Art. 311 – Codice di procedura penale – Ricorso per cassazione
1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell'articolo 309.
2. Entro i termini previsti dall'articolo 309 commi 1, 2 e 3, l'imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva [281-286]. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.
3. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l'ordinanza. Si osservano le forme previste dall'articolo 582. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione [100 disp. att.].
4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla corte di cassazione, prima dell'inizio della discussione.
5. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'articolo 127.
5-bis. Se è stata annullata con rinvio, su ricorso dell'imputato, un'ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell'articolo 309, comma 9, il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e l'ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la decisione ovvero il deposito dell'ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l'ordinanza che ha disposto la misura coercitiva perde efficacia, salvo che l'esecuzione sia sospesa ai sensi dell'articolo 310, comma 3, e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 27103/2024
La mancata traduzione in una lingua nota all'indagato alloglotto, che non conosce la lingua italiana, dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di riesame avverso un provvedimento applicativo di misura cautelare personale non ne determina la nullità, comportando esclusivamente che i termini per la proposizione del ricorso per cassazione decorrano dal momento in cui il predetto ha effettiva conoscenza del contenuto del provvedimento. (In motivazione, la Corte ha precisato che il provvedimento non è inserito nel novero di quelli che devono essere necessariamente tradotti ex art. 143, comma 2, cod. proc. pen., né di quelli essenziali alla conoscenza delle accuse di cui all'art. 143, comma 3, cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 26628/2024
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in rapporto agli artt. 3 e 27 Cost., dell'art. 285 cod. pen., nella parte in cui, prevedendo la pena fissa dell'ergastolo, non consente al giudice di adeguare la risposta sanzionatoria alla differente gravità del fatto e al diverso grado di colpevolezza sotteso all'intera gamma di comportamenti riconducibili alla fattispecie incriminatrice. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'applicabilità della diminuente di cui all'art. 311 cod. pen. e delle altre circostanze attenuanti comuni al delitto di strage "politica", divenuta possibile anche in rapporto di prevalenza sulla recidiva reiterata per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 94 del 2023, permette al giudice di modulare la pena, proporzionandola alla offensività del fatto). (Conf.: n. 1538 del 1978,
Cass. civ. n. 25852/2024
In materia di impugnazioni incidentali "de libertate", la revoca della misura degli arresti domiciliari, in precedenza applicata dal giudice per le indagini preliminari in sostituzione della primigenia misura della custodia in carcere, determina l'inammissibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, del ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso l'ordinanza del tribunale che, in accoglimento dell'appello cautelare proposto dal pubblico ministero, aveva disposto il ripristino della misura custodiale in carcere. (In motivazione, la Corte ha precisato che tale ordinanza deve essere comunque annullata senza rinvio, stante l'esigenza di impedirne l'efficacia).
Cass. civ. n. 15939/2024
In tema di arresti domiciliari, la prescrizione del cosiddetto "braccialetto elettronico" non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma una mera modalità di esecuzione ordinaria della cautela domiciliare, sicché il giudice, ove ritenga unicamente adeguatala la custodia inframuraria in ragione della pericolosità dell'indagato e della peculiarità del fatto contestato, non è tenuto a motivare specificamente sull'inidoneità degli arresti, pur se connotati dall'adozione del braccialetto.
Cass. civ. n. 9912/2024
L'attenuante della lieve entità del fatto, applicabile anche al delitto di estorsione a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023, non è configurabile nel caso in cui le richieste estorsive non siano caratterizzate da occasionalità, perché la sistematicità delle stesse, pur se singolarmente di modesta entità economica, è confliggente con il ridotto disvalore del fatto, da valutare nel suo complesso (In applicazione del principio, la Corte ha giudicato immune da censure la decisione che aveva escluso l'attenuante in oggetto, ritenendo irrilevante la ridotta entità della somma di denaro richiesta in ogni singolo episodio, pari a 150 euro).
Cass. civ. n. 9820/2024
L'attenuante della lieve entità del fatto, prevista dall'art. 311 cod. pen. ed applicabile anche al delitto di estorsione a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023, postula una valutazione del fatto nel suo complesso, sicché non è configurabile se la lieve entità difetti con riguardo all'evento in sè considerato o con riguardo alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della condotta ovvero, ancora, in relazione all'entità del danno o del pericolo conseguente al reato. (In applicazione del principio, la Corte ha giudicato immune da censure la decisione che aveva escluso tale attenuante sul rilievo che l'imputato era recidivo e la vittima era ottantenne).
Cass. civ. n. 8361/2024
In tema di misure cautelari personali, l'irrevocabilità della sentenza di condanna a pena detentiva comporta il venir meno della funzione del vincolo custodiale e determina l'inammissibilità dell'impugnazione cautelare, in quanto la definitività del titolo esecutivo, pur se sopravvenuta rispetto al momento della presentazione del ricorso per cassazione, apre una fase ontologicamente incompatibile con la verifica demandata al tribunale ordinario a fini cautelari e, "a fortiori", alla Suprema Corte.
Cass. civ. n. 7073/2024
L'entrata in vigore della l. n. 97 del 2013 (che, modificando l'art. 311 del d.lgs. n. 152 del 2006, ha concentrato la legittimazione attiva in capo al Ministero dell'Ambiente) non fa venir meno la legittimazione dei soggetti o enti territoriali diversi dallo Stato a coltivare i giudizi di risarcimento del danno ambientale precedentemente instaurati, né determina l'inammissibilità della domanda risarcitoria per equivalente che vi sia stata eventualmente proposta, ferma restando la necessità di coordinarne la statuizione di accoglimento con le prescrizioni della nuova disciplina, alla cui stregua il giudice è tenuto ad individuare le misure di riparazione primaria, complementare e compensativa e a determinarne il costo, il cui rimborso potrà essere oggetto di condanna nei confronti dei danneggianti nel caso di omessa o incompleta esecuzione delle stesse.
Cass. civ. n. 6027/2024
È inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero avverso l'ordinanza di accoglimento, per la ritenuta insussistenza del "fumus commissi delicti", dell'appello cautelare promosso nei confronti del decreto di sequestro preventivo nel caso in cui la parte ricorrente si sia limitata a contestare il mancato riconoscimento dell'anzidetto requisito, senza nulla prospettare in ordine al "periculum in mora", posto che l'accoglimento dell'impugnativa in ordine al solo motivo dedotto non condurrebbe all'applicazione della misura reale, risultando inidoneo al conseguimento di una decisione concretamente favorevole per l'impugnante.
Cass. civ. n. 5856/2024
La mancata traduzione in una lingua nota all'indagato alloglotto, che non conosce la lingua italiana, dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di riesame avverso un provvedimento applicativo di misura cautelare personale non ne determina la nullità, comportando esclusivamente che i termini per la proposizione del ricorso per cassazione decorrono dal momento in cui il predetto ha effettiva conoscenza del contenuto del provvedimento.
Cass. civ. n. 5096/2024
Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura cautelare non è legittimato alla presentazione di memorie ai sensi dell'art. 121 cod. proc. pen. nel giudizio di cassazione.
Cass. civ. n. 49959/2023
In tema di intercettazioni, l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni captative derivante dalla mancanza di motivazione dei decreti di autorizzazione o di proroga, ove non eccepita dinanzi al tribunale del riesame, può essere dedotta, per la prima volta, nel giudizio di legittimità, ma è onere della parte che la deduca allegare i decreti medesimi, nel caso in cui gli stessi non siano stati trasmessi al tribunale del riesame ai sensi dell'art. 309, comma 5, cod. proc. pen. e, per l'effetto, non siano pervenuti alla Corte di cassazione.
Cass. civ. n. 43948/2023
Il pubblico ministero che impugni l'ordinanza che, in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen., abbia annullato la misura cautelare per difetto di gravità indiziaria, deve indicare, a pena di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, le ragioni a sostegno dell'attualità e concretezza delle esigenze cautelari, laddove la misura riguardi reati per i quali non opera la presunzione di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (In motivazione la Corte ha chiarito che in materia cautelare, poiché l'interesse del Pubblico Ministero è correlato alla possibilità di adozione o ripristino della misura richiesta, egli deve fornire elementi idonei a suffragarne l'attualità in relazione a tutti i presupposti per l'adozione della misura, anche se il provvedimento impugnato non ne abbia esaminato taluno.
