e la decisione assunta da quest'ultimo non è impugnabile in cassazione con ricorso straordinario ex art. 111 Cost..
Cass. civ. n. 2033/2017
L'omessa fissazione, ad opera del giudice di merito, del termine per operare la riassunzione a seguito di provvedimento di incompetenza, non implica nullità della decisione, né priva la pronunzia della propria natura di statuizione sulla competenza, soccorrendo all'uopo il termine ex art. 50 c.p.c., destinato a trovare applicazione anche allorché si tratti di pronunzia resa ai sensi dell'art. 427 c.p.c.
Cass. civ. n. 13112/2017
L’ordinanza di assegnazione, costituendo titolo esecutivo nei confronti del terzo, può essere notificata unitamente al precetto, ma se nella stessa viene fissato un termine, decorrente dalla notifica, per effettuare il pagamento, il terzo che adempia entro la scadenza non può essere tenuto a sopportare le spese del precetto, ove intimate, perché superflue ed in quanto il credito, se ancora sussistente, non era eseguibile al momento del precetto.
Cass. civ. n. 7075/2017
In tema di ingiunzione di pagamento europea, il termine per la proposizione del riesame, nei casi di cui all'art. 20, comma 1, del Reg. CE n. 1896 del 2006, si identifica in quelli desumibili dall'art. 650 c.p.c., quale disposizione che disciplina il relativo procedimento in Italia, sicché esso va individuato nel termine previsto dall'ordinamento italiano per l'opposizione tempestiva a decreto ingiuntivo, qualora non sia iniziata l'esecuzione, ovvero, quale termine finale, in quello di cui al terzo comma del cit. art. 650, quando l'esecuzione sia iniziata.
Cass. civ. n. 14827/2016
In materia di prova testimoniale, la parte che non abbia provveduto all'intimazione dei testi ammessi non può sottrarsi alla relativa decadenza deducendo l'asserita violazione dalla normativa vigente in materia di comunicazioni telematiche, per essere stato utilizzato - ai fini della comunicazione dell'ordinanza di ammissione della prova - il formato cd. "pdf zip", giacché il suo impiego non muta il contenuto del documento informatico, ma comprime lo stesso in modo che occupi uno spazio minore, sicché il difensore non può invocare su queste basi la scusabilità nell'errore in cui sia incorso, potendo dal medesimo esigersi l'utilizzo di idonea configurazione del computer tale da consentire l'accesso al documento nel formato compresso.
Cass. civ. n. 20105/2015
Il principio della "translatio iudicii" si applica anche in caso di impugnazione del lodo arbitrale, sicché, a seguito di declinatoria di giurisdizione del giudice adito, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si conservano nel processo proseguito dinnanzi al giudice munito di giurisdizione.
Cass. civ. n. 19773/2015
In caso di riassunzione ex art 50 c.p.c., il processo continua davanti al giudice competente, sicché, ai fini della prevenzione nella continenza di cause, il tempo d'inizio del processo è quello della notifica dell'atto introduttivo davanti al primo giudice, seppur incompetente.
Cass. civ. n. 14369/2015
Intervenuta una pronuncia declinatoria della competenza, il termine ivi fissato per la riassunzione della causa innanzi al giudice indicato come competente diviene irrilevante quando sia proposto regolamento ai sensi dell'art. 42 cod. proc. civ., perché da quel momento lo svolgimento del processo dipende dalla decisione della Suprema Corte, qualunque essa sia (anche in rito, per declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità), sicché la riassunzione, in applicazione dell'art. 50 cod. proc. civ., deve avvenire nel termine fissato dalla Corte o, in mancanza, in quello previsto dalla stessa norma.
Cass. civ. n. 26929/2014
Nell'espropriazione forzata, il ricorso per intervento, recante istanza di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, è equiparabile alla "domanda proposta nel corso di un giudizio" idonea, a mente dell'art. 2943, secondo comma, c.c., ad interrompere la prescrizione dal giorno del deposito del ricorso ed a sospenderne il corso sino all'approvazione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita.
Cass. civ. n. 18227/2014
Dall'art. 629 cod. proc. civ., che prevede l'estinzione del processo esecutivo nel caso di rinunzia agli atti esecutivi da parte del creditore pignorante o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo, si desume che anche questi ultimi, ancorché siano intervenuti tardivamente, hanno la facoltà di provocare i singoli atti di esecuzione, in quanto non sarebbe in alcun modo giustificabile il permanere della procedura esecutiva per la mancata rinunzia del creditore intervenuto tardivamente se questi non avesse il potere di promuovere il completamento della procedura stessa. Resterebbe altrimenti frustrata la "ratio" della norma di impedire - per ragioni di economia processuale e di effettività della tutela - che il processo si estingua quando vi sono creditori intervenuti che hanno interesse alla sua prosecuzione, senza che sussistano motivi per distinguere la posizione dei creditori intervenuti tardivamente rispetto a quelli intervenuti tempestivamente.
Cass. civ. n. 17742/2014
In tema di notificazione per pubblici proclami, qualora il giudice abbia disposto l'affissione di una copia dell'atto nella casa comunale, anziché il deposito previsto dall'art. 150, terzo comma, cod. proc. civ., la notifica effettuata per deposito, senza affissione, è nulla, ma non inesistente, essendo stata pur sempre adempiuta la formalità dalla legge considerata idonea a garantire la conoscenza dell'atto.
