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Articolo 487 Codice di procedura civile — Forma dei provvedimenti del giudice

Articolo 487 Codice di procedura civile — Forma dei provvedimenti del giudice

Salvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti del giudice dell’esecuzione sono dati con ordinanza, che può essere dal giudice stesso modificata o revocata finché non abbia avuto esecuzione.

Per le ordinanze del giudice dell’esecuzione si osservano le disposizioni degli articoli 176 e seguenti in quanto applicabili e quella dell’articolo 186 [ 287, 617 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 5934/2013

In tema di espropriazione forzata immobiliare, la revoca dell’aggiudicazione ex art. 487 c.p.c. opera con efficacia “ex tunc”, travolgendo “ab initio” il subprocedimento di vendita (dall’avviso di vendita fino al provvedimento di aggiudicazione) e comportando il venir meno dell’obbligazione di pagare il prezzo nel termine sancito dall’ordinanza di cui all’art. 569, terzo comma, del medesimo codice, con conseguente irrilevanza, di tutte le vicende connesse all’adempimento di detta obbligazione (In applicazione di tale principio, la S.C., ha confermato la sentenza impugnata che, accertata l’intervenuta revoca dell’aggiudicazione, aveva ritenuto irrilevante l’anteriorità, rispetto ad essa, della scadenza del termine di pagamento del prezzo ed inoperante la decadenza sancita dall’art. 587 c.p.c.).

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Cass. civ. n. 3723/2012

Il provvedimento del giudice dell’esecuzione di rigetto dell’istanza di modifica o di revoca di un proprio precedente provvedimento rientra nel novero degli atti esecutivi impugnabili (e cioè opponibili o reclamabili) solo quando, pur rimanendo inalterata la posizione delle parti rispetto a tale precedente provvedimento, possa loro derivare pregiudizio dagli argomenti addotti dal giudice a sostegno del diniego, altrimenti consentendosi, mediante l’opposizione agli atti o il reclamo contro il provvedimento negativo, di riaprire a favore della parte decadutane la possibilità di far valere i vizi da cui era affetto il provvedimento precedente. Il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca o modifica, che non arrechi alla parte alcun ulteriore pregiudizio, neppure è ricorribile per Cassazione, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost. per far valere eventuali vizi formali, che avrebbero dovuto essere oggetto (nei termini di cui all’art. 617 c.p.c.) di opposizione agli atti avverso l’ordinanza precedente.

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Cass. civ. n. 26185/2011

In tema di esecuzione forzata, il potere del giudice dell’esecuzione di revocare i propri provvedimenti, ai sensi dell’art. 487 c.p.c., concorre con quello delle parti di impugnarli con opposizione agli atti esecutivi, con la conseguenza che, qualora, proposta tale opposizione, il giudice revochi l’ordinanza opposta, l’opponente perde interesse all’instaurazione del giudizio di merito sull’opposizione, finalizzato alla rimozione del provvedimento stesso. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva negato l’interesse del debitore esecutato a proseguire nell’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione di somme pignorate, avendo il giudice dell’esecuzione, nel caso di specie, adottato un provvedimento non meramente provvisorio, ma di definitiva revoca dell’ordinanza impugnata).

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Cass. civ. n. 19392/2011

Non è ammissibile il ricorso straordinario per Cassazione, di cui all’art. 111, settimo comma, Cost., avverso l’ordinanza adottata dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 487, primo comma, c.p.c., sia che con con questa revochi o modifichi un proprio precedente provvedimento, sia che rigetti l’istanza di revoca di una precedente ordinanza, trattandosi in entrambi i casi di pronuncia ordinatoria del processo esecutivo, che va sempre impugnata col rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi.

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Cass. civ. n. 1498/2007

In tema di processo di esecuzione, con riferimento alla espropriazione immobiliare, il trasferimento dell’immobile aggiudicato è l’effetto di una fattispecie complessa, costituita dall’aggiudicazione, dal successivo versamento del prezzo e dal decreto di trasferimento: poichè all’ordinanza di aggiudicazione si dà esecuzione emettendo il decreto di trasferimento, la stessa può essere revocata fin quando il decreto non sia emanato.