Cass. civ. n. 34127/2023
In materia di riesame delle misure cautelari, il giudice del rinvio ex art. 627 cod. proc. pen. è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione ed è limitato, nell'indagine di merito devoluta, all'esame dei "punti" della prima decisione attinti da annullamento, con divieto di estendere l'indagine a vizi di nullità o inammissibilità non riscontrati dalla Corte, salva, nella specifica materia, la sopravvenienza di nuovi elementi di fatto, sempre valutabili nel giudizio allo stato degli atti. (Nella specie la Corte ha ritenuto che correttamente il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, avesse tenuto conto del fatto sopravvenuto costituito dall'accertamento nel merito, con la sentenza di primo grado, dei reati posti a fondamento della misura cautelare).
Cass. civ. n. 33944/2023
La mancata pronunzia, da parte del giudice di appello, della sopravvenuta perdita di efficacia della misura cautelare per decorrenza del termine di cui all'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen. costituisce vizio suscettibile di essere fatto valere solo con il ricorso per cassazione nell'ambito del procedimento "de libertate" e non anche con richiesta di declaratoria dell'inefficacia della misura rivolta al giudice del procedimento principale.
Cass. civ. n. 33623/2023
In tema di impugnazioni cautelari, è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione dell'indagato che lamenti l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione a una soltanto delle imputazioni, nel caso in cui l'eventuale accoglimento del ricorso non comporterebbe alcun vantaggio per il ricorrente, al quale la misura risulti applicata anche per altri titoli di reato. (Fattispecie in cui la misura cautelare era stata emessa, oltre che per il delitto di associazione per delinquere, anche in relazione a numerosi delitti-fine di ricettazione e di riciclaggio, mentre con il ricorso ci si era limitati a contestare la gravità indiziaria con riferimento al solo delitto-mezzo). (Diff: n. 4038 del 1995,
Cass. civ. n. 33398/2023
La mancata sottoscrizione dell'ordinanza del tribunale del riesame da parte del presidente del collegio e del giudice è causa di nullità relativa del provvedimento e, non incidendo sulla regolarità del giudizio, né determinando l'inesistenza della decisione, comporta la restituzione degli atti al tribunale affinché provveda nuovamente.
Cass. civ. n. 24888/2023
In tema di adozione di maggiorenni, l'art. 311, comma 1, c.c., nel richiedere il necessario consenso dell'adottante, da prestarsi dinanzi al presidente del Tribunale, configura tale manifestazione di volontà come atto personalissimo, cosicché, ove intervenga il decesso dell'adottante prima che detto incombente abbia avuto luogo, l'adozione non può essere pronunciata e, se pronunciata, deve ritenersi affetta da nullità.
Cass. civ. n. 24256/2023
In tema di giudicato cautelare, la preclusione conseguente alle pronunzie emesse nel procedimento incidentale di impugnazione ha una portata più ristretta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, coprendo solo le questioni dedotte ed effettivamente decise ed essendo limitata allo stato degli atti, sicché l'allegazione di un mutamento della situazione processuale impone un nuovo esame della vicenda. (Fattispecie relativa a impugnazione del decreto reiettivo della richiesta di sequestro preventivo impeditivo, in cui la Corte ha ritenuto che la declaratoria di inammissibilità, per tardività, del precedente ricorso del pubblico ministero avverso il provvedimento di diniego della convalida del sequestro preventivo disposto in via d'urgenza non potesse precludere la rivalutazione della vicenda, in ragione degli elementi di novità addotti dagli inquirenti, idonei a dimostrare la permanenza del reato).
Cass. civ. n. 23526/2023
E' inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dall'indagato avverso l'ordinanza del tribunale del riesame che abbia annullato il provvedimento applicativo di una misura cautelare non detentiva. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che, risultando caducata una misura non detentiva, non sussiste l'interesse a coltivare il ricorso ai limitati fini dell'eventuale proposizione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione).
Cass. civ. n. 22694/2023
Sussiste l'interesse del pubblico ministero a proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale del riesame che, pur avendo confermato la sussistenza della gravità indiziaria in relazione a taluni dei delitti contestati e disposto il mantenimento della misura cautelare, abbia, purtuttavia, annullato parzialmente il provvedimento genetico in relazione ad altri delitti per i quali la misura stessa risultava adottata. (In motivazione, la Corte ha precisato che il pubblico ministero ha interesse alla cristallizzazione del cd. "giudicato cautelare" anche con riguardo ai delitti in relazione ai quali l'ordinanza genetica è stata annullata).
Cass. civ. n. 21874/2023
Nei processi civili davanti al giudice di pace, ai fini dell'ammissibilità della domanda di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata, ex artt. 1-bis, 1-ter, comma 1, e 2, comma 1, della l. n. 89 del 2001, sussiste per la parte l'onere di esperire il rimedio preventivo della proposizione dell'istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell'art. 281-sexies c.p.c., in quanto, pur costituendo la "regola", in base al modello dell'art. 321 c.p.c. (nella formulazione antecedente alle modifiche operate dal d.lgs. 149 del 2022), che la decisione della causa in tali processi avvenga a seguito di discussione orale, tale istanza non è incompatibile strutturalmente con il rito davanti al giudice di pace, alla stregua dell'art. 311 c.p.c., e riveste comunque funzione acceleratoria in riferimento alle modalità di discussione della causa, redazione della sentenza e pubblicazione della stessa.
Cass. civ. n. 21108/2023
A seguito delle pronunce della Corte di cassazione o del Tribunale in esito al procedimento incidentale di impugnazione di misure cautelari, non è preclusa la reiterazione di provvedimenti aventi il medesimo oggetto di quello annullato ove fondati su presupposti diversi. (Fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso un provvedimento di sequestro preventivo riemesso, dopo un precedente annullamento, in relazione a un reato di truffa finalizzata all'ottenimento di erogazioni pubbliche, sul rilievo che le ulteriori indagini svolte avevano consentito di accertare sia il diverso importo del contributo ottenuto grazie a false attestazioni, sia la diversa natura della condotta illecita rispetto a quella esaminata nel primo provvedimento cautelare).
Cass. civ. n. 20045/2023
In tema di "bis in idem" cautelare, dopo che il giudice della cognizione del procedimento principale asseritamente preclusivo abbia consentito al pubblico ministero di "chiudere" la contestazione "aperta" del reato associativo, così accettando la delimitazione temporale del "thema decidendum", il giudice del subprocedimento cautelare non può sindacare quella decisione - allo stato esistente ed efficace, ancorché non irrevocabile - né eventualmente disapplicarla in via incidentale per affermare che il primo processo abbraccia un ulteriore periodo di tempo rispetto a quello ritenuto dal giudice della cognizione, poiché compete a quest'ultimo evitare eventuali abusi e verificare che la perimetrazione dell'imputazione non si traduca in un'inammissibile ritrattazione dell'azione penale.
Cass. civ. n. 5640/2023
Non sussiste l'interesse dell'indagato ad impugnare il provvedimento applicativo della misura cautelare personale con rifermento al mancato assorbimento del fatto-reato ascrittogli sotto altro titolo di reato, identico ed egualmente sanzionato, poiché dalla pluralità di addebiti non deriva alcuna conseguenza negativa in relazione ai termini di durata della singola misura applicata o sotto altro profilo.
Cass. civ. n. 5332/2023
In tema di misure cautelari personali, l'impugnazione del pubblico ministero avverso il provvedimento di diniego di emissione dell'ordinanza cautelare per l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza devolve al giudice di appello la verifica di tutte le condizioni richieste per l'adozione della misura prospettate nella originaria richiesta. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto ammissibile l'appello con cui il pubblico ministero si era limitato a contestare il mancato riconoscimento della gravità indiziaria, senza nulla dedurre in ordine alle esigenze cautelari rappresentate nella richiesta, ma non considerate dal giudice per le indagini preliminari).
Cass. civ. n. 4365/2023
Nel giudizio di cassazione, è rilevabile d'ufficio, anche in caso di inammissibilità del ricorso, la nullità della sentenza impugnata nella parte relativa al trattamento sanzionatorio, conseguente alla sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale di norma riguardante la determinazione della pena. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la decisione impugnata e ha rimesso al giudice di merito la quantificazione della pena, in ragione della sopravvenuta declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 629 cod. pen., nella parte in cui non è previsto che la sanzione comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando, per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità ai sensi dell'art. 311 cod. pen.)
Cass. civ. n. 1765/2023
L'indagato ha interesse ad impugnare l'ordinanza del tribunale del riesame che ha dichiarato l'incompetenza per territorio del giudice che ha disposto la misura cautelare e trasmesso gli atti al giudice ritenuto competente, con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, solo ai fini di una futura richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, mentre gli è preclusa ogni ulteriore censura, essendo l'ordinanza genetica destinata ad essere sostituita dal titolo emesso dal giudice competente ex art. 27 cod. proc. pen. o, in mancanza, a perdere definitivamente efficacia.
