Art. 129 – Codice di procedura penale – Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità
1. In ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza [68, 69, 70, 444, 459].
2. Quando ricorre una causa di estinzione del reato [531; 150 ss. c.p.] ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione [530] o di non luogo a procedere [425, 469, 529, 531] con la formula prescritta.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 132/2025
Qualora, proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che abbia riformato una pronuncia non definitiva, il procedimento di primo grado sia stato sospeso ex art. 129-bis disp. att. c.p.c., la mancata riassunzione di esso, nel prescritto termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza che accoglie il ricorso, non spiega effetti estintivi sul giudizio di rinvio, che sia stato tempestivamente instaurato a norma dell'art. 392 c.p.c..
Cass. civ. n. 36208/2024
Nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell'imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l'estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l'assoluzione nel merito.
Cass. civ. n. 33657/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento del Tribunale, che aveva ritenuto tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.).
Cass. civ. n. 29156/2024
Nel giudizio di appello avverso la sentenza che abbia condannato l'imputato anche al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, il giudice, a fronte dell'estinzione del reato per prescrizione intervenuta nelle more, è tenuto a valutare, in base della regola di giudizio processual-penalistica dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", se possa essere emessa una decisione di assoluzione nel merito, col conseguente venir meno delle statuizioni civili, anche nel caso di prove insufficienti o contraddittorie, dovendo pronunciare, invece, sulle statuizioni civili secondo la regola di giudizio processual-civilistica del "più probabile che non" nel solo caso in cui ritenga che ciò non sia possibile e che prevalga la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
Cass. civ. n. 29083/2024
In caso di annullamento con rinvio, per vizio motivazionale, di sentenza di appello confermativa della condanna pronunciata in primo grado, è legittima, in assenza della parte civile e delle statuizioni ad essa relative ex art. 578 cod. proc. pen., la declaratoria del giudice del rinvio di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione, pur a fronte di uno specifico "mandato" integrativo disposto dalla Cassazione, ove non emergano "ictu oculi" circostanze idonee al proscioglimento nel merito.
Cass. civ. n. 28558/2024
Il giudice di primo grado che dichiara l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione non può condannare l'imputato alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla costituita parte civile, nel caso in cui non disponga il risarcimento del danno in favore di quest'ultima, in quanto il disposto dell'art. 541 cod. proc. pen. indica, quale presupposto di tale statuizione, l'accoglimento della domanda di restituzione o di risarcimento del danno.
Cass. civ. n. 28519/2024
In tema di condizioni di procedibilità, la remissione di querela estingue il reato anche se intervenuta nel giudizio di rinvio celebrato a seguito di annullamento disposto solo in punto di determinazione della pena. (Fattispecie relativa al delitto di cui all'art. 590-bis cod. pen., divenuto procedibile a querela a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150).
Cass. civ. n. 27181/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice del dibattimento, ove sia spirato il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato in assenza di proposizione della querela, a seguito dell'instaurazione del contraddittorio e dell'ammissione delle prove, è tenuto a pronunciare sentenza di improcedibilità ex art. 129 cod. proc. pen., essendo inefficace, in quanto indicativa di un abuso del processo da parte del pubblico ministero, la contestazione di un'aggravante finalizzata esclusivamente a rendere il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica).
Cass. civ. n. 25519/2024
E' affetta da nullità assoluta la sentenza di proscioglimento per mancanza di condizione di procedibilità emessa in assenza della parte offesa, in orario antecedente a quello indicato nell'invito a comparire all'udienza comunicato alla stessa, contenente l'avviso che la sua eventuale mancata comparizione avrebbe configurato una remissione tacita di querela. (In motivazione la Corte ha precisato che l'impedimento alla parte offesa di intervenire in giudizio e di esercitare il proprio diritto di difesa equivale a omessa citazione).
Cass. civ. n. 25082/2024
Il provvedimento di rigetto del concordato in appello non è ricorribile per cassazione da parte dell'imputato unitamente alla sentenza, posto che il predetto non ha interesse ad impugnare, conseguendo alla reiezione della proposta di accordo l'esame dell'atto di gravame sia in punto di accertamento della responsabilità che di inflizione della pena. (In motivazione, la Corte ha precisato che, a seguito del rigetto della richiesta di concordato, le parti possono avanzare una nuova istanza, emendata dai vizi rilevati dal giudice).
Cass. civ. n. 21051/2024
Nel caso in cui il contratto di locazione immobiliare in favore di due conduttori preveda che gli stessi siano tenuti a corrispondere solidalmente l'intero canone, il recesso di uno di essi (che non è subordinato al consenso dell'altro) non fa venir meno la soggezione del co-conduttore al pagamento dell'intero debito, indipendentemente dalla circostanza che egli abbia continuato ad occupare una sola porzione dell'immobile.
Cass. civ. n. 20574/2024
In tema di impugnazioni, non sussiste l'interesse della parte civile a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che abbia prosciolto l'imputato per improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, a seguito della riqualificazione giuridica del fatto operata dal giudice di primo grado, che non abbia rilevato la conseguente improcedibilità del reato, nel caso in cui non sia formulata specifica censura relativa alla diversa qualificazione. (Fattispecie in cui il giudice di primo grado aveva riqualificato a norma dell'art. 609-quater cod. pen. il fatto originariamente contestato ai sensi degli artt. 609-bis e 609-quater cod. pen.). Pen. art. 576 CORTE COST., Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 652, Cod. Pen. art. 609 bis CORTE COST. PENDENTE, Cod. Pen. art. 609 ter PENDENTE, Cod. Pen. art. 609 quater
Cass. civ. n. 20093/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (La Corte in motivazione ha precisato che la contestazione suppletiva di circostanza aggravante è idonea a produrre effetti giuridici solo se intervenga prima del verificarsi di una delle cause di non punibilità previste dall'art. 129 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 17532/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, è consentito al pubblico ministero di modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (In motivazione la Corte ha precisato che non si è realizzato alcun effetto preclusivo definitivo che imponga al giudice una pronuncia "ora per allora", dato che, nel caso di declaratoria di improcedibilità, a differenza dell'ipotesi di estinzione del reato, anche i fatti sopravvenuti assumono rilievo e i requisiti della pronuncia vanno accertati nel momento in cui la stessa deve essere resa).
Cass. civ. n. 17455/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nell'imputazione, che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio).
Cass. civ. n. 16755/2024
In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito imputabile a più soggetti, in solido tra loro, la diversità dei titoli della responsabilità ascrivibile ai vari coobbligati non incide sull'interruzione della prescrizione, che resta disciplinata dai principi sulle obbligazioni solidali e, segnatamente, dall'art. 1310, comma 1, c.c., per la cui applicabilità è necessaria e sufficiente l'esistenza del vincolo obbligatorio solidale scaturente dall'unicità del fatto dannoso previsto ex art. 2055 c.c.. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto esteso, nei confronti di singoli complessi condominiali, l'effetto interruttivo della prescrizione prodotto dalla costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico degli ex amministratori, autori dell'illecito, consistito nell'omessa manutenzione di una ringhiera e nell'omessa adozione di cautele idonee a scongiurarne il crollo che aveva cagionato la caduta e il conseguente decesso di una persona).
Cass. civ. n. 16478/2024
La sentenza di proscioglimento, pronunciata in pubblica udienza dopo l'avvenuta costituzione delle parti, non è riconducibile al modello di cui all'art. 469 cod. proc. pen. ed è appellabile nei limiti indicati dalla legge, sicché, nel caso di annullamento a seguito di ricorso "per saltum" del pubblico ministero, il rinvio deve essere disposto innanzi al giudice di secondo grado.
Cass. civ. n. 16075/2024
In tema di appalto privato, l'obbligazione collaterale di versamento del trattamento previdenziale e retributivo dei lavoratori, non determina la contitolarità del debito contributivo ma la "responsabilità di garanzia" del coobbligato committente, ai sensi dell'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003; ne consegue che il predetto, dopo aver soddisfatto il credito, in caso di inadempimento del datore di lavoro può agire in regresso nei confronti di quest'ultimo per l'intero importo pagato.
Cass. civ. n. 15098/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale, ritenendo tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., valevole a rendere il delitto procedibile d'ufficio, era incorso in una nullità assoluta di ordine generale, concernente l'esercizio dell'azione penale).
Cass. civ. n. 14890/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento del Tribunale, che aveva ritenuto tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.).
Cass. civ. n. 14710/2024
E' affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, alla luce del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso in cui il giudice abbia consentito l'interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante, poiché tardiva, la modifica dell'imputazione da parte del pubblico ministero, mediante la contestazione di un'aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d'ufficio. (In motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini della pronuncia di proscioglimento, anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, il giudice deve tenere conto della contestazione suppletiva di un'aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, nonché valutare le sopravvenienze istruttorie acquisite nel corso del giudizio, suscettibili di confortare la plausibilità della contestazione suppletiva medesima).
Cass. civ. n. 13775/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di improcedibilità fondata sul rilievo che il contestato furto aggravato dal mezzo fraudolento e dall'aver cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità era divenuto procedibile a querela).
Cass. civ. n. 13081/2024
In tema di impugnazioni, è inammissibile il ricorso per cassazione con cui il pubblico ministero che abbia richiesto l'emissione del decreto penale di condanna impugni, senza allegare un concreto interesse, la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, pur illegittimamente emessa, ex art. 129 cod. proc. pen., dal giudice per le indagini preliminari, lamentando, non già la violazione di legge per insussistenza dei presupposti di applicazione dell'istituto o il vizio di motivazione, ma la mera violazione del diritto al contraddittorio dell'imputato. (In motivazione, la Corte ha, altresì, escluso la possibilità di invocare l'applicazione del disposto di cui all'art. 568, comma 4-bis, cod. proc. pen., in ragione della mancata allegazione dell'effetto favorevole che sarebbe conseguito all'imputato dall'accoglimento del ricorso).
Cass. civ. n. 10585/2024
I crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, in conformità al disposto degli artt. 727 e 757 c.c., con la conseguenza che ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l'intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l'intervento di questi ultimi in presenza dell'interesse all'accertamento della sussistenza o meno del credito nei confronti di tutti.
Cass. civ. n. 9980/2024
In tema di associazioni dilettantistiche sportive, la notificazione dell'avviso di accertamento nei confronti del solo soggetto che ha agito per l'associazione è legittima, in quanto, essendo il medesimo solidalmente responsabile con l'associazione ai sensi dell'art. 38 c.c., l'Amministrazione finanziaria ha la facoltà di scegliere l'obbligato al quale rivolgersi, non essendo necessariamente tenuta alla notificazione dell'avviso anche nei confronti dell'associazione.
Cass. civ. n. 9895/2024
In tema di personale scolastico, la c.d. carta elettronica del docente, prevista, al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, dall'art. 1, comma 121, della l. n. 107 del 2015, quale beneficio economico utilizzabile per l'acquisto di materiale o per la partecipazione ad iniziative utili all'aggiornamento professionale, spetta anche al personale educativo, atteso che questo, seppur impegnato in una funzione differente rispetto a quella propriamente didattica e di istruzione, tipica del personale docente, partecipa al processo di formazione e di educazione degli allievi ed è soggetto a precisi oneri formativi.
Cass. civ. n. 9456/2024
In tema di lottizzazione abusiva, il giudice di appello, adito a seguito di decisione emessa in primo grado dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione e contestualmente dispositiva della confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere su di essi realizzate, è tenuto ad accertare, con pieno apprezzamento del merito della regiudicanda, la sussistenza degli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, del reato e i presupposti di proporzionalità richiesti per imporre l'indicata misura ablatoria, imponendolo il disposto di cui all'art. 578-bis cod. proc. pen., applicabile alla confisca prevista dall'art. 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e privandosi, altrimenti, il destinatario del provvedimento ablativo di qualsiasi rimedio impugnativo, a fronte di una decisione fortemente incidente sul suo diritto di proprietà.
Cass. civ. n. 7022/2024
In tema di misure cautelari personali, qualora in pendenza del ricorso per cassazione sopraggiunga la morte del ricorrente, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, in quanto spetta solo al giudice del procedimento principale l'accertamento della causa di estinzione del reato e l'emissione del conseguente provvedimento, a seconda della fase processuale, di archiviazione o ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 4065/2024
Nel giudizio promosso sia nei confronti di un'associazione non riconosciuta che di coloro che hanno agito in nome e per conto dell'ente, ai sensi dell'art. 38 c.c., tra l'associazione ed il suo rappresentante non si determina una situazione di litisconsorzio necessario, neppure in fase di impugnazione, in quanto, vertendosi in un'ipotesi di obbligazione solidale, dal lato passivo, i rapporti giuridici restano distinti, anche se fra loro connessi, rimanendo perciò sempre possibile la scissione del rapporto processuale. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto dal creditore nei confronti della sola associazione, per la mancata integrazione del contradditorio nei confronti del suo presidente, pure convenuto in primo grado e nei cui confronti l'associazione non aveva proposto domanda di regresso ma solo una domanda di accertamento della sua responsabilità esclusiva, rigettata in primo grado, con sentenza non impugnata dall'ente).
