Art. 507 – Codice di procedura penale – Ammissione di nuove prove
1. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche di ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova [190 2, 509].
1-bis. Il giudice può disporre a norma del comma 1 anche l'assunzione di mezzi di prova relativi agli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento a norma degli articoli 431, comma 2, e 493, comma 3.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 16673/2018
L'esercizio del potere del giudice di assunzione di nuove prove a norma dell'art. 507 cod. proc. pen. sorretto da motivazione insufficiente non determina inutilizzabilità o invalidità, in quanto l'ordinamento processuale non prevede specifiche sanzioni. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto legittima l'ordinanza di ammissione della prova testimoniale degli agenti della polizia giudiziaria, a seguito della declaratoria di inutilizzabilità degli atti di indagine da essi svolti per violazione dell'art. 360 cod. proc. pen., sorretta dalla formula " stante la necessità ai fini del decidere").
Cass. civ. n. 32017/2018
Il potere del giudice di assumere d'ufficio nuovi mezzi di prova a norma dell'art. 507 cod. proc. pen. può essere esercitato anche con riferimento a quelle prove per la cui ammissione si sia verificata la decadenza delle parti per omesso tempestivo deposito della lista testimoniale, ai sensi dell'art. 468, comma 1, cod. proc. pen., poichè il requisito della "novità" non è limitato ai soli mezzi di prova che non avrebbero potuto essere richiesti dalle parti al momento del deposito delle liste testimoniali.
Cass. civ. n. 28597/2017
Nel caso di assunzione di ufficio di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., è riconosciuto alle parti il diritto alla prova contraria, la cui istanza di ammissione integra a tutti gli effetti una richiesta ai sensi dell'art. 495, comma secondo, cod. proc. pen., ma, ai fini del vaglio della ammissibilità della stessa sotto il profilo della non manifesta superfluità o irrilevanza ai sensi dell'art. 190 cod. proc. pen., la parte istante ha l'onere di indicare specificamente i temi sui quali verte la controprova richiesta, atteso che quest'ultima, a differenza di quella articolata su temi indicati dalle parti, deve riferirsi ai fatti sui quali il giudice ha ritenuto indispensabile il supplemento istruttorio ai fini della decisione.
Cass. civ. n. 54274/2016
In tema di ammissione di nuove prove, è esercitabile il potere d'ufficio ex art. 507 cod. proc. pen. anche con riferimento al nuovo esame di un testimone già sentito, purchè su circostanze diverse da quelle già oggetto di prova, poichè il requisito della "novità" si riferisce sia ai mezzi di prova non introdotti precedentemente, sia a quelli provenienti da fonti probatorie già esaminate ma su circostanze e contenuti differenti.
Cass. civ. n. 50761/2016
Il giudice ha il dovere di esplicitare le ragioni per le quali ritenga di non procedere ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., in quanto il potere di disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova rientra nel compito del giudice di accertare la verità ed ha la funzione di supplire all'inerzia delle parti o a carenze probatorie, quando le stesse incidono in maniera determinante sulla formazione del convincimento e sul risultato del giudizio. (Fattispecie di reato previsto dall'art. 256, comma primo, lett. a), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella quale la S.C. ha censurato la sentenza assolutoria per l'immotivato omesso ricorso, da parte del giudice di merito, al potere di cui all'art. 507 cod. proc. pen. per supplire alla carenza probatoria del PM circa la dimostrazione della iscrizione di una cooperativa all'albo dei gestori ambientali).
Cass. civ. n. 42334/2016
Il potere del giudice di disporre d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, previsto dall'art. 507 cod. proc. pen., non comprende anche la possibilità di dare lettura degli atti esistenti nel fascicolo del dibattimento senza l'impulso della parte, non potendosi confondere la lettura di atti con l'assunzione di nuove prove. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso che il giudice, avvalendosi dei poteri di cui all'art. 507 cod. proc. pen., potesse dare lettura della querela ex art. 512 cod. proc. pen., in assenza della richiesta di parte).
Cass. civ. n. 27879/2014
In materia di prove, non è consentito l'esercizio del potere istruttorio del giudice, di cui all'art. 507 cod. proc. pen., al fine di recuperare al fascicolo del dibattimento un atto ontologicamente irripetibile del medesimo procedimento (nella specie, una conversazione telefonica intercettata), dichiarato inutilizzabile a causa del suo omesso deposito nei termini di cui agli artt. 415-bis e 416 cod. del codice di rito.
Cass. civ. n. 22053/2013
È legittima l'acquisizione, ex art. 507 c.p.p., dalle intercettazioni autorizzate ed eseguite in procedimenti diversi e fatte oggetto di trascrizione peritale nel procedimento di importazione, ancorchè non depositate e trasmesse, a norma degli artt. 415, comma secondo, e 416, comma secondo, c.p.p..
