Art. 420 – Codice di procedura civile – Udienza di discussione della causa
Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti, tenta la conciliazione della lite e formula una proposta transattiva o conciliativa. La mancata comparizione personale delle parti, o il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice.
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione.
Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.
Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo.
Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione.
Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima concedendo alle parti ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive.
Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni. Nell'udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione.
L'assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi.
Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione.
Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell'articolo 416.
A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio.
Le udienze di mero rinvio sono vietate.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 10065/2024
La conciliazione in sede sindacale, ai sensi dell'art. 411, comma 3, c.p.c., non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest'ultima essere annoverata tra le sedi protette mancando del carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente all'assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore.
Cass. civ. n. 8898/2024
La conciliazione giudiziale prevista dagli artt. 185 e 420 c.p.c. è una convenzione non assimilabile ad un negozio di diritto privato puro e semplice, caratterizzandosi, strutturalmente, per il necessario intervento del giudice e per le formalità di cui all'art. 88 disp. att. c.p.c. e, funzionalmente, per l'effetto processuale di chiusura del giudizio nel quale interviene e per gli effetti sostanziali derivanti dal negozio giuridico contestualmente stipulato dalle parti; essa è pertanto valida anche se ha ad oggetto diritti indisponibili, poichè l'art. 2113, ultimo comma, c.p.c. fa salve le conciliazioni intervenute ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 c.p.c., in cui l'intervento in funzione di garanzia del terzo (autorità giudiziaria, amministrativa o sindacale), diretto a superare la presunzione di condizionamento della libertà di espressione del consenso del lavoratore, viene a proteggere adeguatamente la sua posizione.
Cass. civ. n. 6470/2024
Nel rito del lavoro, la riformulazione dei capitoli di prova testimoniale, attività funzionale ad emendare un'irregolarità che non consente l'ammissione delle istanze istruttorie, è possibile, previa assegnazione del termine perentorio di cinque giorni anteriore all'udienza di discussione ex art. 420, comma 6, c.p.c., la cui inosservanza comporta la decadenza dalla richiesta prova testimoniale.
Cass. civ. n. 29455/2020
In tema di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi ex art. 64 del d.lgs. n. 165 del 2001, il sindacato della Corte di cassazione, adita con ricorso immediato in base al comma 3 dello stesso art. 64, non è limitato alla decisione del giudice di merito sulla questione pregiudiziale, ma si estende, anche d'ufficio, ai presupposti di ammissibilità del subprocedimento ivi disciplinato, atteso che la sentenza della Cassazione mira alla rimozione "erga omnes" della situazione di incertezza sollevata e ha, ai sensi del comma 7, un'efficacia rafforzata sugli altri processi riguardanti la medesima questione, consentendo al giudice dei giudizi futuri di decidere nuovamente su di essa solo se non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE TORINO, 12/03/2019).
Cass. civ. n. 6728/2019
Nel rito del lavoro, ricorrendo gravi motivi e previa autorizzazione del giudice, le parti possono modificare ex art. 420 c.p.c. domande, eccezioni e conclusioni già formulate ma non anche proporre domande nuove per "causa petendi" o "petitum", neppure con il consenso della controparte (esplicito, mediante l'espressa accettazione del contraddittorio, ovvero implicito nella difesa nel merito); la valutazione circa la sussistenza dei gravi motivi comporta un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, il cui esito può risultare dall'istruttoria ed essere manifestato per implicito. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto incensurabile l'implicita valutazione circa l'insussistenza dei gravi motivi in fattispecie nella quale la ricorrente, che nel costituirsi in appello aveva depositato essa stessa il contratto di locazione ricevuto del legale della controparte, aveva chiesto di essere autorizzata a modificare la domanda in ragione del contegno omissivo dei conduttori, i quali da un lato si erano rifiutati di inviarle il suddetto contratto, se non all'atto della costituzione in primo grado, e dall'altro avevano comunicato di averlo registrato soltanto in occasione di un'udienza, di oltre un anno posteriore all'espletamento della formalità).
Cass. civ. n. 33393/2019
Nel rito del lavoro, la produzione di documenti successivamente al deposito degli atti introduttivi è ammissibile solo nel caso di documenti formati o giunti nella disponibilità della parte dopo lo spirare dei termini preclusivi ovvero se la loro rilevanza emerga in ragione dell'esigenza di replicare a difese altrui; peraltro, l'acquisizione documentale può essere disposta d'ufficio, anche su sollecitazione di parte, se i documenti risultino indispensabili per la decisione, cioè necessari per integrare, in definizione di una pista probatoria concretamente emersa, la dimostrazione dell'esistenza o inesistenza di un fatto la cui sussistenza o insussistenza, altrimenti,sarebbe destinata ad essere definita secondo la regola sull'onere della prova.