Cass. civ. n. 3741/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di improcedibilità fondata sul rilievo che il contestato furto con violenza sulle cose era divenuto procedibile a querela).
Cass. civ. n. 3687/2024
In caso di fideiussioni plurime (vale a dire prestate separatamente da diversi soggetti, senza alcuna reciproca consapevolezza ovvero con l'espressa volontà di tenere distinta la propria obbligazione da quella degli altri fideiussori), l'autonomia dei rapporti di garanzia preclude l'esperibilità dell'azione di regresso ex art. 1954 c.c., la quale, peraltro, non può essere riqualificata d'ufficio dal giudice alla stregua di azione generale ex art. 1299 c.c., trattandosi di domande fondate su diverse causae petendi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, a fronte di due fideiussioni, separatamente stipulate da soggetti diversi a garanzia dei debiti di due società verso un istituto di credito, aveva escluso che il fideiussore che aveva estinto l'intero debito potesse agire in regresso, ai sensi dell'art. 1954 c.c., per il recupero della metà di quanto versato).
Cass. civ. n. 2913/2024
In tema di trattamento economico dei medici specializzandi, il credito concernente la rivalutazione annuale e la rideterminazione triennale dell'importo della borsa di studio spettante ex art. 6 del d. lgs. n. 257 del 1991, ratione temporis applicabile, è soggetto a prescrizione decennale e non quinquennale, considerato che tale credito, in assenza dei provvedimenti della P.A. che ne stabiliscano l'importo, non è né liquido né esigibile, che la mancata quantificazione, messa a disposizione e corresponsione delle relative somme costituisce inadempimento indiretto degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea, e che l'importo pagato non è assimilabile alla retribuzione dei pubblici impiegati, non rappresentando un corrispettivo dell'attività svolta.
Cass. civ. n. 2577/2024
È ammissibile il ricorso per cassazione dell'imputato avverso la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, sussistendo l'interesse dello stesso alla più favorevole declaratoria d'improcedibilità dell'azione penale ex art. 129 cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato di cui all'art. 590-bis cod. pen. per esito positivo della messa alla prova, emessa in data successiva all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per carenza della condizione di procedibilità della querela, rilevabile d'ufficio per i processi pendenti a tale data).
Cass. civ. n. 448/2024
L'obbligo solidale di pagare le competenze professionali dei difensori, ex artt. 13, comma 8, l. n. 247 del 2012 e 68, r.d.l. n. 1578 del 1933, opera nei confronti dei soli soggetti che siano stati parte del giudizio; diversamente è escluso qualora la transazione o l'accordo tra le parti intervengano quando, pur essendo formalmente pendente un giudizio, la parte il cui patrono viene ad invocare il suddetto meccanismo non si sia costituita e non abbia assunto, quindi, la veste di parte processuale e ulteriormente il giudizio, privo di effettività ed attualità, venga ad essere definito con pronuncia derivante proprio dal mancato instaurarsi del rapporto processuale pieno.
Cass. civ. n. 131/2024
In tema di ricorso per cassazione, non è sindacabile per vizio di motivazione l'ordinanza con la quale il giudice della cognizione si sia pronunciato in merito all'ammissibilità della richiesta di accesso ai programmi di giustizia riparativa, qualora la sussistenza o insussistenza delle condizioni previste dalla legge sia fondata su una motivazione non manifestamente illogica, né contraddittoria in merito alla verifica delle risultanze fattuali e concretamente sussistenti, relative sia all'utilità della risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede, sia all'assenza di un pericolo concreto per gli interessati e per l'accertamento dei fatti. (In motivazione, la Corte ha sottolineato che diverso e successivo è il giudizio di fattibilità del programma, la cui valutazione spetta eventualmente ai mediatori).
Cass. civ. n. 51433/2023
Non viola il principio di immutabilità del giudice e non è, pertanto, causa di nullità ai sensi dell'art. 525, comma 2, cod. proc. pen. il mutamento del giudice di appello avvenuto dopo la pronunzia dell'ordinanza di rigetto della richiesta di immediata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, esulando tale provvedimento dalle attività proprie del dibattimento.
Cass. civ. n. 50258/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nell'imputazione, che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio).
Cass. civ. n. 49935/2023
Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato.
Cass. civ. n. 48347/2023
E' affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, alla luce del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso in cui il giudice abbia consentito l'interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante la modifica dell'imputazione da parte del pubblico ministero mediante la contestazione di un'aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa al furto di energia elettrica, in cui la Corte ha precisato che, ai fini della pronuncia di proscioglimento, anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, una volta formulata da parte del pubblico ministero la contestazione suppletiva di un'aggravante che avrebbe reso il reato procedibile di ufficio, il giudice non può esimersi dal valutare le acquisizioni istruttorie onde adottare la decisione più favorevole per l'imputato).
Cass. civ. n. 45104/2023
In tema di impugnazioni, anche nel caso di prescrizione del reato maturata a seguito di annullamento con rinvio, la corte di appello è tenuta a deliberare previa instaurazione del contraddittorio con le parti, poiché una pronuncia adottata "de plano" non consentirebbe all'imputato di rinunciare alla prescrizione, ovvero di manifestare interesse all'assoluzione con formule più ampiamente liberatorie.
Cass. civ. n. 44870/2023
A seguito della declaratoria di incostituzionalità dell'art. 568 cod. proc. pen., operata con sentenza n. 111 del 2022, è configurabile l'interesse del Procuratore generale presso la Corte d'appello, oltreché dell'imputato, a ricorrere avverso la sentenza di appello che, in sede predibattimentale e in assenza di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.
Cass. civ. n. 43366/2023
Il Procuratore Generale presso la Corte di appello non ha interesse ad impugnare la sentenza predibattimentale, emessa dal giudice di appello "inaudita altera parte", con cui sia stato dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato per intervenuta prescrizione del reato, atteso che la Corte costituzionale, con sentenza n. 111 del 2022, ha affermato che, in tal caso, l'interesse ad impugnare sussiste solo per quest'ultimo, limitando la soppressione di un grado di giudizio l'emersione di eventuali ragioni di proscioglimento nel merito.
Cass. civ. n. 43235/2023
In tema di lottizzazione abusiva, l'intervenuta prescrizione non impedisce che sia disposta la confisca nel caso in cui risultino accertati gli elementi oggettivi e soggettivi del reato sulla base di prove acquisite prima del maturare della causa estintiva, pur se non coincidenti con il complesso delle prove originariamente ammesse dal giudice.
Cass. civ. n. 41308/2023
Nel giudizio di primo grado, ove sia maturata la prescrizione del reato, l'eventuale prosecuzione dell'istruttoria in relazione a reati connessi non ancora prescritti non consente di esprimere alcun giudizio sull'imputazione per cui è maturata la causa estintiva, nemmeno ai fini della confisca, essendo al riguardo preclusa non solo ogni ulteriore specifica indagine istruttoria che, in ipotesi, si rendesse necessaria, stante l'autonomia dei relativi giudizi, ma anche ogni valutazione approfondita sui presupposti della responsabilità penale. (Fattispecie relativa a confisca obbligatoria diretta del prezzo del reato di corruzione, prescritto prima dell'apertura del dibattimento di primo grado).
Cass. civ. n. 36283/2023
Nel caso in cui il condòmino escusso per l'intero, dopo aver pagato una parte del debito condominiale eccedente la propria quota, abbia recuperato da altri condòmini, in via di regresso, la somma corrispondente alla quota di pertinenza di ciascuno di essi, il relativo pagamento ha efficacia estintiva delle rispettive obbligazioni parziarie nei confronti del creditore nella misura in cui sia stato effettivamente riversato in favore di quest'ultimo, potendo essere effettuata la relativa imputazione anche ex post, con la comunicazione di cui all'art. 63 disp. att. c.c.
Cass. civ. n. 35257/2023
Nell'ipotesi in cui il convenuto in una causa di risarcimento del danno chiami in causa un terzo per ottenere la declaratoria della sua esclusiva responsabilità e la propria liberazione dalla pretesa dell'attore, la causa è unica e inscindibile, potendo la responsabilità dell'uno comportare l'esclusione di quella dell'altro (ovvero, nel caso di coesistenza di diverse, autonome responsabilità, ponendosi l'una come limite dell'altra), sicché si viene a determinare una situazione di litisconsorzio processuale la quale, anche laddove non sia contestualmente configurabile un litisconsorzio di carattere sostanziale, dà luogo alla formazione di un rapporto soggiacente alla disciplina propria delle cause inscindibili nel giudizio di gravame. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito secondo cui, a fronte della domanda risarcitoria proposta dall'attore, la chiamata in causa del terzo affinché sullo stesso gravasse l'onere del risarcimento - in qualità di effettivo responsabile ovvero, in subordine, a titolo di garanzia – aveva determinato un'ipotesi di dipendenza di cause e, dunque, un litisconsorzio necessario processuale, di modo che l'impugnazione della sentenza che aveva pronunciato la condanna in solido del convenuto e del terzo, ai sensi dell'art. 2055 c.c., benché proposta dall'attore ai soli fini dell'incremento del quantum del risarcimento, soggiaceva alla disciplina delle cause inscindibili ex art. 331 c.p.c.).
Cass. civ. n. 34927/2023
La declaratoria di improcedibilità del reato per sopravvenuta remissione di querela, accettata dagli appellanti, ma pronunziata nei confronti di uno solo di essi attesa l'inammissibilità per tardività dell'appello del coimputato, si estende a quest'ultimo ai sensi dell'art. 587 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 34616/2023
In caso di riforma della sentenza di condanna al pagamento di somme in favore di una società nella qualità di mandataria di una associazione temporanea di imprese, nel successivo giudizio instaurato dal solvens per la ripetizione di indebito, ex art. 2033 c.c., la stessa società non può essere evocata in proprio per la restituzione dell'intero importo indebito, avendone ricevuto il pagamento esclusivamente quale rappresentante delle società del raggruppamento e, dunque, con l'obbligo di incassare in nome e per conto di tutti, per poi ridistribuire pro quota ai diversi rappresentati, pena la responsabilità per appropriazione indebita.
Cass. civ. n. 33030/2023
A fronte di una sentenza di appello confermativa della declaratoria di prescrizione, il ricorso per cassazione che deduca la mancata adozione di una pronuncia di proscioglimento nel merito, ai sensi dell' art. 129, comma 2, cod. proc. pen., deve individuare i motivi che permettano di apprezzare "ictu oculi", con una mera attività di "constatazione", l'"evidenza" della prova di innocenza dell'imputato, idonea ad escludere l'esistenza del fatto, la sua commissione da parte di lui, ovvero la sua rilevanza penale.
Cass. civ. n. 32663/2023
Nel caso in cui, in esecuzione di una sentenza di condanna nei confronti di più creditori in solido, il debitore abbia effettuato pagamenti parziari nei confronti di ciascuno di essi, la riforma della suddetta sentenza non determina l'insorgenza di un'obbligazione solidale passiva avente ad oggetto la restituzione dell'intera somma da parte di ciascun debitore, avendo diritto il solvens alla restituzione delle sole somme rispettivamente ricevute dai debitori medesimi.
Cass. civ. n. 30515/2023
La causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen., nella formulazione novellata dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è applicabile anche ai fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, laddove consente al giudice di tenere conto della condotta del reo successiva alla commissione del reato.
Cass. civ. n. 28572/2023
La prestazione del consulente tecnico d'ufficio è effettuata in funzione di un interesse comune delle parti del giudizio, le quali sono solidalmente responsabili del pagamento delle relative competenze e sono litisconsorti necessari nel giudizio di opposizione al decreto di pagamento emesso a suo favore. Ne consegue che - in caso di conciliazione tra le parti e conseguente pronuncia di estinzione del giudizio, cessazione della materia del contendere o cancellazione della causa dal ruolo - l'ausiliare del giudice può agire autonomamente in giudizio nei confronti di ognuna delle parti, salvo che il fatto estintivo non si sia verificato prima della sua nomina.
Cass. civ. n. 27328/2023
In tema di concordato fallimentare, il termine ex art. 131 l.fall. per l'impugnazione del relativo provvedimento di omologa non è soggetto al regime della sospensione feriale.