Cass. civ. n. 39718/2009
Alla luce del principio già affermato dalla Corte costituzionale (sent. 111/1993) con riferimento ai poteri di integrazione probatoria riconosciuti al giudice dall'art. 507 c.p.p., secondo cui, anche in un sistema di tipo accusatorio, “fine primario e ineludibile del processo penale non può che rimanere quello della ricerca della verità”, deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 441, comma 5, c.p.p.,che, nell'ambito del giudizio abbreviato, assolve ad una finalità del tutto analoga a quella del citato art. 507.
Cass. civ. n. 230/2007
Il giudice di appello, ove sia richiesta la riassunzione di una prova già acquisita o l'assunzione di una prova nuova, perché nota alle parti nel giudizio di primo grado ma non acquisita, dà luogo alla rinnovazione solo se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti ed in tale giudizio deve apprezzare la necessità dell'integrazione anche in relazione alle prospettive di riforma della sentenza impugnata ed alla idoneità della stessa a giustificare un ragionevole dubbio sulla colpevolezza; ove invece sia richiesta l'assunzione di una prova nuova sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado, ne valuta la mera utilità, fuori dei casi di prova dichiarativa nei procedimenti per taluno dei delitti di cui all'art. 51 comma 3 bis c.p.p., non essendo indispensabile per l'assunzione della prova che essa si prospetti come decisiva. (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 41281/2006
Il potere del giudice di disporre d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell'articolo 507 c.p.p., può essere esercitato pur quando non vi sia stata precedente acquisizione di prove, e anche con riferimento a prove che le parti avrebbero potuto chiedere e non hanno chiesto, ma sempre che l'iniziativa probatoria sia assolutamente necessaria e miri, pertanto, all'assunzione di una prova decisiva nell'ambito delle prospettazioni delle parti, non essendo consentito, invece, che il giudice possa coltivare un'ipotesi atonoma e alternativa, pena la violazione del basilare principio di terzietà della giurisdizione.
Cass. civ. n. 41263/2005
L'indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell'ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza dell'imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato. (La S.C. ha confermato la decisione della Corte d'appello che aveva respinto l'istanza di ricusazione, in una fattispecie in cui il richiedente deduceva che il giudice avesse espresso valutazioni sul merito del processo, negando l'ammissione d'ufficio di nuove prove per superfluità delle medesime).
Cass. civ. n. 45998/2003
Anche in relazione al processo innanzi al giudice di pace, la mancata assunzione di una prova decisiva — quale motivo di impugnazione per cassazione — può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova dei quali sia stata chiesta formalmente l'ammissione, e non nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte mediante l'invito al giudice del merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'art. 32 del D.L.vo 274/2000 (che richiama implicitamente la disciplina dell'art. 507 c.p.p.) e questi abbia ritenuto tale mezzo di prova non necessario ai fini della decisione.
Cass. civ. n. 18362/2002
Al fine dell'assolvimento dell'onere di trasmissione al Gip, con la richiesta di rinvio a giudizio, della documentazione relativa alle indagini espletate, il P.M. ha il potere di individuare e allegare gli atti che attengono strettamente ai soggetti e alle imputazioni per cui viene esercitata l'azione penale e, nell'esercizio di esso, ben può stralciare, mediante degli omissis, parti di dichiarazioni rese da persone informate sui fatti o da coimputati in un unico contesto e nell'ambito del medesimo atto processuale. (Nell'affermare tale principio, la Corte ha precisato che gli atti non inseriti tra quelli trasmessi sono inutilizzabili, ma, se ipoteticamente favorevoli all'indagato, sono suscettibili di acquisizione ad opera del giudice su iniziativa della difesa o, in dibattimento, anche di ufficio, a norma dell'art. 507 c.p.p., fermo restando il potere del P.M. di rifiutare, per ragioni connesse al corretto svolgimento delle indagini, l'esibizione di atti contenenti elementi che devono rimanere coperti dal segreto, nei limiti e con le formalità previsti dall'art. 329 dello stesso codice).
Cass. civ. n. 31085/2001
Il provvedimento con il quale il giudice respinge la richiesta della parte alla autorizzazione alla citazione dei testi per genericità dei capitoli di prova, in quanto formulati per relationem al capo di imputazione, è illegittimo, ma non abnorme, atteso che detto provvedimento non si pone fuori dal sistema processuale (essendo specificamente previsto dall'art. 468 cpv. c.p.p.), e non determina la stasi del procedimento, in quanto, da un lato, la parte, conosciuta la ragione del diniego, ben può provvedere alle opportune specificazioni ed integrazioni, reiterando la richiesta, così come può presentare direttamente in dibattimento i testimoni indicati nelle liste; dall'altro, può sollecitare l'esercizio da parte del giudice del potere di assunzione delle prove, ritenute assolutamente necessarie, ai sensi dell'art. 507 c.p.p. (vedasi sentenza Corte costituzionale n. 111 del 1993).
