Art. 265 – Codice di procedura civile – Giuramento
Il collegio può ammettere il creditore a determinare con giuramento [2736 n. 2 c.c.] le somme a lui dovute, se la parte tenuta al rendiconto non lo presenta [263 c.p.c.] o rimane contumace [171, 290 ss. c.p.c.]. Si applica in tal caso la disposizione dell'articolo 241.
Il collegio può altresì ordinare a chi rende il conto di asseverare con giuramento le partite per le quali non si può o non si suole richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle senza giuramento, quando sono verosimili e ragionevoli.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 245/2025
In tema di compravendita immobiliare conclusa con scrittura privata, va escluso il grave inadempimento dell'acquirente che non abbia collaborato all'attività giuridica necessaria per la trascrizione dell'atto, trattandosi di condotta inidonea a cagionare danno all'alienante, già spogliatosi della proprietà dell'immobile e valevole a ledere, semmai, la posizione dello stesso acquirente, stante la finalità della trascrizione, diretta a risolvere l'eventuale conflitto tra più aventi causa da un comune autore.
Cass. civ. n. 8580/2024
A fronte della trascrizione della domanda volta ad ottenere l'accertamento della nullità dell'atto di vendita entro il termine di cinque anni dalla trascrizione dell'atto, l'accoglimento della domanda travolge tutti i sub-acquisti che sono avvenuti successivamente, benché trascritti prima della trascrizione della domanda giudiziale, rendendoli inopponibili alla parte che si veda riconoscere la nullità dell'atto traslativo originario; ciò discende dall'art. 2652, n. 6 c.c., che ha lo scopo di limitare l'efficacia retroattiva e l'opponibilità della pronunzia dichiarativa della nullità, in quanto fa salvi i diritti che i terzi di buona fede abbiano acquistato in base ad un atto trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda di nullità, ma solo quando quest'ultima sia stata trascritta dopo decorsi cinque anni dalla trascrizione dell'atto impugnato.
Cass. civ. n. 4950/2024
La sentenza che accerta l'interposizione fittizia di persona in un contratto ad effetti reali, riconoscendo, al contempo, che il trasferimento del bene dal terzo contraente all'interposto è inefficace in quanto meramente apparente e che, viceversa, il trasferimento del bene si è effettivamente prodotto dal terzo contraente all'interponente, in forza dell'accordo simulatorio tra i tre soggetti coinvolti, è assoggettata alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa - parte prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 e degli artt. 4 e 10, comma 2, della tariffa allegata al d.lgs. n. 347 del 1990, giacché la statuizione giudiziale si risolve nel riconoscimento dell'acquisto ab origine del bene in favore dell'interponente in luogo dell'interposto, essendo unico il reale beneficiario del trasferimento derivante dal contratto già assoggettato alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale; pertanto, nel caso in cui l'acquisto per interposta persona sia seguito da un'alienazione simulata con riguardo al medesimo bene, la sentenza che riconosca, al contempo, l'interposizione fittizia in relazione al contratto di acquisto e la simulazione (assoluta o relativa) in relazione al contratto di alienazione del medesimo bene, articolandosi in autonomi capi contenenti distinte statuizioni su diversi e successivi contratti ad effetti reali, sconta le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa per ogni accertamento, ai sensi dell'art. 21, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986. com. 1 lett. E), Decreto Legisl. 31/10/1990 num. 347 all. I art. 4, Decreto Legisl. 31/10/1990 num. 347 all. I art. 10 com. 2, DPR 26/04/1986 num. 131 art. 21 com. 1, Decreto Legisl. 31/10/1990 num. 347 art. 21 com. 1
Cass. civ. n. 28880/2023
In tema di usucapione, la pronunzia della sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione, ex art. 88 del r.d. n. 267 del 1942, sono inidonee ad interrompere il tempo per l'acquisto del diritto di proprietà, conseguendo l'interruzione del possesso solo all'azione del curatore tesa al recupero del bene mediante spossessamento del soggetto usucapiente, nelle forme e nei modi prescritti dagli artt. 1165 e 1167 c.c.
Cass. civ. n. 23851/2023
Il provvedimento adottato dal tribunale, in sede di reclamo, avverso il rifiuto del Conservatore dei registri immobiliari di trascrivere l'accordo di negoziazione assistita con cui viene regolamentata una crisi familiare, ex art. 6 del d.l. n. 132 del 2014, contenente una convenzione di trasferimento al coniuge di una quota dell'immobile, priva della sottoscrizione di un pubblico ufficiale abilitato, non è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, della Costituzione, trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione, privo dei caratteri di decisorietà e definitività, potendo le parti agire in via contenziosa per ottenere una pronuncia sull'esistenza del loro diritto all'adempimento pubblicitario.