Cass. civ. n. 26910/2023
L'azione dell'Inail, a norma degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, nei confronti del datore di lavoro per conseguire la rivalsa delle prestazioni erogate all'infortunato, quando il fatto sia imputabile agli incaricati dello stesso datore di lavoro, ha fondamento nella responsabilità solidale del primo e, pertanto, può essere esercitata indipendentemente dalla partecipazione al processo degli altri condebitori, dovendosi escludere il litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., in quanto l'art. 1292 c.c., postulando la totalità dell'adempimento dell'obbligazione da parte di un solo obbligato con effetto liberatorio per tutti gli altri, consente l'accertamento giudiziale e la conseguente condanna nei confronti del solo obbligato prescelto dal creditore, essendo irrilevante a tal fine ogni questione relativa ai rapporti interni fra gli obbligati e salva restando, d'altra parte, la facoltà del giudice (ove il caso concreto ne suggerisca l'opportunità) di ordinare l'intervento del terzo cui ritenga comune la causa.
Cass. civ. n. 19378/2023
La responsabilità delle società di intermediazione mobiliare per la perdita del capitale investito dal risparmiatore ha natura di responsabilità risarcitoria contrattuale, che, in ragione dell'omogeneità dei crediti vantati, concorre, ai sensi dell'art. 2055 c.c., con la responsabilità risarcitoria di natura aquiliana della CONSOB, per omessa vigilanza sulla medesima società: ne consegue che l'interruzione della prescrizione compiuta dal creditore nei confronti di uno dei soggetti obbligati ha effetto anche nei confronti degli altri condebitori solidali, ai sensi dell'art. 1310, comma 1, c.c..
Cass. civ. n. 19335/2023
In tema di delitto comune commesso all'estero dal cittadino italiano, la presenza del medesimo nel territorio dello Stato, la quale radica la giurisdizione italiana ai sensi dell'art. 9 cod. pen., è condizione che deve preesistere all'esercizio dell'azione penale e, una volta avverata, non viene meno per effetto dell'eventuale allontanamento, non potendo una condizione di procedibilità essere rimessa alla libera scelta dell'imputato.
Cass. civ. n. 17362/2023
L'insolvenza del delegato o dell'accollante, prevista dall'art. 1274, secondo comma, c.c., in presenza della quale è esclusa la liberazione del debitore originario, non coincide con quella prevista dagli artt. 5 e 67 l.fall., ma è quella dell'insolvenza civile di cui all'art. 1186 c.c., ed è riferibile in tal guisa a ogni situazione, anche temporanea e non irreversibile, che non consenta al delegato al pagamento o all'accollante di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, anche in conseguenza di una semplice situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali offerte dal debitore, da valutarsi al momento dell'assunzione del debito originario da parte del nuovo soggetto, senza tener conto di fatti successivi a tale assunzione, a meno che essi non siano indicativi, in un'interpretazione secondo buona fede, della valenza effettiva di circostanze verificatesi anteriormente a tale assunzione.
Cass. civ. n. 16022/2023
In caso di ricorso per cassazione avverso sentenza di condanna per reati uniti dal vincolo della continuazione, qualora l'ammissibilità dell'impugnazione sia limitata al capo relativo al reato ritenuto più grave, l'annullamento della sentenza in relazione a tale capo e alla pena per esso determinata si ripercuote anche sugli aumenti sanzionatori disposti per i reati satellite, sicché il rapporto processuale rimane "aperto" in punto pena anche in relazione all'impugnazione della condanna per tali reati, nonostante i motivi di ricorso ad essi riferiti siano inammissibili, dimodoché, se matura il termine di prescrizione per uno di essi nelle more della definizione dell'impugnazione, ne deve essere dichiarata l'estinzione. (Fattispecie in cui il ricorso avverso la condanna per il reato più grave era stato ritenuto ammissibile in quanto questo si era prescritto prima della sentenza di appello, con la conseguenza che anche la prescrizione del reato satellite, intervenuta dopo la sentenza di secondo grado, poteva essere rilevata in sede di legittimità).
Cass. civ. n. 15098/2023
In tema di spese di mantenimento dei minori, la domanda di rimborso delle somme anticipate in via esclusiva da uno dei genitori ha natura di azione di regresso fra condebitori solidali ex art. 1299 c.c., sulla base delle regole dettate dagli artt. 148 e 261 c.c. (oggi art. 316 bis c.c.); a tale domanda si applica, pertanto, la prescrizione decennale decorrente dalla nascita del minore e non quella quinquennale prevista dall'art. 2948 n. 2 c.c. per i contributi alimentari.
Cass. civ. n. 14700/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 2 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio, omettendo di valutare le sopravvenienze istruttorie suscettibili di avvalorare la legittimità di tale contestazione suppletiva).
Cass. civ. n. 11389/2023
In tema di lottizzazione abusiva, la confisca disposta con sentenza dichiarativa della prescrizione del reato postula l'avvenuta acquisizione, alla data di maturazione della causa estintiva, di prove idonee a far ritenere accertata la sussistenza del reato in ogni sua componente, oggettiva e soggettiva, che, in quanto questione di fatto, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti stabiliti dagli artt. 606 e 609 cod. proc. pen. e alla duplice condizione che sia stata devoluta nel giudizio di appello e che la parte indichi le prove acquisite dopo maturazione della prescrizione, utilizzate ai fini della decisione.
Cass. civ. n. 6991/2023
In tema di concordato in appello, l'accordo delle parti non implica rinuncia alla prescrizione di uno dei reati in continuazione, né essa può essere desunta dall'inclusione, nel calcolo della pena ex art. 81 cod. pen, della quota di sanzione per il reato prescritto, posto che, ai sensi dell'art.157, comma 7, cod. proc. pen., la rinuncia deve avere forma espressa, che non ammette equipollenti, sicché, qualora il giudice di appello non rilevi ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. l'intervenuta prescrizione del reato ed il menzionato errore sia stato dedotto mediante ricorso per cassazione, la sentenza impugnata va annullata, dovendosi ritenere caducato anche l'accordo complessivo sulla pena.
Cass. civ. n. 6596/2023
Quando in un contratto di locazione la parte locatrice è costituita da più locatori, dal lato passivo ciascuno di essi è tenuto nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, mentre dal lato attivo può agire nei riguardi del locatario per l'adempimento delle sue obbligazioni, trovando applicazione la disciplina della solidarietà ex art. 1292 c.c., la quale, tuttavia, non determina la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che - in relazione a un contratto di locazione che prevedeva che il pagamento del canone avvenisse mediante bonifico su un conto corrente intestato a due dei plurimi locatori - aveva ritenuto che la chiusura di tale conto, a seguito del decesso dei relativi intestatari, non legittimasse in alcun modo il conduttore ad interrompere il pagamento del canone, che avrebbe dovuto invece effettuarsi al domicilio di altro co-locatore, in applicazione dell'art. 1182, comma 3, c.c.).
Cass. civ. n. 6595/2023
È inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento con cui il giudice nega al richiedente l'accesso ai programmi di giustizia riparativa ai sensi dell'art. 129-bis cod. proc. pen., non avendo lo stesso natura giurisdizionale.
Cass. civ. n. 5475/2023
La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà, può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche nei confronti di una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe di costoro e la eventuale diseguale efficienza causale di esse, può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili; conseguentemente il giudice del merito, adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei detti condebitori abbia esercitato l'azione di regresso nei confronti degli altri, atteso che solo nel giudizio di regresso può discutersi della gravità delle rispettive colpe e delle conseguenze da esse derivanti.
Cass. civ. n. 646/2023
In tema di giustizia riparativa, la sola richiesta di accesso non fa sorgere in capo all'interessato il diritto ad essere avviato presso un centro per lo svolgimento del programma richiesto, non sussistendo alcun automatismo tra la presentazione delle domanda e l'avvio del programma, in quanto è rimessa al giudice la valutazione della sua utilità.
Cass. civ. n. 19415/2022
Nei confronti della sentenza resa all'esito di concordato in appello è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l'omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza.
Cass. pen. n. 46050/2018
In tema di impugnazione, l'imputato il quale, senza aver rinunciato alla prescrizione, proponga appello avverso sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, è tenuto, a pena di inammissibilità, a dedurre specifici motivi a sostegno della ravvisabilità in atti, in modo evidente e non contestabile, di elementi idonei ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte sua, la configurabilità dell'elemento soggettivo del reato o di un illecito penale, affinché possa immediatamente pronunciarsi sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., ponendosi così rimedio all'errore circa il mancato riconoscimento di tale ipotesi in cui sia incorso il giudice di primo grado.
Cass. pen. n. 27725/2018
In presenza di una causa di estinzione del reato, non può il giudice d'appello, al fine di pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., compiere attività ulteriori rispetto alla mera constatazione di circostanze - emergenti "ictu oculi" dagli atti - idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la sua commissione da parte dell'imputato ovvero la sua rilevanza penale, neppure quando una tal causa di estinzione sia maturata con riferimento ad un reato oggetto di riqualificazione da parte del giudice di primo grado ed il giudice d'appello sia investito contemporaneamente della questione relativa alla legittimità di siffatta riqualificazione e di quella relativa alla fondatezza nel merito dell'accusa.
Cass. pen. n. 45958/2017
L'inammissibilità del ricorso per cassazione non preclude la possibilità di far valere, o di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., l'estinzione del reato per prescrizione, maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, nel caso in cui la causa estintiva del reato non avrebbe potuto essere dedotta o rilevata nel giudizio di merito, in quanto derivante dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice contestata, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso in cassazione, che, comportando una diversa qualificazione giuridica della fattispecie, abbia modificando il regime sanzionatorio in senso più favorevole all'imputato, riducendo i limiti edittali della pena e, conseguentemente, il termine prescrizionale del reato. (Fattispecie relativa alla dichiarazione di parziale incostituzionalità dell'art. 181, comma 1-bis, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in tema di illeciti paesaggistici, da parte della sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2016, con conseguente riqualificazione del reato come contravvenzione ai sensi dell'art. 181, comma 1, stesso d.lgs.).
Cass. pen. n. 30201/2017
La sentenza di assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, emessa in sede di giudizio di opposizione a decreto penale di condanna ai sensi dell'art. 9, comma terzo, del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, per i casi di trasformazione dell'illecito penale in illecito amministrativo, non richiede l'instaurazione del contraddittorio, avendo tale norma carattere di specialità rispetto alla disciplina prevista dagli artt. 129 e 469 cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 29499/2017
Il giudice di appello, nel dichiarare una causa estintiva del reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, in presenza della parte civile, è comunque tenuto a compiutamente esaminare i motivi di gravame proposti dall'imputato sul capo o punto della sentenza relativo all'affermazione di responsabilità, al fine di decidere sull'impugnazione agli effetti civili; ne deriva che, qualora detti motivi siano fondati, deve riformare la sentenza stessa, contestualmente revocando le statuizioni civili anche in difetto della proposizione di specifica doglianza al riguardo, sempreché detta condanna abbia diretta dipendenza dal capo o dal punto impugnato.
Cass. pen. n. 28954/2017
Nell'ipotesi di sentenza d'appello pronunciata "de plano" in violazione del contradditorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l'estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempreché non risulti evidente la prova dell'innocenza dell'imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 15272/2017
Il giudice per le indagini preliminari, destinatario di una richiesta di emissione di decreto penale di condanna non può emettere sentenza di proscioglimento immediato ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. qualora ritenga sussistente la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis cod. pen., in quanto l'applicazione di tale speciale causa di non punibilità può venire in rilievo esclusivamente dopo l'instaurazione del contraddittorio tra le parti, quale ozione processuale spettante all'imputato in sede di formulazione dell'opposizione al decreto penale già emesso.
Cass. pen. n. 14580/2017
La sentenza di proscioglimento emessa, ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., all'esito dell'esame della concorde istanza delle parti di applicazione della pena, è impugnabile esclusivamente con ricorso per cassazione, atteso che, in tal caso, l'esito del proscioglimento è strettamente correlato alla fisionomia tipica del rito, e deve ritenersi ricompreso negli "altri casi" di inappellabilità indicati dall'art. 448 comma secondo cod.proc.pen.
Cass. pen. n. 6027/2017
L'obbligo di immediata declaratoria di una causa di non punibilità di cui all'art. 129 cod. proc. pen. si estende a tutte le condizioni, generali e speciali, di esclusione della punibilità - suscettibili di applicazione diretta da parte del giudice, tra le quali non rientra, pertanto, l'ipotesi in cui l'applicabilità della causa di non punibilità debba essere previamente accertata attraverso un giudizio incidentale di illegittimità costituzionale. (Nella fattispecie la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento per il reato di discarica abusiva, previsto dall'art. 256, comma terzo, del D.Lgs. n. 152 del 2006, rilevando come non ricorressero i presupposti per l'immediato proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., stante la non applicabilità a detto reato della condizione di non punibilità prevista dall'art. 257, comma quarto, D.Lgs. n. 152 del 2006 invocata dalla difesa, che, inoltre, sollecitava la proposizione di questione di legittimità costituzionale di quest'ultima disposizione nella parte in cui non prevede la sua applicabilità al reato di discarica abusiva).