Cass. civ. n. 31293/2019
Nel rito del lavoro, per effetto del combinato disposto degli artt. 202, comma 1, 420, commi 5 e 6, e 250 c.p.c., vige il principio che il giudice provvede nella stessa udienza di ammissione della prova testimoniale alla audizione dei testi, comunque presenti, ma non può dichiarare decaduta la parte dalla prova per la loro mancata presentazione, essendone consentita la citazione solo a seguito del provvedimento di ammissione, con la conseguenza che il giudice dovrà fissare altra udienza per la prosecuzione della prova; tali considerazioni valgono anche per il rito cd. "Fornero", caratterizzato - nella fase sommaria - dal principio di libertà delle prove, in relazione al quale non è possibile ipotizzare decadenze, e - nella fase a cognizione piena - dalle disposizioni dettate per il processo del lavoro.
Cass. civ. n. 25472/2017
La conciliazione giudiziale prevista dagli artt. 185 e 420 c.p.c. è una convenzione non assimilabile ad un negozio di diritto privato puro e semplice, caratterizzandosi, strutturalmente, per il necessario intervento del giudice e per le formalità previste dall'art. 88 disp. att. c.p.c. e, funzionalmente, da un lato per l'effetto processuale di chiusura del giudizio nel quale interviene, dall'altro per gli effetti sostanziali derivanti dal negozio giuridico contestualmente stipulato dalle parti, che può avere anche ad oggetto diritti indisponibili del lavoratore; la transazione, invece, negozio anch'esso idoneo alla risoluzione delle controversie di lavoro qualora abbiano ad oggetto diritti disponibili, non richiede formalità "ad substantiam", essendo la forma scritta prevista dall'art. 1967 c.c. ai soli fini di prova. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda di accertamento della transazione intervenuta tra le parti nel corso di una udienza, per carenza di forma scritta e della relativa sottoscrizione, senza tener conto che il verbale di causa costituiva atto scritto idoneo ai fini probatori).
Cass. civ. n. 24946/2014
In caso di sospensione del processo a seguito di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 420 bis cod. proc. civ., il termine per la riassunzione del giudizio, a norma dell'art. 297 cod. proc. civ., decorre dalla data di pubblicazione della decisione della Corte di cassazione anche rispetto alla parte contumace, senza che possa dubitarsi della legittimità costituzionale degli articoli 292, terzo comma, e 133, secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedono l'obbligo della comunicazione del deposito della sentenza anche al contumace, stante la funzione di garanzia di conoscibilità legale assolta dalla pubblicazione della sentenza e l'incompatibilità di un meccanismo di riassunzione rimesso alla mera volontà delle parti con il principio di ragionevole durata ex art. 111 Cost.
Cass. civ. n. 14356/2014
Nel pronunciare sentenza ai sensi dell'art. 420 bis cod. proc. civ., il giudice di primo grado può risolvere questioni preliminari, di rito o di merito, al solo scopo di verificare e motivare la rilevanza della questione interpretativa, che è la sola che deve essere esaminata e decisa a cognizione piena e con idoneità alla formazione del giudicato. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che aveva pronunciato anche sulla questione preliminare - risolvendola affermativamente - se al lavoratore ricorrente fosse applicabile la contrattazione collettiva anche nel caso in cui egli aderisse ad un sindacato che non aveva sottoscritto tutti i contratti collettivi oggetto di controversia).
Cass. civ. n. 4717/2014
Nelle controversie soggette al rito del lavoro, la parte, la cui prova non sia stata ammessa nel giudizio di primo grado, deve dolersi di tale mancata ammissione attraverso un apposito motivo di gravame, senza che possa attribuirsi significato di rinuncia o di acquiescenza al fatto di non avere ripetuto l'istanza di ammissione nelle conclusioni di primo grado, in quanto non essendo previste, in detto rito, udienze di mero rinvio o di precisazione delle conclusioni, ogni udienza è destinata alla decisione e, pertanto, qualora le parti abbiano tempestivamente articolati mezzi di prova nei rispettivi atti introduttivi, il giudice non può desumere l'abbandono delle istanze istruttorie dalla mancanza di un'ulteriore richiesta di ammissione nelle udienze successive alla prima.