Cass. pen. n. 1626/2020
In tema di impugnazioni cautelari, il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura, deve essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, nel caso indicato dall'art. 311, comma 2, cod. proc. pen., del giudice che ha emesso l'ordinanza, ponendosi a carico del ricorrente il rischio che l'impugnazione, ove presentata ad un ufficio diverso, sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto, escluso comunque che sulla cancelleria incomba l'obbligo di trasmissione degli atti al giudice competente ex art. 582, comma 2, cod. proc. pen., la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l'atto perviene all'ufficio competente a riceverlo. (Dichiara inammissibile, TRIB. LIBERTA' REGGIO CALABRIA, 21/08/2019).
Cass. pen. n. 51345/2018
In tema di procedimento cautelare, il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione degli atti – entro il quale, ai sensi dell'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 13 della legge 16 aprile 2015, n. 47, deve intervenire la decisione del tribunale del riesame nel caso di annullamento con rinvio, da parte della Corte di cassazione, di un provvedimento applicativo o confermativo di misura cautelare – si applica esclusivamente alle misure cautelari personali e non anche a quelle reali. (In motivazione la Corte ha precisato che la disposizione contenuta nell'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., da considerarsi di stretta interpretazione, fa espresso riferimento all'annullamento con rinvio di un'ordinanza che ha applicato o confermato una misura coercitiva personale ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen., mentre l'art. 324 cod. proc. pen., che disciplina il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti riguardanti misure cautelari reali, richiama i commi 3 e 4, ma non anche il comma 5-bis, del citato articolo).
Cass. pen. n. 23707/2018
Nell'ipotesi in cui la Cassazione annulli per un nuovo esame l'ordinanza che ha disposto o confermato una misura coercitiva, il termine di dieci giorni, entro cui, ai sensi dell'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., il giudice del rinvio ha l'obbligo di decidere, decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente, perviene alla cancelleria della sezione del tribunale competente per il riesame.
Cass. pen. n. 47970/2017
Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva, il tribunale del riesame deve depositare il provvedimento nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., a pena di perdita di efficacia della misura, e non nel più lungo termine, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno, previsto dall'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 9212/2017
In tema di ricorso per cassazione, il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all'esame dell'atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.
Cass. pen. n. 49153/2015
La motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è censurabile in sede di legittimità solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura.
Cass. pen. n. 35735/2015
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto per "saltum" dalla persona offesa del delitto di atti persecutori (c.d. stalking) - avverso il provvedimento del Gip di inammissibilità della richiesta di revoca dell'ordinanza di modifica della misura cautelare degli arresti domiciliari con quella dell'obbligo di dimora nei confronti dell'indagato - in quanto avverso i provvedimenti di sostituzione o modifica delle misure cautelari è ammesso esclusivamente il rimedio dell'appello, previsto dall'art. 310 cod. proc. pen., mentre il ricorso immediato per cassazione può essere proposto, ex art. 311, comma secondo, cod. proc. pen., soltanto contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva e solo nel caso di violazione di legge nonché, ex art. 568, comma secondo, cod. proc. pen., contro i provvedimenti concernenti lo "status libertatis" non altrimenti impugnabili.
Cass. pen. n. 26711/2013
Nei procedimenti relativi a misure cautelari personali non è consentita l'astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria, in quanto l'art. 4 del Codice di "Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati", adottato il 4 aprile 2007 e ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali con delibera del 13 dicembre 2007, avente valore di normativa secondaria, esclude espressamente che l'astensione possa riguardare le udienze penali "afferenti misure cautelari". (In applicazione di tale principio è stata rigettata l'istanza di rinvio avanzata dal difensore dell'imputato nel giudizio di cassazione proposto ai sensi dell'art. 311 c.p.p.).
Cass. pen. n. 12825/2013
Il provvedimento con cui è disposto l'aggravamento di una misura cautelare ai sensi dell'art. 276 c.p.p., non è ricorribile immediatamente per cassazione ai sensi dell'art. 311, comma secondo, c.p.p., ma è impugnabile, ai sensi dell'art. 310 c.p.p., con l'appello davanti al tribunale della libertà. (Nella specie, la Corte ha qualificato l'impugnazione come appello, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale competente).
Cass. pen. n. 6459/2012
Il giudice per le indagini preliminari può emettere una seconda misura cautelare anche se è pendente il ricorso per cassazione avanzato dalla pubblica accusa avverso l'ordinanza per il riesame di annullamento della misura già emessa.
Cass. pen. n. 3310/2012
La richiesta di giudizio immediato può essere presentata dal pubblico ministero nei confronti dell'imputato in stato di custodia cautelare dopo la conclusione del procedimento dinanzi al tribunale del riesame e prima ancora che la relativa decisione sia divenuta definitiva.
Cass. pen. n. 3166/2012
In tema di impugnazioni contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva, la proposizione del ricorso immediato per cassazione rende inammissibile la richiesta di riesame, pur se già presentata, indipendentemente dalla vicenda del ricorso stesso, connessa alla ritualità o meno della presentazione, all'eventuale resipiscenza del ricorrente, alla deduzione di motivi di annullamento consentiti o meno. (Nella specie la Corte, rilevato che contro l'ordinanza del G.I.P. era stato proposto ricorso immediato, ha dichiarato inammissibile sia il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale del riesame, sia la stessa richiesta di riesame, a norma dell'art. 591, quarto comma c.p.p.).
Cass. pen. n. 2732/2012
In caso di accoglimento del ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso l'ordinanza del Gip che dichiara inammissibile la richiesta di convalida dell'arresto avanzata dal PM (nella specie ritenuta non esperibile per l'immediata liberazione dell'arrestato), l'annullamento deve essere disposto con rinvio, essendo finalizzato all'ulteriore corso del procedimento con decisione sulla richiesta di convalida dell'arresto, illegittimamente ritenuta inammissibile.
Cass. pen. n. 56/2012
Il vizio di mancanza della motivazione dell'ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto.
Cass. pen. n. 7931/2011
In tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata o divenuta inefficace, perchè possa ritenersi comunque sussistente l'interesse del ricorrente a coltivare l'impugnazione in riferimento a una futura utilizzazione dell'eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento della stessa, formulata personalmente dall'interessato.
Cass. pen. n. 20300/2010
Qualora l'atto di impugnazione di una parte privata sia presentato in cancelleria da un incaricato non occorre l'autentica della sua sottoscrizione, poichè l'art. 582 c.p.p., che le attribuisce la facoltà di avvalersi per la presentazione del relativo atto di un incaricato, non richiede siffatta formalità. (Nella specie, la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione proposto a norma dell'art. 311 c.p.p., sottoscritto personalmente dall'indagato in stato di detenzione e presentato dal difensore di fiducia, non iscritto all'albo dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori, in quanto il rapporto difensivo fiduciario faceva ragionevolmente presumere l'incarico a presentarlo).
Cass. pen. n. 31011/2009
Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello non è legittimato, salvo che sia stato egli stesso a chiedere l'applicazione della misura cautelare, a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale della libertà sui provvedimenti adottati in materia cautelare dalla Corte di appello. (In motivazione la Corte ha precisato che, individuando l'art. 311 c.p.p. in maniera espressa i soggetti legittimati al ricorso nell'incidente cautelare, l'inammissibilità dell'impugnazione presentata dal Procuratore Generale discende dall'applicazione del principio per cui il diritto di impugnare spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce).
Cass. pen. n. 46124/2008
In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.
Cass. pen. n. 45402/2008
Il ricorso immediato per cassazione può essere proposto, ai sensi dell'art. 311, comma secondo, c.p.p., soltanto contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva: ne consegue che avverso i provvedimenti di revoca, modifica o estinzione delle misure cautelari è ammesso esclusivamente il rimedio dell'appello, previsto dall'art. 310 del codice di rito, e, solo successivamente, ricorrendone i presupposti, il ricorso per cassazione.
Cass. pen. n. 44996/2008
Il ricorso per saltum avverso un'ordinanza applicativa di misura coercitiva può essere proposto, ai sensi dell'art. 311, comma secondo, c.p.p., soltanto per violazione di legge, tale dovendosi intendere, con riferimento al vizio inerente alla motivazione, quella avente ad oggetto i soli requisiti minimi di esistenza e di completezza della stessa, atteso che tale tipo di gravame è alternativo a quello del riesame, ove possono esser proposte le censure riguardanti lo sviluppo logico-giuridico delle argomentazioni del provvedimento impugnato, ovvero le prospettazioni del ricorrente in ordine agli elementi probatori acquisiti agli atti.