Cass. civ. n. 14086/2023
Nel caso in cui l'azione revocatoria fallimentare abbia ad oggetto il trasferimento di un bene gravato da ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale, l'esecuzione forzata che sia stata successivamente intrapresa dal creditore ipotecario nei confronti del debitore non fallito è opponibile alla procedura concorsuale, essendosi determinato, per effetto della trascrizione della garanzia, un effetto di "cristallizzazione giuridica" che mantiene ancorato il bene alla condizione giuridica in cui si trovava al momento dell'iscrizione medesima, rendendola insensibile agli atti successivamente iscritti o trascritti e conseguentemente consentendo di far salvo l'acquisto da parte dell'aggiudicatario.
Cass. civ. n. 9536/2023
L'azione revocatoria intentata dal creditore di uno dei coniugi nei riguardi dell'atto con cui un bene della comunione legale sia stato conferito in un fondo patrimoniale dev'essere rivolta (notificata ed eventualmente trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5 c.c.) nei confronti di entrambi i coniugi, essendo preordinata alla pronuncia d'inefficacia dell'atto nel suo complesso (vale a dire non limitatamente a un'inesistente quota pari alla metà del bene), siccome funzionale ad un'espropriazione forzata da compiersi anch'essa, necessariamente, sull'intero bene.
Cass. civ. n. 4301/2023
In materia di espropriazione immobiliare, se è pignorato un diritto reale di provenienza ereditaria, ai fini della verifica della titolarità del diritto staggito in capo al debitore è irrilevante che la trascrizione dell'accettazione dell'eredità manchi al momento del pignoramento, purché essa intervenga prima della liquidazione del cespite; tuttavia, la vendita forzata eseguita senza che sia stata trascritta l'accettazione dell'eredità non è né invalida, né inefficace, ma eventualmente assoggettabile a evizione (con gli effetti dell'art. 2921 c.c.), e fatta sempre salva, senza limite temporale alcuno, la possibilità di ripristino della continuità delle trascrizioni (con effetto retroattivo ex art. 2650, comma 2, c.c.).
Cass. civ. n. 58/2023
Il processo esecutivo non assolve alla funzione della regolarizzazione dei beni pignorati, non potendosi onerare il creditore, quand'anche vi sia la sollecitazione o la disponibilità del debitore, dell'assunzione dei relativi costi ed oneri. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza con cui il g.e. aveva disposto la riduzione del pignoramento mediante concentrazione dello stesso su uno solo dei beni pignorati, cancellandolo, per converso, su altro cespite per il quale non sussisteva il requisito della continuità delle trascrizioni, senza concedere termine - come richiesto dal debitore esecutato - affinché le parti procedessero alla trascrizione dell'acquisto "mortis causa" necessario alla sanatoria del suddetto difetto).
Cass. civ. n. 1551/2006
L'acquiescenza del soccombente, che costituisce ostacolo alla proposizione dell'impugnazione ex art. 329 cod. proc. civ., ove non risulti da un'accettazione espressa della pronuncia giudiziale o da una formale rinuncia a sottoporla a gravame, può desumersi soltanto da atti o fatti univoci, del tutto incompatibili con la volontà di avvalersi del mezzo di impugnazione nell'ipotesi prevista.Ne consegue che non dà luogo ad acquiescenza l'adempimento da parte del soccombente, effettuato a seguito di una richiesta di pagamento proveniente dal legale della parte vincitrice, sia pur redatta in termini amichevoli per ragioni di colleganza professionale, dopo una sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva, in quanto tale comunicazione è l'annunzio che la parte vincitrice intende ottenere immediatamente il pagamento, procedendo in sede esecutiva mediante precetto in mancanza di un pagamento spontaneo, e pertanto il pagamento eseguito è volto ad evitare l'esecuzione forzata.
Cass. civ. n. 21090/2004
Nel giudizio di rendiconto promosso nei confronti del soggetto obbligato alla presentazione del conto al fine di ottenere il pagamento del saldo di gestione, tale soggetto è tenuto, a prescindere dalla sua formale funzione di convenuto, a fornire tutti gli elementi utili per la ricostruzione della gestione stessa - ed in tal caso spetta a chi contrasti le sue affermazioni documentate dimostrare la loro erroneità -, mentre alla lacunosità o incompletezza delle prove fornite dalle parti sopperisce comunque l'istruttoria disposta di ufficio dal giudice (con la consulenza tecnica e con il giuramento ex art. 265 cod. proc. civ., o con quello suppletorio), rimanendo esclusa la possibilità di una pronunzia di non "liquet", che si configurerebbe come sostanzialmente assolutoria del convenuto dall'obbligo di presentazione del conto.