Cass. civ. n. 7751/2012
Nel rito del lavoro, la rilevabilità d'ufficio della nullità non può incidere sulle preclusioni e decadenze di cui agli artt. 414 e 416 c.p.c. ove, attraverso l'"exceptio nullitatis", si introducano tardivamente in giudizio questioni di fatto ed accertamenti nuovi e diversi, ponendosi, una diversa soluzione, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost..
Cass. civ. n. 3304/2012
Il procedimento di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi del pubblico impiego ex art. 64 del d.l.vo n. 165 del 2001, come l'analogo procedimento ex art. 420-bis c.p.c., è finalizzato ad assicurare l'uniforme applicazione delle relative clausole e presuppone perciò un'idonea istruttoria al fine della soluzione della questione pregiudiziale con portata generale ed esaustiva, capace cioè di definire in termini chiari ed univoci ogni possibile questione in materia; ne consegue che, qualora la necessaria istruttoria da parte del giudice di merito sia mancata, non essendo tale lacuna rimediabile in sede di legittimità, occorre annullare l'impugnata sentenza e rimettere gli atti al giudice territoriale. (Fattispecie in tema di esatta determinazione del fondo per la retribuzione di risultato spettante al ruolo della dirigenza non medica per l'anno 1993, in ordine alla quale il giudice di merito non aveva considerato un verbale di interpretazione autentica, non aveva accertato il comportamento tenuto dalle parti collettive prima e dopo la redazione del verbale medesimo, nè aveva verificato l'esistenza e il contenuto di accordi locali).
Cass. civ. n. 17272/2011
Nel giudizio tra datore di lavoro ed istituti previdenziali o assistenziali aventi ad oggetto l'omesso pagamento di contributi, non costituisce motivo di nullità la circostanza che il giudice, nel corso dell'assunzione della prova, abbia liberamente interrogato i testi indicati dalle parti (nella specie il lavoratore, i cui contributi erano stati omessi), chiedendo chiarimenti in ordine ai fatti esposti dalle stesse od anche - salvo espressa opposizione delle parti motivate da una concreta violazione del loro diritto di difesa - estendendo la prova a nuove circostanze ritenute rilevanti trattandosi di facoltà spettanti al giudice, fermo restando ch le eventuali nullità relative alla deduzione, tempestività, ammissione e assunzione della prova testimoniale debbono essere tempestivamente eccepite, rimanendo sanate ove l'atto istruttorio sia stato compiuto senza opposizione della parte che vi ha assistito.
Cass. civ. n. 16470/2011
In tema di licenziamento collettivo, qualora il lavoratore che lo impugni limiti nel ricorso introduttivo la deduzione della violazione dei criteri di scelta con riferimento precipuo ad un determinato dipendente rispetto al quale, invocando la relativa comparazione, fondi il diritto azionato, il successivo e tardivo riferimento alla comparazione con altri e diversi dipendenti, in relazione ai quali prospetti il fondamento del diritto azionato, si traduce in un tardivo e, come tale, inammissibile ampliamento del tema d'indagine e quindi dell'oggetto del giudizio.
Cass. civ. n. 3602/2011
Ai fini del ricorso immediato per cassazione ex art. 420 bis c.p.c. non basta che nel processo si ponga una questione di interpretazione di una clausola di un contratto collettivo nazionale, ma è necessario che si sia scelto di discutere e decidere tale questione in via pregiudiziale; pertanto, se la pronuncia sia intervenuta sul merito della controversia e il giudice abbia deciso con una sentenza di accertamento non della sola interpretazione del contratto collettivo, bensì della sussistenza del diritto dei ricorrenti e di condanna della convenuta, sebbene generica, la situazione processuale va oltre il limite segnato dall'art. 420 bis c.p.c. e la sentenza emessa deve essere impugnata in appello e non con il ricorso immediato per cassazione.
Cass. civ. n. 20238/2010
La sentenza emessa nel procedimento di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali ai sensi dell'art. 420 bis c.p.c. non é suscettibile a pena di inammissibilità, di ricorso per cassazione ove sia stato deciso anche il merito della domanda, atteso che detta norma, in quanto ha introdotto un'eccezione alla regola generale in ordine alle sentenze ricorribili al fine di assicurare un'interpretazione almeno tendenzialmente omogenea delle clausole dei contratti collettivi, non può tollerare di essere interpretata analogicamente o estensivamente.