Cass. civ. n. 15753/2014
L'atto di riassunzione del giudizio a seguito di una pronuncia di incompetenza, ex art. 50 cod. proc. civ., può contenere una domanda nuova in aggiunta a quella originaria, poiché la particolare funzione dell'istituto della riassunzione (conservazione degli effetti sostanziali della litispendenza) non è di ostacolo a che esso cumuli in sé quella introduttiva di un nuovo giudizio, purchè sia rispettato il contraddittorio, tanto più che, ove la nuova domanda fosse ritenuta inammissibile, la necessità di introdurre, per quest'ultima, un nuovo giudizio, da riunire al precedente, si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.
Cass. civ. n. 6512/2014
Nel caso in cui sia stata pronunciata sentenza declinatoria della competenza, l'atto di riassunzione ex art. 50 c.p.c. — posto in essere malgrado la pednenza di impugnazione avverso la suddetta decisione — innanzi al giudice indicato come competente è nullo in quanto effettuato durante la sospensione del processo, senza che assuma rilievo al corretta individuazione del giudice davanti al quale è compiuto poiché la successiva conferma di tale designazione da parte della Corte di cassazione non ha efficacia sanante.
Cass. civ. n. 4215/2014
Nell'ipotesi in cui il giudice adito dichiari il proprio difetto di competenza, la "translatio iudicii" davanti al giudice competente esige che le parti si costituiscano, nuovamente, in modo tempestivo e rituale, provvedendo ad una seconda iscrizione a ruolo e rispettando i termini ex artt. 165 e 166 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 61/2014
Nel processo di esecuzione forzata, al quale partecipino più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) non possono ostacolare la prosecuzione dell'esecuzione sull'impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva. Tuttavia, occorre distinguere: a) se l'azione esecutiva si sia arrestata prima o dopo l'intervento, poiché nel primo caso, non esistendo un valido pignoramento al quale gli interventi possano ricollegarsi, il processo esecutivo è improseguibile; b) se il difetto del titolo posto a fondamento dell'azione esecutiva del creditore procedente sia originario o sopravvenuto, posto che solo il primo impedisce che l'azione esecutiva prosegua anche da parte degli interventori titolati, mentre il secondo consente l'estensione in loro favore di tutti gli atti compiuti finché il titolo del creditore procedente ha conservato validità.
Cass. civ. n. 24684/2013
La controversia avente ad oggetto l'azione di risarcimento del danno, promossa dal socio di una società personale nei confronti di un altro socio per comportamenti asseritamente illeciti di quest'ultimo, non integra la fattispecie dell'art. 50 bis, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., laddove tale disposizione contempla le azioni di responsabilità contro gli organi e i dirigenti societari e, pertanto, non deve essere decisa dal tribunale in composizione collegiale.
Cass. civ. n. 14910/2013
Il rimedio dell'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. comprende, nell'ipotesi della irregolarità della notificazione, tutti i vizi che la inficiano e, quindi, anche la notificazione del decreto ingiuntivo oltre i termini di legge, che, ai sensi dell'art. 644 c.p.c. comporta l'inefficacia del provvedimento, senza tuttavia escludere la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale; su di essa, pertanto, si costituisce il rapporto processuale, sebbene per iniziativa della parte convenuta, che eccepisce l'inefficacia e si difende al contempo nel merito, ed è, in conseguenza, compito del giudice adito provvedere in sede contenziosa ordinaria, sia sull'eccezione che sulla fondatezza della pretesa azionata nel procedimento monitorio.
Cass. civ. n. 14444/2013
In caso di dubbio, dovuto ad omonimia, sulla diversa identità tra il soggetto nei cui confronti sia stata domandata e pronunciata ingiunzione di pagamento ed il soggetto destinatario della notificazione del relativo decreto, quest'ultimo è legittimato a proporre opposizione tardiva ai sensi dell'art. 650 c.p.c., comprendendo l'accertamento da compiere in tale ipotesi il fatto costitutivo del credito, sotto il profilo dell'individuazione delle parti del rapporto obbligatorio.
Cass. civ. n. 11234/2013
A seguito della tempestiva riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente, ai sensi dell'art. 50 cod. proc. civ., devono ritenersi utilizzabili gli atti istruttori (nella specie, consulenza tecnica relativa all'indennità di occupazione legittima) disposti ed espletati dal giudice che ha dichiarato la propria incompetenza, considerato che tale declaratoria non spiega di per sè effetti invalidanti sugli atti medesimi e che la riassunzione determina la prosecuzione del processo originariamente instaurato.
Cass. civ. n. 6691/2013
La disciplina della "translatio iudicii", di cui all'art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, riguarda esclusivamente la decisione delle questioni di giurisdizione e non trova applicazione con riferimento alle questioni di competenza; ne consegue che è inammissibile il ricorso in riassunzione di domanda di equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo, proposto, al fine di ottenere il trasferimento del rapporto processuale, davanti alla medesima corte d'appello la quale, già in precedenza adita con identica domanda, aveva dichiarato la propria incompetenza territoriale ed individuato come competente altra corte, rimanendo tale individuazione irretrattabile ove non impugnata dall'interessato, senza che venga così sottratta l'effettività della tutela del diritto della CEDU, in quanto rimessa, piuttosto, al giudice stabilito dalle regole interne di competenza.