Cass. pen. n. 2023/2008
In tema di ricorso per cassazione contro provvedimenti de libertate emessi dal giudice del riesame, l'art. 311, comma quarto, c.p.p. non introduce alcuna deroga al principio generale della necessaria connessione tra i motivi originariamente dedotti nel ricorso principale e quelli nuovi, ma modifica soltanto il termine per la presentazione di questi ultimi che non è più quello generale di quindici giorni prima dell'udienza ma è spostato all'inizio della discussione.
Cass. pen. n. 37851/2007
Deve escludersi che il procuratore generale presso la corte d'appello rientri tra i soggetti legittimati, ai sensi dell'art. 311 c.p.p., a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze adottate dal tribunale in materia di libertà, non potendosi, in tale materia, applicare, per analogia, il disposto dell'art. 608, comma 1, c.p.p., che attribuisce al procuratore generale il potere di ricorrere per cassazione «contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di appello o inappellabile.
Cass. pen. n. 32172/2007
Nei confronti delle ordinanze che dispongono l'applicazione provvisoria di una misura di sicurezza è proponibile il ricorso diretto in cassazione ai sensi degli artt. 311, comma secondo e 313, comma terzo, c.p.p.
Cass. pen. n. 11420/2003
In virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568 c.p.p.), il pubblico ministero non è legittimato a proporre il ricorso immediato per cassazione avverso le ordinanze che dispongono una misura coercitiva, spettando tale legittimazione, ex art. 311, comma 2, c.p.p., solo all'imputato ed al suo difensore; ne consegue che è inammissibile il ricorso per saltum proposto dal P.M. avverso l'ordinanza con cui il Gip abbia disposto una misura coercitiva meno afflittiva di quella richiesta dallo stesso P.M. (Nella specie è stata applicata la misura cautelare dell'obbligo di dimora anziché quella della custodia in carcere, richiesta dal P.M.).
Cass. pen. n. 2711/2000
I vizi del procedimento del riesame devono essere fatti valere nell'ambito del procedimento di riesame ovvero con ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale emesso ai sensi dell'art. 309 c.p.p. Invero il vizio del procedimento di riesame non può esser fatto valere con la procedura di cui agli artt. 306 e 310 c.p.p., ovvero con l'istanza di revoca, cui può seguire, in caso di rigetto dell'istanza medesima, la proposizione dell'appello, attenendo questi alla diversa ipotesi in cui le questioni concernenti il permanere dell'efficacia del provvedimento impositivo della misura siano esterne al procedimento di riesame.
Cass. pen. n. 795/2000
In sede di ricorso ex art. 311, secondo comma, c.p.p., la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva, è censurabile solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura.
Cass. pen. n. 14/2000
L'omissione, da parte del giudice del riesame, della pronuncia, anche d'ufficio, della sopravvenuta perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell'art. 309, comma 10, c.p.p., costituisce un vizio della decisione che, come tale, può essere fatto valere esclusivamente con il ricorso per cassazione nell'ambito del procedimento de libertate e non anche con la richiesta di declaratoria dell'inefficacia della misura rivolta al giudice del procedimento principale. (Nell'occasione la Corte ha altresì precisato che nel giudizio di legittimità la predetta omissione, in quanto vizio della decisione, non può essere rilevata d'ufficio ma solo se denunciata con uno specifico, ancorché unico, motivo di impugnazione).
Cass. pen. n. 3/2000
Poiché il diritto di proporre ricorso per cassazione avverso le decisioni emesse dal tribunale in sede di appello o di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari personali spetta sia al pubblico ministero presso il predetto tribunale, sia a quello che ha chiesto l'applicazione della misura, nei procedimenti per uno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p., in cui la competenza ad esercitare le funzioni di P.M. nelle indagini preliminari e a richiedere, quindi, le misure coercitive spetta al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, e detto tribunale ha competenza esclusiva alla cognizione del riesame e dell'appello de libertate, legittimato al ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 311 stesso codice, è solo l'organo del P.M. individuato come sopra, e non anche quello del P.M. presso il giudice territorialmente competente a conoscere del reato, a nulla rilevando che quest'ultimo sia stato designato a svolgere le funzioni di pubblico ministero nel dibattimento a norma dell'art. 51, comma 3 ter c.p.p., stante il principio di tassatività delle impugnazioni, operante non solo relativamente ai casi e ai mezzi di impugnazione, ma anche con riguardo ai soggetti titolari del relativo diritto. (Fattispecie relativa a ricorso per cassazione avverso provvedimento emesso ex art. 310 c.p.p. dal Tribunale di Lecce, proposto dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi - nel cui circondario era stata commessa l'associazione per delinquere di stampo mafioso, per la quale si procedeva - incaricato di sostenere l'accusa nel giudizio in corso per detto reato. Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso).
Cass. pen. n. 6972/2000
In sede di ricorso ex art. 311, secondo comma, c.p.p., la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva, è censurabile solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura.
Cass. pen. n. 4016/1999
In tema di ricorso per saltum, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., avverso provvedimento impositivo di misura cautelare personale, posto che la «violazione di legge» (unico vizio deducibile) può consistere anche nella mancanza della motivazione ed avuto riguardo al fatto che l'inosservanza dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p. è sanzionata da nullità «rilevabile anche d'ufficio», ne consegue che la Corte di cassazione, investita con ricorso per saltum, pur quando il vizio derivante da detta inosservanza non abbia formato oggetto di censura, dovrà rilevarlo d'ufficio, con conseguente annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, non avendo essa il potere (che ha invece il tribunale del riesame) di integrare le carenze del provvedimento impositivo della misura.
Cass. pen. n. 3273/1999
Il ricorso per saltum avverso un'ordinanza dispositiva di misura coercitiva può essere proposto, ai sensi del secondo comma dell'art. 311 c.p.p., dall'indagato o dal suo difensore soltanto per violazione di legge, per tale dovendosi intendere, con riferimento al vizio inerente alla motivazione, quella che ha per oggetto i soli requisiti minimi di esistenza e di completezza della stessa, dal momento che tale tipo di ricorso ha natura di gravame alternativo a quello del riesame, sede deputata per le censure riguardanti lo sviluppo logico-giuridico delle argomentazioni del provvedimento gravato e per l'esame delle prospettazioni del ricorrente in ordine agli elementi probatori in atti, sicché con la sua proposizione le medesime non possono essere sottoposte al controllo del giudice di legittimità.
Cass. pen. n. 2798/1999
L'art. 311, comma primo, c.p.p. disciplina il ricorso per cassazione contro le decisioni emesse in sede di riesame e d'appello (artt. 309 e 310) e, al comma secondo, introduce, nel caso di violazione di legge, il ricorso per cassazione contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. Tale situazione rappresenta nel sistema innanzi delineato un'eccezione all'ordinario regime delle impugnazioni, possibile soltanto per i provvedimenti che applicano la misura cautelare, ma non per quelli attinenti all'estinzione della misura medesima. Questi ultimi sono soggetti prima all'appello e successivamente al ricorso. Tuttavia, ove sia direttamente proposto ricorso per cassazione avverso un provvedimento concernente profili attinenti all'estinzione della misura cautelare, il ricorso non è inammissibile ma deve essere convertito in appello ai sensi dell'art. 568, quinto comma, c.p.p.
Cass. pen. n. 287/1999
In tema di riesame delle misure cautelari personali, il necessario accertamento sulla completezza della trasmissione degli atti ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 309, comma quinto e decimo, c.p.p. spetta solo al giudice di merito; di conseguenza, ove la questione venga dedotta davanti alla Corte di cassazione, questa potrà procedere all'eventuale declaratoria di inefficacia della misura solo se la questione sia stata fatta valere ed il relativo contraddittorio si sia instaurato davanti al giudice di merito.
Cass. pen. n. 428/1999
In tema di misure cautelari, non è ammesso il ricorso per cassazione avverso le ordinanze di rigetto della richiesta del P.M., giacché l'art. 311, comma 2, c.p.p. limita tale impugnazione a favore dell'imputato nei confronti delle sole ordinanze impositive di misura cautelare. Conseguentemente, laddove con l'unico atto di ricorso sia stata impugnata l'ordinanza reiettiva contestualmente delle richieste sia di convalida dell'arresto sia di emissione di misura cautelare, lo stesso può essere deciso solo per quanto attiene alla mancata convalida, che costituisce atto distinto, con presupposti e finalità diverse dall'altro.