Cass. pen. n. 2153/2017
La sentenza che dichiara l'improcedibilità dell'azione penale o l'estinzione del reato, quantunque resa su conformi conclusioni del P.M. e della difesa, se pronunciata in pubblica udienza dopo la costituzione delle parti, va comunque considerata come sentenza dibattimentale ed è, pertanto, soggetta all'appello, qualunque sia il "nomen iuris" attribuitole dal giudice. (Fattispecie relativa a sentenza di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione). ].
Cass. pen. n. 1787/2017
L'inammissibilità del ricorso per cassazione per qualunque causa verificatasi non impedisce la possibilità di dichiarare la depenalizzazione del reato nel frattempo intervenuta. (Nella specie, relativamente all'ipotesi di cui all'art. 116, comma 15, cod. strada, per effetto dell'art. 1, comma primo, D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8).
Cass. pen. n. 12602/2016
È ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 17659/2015
È inammissibile il ricorso per cassazione, proposto dal pubblico ministero avverso sentenza di non luogo a procedere, se l'atto di impugnazione, in una situazione di incertezza probatoria, si limiti a contestare il merito dell'apprezzamento del G.u.p., senza dedurre specificamente gli ulteriori elementi di prova che avrebbero potuto essere acquisiti al dibattimento, né i punti del quadro probatorio suscettibili di integrazione attraverso il contraddittorio dibattimentale, poiché, secondo il principio generale desumibile dal sistema, deve procedersi al dibattimento solo se dallo svolgimento della relativa istruttoria la prospettiva accusatoria può trovare ragionevole sostegno per fugare la situazione di dubbio, ma non anche in caso di astratta possibilità di una decisione diversa a parità di quadro probatorio.
Cass. pen. n. 15927/2015
Nella motivazione della sentenza di patteggiamento il richiamo all'art. 129 cod. proc. pen. è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo.
Cass. pen. n. 14156/2015
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza con la quale la Corte di appello ha dichiarato non doversi procedere per morte del reo, intervenuta successivamente all'introduzione del giudizio di secondo grado, essendo esaurito il rapporto processuale e risultando preclusa ogni eventuale pronuncia di proscioglimento nel merito ex art. 129, comma secondo, cod. proc. pen., considerato anche che dal testo del provvedimento impugnato non risulta l'evidenza di alcuna delle situazioni previste da tale ultima disposizione.
Cass. pen. n. 11236/2015
La sentenza di proscioglimento, emessa dal giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di decreto penale di condanna, può essere impugnata solo con ricorso per cassazione.
Cass. pen. n. 10515/2015
L'obbligo di dichiarazione immediata di una causa di non punibilità determina l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, ove sia nel frattempo maturato il termine di prescrizione del reato, pur quando con il ricorso per cassazione siano state proposte plurime doglianze e risultino non inammissibili soltanto quelle inerenti al trattamento sanzionatorio.
Cass. pen. n. 10409/2015
La prescrizione maturata precedentemente alla sentenza di secondo grado, ancorché non eccepita né rilevata in sede di appello, è rilevabile in sede di legittimità, considerato che la mancata declaratoria della causa estintiva del reato in virtù dell'omissione di un mero atto di ricognizione da parte del giudice di appello determinerebbe, ove ne fosse preclusa l'azionabilità in sede di legittimità, l'assoggettamento dell'imputato alla condanna ed alla correlativa esecuzione della pena mentre, in presenza della medesima situazione di fatto e di diritto, la declaratoria di estinzione del reato da parte del giudice di merito, consentirebbe all'imputato di avvalersi della prescrizione, così determinandosi una disparità di trattamento lesiva del principio di uguaglianza.
Cass. pen. n. 6338/2015
Il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall'art. 129 cod. proc. pen. impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che l'operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio. (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato senza rinvio la decisione impugnata per intervenuta prescrizione del reato, riconoscendo tale causa estintiva prevalente rispetto alla accertata nullità della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio in primo grado).
Il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall'art. 129 cod. proc. pen. impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che l'operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio. (In applicazione del principio la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza predibattimentale di non doversi procedere per intervenuta prescrizione pronunciata dalla Corte di appello).
Cass. pen. n. 3869/2015
Il giudice di appello nel dichiarare estinto per prescrizione il reato, per il quale in primo grado è intervenuta condanna, è tenuto a decidere sull'impugnazione agli effetti civili ed, a tal fine, i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendo essere confermata la condanna al risarcimento del danno sulla base della mancata prova dell'innocenza dell'imputato ai sensi dell'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen. Ne consegue che la sentenza di appello che non compia, in tal caso, un esaustivo apprezzamento sulla responsabilità dell'imputato deve essere annullata limitatamente alla conferma delle statuizioni civili, con rinvio al giudice civile competente per valore, ex art. 622 cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 2545/2015
Nel giudizio di cassazione, relativo a sentenza che ha dichiarato la prescrizione del reato, non sono rilevabili né nullità di ordine generale, né vizi di motivazione della decisione impugnata, salvo che l'operatività della causa di estinzione del reato presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assumerebbe rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio.
Cass. pen. n. 2001/2015
La prescrizione del reato maturata prima della pronuncia della sentenza impugnata e mai invocata dall'imputato o dal suo difensore, può essere rilevata d'ufficio in sede di legittimità anche quando i motivi del ricorso siano ritenuti inammissibili.
Cass. pen. n. 250/2015
Nel giudizio definito ex art. 444 c.p.p. è inammissibile per genericità l'impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque l'omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, ove la censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice l'assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p.. (Nella specie, relativa ad un patteggiamento per illecita detenzione di sostanze stupefacenti, il ricorrente aveva genericamente dedotto l'assenza ed illogicità della motivazione in ordine all'esclusione dell'immediato proscioglimento ai sensi degli artt. 129 c.p.p. e 75 d.p.r. n. 309 del 1990).
Cass. pen. n. 52031/2014
L'inammissibilità del ricorso per cassazione non preclude la possibilità sia di far valere, sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione, maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, nel caso in cui la causa estintiva del reato non avrebbe potuto essere dedotta o rilevata nel giudizio di merito, non costituisca effetto dello "jus superveniens", che, modificando il regime sanzionatorio in senso più favorevole all'imputato, abbia ridotto i limiti edittali della pena e conseguentemente il termine prescrizionale del reato. (Fattispecie relativa a fatto di lieve entità di sostanze stupefacenti trasformato da elemento circostanziale a fattispecie autonoma di reato).
Cass. pen. n. 51135/2014
Nel caso in cui il giudice d'appello, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, abbia dichiarato "de plano" - senza fissazione dell'udienza dibattimentale - l'estinzione del reato, la contestuale ricorrenza di una causa estintiva e della nullità processuale della sentenza non impone nel giudizio di cassazione l'annullamento di questa se risulta che il giudice di merito non potrebbe comunque ritenere sussistenti le condizioni per pronunciare, attraverso una operazione di mera constatazione, un proscioglimento nel merito, ai sensi dell'art. 129, comma secondo, c.p.p. (Fattispecie in cui lo stesso imputato aveva prospettato in appello la necessità di ulteriori accertamenti istruttori).
Cass. pen. n. 28151/2014
La sentenza con cui il giudice di primo grado, dopo la costituzione delle parti e prima di dichiarare formalmente aperto il dibattimento, assolve, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'imputato con la formula perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, ancorchè pronunciata al di fuori dei casi previsti dall'art. 469 c.p.p., deve essere qualificata come sentenza predibattimentale, sicché, trattandosi di sentenza inappellabile, il suo annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione impone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado.
Cass. pen. n. 16375/2014
La Corte di cassazione deve rilevare la prescrizione del reato maturata dopo la pronuncia della sentenza impugnata, anche nel caso in cui la manifesta infondatezza del ricorso risulti esclusa con riferimento ad altro reato.
Cass. pen. n. 10299/2014
La revisione della sentenza di patteggiamento, richiesta per la sopravvenienza o la scoperta di nuove prove, comporta una valutazione di queste ultime alla luce della regola di giudizio posta per il rito alternativo, con la conseguenza che le stesse devono consistere in elementi tali da dimostrare la sussistenza di cause di proscioglimento dell'interessato secondo il parametro di giudizio dell'art. 129 c.p.p., sì come applicabile nel patteggiamento.
Cass. pen. n. 5087/2014
L'ordinanza emessa all'esito del procedimento di riesame, in quanto provvedimento camerale, si caratterizza per l'inscindibilità tra dispositivo e motivazione, con la conseguenza che, in caso di divergenza tra le due parti, ai fini dell'individuazione del suo significato è doverosa una lettura integrata dell'intero atto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto l'ammissibilità dell'impugnazione del P.M. avverso un'ordinanza che, sebbene recasse nel dispositivo una decisione di conferma in motivazione precisava che il fatto doveva essere diversamente qualificato).
Cass. pen. n. 3914/2014
Il giudice per le indagini preliminari, richiesto dell'emissione di un decreto penale di condanna, può pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. solo quando risulti evidente la prova positiva dell'innocenza dell'imputato o l'impossibilità di acquisire prove della sua colpevolezza, mentre è precluso un analogo esito decisorio sulla base di una valutazione di opportunità sul proficuo esercizio dell'azione penale o sulla inoffensività della condotta. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza di assoluzione dal reato di omesso versamento di ritenute previdenziali motivata in ragione dell'esiguità delle somme evase).
Cass. pen. n. 3221/2014
Nel giudizio di cassazione, qualora il reato sia già prescritto, non è rilevabile la nullità, anche di ordine generale, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito risulta incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva, salvo che la sentenza di merito ipoteticamente affetta da nullità abbia deciso non solo in ordine al reato per cui è intervenuta la prescrizione, ma anche in ordine al risarcimento dei danni da esso cagionati o alle restituzioni, giacché in tal caso la nullità, ove sussistente, deve essere comunque rilevata e dichiarata riflettendosi sulla validità delle statuizioni civili (Fattispecie, nella quale la Corte, rilevate l'incompetenza per territorio del giudice di primo grado e l'estinzione del reato per prescrizione, annullava senza rinvio la sentenza impugnata ed eliminava le corrispondenti statuizioni civili).
Cass. pen. n. 43853/2013
La formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze.
Cass. pen. n. 34891/2013
Il giudice di legittimità può rilevare d'ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata e non rilevata dal giudice d'appello, pur se non dedotta in quella sede, e nonostante l'inammissibilità del ricorso per cassazione, ma solo se, a tal fine, non occorra alcuna attività di apprezzamento delle prove finalizzata all'individuazione di un "dies a quo" diverso da quello indicato nell'imputazione contestata e ritenuto nella sentenza di primo grado.
Cass. pen. n. 23680/2013
La formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze.
Cass. pen. n. 3180/2013
La sentenza di non luogo procedere emessa all'esito della udienza preliminare, anche dopo le modifiche apportate dall'art. 24 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, conserva la sua natura "processuale" di strumento destinato a verificare la sussistenza della necessità di dare ingresso alla successiva fase del dibattimento, sicché essa non è consentita quando l'insufficienza o la contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la decisione del GUP che, rinviando a giudizio 19 coimputati, aveva ritenuto insussistente il delitto associativo sotto il profilo dell'elemento psicologico con riguardo a due di essi, così utilizzando la regola di giudizio propria del dibattimento in luogo di quella dell'udienza preliminare).
Cass. pen. n. 1631/2013
Il giudice delle indagini preliminari, richiesto dell'emissione di un decreto penale di condanna, può pronunziare sentenza di proscioglimento nella sola ipotesi in cui individui la sussistenza di una delle cause tassativamente indicate nell'art. 129 c.p.p. e non anche quando la prova risulti mancante, insufficiente o contraddittoria.
Cass. pen. n. 6455/2012
Nella motivazione della sentenza di patteggiamento il richiamo all'art. 129 cod. proc. pen. è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo.
Cass. pen. n. 108/2012
La sentenza del giudice che, richiesto dell'emissione del decreto penale, pronunci il proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p. è idonea, se non impugnata, a dar luogo all'effetto preclusivo di cui all'art. 649 c.p.p. ("ne bis in idem").
Cass. pen. n. 24062/2011
Nel giudizio di cassazione, vi è l'interesse dell'imputato alla declaratoria di nullità della sentenza con cui la Corte d'appello abbia dichiarato "de plano" l'estinzione del reato per prescrizione prima del dibattimento, poichè solo il giudice del merito può valutare la sussistenza delle condizioni per deliberare il proscioglimento a norma dell'art. 129, comma secondo, c.p.p., con riferimento al contenuto di tutte le risultanze processuali. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato con rinvio l'impugnata sentenza, ritenendola affetta da nullità assoluta per violazione radicale del contraddittorio).