Cass. civ. n. 2775/2010
Nel rito del lavoro, in caso di chiamata in causa autorizzata dal giudice, la questione di competenza territoriale relativa alla domanda proposta nei confronti del terzo deve essere esaminata dal giudice, in base all'oggetto della domanda ed all'esposizione dei fatti posti a fondamento della stessa (a meno che non risulti evidente un'artificiosa allegazione diretta allo scopo di sottrarre la causa al giudice precostituito per legge) nel momento in cui si instaura il contraddittorio tra le parti del rapporto di garanzia, ovverosia all'atto della costituzione del terzo per contrastare la domanda di garanzia, e, restando quindi irrilevante, ai fini della competenza, una diversa qualificazione specificamente attribuita alla domanda da una delle parti in un momento successivo, una volta decisa non è riproponibile nel corso del giudizio.
Cass. civ. n. 26360/2009
Anche nel rito del lavoro, un provvedimento di rinvio dell'udienza di discussione pronunciato fuori udienza è efficace e vincolante nei confronti delle parti solo in quanto la cancelleria provveda a comunicarlo a tutte. Ne consegue che, finché anche una sola parte non sia stata notiziata del rinvio, la comunicazione è inefficace e il provvedimento non può dirsi idoneo a modificare la data di discussione inizialmente fissata.
Cass. civ. n. 15322/2009
Nel procedimento di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all'art. 420 bis c.p.c. non è applicabile il disposto di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c. - che pone a carico del ricorrente l'onere del deposito dei contratti collettivi sui quali il ricorso si fonda, sanzionandone l'omissione con l'improcedibilità del ricorso stesso - ove le stesse parti abbiano concordemente indicato le clausole contrattuali costituenti il perimetro delle disposizioni rilevanti ai fini dell'esame e dell'interpretazione delle pattuizioni di cui si lamenta la violazione o la falsa applicazione, dovendosi ritenere che una diversa soluzione, oltre ad essere improntata ad un eccessivo formalismo, finirebbe per contraddire il perseguimento delle finalità di certezza e nomofilachia sottese alla speciale procedura.
Cass. civ. n. 8066/2009
Nel rito del lavoro, le risposte rese dalle parti in sede di interrogatorio libero ex art. 420 c.p.c. sono liberamente utilizzabili dal giudice come elemento di convincimento, soprattutto se riguardino fatti che possono essere conosciuti solo dalle parti medesime, o non siano contraddette da elementi probatori contrari, e possono arrivare a costituire anche l'unica fonte di convincimento.
Cass. civ. n. 7353/2009
Nei procedimenti di locazione, che a norma dell'articolo 46 della legge 27 luglio 1978, n. 392 e poi dell'articolo 447-bis cod. proc. civ., debbono essere trattati con il rito del lavoro, poiché il giudice può in ogni udienza ritenere conclusa l'attività istruttoria e decidere la causa, la comunicazione dei provvedimenti di rinvio dell'udienza mediante bandi o avvisi non personalizzati ai singoli difensori - nella specie tramite affissione sulla porta della sala di udienza -, non può dirsi rispettosa dell'esigenza della presenza delle parti e della conoscenza tempestiva dei rinvii da parte delle stesse. La lesione del contraddittorio e delle possibilità di difesa in tal modo realizzate comporta la nullità della sentenza di primo grado, rilevabile dal giudice di appello con apposita pronuncia.
Cass. civ. n. 5643/2009
La disciplina dell'inattività delle parti dettata dal codice di procedura civile, con riguardo sia al giudizio di primo grado che a quello di appello, si applica anche alle controversie individuali di lavoro, non ostandovi la specialità del rito, nè i principi cui esso si ispira. Ne consegue che la mancata comparizione delle parti all'udienza di discussione non consente la decisione della causa nel merito, ma impone la fissazione di una nuova udienza, nella quale il ripetersi dell'indicato difetto di comparizione comporta la cancellazione della causa dal ruolo.