Cass. pen. n. 672/1999
In tema di ricorso per cassazione, incombe sul ricorrente l'onere di specificazione dei motivi di ricorso, onere cui si fa fronte attraverso la indicazione delle attività processuali che si assumono viziate, ovvero attraverso la allegazione degli atti processuali che tale attività rispecchiano. (Nella fattispecie, il ricorrente aveva genericamente dedotto la inutilizzabilità delle effettuate intercettazioni telefoniche per omessa motivazione dei decreti autorizzativi, senza però specificare a quale tra i tanti decreti — di prima autorizzazione, di proroga, di convalida — attenesse la doglianza, non consentendo, in tal modo, alla Corte di verificare la aderenza, in concreto, della singola motivazione ai principi dettati in tale materia).
Cass. pen. n. 3677/1998
Il ricorso immediato per cassazione, cosiddetto per saltum, avverso i provvedimenti concernenti la revoca, la modificazione o l'estinzione delle misure cautelari non è consentito nel vigente ordinamento processuale, dovendo, nelle predette ipotesi, essere proposta impugnazione ai sensi dell'art. 310 c.p.p., e cioè l'appello, e potendo solo in prosieguo, ricorrendone le condizioni, essere esperito il ricorso per cassazione.
Cass. pen. n. 11/1998
In tema di misure cautelari personali, nel giudizio di cassazione che, al contrario del giudizio di riesame — caratterizzato per atipicità e indefettibile immediatezza rispetto agli altri procedimenti di impugnazione — non si discosta dallo schema ordinario, il termine di trenta giorni per la decisione, che decorre dalla ricezione degli atti, è ordinatorio, mentre il termine di deposito della sentenza, a seguito di udienza camerale nelle forme di cui all'art. 127 c.p.p., è rimesso alla disciplina ordinaria.
Cass. pen. n. 1700/1998
Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell'apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell'indagato e, dall'altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell'ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto.
Cass. pen. n. 4683/1998
I «motivi nuovi» a sostegno dell'impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell'art. 585, quarto comma, c.p.p., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, quarto comma, c.p.p.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, c.p.p.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'art. 581, lett. a), c.p.p.
Cass. pen. n. 1083/1998
In sede di giudizio di legittimità sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione. Il controllo di logicità deve rimanere all'interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente procedimenti de libertate, a una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze cautelari. (Fattispecie relativa a ricorso avverso misura di coercizione personale).
Cass. pen. n. 266/1998
Avverso i provvedimenti adottati dal tribunale del riesame possono proporre ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 311, comma 1, c.p.p., nel testo introdotto dall'art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996 n. 553, convertito con modifiche nella L. 23 dicembre 1996 n. 652, il pubblico ministero presso il detto tribunale e quello (se diverso) che aveva chiesto l'applicazione della misura, con esclusione, quindi, del procuratore generale presso la corte d'appello, la cui legittimazione non potrebbe neppure farsi derivare, per analogia, dal disposto di cui all'art. 608, comma 1, c.p.p., che attribuisce al detto organo soltanto il potere di ricorrere per cassazione “contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di appello o inappellabile”.
Cass. pen. n. 3402/1997
In tema di riesame delle misure cautelari come di ricorso per cassazione avverso i relativi provvedimenti gli eventuali motivi nuovi vanno enunciati prima della discussione; in caso di deduzione tardiva, cioè nel corso della discussione, sussiste violazione del principio del contraddittorio sotto il profilo della partecipazione del pubblico ministero e, quindi, la nullità di ordine generale, di cui all'art. 178 lett. b) c.p.p., rilevabile anche d'ufficio.
Cass. pen. n. 2556/1997
La limitazione alla sola «violazione di legge» del ricorso per saltum previsto dall'art. 311, comma secondo, c.p.p. importa che, potendo rientrare nella nozione di «violazione di legge» la sola «mancanza» della motivazione, cui può equipararsi la mera apparenza della medesima, ma non l'incompletezza, il detto mezzo di impugnazione non è esperibile quando con essa si deduca la parziale inosservanza dei canoni contenutistici cui deve obbedire, ai sensi dell'art. 292, comma secondo, lett. c) e c) bis, l'ordinanza impositiva della misura cautelare; inosservanza, quella anzidetta, alla quale ben può porre rimedio, nell'ambito dei poteri di integrazione e rettifica attribuitigli dall'art. 309, comma nono, c.p.p., il tribunale del riesame.
Cass. pen. n. 2337/1997
Tanto sulla base dell'attuale formulazione dell'art. 311, comma 1, c.p.p. (introdotta dall'art. 3, comma 1, del D.L. 23 ottobre 1996, n. 553, conv., con modif., in L. 23 dicembre 1996, n. 652), quanto sulla base della formulazione precedente, è da ritenere esclusa la legittimazione del procuratore generale presso la corte d'appello a proporre ricorso per cassazione avverso le decisioni emesse dal tribunale a norma degli artt. 309 e 310 c.p.p.
Cass. pen. n. 1739/1997
Il provvedimento con cui il giudice (nella specie, dell'udienza preliminare) revoca la precedente ordinanza cautelare ed applica la misura dell'obbligo di dimora non può qualificarsi come provvedimento che applica una misura coercitiva, ma come provvedimento in materia di misure cautelari personali, nei cui confronti è previsto solo l'appello dinanzi al tribunale c.d. della libertà. Ne consegue che avverso di esso non è direttamente proponibile il ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art. 311 c.p.p., essendo tale ricorso specificamente previsto solo per le «ordinanze che dispongono una misura coercitiva», e cioè per le ordinanze che l'art. 309 stesso codice assoggetta alla richiesta di riesame anche nel merito. (Nella specie, la S.C. ha qualificato il ricorso come appello, ordinando la trasmissione degli atti al competente tribunale della libertà a norma dell'art. 568, comma quinto, c.p.p.).
Cass. pen. n. 4064/1997
In tema di ricorso per cassazione avverso le decisioni del tribunale della libertà, la subordinazione della deducibilità della mancanza di motivazione alla condizione, posta dall'art. 606, lett. e), c.p.p., che il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato, deve essere interpretata restrittivamente, con riferimento ai casi in cui le affermazioni in esso contenute non hanno il supporto dell'analisi di elementi fattuali e di idoneo apparato argomentativo. Viceversa, poiché detta limitazione va posta in relazione alla esigenze di completezza della motivazione, stabilite dall'art. 546 c.p.p. — il quale, con l'espresso richiamo al terzo comma dell'art. 125 c.p.p., sancisce la nullità della sentenza in dipendenza della incompletezza della motivazione — la censura di omessa considerazione di un elemento decisivo è deducibile ai sensi dell'art. 606 lett. c) c.p.p., che non solo consente, ma impone al giudice di legittimità il controllo degli atti al fine di stabilire la sussistenza della violazione della norma processuale denunciata. (Fattispecie relativa a ricorso del pubblico ministero avverso ordinanza del tribunale del riesame che aveva annullato il provvedimento coercitivo omettendo di prendere in considerazione — pur essendo stati trasmessi — gli atti di indagine immediatamente successivi all'applicazione della misura cautelare).
Cass. pen. n. 607/1997
L'art. 311 comma primo c.p.p., riconosce la legittimazione a ricorrere per cassazione contro le decisioni emesse a norma degli artt. 309 e 310 c.p.p. soltanto al pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura e a quello presso il tribunale della libertà. Né appare applicabile analogicamente l'art. 608 comma primo c.p.p., che si riferisce solo alle sentenze di condanna o di proscioglimento, perché l'art. 568 comma terzo c.p.p. stabilisce che il diritto d'impugnazione spetta solo a colui al quale la legge espressamente lo riconosce.
Cass. pen. n. 4348/1996
È inammissibile il ricorso per saltum avverso un'ordinanza applicativa della custodia cautelare per carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari. Nel ricorso ex art. 611 c.p.p. la motivazione può assumere rilievo ai fini dell'annullamento dell'ordinanza solo quando sia materialmente mancante o così illogica da essere considerata inesistente.