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Cass. civ. n. 21106/2005

In tema di esecuzione forzata, il mancato esercizio del potere del giudice dell’esecuzione di rilevare d’ufficio l’eventuale nullità dell’aggiudicazione non è censurabile in sede di legittimità.

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Cass. civ. n. 5238/2004

I provvedimenti emessi dal giudice dell’esecuzione sono normalmente assunti, ai sensi dell’art. 487, primo comma, c.p.c., con ordinanza, e sono modificabili o revocabili finchè non abbiano avuto esecuzione, costituendo anch’essi espressione del potere di direzione del processo e, in quanto diversamente regolanti quanto già disciplinato dal provvedimento precedentemente adottato, sono soggetti a riesame mediante opposizione agli atti esecutivi.
Il provvedimento del giudice dell’esecuzione di diniego della modifica o della revoca di un proprio precedente provvedimento rientra nel novero degli atti esecutivi impugnabili (e cioèopponibili o reclamabili) solo quando all’istante, pur rimanendo inalterata la sua posizione giuridica che tale precedente provvedimento fonda, possa derivare pregiudizio dagli argomenti addotti dal giudice a sostegno del rigetto.

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Cass. civ. n. 14103/2003

Con riguardo alla vendita di beni mobili ad offerte private, prevista dall’art. 106 legge fall. e sottratta alle regole dell’aggiudicazione in esito ad incanto, le disposizioni del giudice delegato devono ritenersi suscettibili di sospensione, revoca o modificazione anche per motivi di opportunità e convenienza fino a quando la vendita non risulti conclusa e il prezzo versato, ancorché sia già intervenuta l’autorizzazione a vendere, da parte del giudice delegato, al curatore.

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Cass. civ. n. 1936/2003

In tema di esecuzione forzata, il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, nel corso di un processo di espropriazione forzata immobiliare, dichiara la nullità dell’aggiudicazione pronunciata all’esito dell’incanto (nella specie, in quanto tenuto nell’ufficio del giudice anzichè nell’aula d’udienza usualmente utilizzata a questo fine), fissando un nuovo incanto, non è giuridicamente inesistente, in quanto è adottato dal giudice dell’esecuzione in forza del potere di revoca dei propri provvedimenti (art. 487, primo comma, c.p.c.), esercitabile per ragioni determinate da vizi del provvedimento, oltre che da valutazioni di inopportunità, originaria o sopravvenuta, sino a quando l’ordinanza di aggiudicazione provvisoria non abbia avuto definitiva esecuzione con la pronunzia del decreto di trasferimento del bene.

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Cass. civ. n. 5164/2001

Nell’espropriazione forzata immobiliare, l’ordinanza che dispone l’incanto trova il suo momento esecutivo (art. 487 c.p.c.) nell’aggiudicazione, con la conseguenza che, finché non si sia avuta aggiudicazione, detta ordinanza può sempre essere revocata dal giudice che l’ha emessa (fattispecie in cui la revoca dell’ordinanza de qua era intervenuta prima del compimento dell’incanto).

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Cass. civ. n. 2848/1998

Il potere del giudice dell’esecuzione di revocare o modificare le ordinanze emesse concorre con quello delle parti di impugnarle con opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), che permane, a differenza del primo, pur se l’ordinanza, di contenuto positivo, ha avuto esecuzione (art. 487, primo comma, c.p.c.).

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Cass. civ. n. 1943/1998

I provvedimenti emessi dal pretore in qualità di giudice dell’esecuzione sulle istanze di revoca o modifica di un proprio, precedente provvedimento non sono impugnabili con il ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost., poiché il provvedimento reso su dette istanze può risolversi o in una modifica pregiudizievole della situazione in cui, in precedenza, versava una parte, ed allora questa potrà impugnarlo (a seconda dei casi) con l’opposizione agli atti o con reclamo, ovvero in una statuizione non arrecante, alla predetta, alcun ulteriore pregiudizio, ed allora questa, non trovandosi in una posizione di soccombenza diversa da quella in cui già si trovava, non è legittimata alla proposizione del ricorso senza aver prima esperito gli altri mezzi di impugnazione contenziosa accordatale dall’ordinamento per rimuovere detta situazione.