Cass. pen. n. 1550/2011
La contestuale ricorrenza nel giudizio di cassazione di una causa estintiva del reato e di una nullità processuale anche assoluta e insanabile, determina la prevalenza della prima, per effetto del principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, sancito dall'art. 129 c.p.p., salvo che l'operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, prevalendo in tal caso la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio.(In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio, pur in presenza di maturata prescrizione, la sentenza totalmente priva di motivazione stante la natura assolutoria della decisione e l'impossibilità di valutare i presupposti di applicabilità dell'art. 129, comma secondo, c.p.p.).
Cass. pen. n. 43055/2010
Alla dichiarazione d'inammissibilità del ricorso per cassazione non segue la condanna al pagamento di una somma in favore della cassa per le ammende qualora la questione con esso prospettata sia di particolare rilevanza (nella specie perché oggetto di contrasto giurisprudenziale).
Cass. pen. n. 21243/2010
È affetta da abnormità genetica o strutturale (in quanto emessa in carenza di potere, ponendosi la stessa al di fuori del sistema normativo) la sentenza di proscioglimento emessa dal G.i.p. a seguito dell’opposizione, non soltanto perché il G.i.p. che ha emesso il decreto penale (provvedimento decisorio sul merito dell’azione penale, assimilabile ad una sentenza di condanna) non ha il potere di pronunciare successivamente sentenza di proscioglimento sullo stesso fatto – reato, ma anche perché, da un lato, tale successivo atto incide su un provvedimento definitivo, non revocabile se non nei casi tassativamente previsti dalla legge, e, dall’altro, perché dopo l’opposizione, il G.i.p. è tenuto ad emettere gli atti di impulso indicati dall’art. 464 c.p.p. e, in questa fase, è privo del potere di pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p. (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 4855/2010
All'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile e in seguito ad un'espressa domanda in tal senso, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, previa incidentale valutazione della responsabilità penale.
Cass. pen. n. 4123/2010
Il giudice dell'impugnazione, qualora l'imputato sia stato assolto con formula piena e contro tale decisione sia proposto gravame del pubblico ministero, può applicare una sopravvenuta causa di estinzione del reato solo se reputi fondata l'impugnazione, così da escludere che possa persistere la pronuncia di merito più favorevole all'imputato. Ne consegue che la sentenza che dichiara la causa estintiva deve essere adeguatamente motivata sul punto.
Cass. pen. n. 38704/2009
È ammissibile il ricorso per cassazione dell'imputato nei confronti della sentenza di condanna emessa in appello, proposto per l'unico motivo della violazione di legge consistente nell'omessa immediata dichiarazione della causa estintiva della prescrizione maturatasi prima della pronuncia dell'impugnata sentenza, seppure nel grado di appello la questione non sia stata dedotta dalla difesa. (La Corte ha poi statuito che la sentenza deve essere annullata senza rinvio con contestuale dichiarazione di estinzione del reato).
Cass. pen. n. 49783/2009
La declaratoria di improcedibilità per difetto di querela prevale su quella determinata dall'estinzione del reato per morte dell'imputato giacché la mancanza di una condizione di procedibilità osta a qualsiasi altra indagine in fatto.
La declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato prevale su quella di prescrizione, pur maturata anteriormente, avendo quest'ultima carattere di accertamento costitutivo, precluso nei confronti di persona non più in vita e in relazione a un rapporto processuale oramai estinto.
Cass. pen. n. 35490/2009
In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 comma secondo, c.p.p. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.
Cass. pen. n. 15700/2009
In sede di patteggiamento, il giudice non può pronunciare sentenza di proscioglimento o di assoluzione per mancanza, insufficienza o contraddittorietà delle prove desumibili dagli atti, non rientrando tale possibilità tra quelle esplicitamente indicate dall'art. 129, comma primo, c.p.p.
Cass. pen. n. 45049/2008
Il giudice dell'udienza preliminare, investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell'imputato, non può emettere sentenza di non doversi procedere per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità senza la previa fissazione della udienza in camera di consiglio.
Cass. pen. n. 44591/2008
In presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità i vizi di motivazione della sentenza, poichè il conseguente annullamento con rinvio al giudice di merito sarebbe incompatibile con l'obbligo dell'immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dall'art. 129, comma primo, c.p.p..
Cass. pen. n. 43367/2008
Anche in sede di cosiddetto patteggiamento in appello, il giudice deve accertare l'insussistenza delle cause di non punibilità di cui all'art. 129 cod.proc.pen., ma a tal fine è sufficiente la motivazione consistente nella mera enunciazione di avere effettuato la relativa verifica, ove non consti né sia stata specificamente dedotta l'esistenza di una delle condizioni che avrebbero imposto l'immediato proscioglimento.
Cass. pen. n. 40573/2008
In tema di c.d. patteggiamento in appello, il giudice, nell'accogliere la richiesta avanzata a norma dell'art. 599, comma quarto, c.p.p., non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per taluna delle cause previste dall'art. 129 c.p.p., né sull'insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità della prova, in quanto, a causa dell'effetto devolutivo, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi d'impugnazione, la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati, essendovi peraltro una radicale diversità tra l'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle parti e quello disciplinato dall'art. 599 c.p.p.
Cass. pen. n. 40570/2008
È inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il difetto di motivazione della sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, in quanto l'inevitabile declaratoria di estinzione anche da parte del giudice del rinvio preclude che l'impugnata sentenza possa essere annullata con rinvio.
Cass. pen. n. 39401/2008
Sussistendo la causa di estinzione del reato della prescrizione, non è consentito al giudice esaminare il motivo di ricorso concernente la pretesa violazione del divieto di "bis in idem", ex art. 649 c.p.p., ai sensi e per gli effetti dell'art. 129, comma secondo, c.p.p., in quanto quest'ultima previsione - stabilendo che quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulti evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta - concerne solo le ipotesi di assoluzione con formula piena dell'imputato.
Cass. pen. n. 39220/2008
In presenza di una causa di estinzione del reato (nella specie, la prescrizione), la formula di proscioglimento nel merito può essere adottata solo quando dagli atti risulti evidente la prova dell'innocenza dell'imputato e non nel caso di insufficienza o contraddittorietà della prova di responsabilità.
Cass. pen. n. 38228/2008
Nel giudizio di cassazione, qualora il reato sia già prescritto, non è rilevabile la nullità, anche di ordine generale, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito risulta incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva, salvo che la sentenza di merito ipoteticamente affetta da nullità abbia deciso non solo in ordine al reato per cui è intervenuta la prescrizione, ma anche in ordine al risarcimento dei danni da esso cagionati o alle restituzioni, giacché in tal caso la nullità, ove sussistente, deve essere comunque rilevata e dichiarata riflettendosi sulla validità delle statuizioni civili.
Cass. pen. n. 36524/2008
La tardività del ricorso per cassazione non impedisce la declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato, che è rilevabile in ogni stato e grado, ed in difetto sarebbe comunque devoluta al giudice dell'esecuzione.
Cass. pen. n. 33309/2008
In presenza di una causa estintiva del reato il giudice del gravame è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione "ex" art. 129, comma secondo, c.p.p. soltanto se la prova dell'insussistenza del fatto, della sua irrilevanza penale o della non commissione del medesimo da parte dell'imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza necessità di nuove indagini e di ulteriori accertamenti, che sarebbero incompatibili con il principio dell'immediata operatività della causa estintiva.
Cass. pen. n. 19511/2006
Il patteggiamento sulla pena in appello presuppone una pronuncia affermativa di responsabilità la quale — comportando la rinuncia ai motivi di censura — fa di per sé presumere l'insussistenza di cause di non punibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p. Ne consegue che, pur sussistendo il potere del giudice di appello di applicare, sussistendone i presupposti, l'art. 129 cit., la doglianza relativa alla mancata applicazione di tale norma, in sede di legittimità, non può risolversi in una denuncia di mera omissione formale o di genericità di tale delibazione ma deve contenere necessariamente l'indicazione degli elementi concreti che, ove rettamente considerati e valutati, avrebbero dovuto condurre ad una declaratoria d'ufficio di proscioglimento.
Cass. pen. n. 1748/2006
Ai fini dell'operatività del disposto di cui all'art. 129, comma 2, c.p.p., che, pur in presenza di una causa di estinzione del reato, impone il proscioglimento nel merito quando «dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato», mentre è equiparabile alla prova evidente dell'innocenza la mancanza totale di prova della colpevolezza, non altrettanto può dirsi quando la prova della colpevolezza sia insufficiente o contraddittoria, per cui, in tale ultima ipotesi, deve prevalere, sulla pronuncia di merito, quella dichiarativa della estinzione del reato, salvo che, comportando quest'ultima, ai sensi dell'art. 578 c.p.p., la verifica comunque della responsabilità dell'imputato ai soli fini civilistici, tale verifica porti a concludere per la sussistenza, anche sotto il profilo penalistico, delle condizioni di cui al citato art. 129, comma 2, c.p.p.
Cass. pen. n. 23428/2005
L'inammissibilità del ricorso per cassazione (nella specie, per assoluta genericità delle doglianze) preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da quel giudice.
Cass. pen. n. 12283/2005
Il giudice dell'udienza preliminare, investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell'imputato, non può emettere sentenza di non doversi procedere per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità senza la previa fissazione della udienza in camera di consiglio. (La Corte ha osservato che l'art. 129 c.p.p. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo - artt. 425, 469, 529, 530 e 531 stesso codice -, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio).
La sentenza di non doversi procedere emessa de plano, per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità, dal Gup, investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell'imputato, non è abnorme, ma viziata da nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178, lett. b) e c) c.p.p., in quanto incide negativamente sulla partecipazione al procedimento del P.M., al quale viene precluso l'esercizio delle facoltà tese eventualmente a meglio definire e suffragare l'accusa, nonchè la violazione del diritto di difesa dell'imputato, al quale viene interdetto l'esercizio di facoltà esperibili solo nell'ambito dell'udienza preliminare. (Nella specie, in cui il Gup aveva prosciolto l'imputato con formula ampiamente liberatoria, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza, disponendo «la trasmissione degli atti allo stesso ufficio» rappresentato da persona diversa da quella che aveva emesso la decisione annullata, con l'obbligo di celebrazione dell'udienza preliminare per la decisione sulla richiesta del P.M.).
La sentenza di non doversi procedere, emessa, per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità, senza la fissazione della prescritta udienza in camera di consiglio, dal Gup, investito di richiesta di rinvio a giudizio del P.M., non è appellabile, ma impugnabile soltanto mediante ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 568, comma secondo, c.p.p., in quanto, in caso contrario, l'eventuale riforma della decisione in sede di appello comporterebbe il rinvio a giudizio dell'imputato, con la conseguente sua privazione di facoltà suscettibili di esercizio solo nell'ambito dell'udienza preliminare.
Cass. pen. n. 12238/2005
Il giudice investito della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero, anche nel caso in cui ritenga sussistere una causa di non punibilità rilevante ai sensi dell'articolo 129 del c.p.p., non può emettere de plano sentenza di non doversi procedere, ma deve piuttosto celebrare l'udienza preliminare, applicando in quella sede le disposizioni della norma citata ed eventualmente rilevando la causa di esclusione della punibilità con la sentenza di non luogo a procedere. Il provvedimento eventualmente deliberato omettendo la fissazione dell'udienza è viziato da nullità di ordine generale ai sensi dell'articolo 178, comma 1, lettere b) e c), del c.p.p., in quanto preclude la partecipazione del pubblico ministero al procedimento e viola il diritto di difesa dell'imputato, al quale viene interdetto l'esercizio di facoltà suscettibili di esercizio solo nell'ambito dell'udienza preliminare.
Cass. pen. n. 42260/2004
Anche in presenza della causa di estinzione del reato rappresentata dalla remissione di querela, il giudice, prima di prosciogliere con la corrispondente formula, deve verificare, in applicazione dell'art. 129, comma 2, c.p.p., che non ricorrano le condizioni per l'applicazione di una formula più favorevole, nel merito, fermo restando, tuttavia, che, ove la remissione intervenga nelle fasi anteriori al dibattimento, nelle quali il giudice ha a disposizione un limitato materiale probatorio o non ne ha affatto, il proscioglimento immediato con la formula più favorevole può aver luogo solo se le relative condizioni risultino evidenti dagli atti già acquisiti.