Cass. civ. n. 4667/2009
Le ammissioni fatte dalla parte in sede di interrogatorio libero ex art. 420 cod. proc. civ. hanno valore meramente indiziario e non integrano una prova piena. Ne consegue che la mancata considerazione delle stesse in favore dell'altra parte ad opera del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 1895/2009
Nel rito del lavoro, il libero interrogatorio della parte è diretto a chiarire i termini della controversia in relazione alle circostanze di fatto ritualmente introdotte nel giudizio con il ricorso introduttivo e la memoria di costituzione, ma non ad introdurne di nuove che il giudice sia obbligato ad esaminare. (Nella specie, relativa ad una domanda di un lavoratore di trasferimento con precedenza in funzione della costituzione di una situazione di assistenza ad un portatore di handicap, la S.C., nell'affermare il principio di cui alla massima, ha ritenuto inammissibile la doglianza relativa all'omessa considerazione delle dichiarazioni rese in sede di libero interrogatorio dal procuratore speciale della società datrice di lavoro, secondo il quale il posto vacante era riservato alla mobilità provinciale alla stregua dell'accordo sindacale del 17 aprile 2002, in quanto riferite ad un atto mai sottoposto al vaglio del giudice d'appello).
Cass. civ. n. 21587/2008
Nel rito del lavoro, qualora il convenuto non si costituisca ed il giudice si trovi nell'impossibilità di verificare la regolarità dell'instaurazione del contraddittorio, per la mancata produzione del ricorso notificato da parte dell'attore - che non alleghi e comprovi una situazione di legittimo impedimento all'assoluzione del relativo onere anteriormente all'udienza di discussione o nel corso di essa e non sia, per tale ragione, legittimato alla sollecitazione dell'assegnazione, per provvedere all'incombente, di un termine compatibile con detta situazione - il procedimento è legittimamente definito con una pronunzia di mero rito, ricognitiva dell'inidoneità della proposta domanda giudiziale a determinare l'ulteriore corso del processo.
Cass. civ. n. 18584/2008
Alla parte che invoca in giudizio l'applicazione di un contratto collettivo post-corporativo incombe l'onere di produrlo, con la conseguenza che, in caso di mancata produzione di esso e di contestazione della controparte in ordine all'esistenza e al contenuto dell'invocato contratto, il giudice deve rigettare la domanda nel merito, trovandosi nell'impossibilità di determinare l'"an" e il "quantum" della pretesa fatta valere; soltanto nell'ipotesi in cui la controparte non abbia contestato l'esistenza e il contenuto del contratto invocato ma si sia limitata a contestarne l'applicabilità, sussiste, per il giudice, il potere-dovere, ai sensi dell'art. 421 cod. proc. civ., di acquisire d'ufficio, attraverso consulenza tecnica, il contratto collettivo di cui l'attore, pur eventualmente non indicando gli estremi, abbia tuttavia fornito idonei elementi di identificazione.
Cass. civ. n. 9136/2008
Nel processo del lavoro, ove il procuratore del ricorrente (o, comunque, della parte interessata ) rimasto assente all'udienza fissata ai sensi dell'art. 415 c.p.c. si sia limitato, nella successiva udienza fissata per l'audizione dei testi sulla prova chiesta dalla controparte, a chiedere il rinvio della causa «per prosieguo prova » senza chiedere espressamente l'esame dei testi non intimati da espletare in una successiva udienza, il giudice, anche in mancanza di un formale provvedimento di ammissione, deve dichiarare, in assenza di istanza della controparte perché si proceda all'esame e su preventiva eccezione di controparte, la decadenza dalla prova, derivando l'onere dell'intimazione dei testimoni a prescindere da un formale provvedimento di ammissione della prova direttamente dall'art. 420, quinto comma, c.p.c., che attribuisce al giudice il potere di ammettere la prova ed assumerla nella stessa udienza di discussione. Tale meccanismo risponde ai principi di ordine pubblico, immediatezza e concentrazione del processo del lavoro, di cui costituiscono espressione le disposizioni sulla immediata assunzione dei mezzi di prova e sul divieto delle udienze di mero rinvio.
Cass. civ. n. 5050/2008
Nel procedimento di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all'art. 420 bis c.p.c., la parte ha l'onere di depositare, a pena di improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma secondo, n. 4, c.p.c., il testo integrale del contratto collettivo al quale la domanda si riferisce, non essendo sufficiente il deposito di un estratto del contratto contenente alcuni articoli (nemmeno se siano i soli sui quali si sia svolto il contraddittorio o che vengano invocati nel ricorso per cassazione), in quanto l'indicato adempimento ha carattere strumentale rispetto al pieno esercizio della funzione nomofilattica da parte della Corte di Cassazione.