Cass. pen. n. 2924/1996
È manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 13, 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 311, quinto comma, c.p.p., che stabilisce il termine ordinatorio di trenta giorni per la decisione del ricorso in Cassazione, poiché, non avendo il giudizio di legittimità una incidenza diretta e immediata sui presupposti legittimanti l'applicazione della misura cautelare, non sussiste la necessità, in relazione alla garanzia dei diritti di libertà e difesa costituzionalmente protetti, di ritenere la perentorietà del termine entro il quale la decisione va emessa.
Cass. pen. n. 4484/1996
Nei procedimenti de libertate, che si instaurano a norma degli artt. 309, 310 e 311 c.p.p., è escluso l'effetto estensivo dell'impugnazione proposta dal coindagato diligente ai coindagati rimasti estranei al procedimento. (Nella specie si è ritenuto che l'intangibilità del giudicato formatosi nei confronti di uno dei coindagati per omessa impugnazione del provvedimento di proroga dei termini di custodia cautelare non potesse essere superata né dall'effetto estensivo dell'impugnazione, inapplicabile, né da una pretesa configurabilità della decisione favorevole emessa nei riguardi di altri coindagati come «fatto nuovo»). È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità del giudice, che in qualsiasi grado si sia pronunciato sulla libertà personale, a pronunciarsi di nuovo sulla libertà personale dello stesso soggetto nell'ambito del procedimento, in quanto il procedimento incidentale de libertate non è il «giusto processo» definito dai principi costituzionali e non richiede una rigorosa imparzialità a terzietà dal giudice, tali da rendere incompatibile il giudice che si sia già espresso in materia o possa avere un'opinione precostituita.
Cass. pen. n. 7/1996
Le cause che determinano la perdita di efficacia dell'ordinanza cautelare, secondo le previsioni contenute nel titolo primo del libro quarto del codice di procedura penale, non intaccando l'intrinseca legittimità del provvedimento ma agendo sul piano della persistenza della misura coercitiva, devono essere fatte valere avanti al giudice di merito in un procedimento distinto da quello di impugnazione, attraverso la richiesta di revoca contemplata dall'art. 306 c.p.p.; tuttavia, allorché la questione di inefficacia sia stata proposta, insieme ad altre concernenti l'originaria legittimità del provvedimento, con il ricorso per cassazione, deve ritenersi attratta da questo e può quindi essere direttamente esaminata dal giudice di legittimità affinché non sia ritardata la decisione de libertate che si sarebbe dovuto richiedere in altra sede. (In applicazione di detto principio la Corte ha ritenuto di poter esaminare - respingendola peraltro per motivi diversi - la questione concernente la perdita di efficacia della misura cautelare per inosservanza del termine di cui all'art. 309, nono comma, c.p.p., prospettata nel ricorso insieme a varie censure di violazione di legge; ma ha altresì precisato che non vi sarebbe spazio per il dispiegarsi della descritta vis attrattiva del ricorso proposto nel procedimento di impugnazione della misura ove, con esso, si denunciasse esclusivamente la sopravvenuta inefficacia del provvedimento coercitivo).
Cass. pen. n. 2613/1996
La mancanza di motivazione costituisce violazione di legge che, come tale, può dar luogo, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., a ricorso immediato per cassazione avverso l'ordinanza applicativa di misura cautelare. Detta mancanza si concretizza non solo quando la motivazione sia graficamente assente, ma anche quando essa sia del tutto apparente; il che, in tema di misure cautelari, si verifica allorché il giudice indichi in modo del tutto generico le fonti dalle quali ha inteso trarre gli indizi di colpevolezza, ovvero si richiami in modo indeterminato al tipo di prova acquisita o, ancora accenni solo vagamente agli elementi di discolpa dell'interessato, apoditticamente ritenendoli superati da quelli a suo carico.
Cass. pen. n. 2794/1996
In tema di misure cautelari il ricorso per saltum è proponibile, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., solo contro i provvedimenti che «dispongono una misura coercitiva» nonché, secondo l'art. 568, comma 2, dello stesso codice, contro quelli concernenti lo status libertatis non altrimenti impugnabili; il predetto rimedio non è, quindi, utilizzabile nei confronti di provvedimenti relativi alla modifica o all'estinzione delle misure cautelari, con riguardo ai quali è previsto dall'art. 310 c.p.p. l'appello al tribunale della libertà e solo in esito a tale gravame il ricorso per cassazione. (In applicazione di detto principio la Corte ha convertito in appello il ricorso presentato dal pubblico ministero avverso il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento aveva revocato, per il venir meno delle esigenze cautelari, la misura coercitiva della custodia in carcere applicata all'imputato).
Cass. pen. n. 1100/1996
L'art. 311, comma 2, c.p.p., limita i vizi deducibili con il ricorso per saltum alla violazione di legge, con l'esclusione dei vizi attinenti alla motivazione: con la conseguenza che non è consentito far valere, con il suddetto ricorso, le censure di cui all'art. 606, lett. e) dello stesso codice, neanche sub specie di inosservanza di norme stabilite a pena di nullità, in quanto nell'attuale sistema processuale vige il principio dell'inammissibilità per saltum delle questioni attinenti al fatto, ed essendo la nullità derivante dal difetto di motivazione riparabile dal giudice dell'appello o da quello del riesame.
Cass. pen. n. 845/1996
L'eventuale manifesta illogicità della motivazione di un'ordinanza che dispone una misura coercitiva — che può avere rilievo a norma dell'art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p. — non è deducibile con ricorso immediato per cassazione, invero è solo la mancanza di motivazione che determina la nullità dell'ordinanza e quindi la violazione di legge, essendo il ricorso per saltum limitato a tale ipotesi.
Cass. pen. n. 231/1996
L'incompetenza per materia può essere dedotta nel procedimento de libertate, sia in sede di riesame che di ricorso per saltum in cassazione, solo quando emerga ictu oculi, cioè quando l'incompetenza allo stato degli atti sia chiaramente percepibile. Nella fase delle indagini preliminari infatti più che di reati deve parlarsi di «ipotesi di reato» ed occorre tener conto della fluidità della contestazione, che si concretizza in una imputazione solo al termine delle indagini. Quando perciò la complessità della materia oggetto di accertamenti non consente di ipotizzare una individuata e delimitata ipotesi, ma lascia facilmente prevedere la concorrenza di altri reati di competenza superiore, la competenza del tribunale non può essere esclusa. (Nel caso di specie il provvedimento cautelare era stato emesso per violazione della legge su finanziamento dei partiti politici e la Corte ha respinto l'eccezione di incompetenza per materia del tribunale poiché dallo stesso contenuto del provvedimento restrittivo emergeva la possibile esistenza di reati di corruzione o concussione).
Cass. pen. n. 30/1995
Il vizio di manifesta illogicità che, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p., legittima il ricorso per cassazione, deve risultare dal testo stesso del provvedimento impugnato, il che vuol dire, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare, in tale sede, che l'iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, in tesi egualmente corrette sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità. (Fattispecie in tema di impugnazione di provvedimento cautelare).
Cass. pen. n. 3654/1995
L'operatività immediata di un provvedimento col quale il tribunale in sede di riesame annulli l'ordinanza applicativa della misura custodiale e rimetta in libertà l'indagato, deve perdurare sino a quando non intervenga, per effetto di impugnazione, un eventuale provvedimento di segno contrario con carattere irrevocabile. (Affermando siffatto principio la Corte Suprema ha ritenuto che illegittimamente, a seguito di sentenza della Cassazione di annullamento di un'ordinanza di rimessione in libertà emessa in sede di riesame, fosse stato disposto il ripristino dello stato di detenzione, prima ancora che si esaurisse la fase rescissoria dell'impugnazione. In particolare é stato rilevato che in tal modo si era vanificata la portata del principio di cui all'art. 588, comma 2, cui le impugnazioni contro i provvedimenti in materia di libertà personale non hanno in alcun caso effetto sospensivo e non si era considerato che la sentenza di annullamento con rinvio non ha carattere di definitività).
Cass. pen. n. 4726/1995
L'annullamento, a seguito di ricorso per cassazione, di un'ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti di determinati soggetti non può giustificare la richiesta di estensione degli effetti di detta pronuncia ad altro soggetto, ai sensi dell'art. 587 c.p.p., giacché tale disposizione opera solo a condizione che il giudizio di impugnazione non sia stato definito con sentenza irrevocabile laddove l'accoglimento della richiesta anzidetta postulerebbe, invece, una sorta di estensione del giudicato, non prevista dal vigente ordinamento.