In tema di reati perseguibili a querela attribuiti alla competenza del giudice di pace, qualora venga esperito con successo il tentativo di conciliazione previsto dall'art. 29, comma 4, del D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, ed intervenga quindi remissione di querela, il giudice, pur potendo e dovendo prosciogliere l'imputato con formula diversa e più favorevole di quella basata sulla intervenuta estinzione del reato, ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 129, comma 2, c.p.p., non può, tuttavia, utilizzare a tal fine le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del tentativo di conciliazione, ostandovi il divieto di cui all'ultima parte del citato art. 29, comma 4, del D.L.vo n. 274/2000.
Cass. pen. n. 581/2004
La querela, configurandosi come condizione di procedibilità dell'azione penale, ha natura processuale; pertanto, la remissione della stessa, una volta intervenuta l'accettazione da parte del querelato, non solo estingue il potere punitivo dello Stato, ma paralizza anche la perseguibilità del reato, con la conseguenza che la relativa declaratoria non rende più rilevante alcuna causa di nullità del procedimento. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto legittimamentee emessa la sentenza di n.d.p. per intervenuta remissione di querela, in un caso nel quale, essendo stata quest'ultima accettata, all'udienza per la quale il P.M. aveva autorizzato la P.g. a citare il querelato dinanzi al giudice di pace, questi, pur in assenza della citazione, aveva proceduto egualmente al giudizio).
Cass. pen. n. 562/2004
La declaratoria di estinzione del reato per improseguibilità dell'azione penale dovuta a remissione di querela ritualmente accettata ha carattere pregiudiziale rispetto alle formule di proscioglimento riferibili ad altre cause di estinzione del reato.
Cass. pen. n. 81/2004
Il giudice per le indagini preliminari, una volta investito della richiesta di rinvio a giudizio, qualora rilevi l'esistenza di una causa di non punibilità, deve obbligatoriamente rilevarla e dichiararla anticipatamente, prosciogliendo l'imputato con la formula più favorevole, senza dar luogo alla celebrazione dell'udienza preliminare. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha rigettato il ricorso del pubblico ministero avverso sentenza del giudice per le indagini preliminari con la quale era stato dichiarato estinto per prescrizione, avuto riguardo alla nuova formulazione dell'art. 2621 c.c., il reato di falso in bilancio per il quale era stato chiesto il rinvio a giudizio degli imputati). (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 33059/2003
In presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza, perché il conseguente annullamento con rinvio è incompatibile con l'obbligo dell'immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dal primo comma dell'art. 129 c.p.p.
Cass. pen. n. 15085/2003
È abnorme la sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., pronunciata de plano dal giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di giudizio immediato da parte dell'imputato, opponente al decreto penale di condanna, il quanto il Gip ha il potere di pronunciare tale sentenza allorché sia stato investito della richiesta del P.M. di emissione del decreto penale di condanna e non intenda aderirvi ma non quando, adottato il decreto penale di condanna, sia investito dell'opposizione al decreto con richiesta di giudizio immediato.
Cass. pen. n. 39767/2002
La Corte di cassazione deve rilevare la abolitio criminis sopravvenuta alla sentenza impugnata indipendentemente dall'oggetto del gravame ed anche per il caso di ricorso inammissibile. (Principio applicato dalla Corte con riguardo ad una sentenza di applicazione della pena su richiesta).
Cass. pen. n. 32194/2002
In tema di prescrizione, se al momento del giudizio sia ravvisabile la unicità del disegno criminoso tra i vari reati contestati singolarmente, ma per alcuni di essi sia maturato il termine prescrizionale, va dichiarata la causa di estinzione del reato ai sensi dell'art. 129 c.p.p. e non può, viceversa, applicarsi la continuazione tra i reati, con conseguente decorrenza del termine prescrizionale dalla data di cessazione della consumazione, come previsto dall'art. 158, primo comma c.p.
Cass. pen. n. 31514/2002
Il patteggiamento sulla pena in appello presuppone una pronuncia affermativa di responsabilità la quale — comportando la rinuncia ai motivi di censura — fa di per sé presumere l'insussistenza di cause di non punibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p. Ne consegue che, pur sussistendo il potere del giudice di appello di applicare, sussistendone i presupposti, il succitato art. 129, la doglianza relativa alla mancata applicazione di tale norma, in sede di legittimità, non può risolversi in una denuncia di mera omissione formale o di genericità di tale delibazione ma deve contenere necessariamente l'indicazione degli elementi concreti che, ove rettamente considerati e valutati, avrebbero dovuto condurre ad una declaratoria d'ufficio di proscioglimento.
Cass. pen. n. 45907/2001
In tema di applicazione di pena su richiesta, poiché l'accordo tra le parti e la conseguente sentenza ex art. 444 c.p.p. possono limitarsi ad alcuni dei reati contestati solo a condizione che per gli ulteriori reati sussistano cause di non punibilità rilevanti ai sensi dell'art. 129, l'eventuale annullamento della decisione di proscioglimento comporta l'annullamento della stessa sentenza di applicazione della pena concernente gli ulteriori reati, da considerarsi pronunciata in violazione del procedimento ed in potenziale elusione dei requisiti di applicabilità del rito, come fissati al primo comma dell'art. 444 c.p.p. (In applicazione di tale principio la Corte, rilevata l'erroneità del proscioglimento parziale dell'imputato — disposto per difetto di querela riguardo a reato procedibile d'ufficio — ha annullato la sentenza di applicazione della pena per gli ulteriori illeciti contestati).
Cass. pen. n. 33819/2001
Qualora nel corso dell'udienza preliminare il fatto addebitato risulti diverso, ai sensi del comma 1 dell'art. 423 c.p.p. rispetto a quello riportato nell'originaria imputazione, il P.M. ha la facoltà di modificare il capo d'imputazione in ogni momento fino a quando non abbia presentato al Gip le proprie conclusioni, a nulla rilevando che sin dall'apertura dell'udienza l'imputato abbia chiesto l'immediato proscioglimento a norma dell'art. 129 stesso codice. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato una decisione che aveva disposto il proscioglimento immediato degli imputati per prescrizione sulla base della originaria formulazione dell'accusa senza tener conto della modifica del capo d'imputazione ritualmente effettuata dal P.M. nel corso dell'udienza preliminare).
Cass. pen. n. 20944/2001
Analogamente a quanto accade per la definizione di procedimento mediante sentenza di patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p., anche nel giudizio d'appello definito ai sensi dell'art. 599, comma 4, c.p.p., nel quale le parti abbiano dichiarato di concordare sulla determinazione della pena, il giudice, richiesto di definizione del procedimento mediante sentenza che accolga la proposta concordata, dopo aver escluso sulla base degli atti che debba essere pronunciato proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., in relazione alla fattispecie sottoposta al suo esame, non può nella fase in cui valuta, nelle sue componenti, l'accordo raggiunto dalle parti per l'applicazione della pena, essere restituito nell'esercizio di un potere che ha già consumato; ne consegue che anche l'indicazione nel patto di circostanze attenuanti generiche, vale solo per la determinazione della pena da infliggere in concreto e non già per farne conseguire anche la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, non essendo consentita l'utilizzazione dell'accordo medesimo per finalità incompatibili con il suo contenuto e con gli scopi alla cui realizzazione era preordinato.
Cass. pen. n. 10312/2001
In analogia alla regola fissata dall'art. 129, comma 2, c.p.p., secondo la quale, pur in presenza di una causa di estinzione del reato, deve pronunciarsi pronuncia di proscioglimento nel merito, con una delle formule ivi indicate, quando risulti già evidente dagli atti la sussistenza delle relative condizioni, deve ritenersi che, anche in presenza di una abolitio criminis, quando sia già evidente che vi sono le condizioni per l'applicazione di una più favorevole formula di proscioglimento nel merito, deve darsi la prevalenza a tale formula piuttosto che a quella di proscioglimento in diritto, basata sulla constatazione che il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Cass. pen. n. 6064/2001
Qualora l'applicazione di una causa estintiva del reato, ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p., abbia postulato la formulazione di un giudizio di colpevolezza — come si verifica quando essa dipenda dalla ritenuta sussistenza di una circostanza attenuante — è ammissibile il ricorso per Cassazione con il quale si deduce, da parte dell'imputato, vizi di motivazione in ordine al suddetto giudizio.
Cass. pen. n. 32/2000
L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. (nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso).
Cass. pen. n. 10470/2000
Nell'ipotesi in cui al momento del giudizio sia ravvisabile l'unicità del disegno criminoso fra i vari reati singolarmente contestati, ma per alcuni di essi è già maturato il termine prescrizionale, deve prevalere, nei confronti di questi ultimi, la causa di non punibilità. Cosicché, anche in ossequio al principio di favore cui si ispira l'istituto della continuazione, non può applicarsi il disposto dell'articolo 158, comma 1, c.p. (in forza del quale, in caso di continuazione, il termine prescrizionale decorre dalla data di consumazione dell'ultimo reato), che presuppone pur sempre un giudizio di responsabilità dell'imputato in riferimento a tutti gli episodi in contestazione; tale disciplina non può infatti trovare ingresso in quanto finirebbe con il porsi in contrasto con l'obbligo dell'immediata declaratoria ex articolo 129 c.p.p. della causa di estinzione per prescrizione maturata per alcuno dei reati autonomamente considerati, a fronte del quale è inibito al giudice qualsiasi apprezzamento sulla sussistenza del reato estinto.
Cass. pen. n. 1662/2000
La sentenza di non luogo a procedere emessa all'esito della udienza preliminare, a norma dell'art. 425 c.p.p., anche dopo le modifiche recate dall'art. 24 della legge 16 dicembre 1999 n. 479, mantiene la sua natura «processuale», destinata esclusivamente a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero; ne consegue che in presenza, da un lato, di elementi probatori insufficienti o contraddittori, tali da non delineare un quadro di superfluità del giudizio e, dall'altro, di una causa di estinzione del reato, il giudice deve emettere sentenza di non luogo a procedere basata su tale causa estintiva e non sentenza liberatoria nel merito.
Cass. pen. n. 3237/2000
Il giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di rinvio a giudizio deve in ogni caso fissare l'udienza preliminare, anche quando sussistano le condizioni per emettere sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 129 c.p.p., atteso che l'esigenza di immediatezza nella declaratoria di non punibilità deve pur sempre trovare attuazione nelle forme ordinarie e nel rispetto del contraddittorio e dei diritti delle parti.
Cass. pen. n. 2886/2000
In tema di sentenza predibattimentale, non è consentito al giudice emettere pronuncia che comporti proscioglimento (e quindi valutazione) nel merito, implicando essa un giudizio che deve essere compiuto con la garanzia del pieno contraddittorio, che si realizza solo nella sede dibattimentale. Prima dell'apertura del dibattimento, pertanto, il giudice, sentite le parti, può emettere solo sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato o per improcedibilità dell'azione penale. (Fattispecie in tema di falso materiale in certificazione amministrativa, nella quale il Pretore aveva assolto gli imputati, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., prima dell'apertura del dibattimento, sostenendo la riconoscibile grossolanità del falso. La Cassazione, su ricorso del P.G., nell'enunciare il principio sopra riportato, ha annullato, con rinvio, la sentenza).
Cass. pen. n. 111/2000
In tema di chiusura della fase delle indagini preliminari, il Gip cui sia stata richiesta la emissione del decreto di archiviazione, o provvede in conformità, ovvero restituisce gli atti al P.M. per la formulazione della imputazione, costituisce pertanto atto abnorme la sentenza con la quale il predetto giudice prosciolga l'indagato ai sensi dell'art. 129 c.p.p.
Cass. pen. n. 13263/1999
In sede di impugnazione l'immediata declaratoria delle cause contemplate dall'art. 129 c.p.p. presuppone che il giudice sia investito della cognizione del processo, il che non si verifica nel caso di gravame originariamente inammissibile: questo invero è inidoneo a determinare un nuovo grado di giudizio e rende impossibile ogni accertamento diverso da quello diretto all'individuazione dell'impossibilità di giudicare.
Cass. pen. n. 11655/1999
In tema di reato continuato, in sede di legittimità, e sempre che non sia passato in giudicato il capo relativo al trattamento sanzionatorio, può essere rilevata ex officio l'applicabilità dell'art. 129 c.p.p. per reato diverso da quello per il quale era stata dedotta dal ricorrente, stante la unicità del disegno criminoso tra i due reati. (Fattispecie nella quale il ricorrente aveva erroneamente dedotto la improcedibilità del delitto di appropriazione indebita in conseguenza della ritenuta insussistenza dell'aggravante della prestazione d'opera, mentre la Corte ha rilevato la improcedibilità per mancanza di querela del delitto ex artt. 485-491-61 n. 2 c.p., per il quale — in continuazione con il primo — il ricorrente era stato condannato nella fase di merito).