Cass. civ. n. 14317/2002
L'efficacia probatoria del giuramento suppletorio (che ha valore di prova legale quanto ai fatti che ne formano oggetto, fatti che, all'esito del suo rituale compimento, non possono non considerarsi definitivamente accertati) deriva dalla sua stessa prestazione in una situazione in cui la domanda, pur se non pienamente provata, non è, tuttavia, completamente sfornita di prova, sicché la eventuale, successiva proposizione di una querela di falso contro documenti considerati (insieme con le altre risultanze processuali) quali indizi ed argomenti di prova sufficienti a giustificare il ricorso al giuramento stesso deve ritenersi del tutto irrilevante ai fini della decisione, poiché quest'ultima non si fonda sull'efficacia probatoria propria del documento, bensì sugli effetti (legalmente predeterminati) del giuramento (ciò che, a più forte ragione, deve dirsi nell'ipotesi — quale quella di specie — di cui all'art. 265, comma secondo, c.p.c., potendo il collegio ordinare a chi renda il conto di asseverare con giuramento le partite per le quali non si possa o non si sia soliti chiedere ricevuta).
Cass. civ. n. 7527/1997
In tema di rendimento di conti, il giuramento previsto dal primo comma dell'art. 265 c.p.c. può essere deferito anche quando il conto sia stato presentato ma le sue carenze siano tali da renderlo totalmente inadeguato alla rappresentazione, in termini contabili, dei rapporti derivati dall'attività gestoria e del suo esito. In tal caso, però, il giuramento non può avere ad oggetto singole partite del conto, sia perché esse non coincidono con il risultato complessivo della gestione, sia perché, essendo il conto presentato dal gestore totalmente inidoneo alla ricostruzione dell'attività svolta, la certezza raggiunta in ordine a tali specifici punti non potrebbe condurre all'accertamento delle somme dovute. È invece consentito che il giuramento previsto dal secondo comma dell'art. 265 citato abbia ad oggetto singole partite, perché, in relazione a tale ipotesi, non è in discussione l'idoneità del conto ad assolvere le finalità che gli sono affidate dalla legge, trattandosi di disposizione intesa ad agevolare l'attività probatoria del gestore in relazione alla dimostrazione dell'esistenza di spese per le quali «non si può o non si vuole rilasciare ricevuta».
Cass. civ. n. 6232/1987
L'art. 265 c.p.c. autorizza il giudice ad avvalersi del giuramento estimatorio per il solo fatto che la parte tenuta a rendere il conto non lo presenti, in presenza dell'accertata impossibilità di determinare altrimenti il credito dell'avente diritto. All'ipotesi della mancata presentazione deve equipararsi il caso in cui il conto sia generico ed inidoneo alla ricostruzione dell'attività svolta, come nel caso che contenga la mera indicazione dei dati contabili sulle entrare e sulle uscite, dovendo esso dare la prova non solo della quantità e qualità delle somme incassate e della entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di valutare le modalità con cui l'incarico è stato eseguito, al fine di riscontrare un operato conforme a quei criteri di buona amministrazione che, alla luce del principio stabilito dall'art. 1176 c.c., vengono ribaditi in tema di mandato dall'art. 1710 c.c.
Cass. civ. n. 2335/1977
Per l'art. 265 del codice di procedura civile il giudice ha facoltà non obbligo di ammettere il creditore a determinare con giuramento le somme a lui dovute, se la parte tenuta al rendiconto non lo presenta o rimane contumace.
Cass. civ. n. 1970/1976
L'art. 265 c.p.c. autorizza il giudice ad avvalersi del giuramento estimatorio per il solo fatto che la parte tenuta a rendere il conto non lo presenta, indipendentemente da ogni indagine su un'eventuale colpa di quest'ultimo e, quindi, senza necessità di accertare se la mancata presentazione del conto possa essere giustificata, come risulta dal secondo comma dell'articolo citato, che consente il deferimento del giuramento in casi nei quali nessuna colpa della controparte è ipotizzabile: l'unico presupposto richiesto dalla legge consiste nell'accertata impossibilità di determinare altrimenti il credito dell'avente diritto.
Cass. civ. n. 2921/1960
Il giuramento di cui al secondo comma dell'art. 265 non è deferibile quando la mancata esibizione della necessaria documentazione sia dovuta alla condotta gravemente colposa della parte tenuta al rendiconto.
Cass. civ. n. 555/1959
A norma dell'art. 265 c.p.c., il collegio può ammettere il creditore a determinare con giuramento le somme a lui dovute non solo se la parte tenuta al rendiconto non lo presenti, ma anche se, presentandolo, ometta di depositare in cancelleria i documenti che lo giustificano.