Cass. pen. n. 4722/1995
Ai sensi dell'art. 302 c.p.p. la nullità dell'interrogatorio non comporta la nullità dell'ordinanza applicativa della misura cautelare, ma solo la perdita di efficacia della stessa. Ne consegue che tale nullità non può essere fatta valere con ricorso diretto per cassazione, ma deve essere dedotta davanti al giudice per le indagini preliminari e, in caso di rigetto dell'istanza di scarcerazione, la relativa ordinanza deve essere impugnata con appello a norma dell'art. 310 e non con istanza di riesame. (Fattispecie relativa a declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione).
Cass. pen. n. 3661/1995
Avverso il decreto applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. non è esperibile il ricorso per cassazione se prima non sia stato esperito l'appello: invero il cosiddetto ricorso per saltum è previsto solo contro le sentenze e non anche contro i decreti e le ordinanze. A tale regola generale non si sottraggono neppure i provvedimenti sulla libertà personale avverso i quali può proporsi direttamente ricorso per cassazione solo qualora non sia esperibile altra forma di impugnazione o qualora si tratti di decisioni che abbiano disposto la misura cautelare personale.
Cass. pen. n. 4371/1995
Il ricorso per saltum ex art. 311 n. 2 c.p.p. avverso i provvedimenti restrittivi della libertà personale, è possibile quando la motivazione manchi materialmente o sia del tutto inintellegibile o si esprima con un enunciato tanto incompleto ed illogico da risultare incomprensibile od irriconoscibile perché l'obbligo di motivazione è imposto dall'art. 125 n. 3 c.p.p. e la sua mancanza costituisce violazione di legge sanzionata con la nullità. Non può, invece, proporsi a motivo del ricorso la illogicità manifesta della motivazione, che rileva invece ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p.
Cass. pen. n. 4363/1995
L'art. 311, comma 2, c.p.p., nel consentire il ricorso diretto per cassazione avverso i provvedimenti applicativi di misure cautelari solo per «violazione di legge», ha inteso riferirsi ai soli casi di cui all'art. 606, comma 1, lett. b) e c), con esclusione, quindi del vizio di motivazione di cui alla lett. e) del medesimo articolo, salvo il caso di totale carenza o di mera apparenza della motivazione stessa.
Cass. pen. n. 3032/1995
Tra i vizi deducibili con il ricorso per saltum avverso i provvedimenti cautelari, che l'art. 311, secondo comma, c.p.p., limita alla violazione di legge, non rientrano i vizi attinenti alla motivazione, con la conseguenza che resta esclusa la possibilità di far valere, con la suddetta forma di ricorso, le censure di cui all'art. 606, lett. e), c.p.p.; né, d'altro canto, può ritenersi che i vizi della motivazione siano deducibili ai sensi dell'art. 606, lett. c), dello stesso codice, sub specie di inosservanza di norme stabilite a pena di nullità (artt. 125, 292 e 546 c.p.p.), in quanto nel nuovo sistema processuale, come si deduce anche dal disposto dell'art. 569, terzo comma, c.p.p. — il quale esclude la ricorribilità immediata delle sentenze per i motivi indicati nel citato art. 606, lett. e) — vige il principio dell'inammissibilità del «salto» sulle questioni attinenti al fatto, essendo la nullità derivante dal difetto di motivazione riparabile dal giudice dell'appello o da quello del riesame, abilitati entrambi a decidere il merito ed a redigere la motivazione omessa.
Cass. pen. n. 2821/1995
Il ricorso per cassazione per saltum è proponibile avverso le ordinanze genetiche delle misure coercitive e anche contro quei provvedimenti afferenti allo status libertatis non altrimenti impugnabili, ma non nei confronti delle ordinanze concernenti la rinnovazione, la modificazione o l'estinzione delle misure stesse, in ordine alle quali è prevista dall'art. 310, comma primo, c.p.p., la speciale impugnativa dell'appello al tribunale della libertà e, solo in esito a tale gravame, il ricorso per cassazione.
Cass. pen. n. 1499/1995
La parte civile, non essendo fra i soggetti legittimati a proporre appello, ai sensi dell'art. 310 c.p.p., avverso provvedimenti in materia de libertate, non ha neppure titolo a ricevere l'avviso dell'udienza camerale ed a proporre, quindi, ricorso per cassazione, per violazione del principio del contraddittorio, avverso l'ordinanza decisoria del gravame pronunciata all'esito di detta udienza. (Nella specie, in applicazione di tali principi, il ricorso proposto dalla parte civile è stato dichiarato inammissibile).
Cass. pen. n. 3/1995
A norma dell'art. 311, comma primo, c.p.p., è soggetta a ricorso per cassazione la decisione sulla richiesta di riesame, mentre non è prevista l'impugnazione separata di eventuali provvedimenti interlocutori emessi prima della decisione conclusiva del procedimento di riesame. Ne consegue, in virtù del principio di tassatività sul quale è basato il sistema delle impugnazioni, che il provvedimento con il quale il tribunale del riesame, in via interlocutoria, rigetti l'eccezione di inammissibilità dell'istanza di riesame - avanzata dal pubblico ministero sul rilievo della sua proposizione prima della notificazione al difensore dell'avviso di deposito dell'ordinanza di custodia cautelare -e richieda, insieme, la trasmissione degli atti occorrenti per la decisione sull'istanza medesima, non è ricorribile per cassazione.
Cass. pen. n. 19/1994
I limiti della cognizione della Corte di cassazione, anche in relazione ai provvedimenti riguardanti l'applicazione di misure cautelari, sono individuabili nell'ambito della specifica previsione normativa contenuta nell'art. 606 c.p.p. Ne consegue che, qualora venga denunciato il vizio di motivazione di un'ordinanza, tale vizio, per poter essere rilevato, deve assumere i connotati indicati nell'art. 606 lett. e), e cioè riferirsi alla mancanza della motivazione o alla sua manifesta illogicità.
Cass. pen. n. 3968/1994
In materia di impugnazione, l'interesse ad impugnare deve sussistere al momento della proposizione dell'impugnazione e persistere anche al momento della decisione, dovendosi compiere l'apprezzamento dell'interesse medesimo con riferimento all'idoneità che l'esito finale del giudizio di impugnazione ha di eliminare la situazione denunciata come illegittima o pregiudizievole della parte. (Nella fattispecie si trattava di ricorso per cassazione proposto avverso ordinanza del tribunale del riesame in tema di misure coercitive alternative alla custodia cautelare. Al momento della decisione risultava scaduto il termine di durata massima delle dette misure e la Suprema Corte ha ritenuto la sopravvenuta mancanza d'interesse).
Cass. pen. n. 2980/1994
Il ricorso proposto avanti alla Corte di cassazione a norma dell'art. 311, comma 2, c.p.p. contro le ordinanze che impongono una misura coercitiva è ammesso per violazione di legge, espressione questa che indubbiamente comprende la trasgressione dell'obbligo di motivare le ordinanze, imposto dall'art. 125, comma 3, stesso codice e da ritenere non soddisfatto solo dinanzi alla completa assenza di motivazione o alla motivazione così illogica da essere considerata inesistente.
Cass. pen. n. 2411/1994
Se è vero che il principio secondo cui la revoca (e — a fortiori — pure la cessazione) della misura cautelare personale, intervenuta nel corso del procedimento incidentale di riesame o, comunque, di impugnazione del provvedimento con il quale la misura è stata applicata o mantenuta, non comporta il venir meno dell'interesse a coltivare il gravame, è anche vero che la persistenza dell'interesse deve essere apprezzata con riguardo non soltanto alla perdurante limitazione della libertà personale ma pure alla necessità di precostituirsi, ai sensi dell'art. 314, comma 2, c.p.p., una decisione irrevocabile sulla legittimità della misura ai fini dell'eventuale domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione; una regola, dunque — quella della persistenza dell'interesse nonostante la cessazione della misura — operante solo nel caso in cui la misura applicata o mantenuta sia la custodia cautelare, comprensiva degli arresti domiciliari; non quando si tratti di altre misure coercitive o di misure interdittive, atteso che su queste non può fondarsi il diritto alla detta riparazione. Con la conseguenza che la revoca (e — a fortiori — pure la cessazione) di tali ultime misure sopravvenuta nel corso del procedimento incidentale importa il venir meno dell'interesse al gravame da parte dell'indagato.
Cass. pen. n. 3698/1994
Non è ammesso il ricorso immediato per cassazione avverso il rigetto della richiesta del pubblico ministero di emissione di ordine di custodia cautelare, poiché l'art. 311, comma 2, c.p.p. limita tale impugnazione a favore dell'imputato e nei confronti della sola ordinanza dispositiva della misura cautelare coercitiva e l'art. 569 c.p.p. prevede che il ricorso per saltum possa essere proposto solo contro le sentenze di primo grado.