Cass. pen. n. 2309/1999
La sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento di cui all'art. 129 c.p.p., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di cui all'art. 129 succitato.
Cass. pen. n. 4117/1999
In tema di patteggiamento, la motivazione della sentenza in relazione alla mancanza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 129 c.p.p. può anche essere meramente enunciativa. Invero, poiché la richiesta di applicazione della pena deve essere considerata quantomeno come ammissione del fatto (quando non la si voglia addirittura ritenere ammissione di responsabilità o implicito riconoscimento di colpevolezza), il giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo se manchi un quadro probatorio idoneo a definire il fatto come reato o se dagli atti già risultino elementi tali da imporre di superare la presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega proprio alla formulazione della richiesta di applicazione della pena.
Cass. pen. n. 10379/1999
In tema di impugnazioni, poiché l'obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p. presuppone che il giudice del gravame sia stato effettivamente investito della cognizione del processo, non può essere dichiarata, in sede di legittimità, la prescrizione del reato, nel caso in cui il ricorso sia ritenuto affetto da inammissibilità originaria per mancanza di specificità dei motivi, invero, in tal caso, il gravame non è idoneo ad introdurre un nuovo grado di giudizio.
Cass. pen. n. 8131/1999
La sentenza pronunciata ai sensi del secondo comma dell'art. 444 c.p.p. in relazione all'art. 129 c.p.p., qualora risulti viziata per erronea qualificazione giuridica del fatto e da conseguente errato proscioglimento, deve essere annullata con rinvio, poiché, in attuazione dell'art. 627 c.p.p., il giudice cui è stato rimesso il processo, dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati ed effettuare i riscontri fattuali indicati, sicché solo a lui è demandato valutare se sussistano ancora le condizioni per poter decidere il procedimento con il rito alternativo del c.d. patteggiamento.
Cass. pen. n. 1713/1999
In tema di motivazione della sentenza, solo nel caso in cui emergano, dagli atti o dalle deduzioni delle parti, concreti elementi circa la possibile applicazione delle cause di non punibilità previste dall'art. 129 c.p.p., è necessario che il giudice dia conto, nella motivazione, della esclusione delle stesse, essendo sufficiente, in caso contrario, anche una implicita motivazione circa la loro insussistenza. A tanto consegue che, nel giudizio di applicazione della pena su richiesta delle parti, poiché l'accordo negoziale si estende alla qualificazione giuridica del fatto contestato, non può essere richiesto al giudice di motivare in ordine alla non sussistenza delle suddette cause di non punibilità.
Cass. pen. n. 1560/1999
All'archiviazione disposta dal giudice a norma degli artt. 408 e 411 c.p.p. non si applica l'art. 129 c.p.p., che al secondo comma dispone la prevalenza delle cause di declaratoria di non punibilità di natura sostanziale rispetto a quelle connesse alla estinzione del reato. Ed invero la norma dell'art. 129 c.p.p. è dettata per «ogni stato e grado del processo», ed è quindi estranea alla fase in questione, anteriore all'esercizio dell'azione penale. Ne consegue che il giudice al quale sia chiesto il provvedimento di archiviazione non può nell'analisi e nelle conclusioni formulare affermazioni in malam partem, facendo precedere alle indicazioni del motivo formale per il quale è disposta l'archiviazione una motivazione sostanziale, che concerna la configurabilità del reato e la responsabilità dell'indagato in ordine ad esso. (Nella specie la Corte ha ritenuto che il provvedimento del Gip avesse assunto natura diversa da quella meramente dichiarativa e delibativa propria del decreto di archiviazione, e contenesse uno specifico accertamento in malam partem espresso verso persone nei cui confronti l'azione penale non era stata esercitata, e lo ha annullato ravvisandone l'abnormità).
Cass. pen. n. 2963/1999
Il giudice d'appello, nel caso di accoglimento della richiesta delle parti ex art. 599 quarto comma c.p.p., non ha alcun potere in ordine alla determinazione della pena e all'applicazione di circostanze attenuanti, ma deve limitarsi a controllare la congruità e legalità della pena richiesta; l'imputato, conseguentemente, non può dolersi — con il ricorso per cassazione — dell'omessa motivazione in ordine alle questioni che hanno formato oggetto della rinuncia, salvo che vengano denunciate nullità assolute relative al rito o la violazione dell'art. 129 c.p.p.
Cass. pen. n. 12320/1998
In presenza della causa estintiva della prescrizione del reato, l'obbligo del giudice di immediata declaratoria ex art. 129 c.p.p. postula che le circostanze idonee a escludere l'esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione del medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, sicché la valutazione che in proposito deve essere compiuta appartiene più al concetto di constatazione che a quello di apprezzamento. Consegue, pertanto, che nel giudizio di cassazione, qualora venga riscontrato un vizio di motivazione della sentenza impugnata implicante il rinvio al giudice di merito, e le risultanze processuali siano tali da condurre a diverse interpretazioni, deve essere pronunciato l'annullamento senza rinvio in applicazione della causa estintiva della prescrizione quando sia decorso il relativo termine, in quanto il rinvio al giudice di merito sarebbe incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato.
Cass. pen. n. 11712/1998
L'art. 129 c.p.p., nel prevedere l'obbligo della declaratoria di non punibilità, nei casi in esso contemplati, in ogni stato e grado del processo, nulla dispone in ordine al rito da seguire per la pronuncia di detta declaratoria, di guisa che il rito da adottare non può che essere quello della fase in cui il processo si trova. Pertanto il giudice delle indagini preliminari, investito della richiesta di rinvio a giudizio, non può pronunciare de plano sentenza di non luogo a procedere in applicazione dell'art. 129 c.p.p., ma deve in ogni caso provvedere alla fissazione e alla celebrazione dell'udienza preliminare.
Cass. pen. n. 2277/1998
L'art. 129 c.p.p., nel prevedere l'obbligo della declaratoria di non punibilità, nei casi in esso contemplati, in ogni stato e grado del processo, nulla dispone in ordine al rito da seguire per la pronuncia di detta declaratoria; ragion per cui tale rito non può che essere quello della fase in cui il processo si trova. È pertanto da ritenere illegittimo il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di rinvio a giudizio, emetta de plano sentenza di non luogo a procedere per ritenuta evidenza di una causa di improcedibilità dell'azione penale, potendo una tale pronuncia conseguire soltanto all'esito della celebrazione dell'udienza preliminare.
Cass. pen. n. 4171/1998
La mancanza, nell'atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall'art. 581 c.p.p., compreso quello della specificità dei motivi, rende l'atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità; in tali ipotesi, infatti, si è in presenza di una causa di inammissibilità originaria del gravame, la quale impedisce di rilevare e dichiarare, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., eventuali cause di non punibilità. (Fattispecie relativa a reato prescritto successivamente alla presentazione del ricorso per cassazione, privo della enunciazione dei motivi che lo sostenevano).
Cass. pen. n. 563/1998
L'operatività di preclusioni processuali quali previste, in materia di impugnazioni, dagli artt. 597, comma 1, 606, comma 3, e 609, comma 1, c.p.p., a differenza di quanto si verifica con riguardo alla formazione progressiva del giudicato, disciplinata dall'art. 624, comma 1, c.p.p., non impedisce — salvo il caso di inammissibilità originaria dell'impugnazione — l'applicazione della regola dettata dall'art. 129, comma 1, stesso codice, concernente l'obbligo di immediata declaratoria, in ogni stato e grado del processo di determinate cause di non punibilità, indipendentemente da quello che è stato l'oggetto dell'impugnazione proposta; regola, quella anzidetta, che, nel giudizio di cassazione, trova riscontro nella previsione di cui all'art. 609, comma 2, c.p.p., in base alla quale la Corte deve decidere in ogni caso «le questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo e quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello». (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto operante l'intervenuta prescrizione del reato in favore di soggetto che aveva proposto ricorso per cassazione, unicamente con riguardo all'entità della pena).
Cass. pen. n. 3046/1998
L'ambito di operatività della previsione di cui all'art. 129 c.p.p. è distinto da quello dell'art. 425 c.p.p., rispondendo esse a differenti esigenze processuali: se il Gip, sulla richiesta di rinvio a giudizio del P.M., ravvisa la evidente sussistenza di una delle cause di non punibilità previste dal codice può adottare il provvedimento ex art. 129, cogente in ogni stato e grado del processo proprio per evitare ulteriori costi alla giustizia; se la presenza della causa di non punibilità non è palese ed emerge l'esigenza di approfondimento dell'indagine, ovvero se la detta causa non si è ancora verificata al momento della fissazione dell'udienza preliminare, allora il Gip deve pronunciare sentenza di non doversi procedere ex art. 425 c.p.p.
Cass. pen. n. 2631/1998
Nel caso di impugnazione dell'imputato su punti della decisione diversi da quello concernente l'affermazione di responsabilità non si forma, con riguardo a quest'ultimo, il giudicato (come invece avviene nel caso di annullamento con rinvio sempre riguardante punti non attinenti alla responsabilità), ma si dà luogo soltanto ad una preclusione di ordine processuale la quale impedisce la proposizione di questioni non dedotte ma lascia libero campo alla produzione degli effetti di eventuali cause sopravvenute di estinzione del reato (nella specie, prescrizione).
Cass. pen. n. 118/1998
In tema di patteggiamento l'obbligo di immediata declaratoria di una delle cause di non punibilità, di cui all'art. 129, presuppone che il giudice possa riconoscere direttamente l'esistenza di una delle dette cause, con esclusione quindi dell'ipotesi in cui la non punibilità debba essere accertata attraverso un giudizio incidentale di legittimità costituzionale.
Cass. pen. n. 106/1998
Qualora l'imputato si limiti a chiedere l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., senza dedurre alcuna prova a sua discolpa, non è necessario che il giudice si diffonda, in un'analitica motivazione per escludere l'esistenza di elementi sui quali possa essere fondata una delle ipotesi di proscioglimento previste dall'art. 129 c.p.p., non richiedendo tale indagine, se negativamente risolta, uno specifico obbligo motivazionale sul punto.
Cass. pen. n. 11541/1997
È ammissibile il ricorso per cassazione proposto unicamente al fine di far valere la prescrizione del reato, intervenuta nel periodo intercorrente tra il deposito della sentenza di merito e la scadenza del termine per proporre ricorso per cassazione. Invero, fino a quando la sentenza non sia divenuta irrevocabile, il giudice, salvo eventuali preclusioni, deve sempre applicare la legge penale e, nella specie, l'art. 129 c.p.p. impone al giudice il dovere di dichiarare l'estinzione del reato in qualsiasi stato e grado del processo.
Cass. pen. n. 5/1997
Non rientra nell'ambito del procedimento previsto dagli artt. 444 ss. c.p.p. l'ipotesi in cui la prescrizione del reato contestato sia conseguenza della valutazione positiva dell'accordo intervenuto tra le parti in ordine al riconoscimento di attenuanti che, ritenute prevalenti su una o più aggravanti, riducano l'originaria pena edittale, facendo così scaturire un più breve termine di prescrizione.
Cass. pen. n. 4904/1997
Qualora venga rimessa dalla Corte di cassazione al giudice di rinvio esclusivamente la questione relativa alla determinazione della pena, il giudicato (progressivo) formatosi sull'accertamento del reato e della responsabilità dell'imputato, con la definitività della decisione su tali parti, impedisce l'applicazione di cause estintive sopravvenute all'annullamento parziale. (Nell'occasione la Corte ha precisato che la possibilità di applicare l'art. 129 c.p.p. in sede di rinvio, in particolare con riferimento a cause estintive sopravvenute all'annullamento, sussiste solo nei limiti della compatibilità con la decisione adottata in sede di legittimità e con il conseguente spazio decisorio attribuito in via residuale al giudice di rinvio, e che, formatosi il giudicato sull'accertamento del reato e della responsabilità dell'imputato, dette cause sono inapplicabili non avendo possibilità di incidere sul decisum).
Cass. pen. n. 4713/1997
Nel patteggiamento, qualora sopravvenga l'estinzione di uno dei reati oggetto dell'accordo, questa deve essere dichiarata, in quanto l'art. 129 c.p.p. integra un principio generale di libertà, applicabile in ogni stato e grado del processo. Né è configurabile nell'accordo sulla pena e nella fruizione dei benefici connessi al rito prescelto una rinuncia a far valere la prescrizione, perché non è univoca ed espressa e non è riferibile ad una causa di estinzione eventuale e non ancora esistente.
Cass. pen. n. 2043/1997
In presenza di una causa estintiva del reato, non è consentito al giudice di legittimità l'annullamento con rinvio al giudice di merito, perché ciò sarebbe incompatibile con il principio secondo il quale non è possibile la prosecuzione di un procedimento penale nel quale si è già verificata la causa di estinzione del reato e questa sia stata dichiarata dal giudice di merito con motivata esclusione dell'incolpevolezza dell'imputato.