Cass. civ. n. 5026/2008
Nel rito del lavoro – in cui non sono previste udienze di mero rinvio né l'udienza di precisazione delle conclusioni – ogni udienza, a partire dalla prima, è destinata, oltre che all'assunzione di eventuali prove, alla discussione e, quindi, all'immediata pronuncia della sentenza mediante lettura del dispositivo sulle conclusioni che, salvo modifiche autorizzate dal giudice per gravi motivi, sono per l'attore quelle di cui al ricorso e per il convenuto quelle di cui alla memoria di costituzione. Peraltro, ai sensi dell'art. 420, quinto comma, c.p.c., è onere delle parti dedurre a pena di decadenza, nel corso della prima udienza, i mezzi di prova che non abbiano potuto proporre prima e giustificati dalle difese di controparte, tenuto conto, altresì, che le note difensive di cui al sesto comma dell'articolo citato, proprio perché meramente difensive, non possono contenere né nuove domande di merito né nuove istanze istruttorie.
Cass. civ. n. 3098/2008
La lettura del disposto dell'art. 420 bis c.p.c., operata alla luce della ratio ad esso sottesa, mostra che il presupposto per l'operatività dell'iter procedurale regolato dalla suddetta norma del codice di rito – e per la consequenziale pronunzia di un dictum giurisprudenziale di forza vincolante superiore a quella delle altre pronunzie emesse in materia giuslavoristica dalla Corte di Cassazione – è la decisione di una singola controversia, caratterizzatesi per la sua tipicità anticipatoria di un contenzioso spesso imponente, sicché l'accertamento pregiudiziale sulla efficacia, validità ed interpretazione del contratto collettivo deve in ogni caso porsi come antecedente logico – giuridico della sentenza del giudice di merito e, poi, della decisione conclusiva dell'intero processo. Ne consegue che, dovendo nel rito del lavoro ogni domanda contenere, ai sensi dell'art. 414 nn. 3 e 4 c.p.c., la determinazione dell'oggetto della domanda stessa e l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui essa si fonda, l'accertamento pregiudiziale ex art. 420 bis c.p.c., in quanto destinato ad incidere con rilevanza decisoria sull'esito della intrapresa controversia, non può che riguardare le clausole contrattuali sulle quali poggiano la causa petendi ed il petitum della domanda attrice, non potendo invece investire in via prioritaria ed esclusiva, e senza alcun riferimento alle suddette clausole, disposizioni contrattuali richiamate dal convenuto per eccepire l'infondatezza o la non azionabilità del diritto di controparte. (Nella specie la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di merito che, in sede interpretativa, aveva ritenuto applicabile l'art. 24 del C.C.N.L. per i dirigenti di aziende commerciali del 27 maggio 2004 al caso delle dimissioni del dirigente motivate con l'allegazione di un demansionamento disposto in relazione all'art. 2103 c.c.).
Cass. civ. n. 2796/2008
Nella procedura ai sensi dell'art. 420 bis c.p.c. la Corte di cassazione può liberamente ricercare, all'interno del contratto collettivo, qualunque clausola ritenuta utile all'interpretazione, ma non può assumere nuove iniziative istruttorie – attività riservata al giudice del merito —, dovendo decidere sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito in primo grado. Ne consegue che i contratti collettivi successivi a quello da interpretare ex art. 420 bis c.p.c. non sono utilizzabili per la determinazione della comune volontà delle parti del precedente contratto ove: a) tale verifica presupponga indagini su circostanze di fatto; b) gli stessi, oltre ad essere estranei anche ratione temporis al thema decidedum, non siano stati oggetto di esame da parte del giudice del merito; c) l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla portata del più recente contratto non costituisca, nell'ambito del giudizio in corso, un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c.
Cass. civ. n. 1578/2008
Lo speciale procedimento ex art. 420 bis c.p.c., di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi, è finalizzato ad assicurare l'uniforme applicazione delle relative clausole e presuppone perciò un'idonea istruttoria al fine della soluzione della questione pregiudiziale con portata generale ed esaustiva, capace cioè di definire in termini chiari ed univoci ogni possibile questione in materia. Ove la necessaria istruttoria da parte del giudice di merito sia mancata, non essendo tale lacuna rimediabile in sede di legittimità, ne deriva l'accoglimento del ricorso per cassazione proposto ai sensi del comma terzo della norma, con cassazione dell'impugnata sentenza e rimessione degli atti al giudice di merito. (Fattispecie in tema di disciplina delle sostituzioni per assenza nel periodo feriale contenuta nel C.C.N.L. del personale dipendente di società concessionarie di autostrade e trafori).