Cass. pen. n. 1298/1994
È inammissibile per mancanza di interesse concreto ed attuale il ricorso del P.M. avverso un provvedimento del tribunale che, in sede di rinvio, abbia annullato un'ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere, qualora il termine di durata della misura stessa, disposta al solo fine di salvaguardare le esigenze cautelari attinenti alle indagini, sia scaduto per cui, anche in caso di accoglimento del ricorso l'ordinanza cautelare non potrebbe più rivivere.
Cass. pen. n. 575/1994
Allorché il venir meno dell'interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla sua proposizione (per essere frattanto cessati gli effetti della misura cautelare personale a seguito dello spirare del termine fissato dal giudice a norma dell'art. 292, secondo comma, lettera d, c.p.p.), alla declaratoria di inammissibilità non seguono né la condanna alle spese processuali, né quella al pagamento della sanzione pecuniaria, in quanto non è configurabile un'ipotesi di soccombenza.
Cass. pen. n. 4425/1994
In tema di impugnazione del pubblico ministero, la legittimazione a proporre ricorso per cassazione avverso le decisioni emesse dal tribunale del riesame spetta, oltre al procuratore generale presso la corte distrettuale, esclusivamente al rappresentante del P.M. presso il detto tribunale.
Cass. pen. n. 14/1994
Allorquando venga proposto, ai sensi dell'art. 311, comma secondo, c.p.p., ricorso diretto per cassazione avverso ordinanze che dispongono misure cautelari, è proponibile la censura prospettata sulla base dell'asserita violazione, da parte del Gip, dell'obbligo di esporre gli indizi che giustificano, in concreto, la misura disposta e, quindi, di indicare la loro genesi, il loro contenuto e la loro rilevanza. Improponibile, invece, è ogni rilievo che, travalicando i limiti del sindacato consentito sulla motivazione del provvedimento impugnato, sconfini nella verifica della fondatezza degli elementi acquisiti ed utilizzati dal giudice che ha adottato il provvedimento impugnato.
Posto che l'incompetenza per materia - alla quale è, per molti aspetti assimilabile quella funzionale - deve ritenersi deducibile, sulla base essenzialmente del disposto di cui all'art. 21, comma primo, c.p.p. (nel quale, significativamente, figura il termine «processo» in luogo di quello «giudizio» che figurava nell'omologa disposizione costituita dall'art. 33 del codice abrogato), anche nella fase precedente al giudizio, nulla rilevando in contrario né la disciplina contenuta nell'art. 22 c.p.p. (che regola soltanto i diversi provvedimenti che il giudice, a seconda delle fasi procedimentali in cui opera, deve adottare in relazione ad un accertato difetto di competenza), né la prevista possibilità, per il giudice incompetente, ai sensi degli artt. 27 e 291 c.p.p., di adottare misure cautelari provvisoriamente esecutive, ne deriva che nessuna preclusione sussiste alla deducibilità, in sede di ricorso per saltum avverso ordinanza impositiva di misura cautelare, della non rilevata incompetenza funzionale del Gip che ha pronunciato la detta ordinanza.
Cass. pen. n. 4379/1993
L'ordinanza in tema di sostituzione della misura cautelare personale (nella specie, di diniego di sostituzione con gli arresti domiciliari della custodia cautelare in carcere) è soggetta ad appello a norma dell'art. 310 c.p.p., e non a ricorso immediato per cassazione, posto che l'art. 311, secondo comma consente il ricorso per saltum soltanto contro i provvedimenti che dispongono una misura coercitiva, e non anche contro quelli con cui una siffatta misura sia rinnovata o modificata. Ne consegue che l'impugnazione, proposta come ricorso per cassazione, è convertita in appello a norma dell'art. 568 c.p.p. e gli atti relativi vanno trasmessi al tribunale del capoluogo di provincia in cui ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso la predetta ordinanza.
Cass. pen. n. 1929/1993
Il decreto con il quale il giudice per le indagini preliminari può, a norma dell'art. 104, terzo comma, c.p.p., dilazionare, su richiesta del pubblico ministero, l'esercizio del diritto dell'indagato di conferire con il suo difensore non è autonomamente impugnabile. Dall'assenza di motivazione del provvedimento stesso, se può derivare la nullità dell'interrogatorio, non consegue la nullità ma solo l'inefficacia della misura che può essere posta a sostegno di una richiesta di scarcerazione, eventualmente ricorribile al giudice del riesame, ma non può essere direttamente dedotta in Cassazione, come vizio originario del provvedimento cautelare, ai sensi dell'art. 311, secondo comma, c.p.p.
Cass. pen. n. 2157/1993
In tema di impugnazioni in materia di misure cautelari personali una volta che si sia esaurito il procedimento incidentale, gli effetti della decisione in questo assunta, e non più soggetta ad impugnazione, permangono nel procedimento principale fino al momento in cui si verifichi un mutamento della situazione processuale sulla quale il giudice ha pronunciato, dovendo questa decisione porsi quale «preclusione» ad una rivalutazione della situazione stessa, conseguendone che esclusivamente la sopravvenienza di nuove emergenze potrà giustificare la rivalutazione della identica questione. Né può derogarsi a una tale regola nelle ipotesi nelle quali il giudice competente per il riesame del provvedimento o quello di legittimità non abbia avuto modo di procedere a una verifica dello stesso per effetto della presenza di una causa di inammissibilità della impugnazione o per non essere stata questa interposta dovendo ritenersi che anche in queste evenienze la statuizione acquista un carattere di definitività, che, «allo stato degli atti», impedisce la proposizione di censure avverso lo stesso.
Cass. pen. n. 7/1993
L'indagato ha interesse a ricorrere avverso un provvedimento restrittivo della libertà personale anche nel caso in cui il gravame sia limitato ad una sola delle imputazioni, poiché il venir meno del titolo della custodia anche se con riferimento esclusivo ad una delle accuse (nella specie, quella di concussione), pur senza incidere sull'assoggettamento del medesimo alla misura cautelare a causa del mantenimento del provvedimento restrittivo in relazione ad altro reato (nella specie, violenza carnale), rende meno gravosa la posizione difensiva e consente il riacquisto della libertà, nel caso in cui il titolo legittimante l'applicazione della misura venga meno, per un qualsiasi motivo, in ordine all'altro reato.
Cass. pen. n. 1922/1993
È ammissibile la reiterazione di un provvedimento impositivo della custodia cautelare in carcere anche se basato sugli stessi fatti quando il precedente provvedimento sia stato annullato dalla Cassazione per vizi di motivazione e non per esclusione della ricorrenza delle condizioni generali di legittimità. Solo in tale ipotesi, infatti, in forza del principio del ne bis in idem si determina una situazione di inconciliabilità tra i due provvedimenti, quello caducato e quello riemesso, che non possono, quindi, coesistere, in osservanza della regola della preclusione processuale.
Cass. pen. n. 3018/1993
Contro il provvedimento che, a norma dell'art. 262, secondo comma, c.p.p. abbia disposto il mantenimento del sequestro a garanzia del pagamento delle spese di giustizia, è ammesso, oltre al riesame, ricorso diretto per cassazione.
Cass. pen. n. 740/1993
In tema di impugnazioni in materia di misure cautelari personali, una volta che si sia esaurito il procedimento incidentale, gli effetti della decisione in questo assunta e non più soggetta ad impugnazione, permangono nel procedimento principale fino al momento in cui non si verifichi un mutamento della situazione processuale sulla quale il giudice ha pronunciato, dovendo questa decisione porsi quale «preclusione» ad una rivalutazione della situazione stessa, conseguendone che esclusivamente la sopravvenienza di nuove emergenze potrà giustificare la rivalutazione dell'identica questione. (Con riferimento al caso di specie la Cassazione ha precisato, sulla scorta del principio di cui in massima, che nel caso in cui un provvedimento applicativo di misura cautelare sia stato confermato nel procedimento incidentale di riesame, deve essere dichiarata inammissibile la successiva istanza di scarcerazione per insufficienza di indizi presentata in assenza di nuove emergenze).
Cass. pen. n. 5/1991
La mancanza di motivazione dell'ordinanza che dispone una misura coercitiva costituisce una violazione di legge, può dar luogo al ricorso immediato per cassazione a norma dell'art. 311, comma secondo, c.p.p. ed è deducibile unicamente a norma dell'art. 606, comma primo lett. e), c.p.p.