Cass. pen. n. 1210/1997
In sede di rinvio il giudice deve mantenersi nei binari tracciati dalla Corte di cassazione ed attenersi al principio affermato nella sentenza di annullamento; ne deriva che egli non può assolvere l'imputato ai sensi dell'art. 129, primo comma, c.p.p., sugli stessi presupposti di fatto già passati al vaglio della Corte di cassazione: se infatti il giudice di legittimità non ha proceduto al proscioglimento in base alla citata norma, ma, annullando con rinvio, ha imposto un nuovo giudizio, ogni questione al riguardo è travolta dal giudicato.
Cass. pen. n. 6898/1997
In tema di patteggiamento, una volta esclusa con adeguato apparato argomentativo la sussistenza di ipotesi di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle parti e recepite dal giudice precludono la successiva proposizione, in sede di impugnazione di legittimità, di eccezioni o censure attinenti al merito delle valutazioni sottese al prestato consenso, che, essendo frutto del generale potere dispositivo riconosciuto dalla legge alle parti e ratificato dal giudice, non può più dalle stesse essere rimesso in discussione mediante ricorso per cassazione.
Cass. pen. n. 7718/1996
In presenza di una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza, perché l'inevitabile rinvio della causa all'esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l'obbligo dell'immediata declaratoria di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato, stabilito dal primo comma dell'art. 129 c.p.p.
Cass. pen. n. 580/1996
Adempie all'obbligo della motivazione il giudice che, applicando l'art. 444 c.p.p., si limita a rilevare che non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; questo basta a dimostrare che «non è mancata» siffatta valutazione negativa, né occorrono ulteriori precisazioni. Ma quando una specifica causa estintiva viene dedotta dopo la richiesta di pena concordata e prima della decisione, la specialità del procedimento non può giustificare un «minor rigore» nell'osservanza del principio generale sancito dagli artt. 111, comma 1, della Costituzione e 125, comma 3, c.p.p. (relativo all'obbligo della motivazione). (Nella specie la S.C., nell'annullare la sentenza impugnata, ha osservato che la risposta del giudice, che escludeva l'applicazione del cosiddetto «condono» e riteneva di dar corso all'originaria richiesta di pena, risultava sommaria, non bene articolata e compiuta in relazione ai rilievi del richiedente).
Cass. pen. n. 458/1996
In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice, per escludere la sussistenza delle condizioni per una pronuncia ex art. 129 c.p.p., deve attenersi alle emergenze processuali esistenti, senza potere addivenire ad un esame nel merito della fattispecie, perché questo poteva svolgersi solo nel dibattimento che l'imputato ha voluto evitare con la formulazione della richiesta detta, implicante la sua rinuncia a contestare l'addebito mosso ed a fare valere le proprie ragioni.
Cass. pen. n. 839/1996
A seguito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell'imputato, il giudice per le indagini preliminari può adottare la declaratoria di determinate cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., ma ciò non può fare con provvedimento de plano, ma solamente con il rito tipico della fase in corso, cioè l'unico rito a sua disposizione per definire il processo davanti a sé, che è quello camerale dell'udienza preliminare. Né tale procedura è incompatibile con l'obbligo della immediata dichiarazione della causa di non punibilità. L'espressione «immediata declaratoria», peraltro contenuta soltanto nella rubrica della norma, non implica l'adozione del procedimento de plano, ma denota esclusivamente un rapporto di precedenza rispetto ad altri provvedimenti decisionali e, in particolare, rispetto a provvedimenti istruttori. Ne consegue che, ai fini di cui all'art. 129, il Gip non può avvalersi nell'udienza preliminare dei poteri di cui all'art. 422 c.p.p.
Cass. pen. n. 456/1996
In tema di censure attinenti una pretesa erronea declaratoria di una causa di non punibilità, con l'impugnazione si realizza una devoluzione ope legis di ogni questione, anche se non investita dai motivi di ricorso, attinente alla corretta applicazione della causa di non punibilità e con la conseguente necessità di un controllo al fine di accertare la sussistenza dei presupposti in fatto che legittimino il suo riconoscimento nella concreta fattispecie. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio di sentenza di non doversi procedere per intervenuta sanatoria in materia tributaria, la S.C., al di là delle censure proposte dal P.M. ricorrente non condivise, ha individuato in altri fatti, ritenuti come erroneamente valutati dalla sentenza impugnata, l'efficacia preclusiva della configurabilità dell'esimente).
Cass. pen. n. 6081/1996
In tema di impugnazioni, l'intervenuto accordo tra le parti sull'accoglimento in parte dei motivi e di rinuncia agli altri in base al quale in applicazione dell'art. 599 comma quarto c.p.p. sia stata indicata la quantificazione della pena, preclude in modo assoluto la possibilità di prospettare in appello la esistenza di cause di giustificazione e di chiedere la dichiarazione di non punibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p.
Cass. pen. n. 1687/1996
La richiesta di patteggiamento con indicazione di attenuante, la cui operatività comporterebbe la prescrizione del reato, implica una implicita rinuncia alla prescrizione stessa e non impedisce, quindi, che sia applicata la pena richiesta, non dandosi invece luogo all'estinzione del reato.
Cass. pen. n. 2624/1995
Il giudice per le indagini preliminari, richiesto del rinvio a giudizio, anche senza procedere all'udienza preliminare può pronunciare sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ma ciò mai in base ad una modifica della qualificazione giuridica dei fatti, non operabile autonomamente dal giudice al di fuori del dibattimento.
Cass. pen. n. 5449/1995
In caso di richiesta del decreto penale di condanna per violazione dell'art. 665 comma terzo, c.p. per un fatto materiale inquadrabile anche sotto altra fattispecie delittuosa non depenalizzata dall'art. 13 del D.L.vo 13 luglio 1994 n. 480, il Gip non potrà emettere sentenza di non doversi procedere ex art. 129 c.p.p., ma restituire gli atti al P.M. ex art. 459 n. 3 c.p.p., non accogliendo la richiesta di emissione del decreto penale. (Nel caso di specie era stata contestata la violazione dell'art. 110 T.U.L.P.S., non depenalizzato dal D.L.vo 480/94).
Cass. pen. n. 10537/1994
Anche nel sistema del nuovo codice, pur in assenza di una norma analoga a quella di cui all'art. 591 c.p.p. 1930, è consentita l'applicazione dell'indulto in sede di cognizione, come si evince dagli artt. 129 e 300 c.p.p. 1988, che postulano necessariamente la possibilità di una declaratoria di estinzione della pena anche durante il giudizio di cognizione.
Cass. pen. n. 9096/1993
Anche in presenza di una abolitio criminis il giudice, prima di prosciogliere con la corrispondente formula, deve verificare se sussistano le condizioni per l'applicazione di una formula più favorevole, e, quindi, se vi sia la prova che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, come pure se manchi del tutto la prova che il fatto sussista o che l'imputato lo abbia commesso. Con riguardo, però, a tale ultima ipotesi, alla mancanza totale della prova non può equipararsi, sulla scorta di quanto previsto dall'art. 530 comma 2 c.p.p., la insufficienza o contraddittorietà della stessa, giacché altrimenti, posto che la disciplina dettata dall'art. 129 c.p.p. (riproduttivo dell'art. 152 del codice previgente) presuppone il concorso di varie cause di proscioglimento, verrebbe di fatto a vanificarsi il criterio dell'evidenza cui il legislatore, in detta norma ha condizionato la preferenza dell'assoluzione in fatto su ogni altra formula concorrente. In caso poi di morte del reo successiva all'abolitio criminis, la formula di proscioglimento in diritto «perché il fatto non è più preveduto dalla legge come reato» prevale sulla declaratoria di estinzione del reato, non potendosi dichiarare estinto un fatto-reato che la legge non considera più tale.
La norma dell'art. 152 cpv.p.p., regola il concorso processuale tra una causa di estinzione del reato e una formula di assoluzione nel merito, stabilendo che prevalga la seconda ogni volta che sia assistita dall'evidenza della prova. Invece il concorso processuale di più formule di assoluzione nel merito (fatto non sussiste, fatto non commesso dall'imputato, fatto non costituente reato, fatto non previsto dalla legge come reato) non è disciplinato dal testo letterale della norma. In tal caso il giudice deve in presenza di una pluralità di esiti, non tutti egualmente liberatori per l'imputato, ispirandosi al principio del favor rei, scegliere la formula di proscioglimento più ampia, sempre che sia assistita da una prova evidente. In base a tali criteri, quando il fatto non è più preveduto dalla legge come reato, sia in seguito a una pura e semplice abolitio criminis, sia in seguito alla trasformazione dell'illecito penale in illecito amministrativo, il giudice è tenuto a verificare se allo stato degli atti non risulti già evidente che il fatto non sussiste, che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto non costituisce reato. A tal fine, alla prova positiva dell'innocenza (che il fatto non sussiste, che l'imputato non l'ha commesso, ecc.) è equiparata la mancanza totale della prova della responsabilità (ex art. 479, terzo comma, c.p.p. 1930 e art. 530, secondo comma, c.p.p.). L'ulteriore equiparazione operata dallo stesso art. 530, secondo comma, c.p.p. tra mancanza totale e insufficienza o contraddittorietà della prova, invece, non può essere applicata nella sua assolutezza quando sussista un concorso processuale di cause di proscioglimento, perché altrimenti, in tal caso, verrebbe a vanificarsi il criterio della «evidenza» adottato dal legislatore per risolvere il predetto concorso (col risultato paradossale che l'evidenza di cui all'art. 152 cpv. c.p.p. 1930 e all'art. 129 cpv. c.p.p. ricorrerebbe anche quando vi fosse ambiguità probatoria ex art. 530 c.p.p.).
Cass. pen. n. 8859/1993
La regola di giudizio di cui al secondo comma dell'art. 530 c.p.p. — cioè l'obbligo per il giudice di pronunciare sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova della responsabilità — è dettata esclusivamente, per il normale esito del processo sfociante in sentenza emessa dal giudice al compimento dell'attività dibattimentale con piena valutazione di tutto il complesso probatorio acquisitosi in atti. Per contro, detta regola non può trovare applicazione in presenza di causa estintiva di reato. In tale situazione vale la regola di cui all'art. 129 c.p.p., in base alla quale in presenza di causa estintiva del reato, l'inizio di prova ovvero la prova incompleta in ordine alla responsabilità dell'imputato non viene equiparata alla mancanza di prova, ma, per pervenire ad un proscioglimento nel merito, soccorre la diversa regola di giudizio, per la quale deve «positivamente» («... risulta evidente ...» art. 129, secondo comma, c.p.p.) emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato per quanto contestatogli.
Cass. pen. n. 8652/1993
In tema di decreto penale di condanna l'art. 459, terzo comma, c.p.p., consente al giudice per le indagini preliminari che non abbia accolto la richiesta di emissione del decreto di restituire gli atti al pubblico ministero solo quando non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento; qualora, viceversa, sussistano le condizioni previste dall'art. 129 c.p.p. in relazione al reato per il quale la richiesta è stata avanzata, il giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento anche se individua, nella fattispecie, la sussistenza di un reato diverso.
Cass. pen. n. 2437/1991
Il giudice nel dichiarare estinto il reato ex art. 152, primo comma c.p.p. (1930) (idem, art. 129 nuovo codice di rito), non ha l'obbligo di esaminare in modo specifico e approfondito, tutte le emergenze processuali né di esporre dettagliatamente le ragioni della mancata assoluzione nel merito, giacché, in tal caso, la sentenza non è destinata ad acquistare autorità di giudicato ai fini di un giudizio di colpevolezza, ma si esaurisce in una mera delibazione degli elementi acquisiti agli atti ai limitati effetti dell'esclusione dell'applicabilità del secondo comma degli stessi articoli precitati. Tale principio va ribadito anche e soprattutto in relazione al giudizio abbreviato previsto dagli artt. 437 e segg. nuovo c.p.p., perché in esso è lo stesso imputato a rinunciare ad un maggior approfondimento delle indagini per poter fruire della riduzione di pena. (Fattispecie in tema di prescrizione).
Cass. pen. n. 11690/1990
La funzione dell'art. 254 disp. att. nuovo c.p.p. è solo quella di impedire che, dopo l'entrata in vigore del nuovo codice, vengano pronunciate o confermate in sede di impugnazione formule assolutorie non previste dalla nuova normativa. Ne consegue che qualora sia stata applicata, correttamente al momento della pronuncia, una formula che dichiara l'estinzione del reato, essa non può essere modificata in sede di impugnazione, in quanto tuttora consentita.