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Cass. civ. n. 2867/1997

In tema di espropriazione forzata immobiliare, il decreto di trasferimento indicato nell’art. 586 c.p.c. è atto del processo esecutivo che può essere revocato dal giudice dell’esecuzione quando questi accerti che prima della sua emanazione non è stato versato il prezzo dell’aggiudicazione con le modalità indicate nell’ordinanza di vendita.

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Cass. civ. n. 12016/1995

I provvedimenti del giudice dell’esecuzione adottati con la forma del decreto o dell’ordinanza sono insuscettibili di impugnazione quando siano destinati soltanto a risolvere difficoltà di ordine materiale insorte nel corso dell’esecuzione. Qualora, invece, detto giudice affronti anche per implicito una questione di competenza, il relativo provvedimento, qualunque sia la forma in cui sia stato adottato, può essere impugnato con il regolamento di competenza, presentando un vero e proprio contenuto decisorio. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato ammissibile il regolamento di competenza contro l’ordinanza con la quale il Pretore, giudice dell’esecuzione, aveva accolto l’istanza del creditore procedente di assegnazione delle somme pignorate, malgrado l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dal debitore esecutato).

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Cass. civ. n. 2316/1994

In tema di esecuzione forzata immobiliare, l’ordinanza di vendita all’incanto di un immobile seguita da aggiudicazione provvisoria costituisce, ancorché siano state presentate offerte di aumento del sesto, un provvedimento conclusivo di una fase del procedimento che, con l’aggiudicazione, ha avuto esecuzione e che non può essere, pertanto, più revocata o modificata, ai sensi dell’art. 487 c.p.c., ma solo impugnata con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, previsto dall’art. 617 c.p.c.

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Cass. civ. n. 4442/1985

Il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione dichiara inammissibile un’offerta di aumento di sesto perché fatta da persona che non ha partecipato alla gara per l’aggiudicazione all’incanto di un immobile, ha natura decisoria e pertanto non è revocabile dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 487 c.p.c., spettando al tribunale in sede di cognizione di verificarne l’esattezza e la legittimità. Il provvedimento del giudice dell’esecuzione che dichiara inammissibile la domanda di revoca proposta a norma dell’art. 487 c.p.c., contro un precedente provvedimento di inammissibilità di un’offerta di aumento di sesto perché fatta da persona che non aveva partecipato alla gara per l’aggiudicazione all’incanto di un immobile, ha carattere decisorio, in quanto risolve, nell’ambito dei poteri spettanti al giudice dell’esecuzione, il contrasto di interessi tra la posizione soggettiva dell’aggiudicatario e la pretesa dell’offerente con aumento di sesto, ed è pertanto impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell’art. 111 della Costituzione.
Il provvedimento del giudice dell’esecuzione che dichiara inammissibile la domanda di revoca proposta a norma dell’art. 487 c.p.c., contro un precedente provvedimento di inammissibilità di un’offerta di aumento di sesto perché fatta da persona che non aveva partecipato alla gara per l’aggiudicazione all’incanto di un immobile, ha carattere decisorio, in quanto risolve, nell’ambito dei poteri spettanti al giudice dell’esecuzione, il contrasto di interessi tra la posizione soggettiva dell’aggiudicatario e la pretesa dell’offerente con aumento di sesto, ed è pertanto impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell’art. 111 della Costituzione.

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Cass. civ. n. 1955/1963

La procedura di correzione degli errori materiali, nonostante sia compresa fra le norme del processo di cognizione vero e proprio (artt. 287 e ss. c.p.c.) è applicabile anche al processo esecutivo, non soltanto con riferimento alle sentenze che concludono gli episodi di cognizione dello stesso e che di fatto non siano state appellate ma anche alle ordinanze del giudice dell’esecuzione che, a norma dell’art. 487 c.p.c., sono assimilate a quelle del giudice istruttore del processo di cognizione e assoggettate alla disciplina di cui agli artt. 176 e ss. (in quanto applicabili) e 186 del codice di rito, se tali ultimi provvedimenti, a prescindere dalla loro impugnabilità, non siano più, per essere stati eseguiti, revocabili dal giudice nell’esercizio del potere-dovere di rilevare ex officio l’eventuale invalidità, inesistenza del provvedimento e di disporre la conseguente revoca nel limite temporale dell’avvenuta esecuzione.

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