Cass. civ. n. 23436/2001
Il potere del giudice di disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, previsto dall'art. 507 c.p.p., deve essere esercitato, a pena di nullità della sentenza, anche con riferimento ai testimoni del pubblico ministero, preventivamente ammessi ma non citati per l'inerzia della parte, atteso che, tale potere-dovere non ha carattere eccezionale ma è ampio ed ha natura suppletiva. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato per violazione di legge la sentenza di assoluzione pronunciata ex art. 129 c.p.p. dal giudice di primo grado il quale, preso atto della mancata citazione dei testi, già ammessi, indicati dal pubblico ministero, aveva ritenuto essergli precluso l'esercizio del potere di integrazione probatoria di cui all'art. 507 c.p.p.).
Cass. pen. n. 6229 del 11 febbraio 2000
L'inammissibilità della costituzione di parte civile, non fa venir meno la facoltà da parte del giudice di utilizzare, a norma dell'articolo 507 c.p.p., i testi contenuti nella lista della parte civile esclusa. Ed invero, il giudice può assumere anche prove che le parti avrebbero potuto chiedere e non hanno chiesto, quando risultino dagli atti e la loro assunzione appaia decisa in virtù del principio generale ispirato dalla ricerca della verità al fine di pervenire ad una giusta decisione.
Cass. civ. n. 5401/2000
Alla ammissione di una prova nuova ai sensi dell'art. 507 c.p.p., il giudice non può non far seguire l'ammissione anche delle eventuali prove contrarie. Pertanto, l'istanza di ammissione di queste ultime, che non può essere avanzata se non dopo la decisione di disporre d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova una volta esaurita l'attività probatoria già autorizzata, integra a tutti gli effetti esercizio del diritto alla prova e concreta, quindi, rituale richiesta a norma dell'art. 495, secondo comma, c.p.p.
Cass. civ. n. 1759/1999
L'ordinanza del giudice che interrompa la discussione ex art. 507 e 523, comma 6, c.p.p. e disponga l'acquisizione dei verbali di constatazione del reato (nella specie utilizzazione di fatture emesse per operazioni inesistenti) al fine di accertare, trattandosi di reato permanente, la cessazione della permanenza e il termine iniziale del periodo prescrizionale, si inscrive perfettamente nell'ambito previsionale dell'art. 523, comma 6, c.p.p., a tenore del quale, il giudice può interrompere la discussione quando ricorra l'assoluta necessità di assumere nuove prove e, in tal caso, disporre anche d'ufficio l'assunzione dei nuovi mezzi di prova, intendendo per prova nuova, secondo l'insegnamento consolidato di questa Corte, non solo la prova sopravvenuta o successivamente scoperta, ma anche, e più semplicemente, la prova che non sia stata precedentemente disposta senza che, al riguardo, abbia alcun rilievo la distinzione tra prove “di merito” e prove “di rito”, trattandosi di norme preordinate all'accertamento di elementi essenziali per il giudizio, siano essi di natura sostanziale o processuale.
Cass. civ. n. 9104/1998
Il potere del giudice di disporre d'ufficio nuove prove a norma dell'art. 507 c.p.p. non incontra limitazioni di sorta derivanti dal comportamento delle parti: in ordine all'esercizio di tale potere discrezionale, diretto allo scopo fondamentale del processo consistente nell'accertamento della verità, il giudicante deve fornire adeguata motivazione solo se, richiesto circa l'assunzione di determinate prove, ritenga le indagini non necessarie, mentre non ricorre alcun obbligo di motivazione quando i mezzi di prova siano disposti e abbiano influenza sulla decisione.
Cass. civ. n. 8936/1998
Il potere del giudice di disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova previsto dall'art. 507 c.p.p. rientra nel compito del giudice di accertare la verità ed ha la funzione di supplire all'inerzia delle parti o carenze probatorie, quando le stesse incidono in maniera determinante sulla formazione del convincimento e sul risultato del giudizio, sicché la correttezza del suo uso è, in caso di esercizio, agevolmente riscontrabile sulla base dell'utilizzazione dei risultati, mentre una adeguata motivazione deve essere svolta nel caso di omesso esercizio in seguito ad istanza di parte.
Cass. civ. n. 5806/1998
In materia di assunzione di nuove prove, per quanto l'assunzione della nuova prova, legata alla sussistenza dell'assoluta necessità, sia attribuita al giudice come «potere» e non come obbligo, tale potere non deve essere inteso nel senso della mera discrezionalità, postulandosi per l'esercizio di esso un'adeguata motivazione, pur se limitata alla valutazione circa la sussistenza o non dell'assoluta necessità del nuovo mezzo di prova. Tale potere è sindacabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 606 lett. e) c.p.p.
Cass. civ. n. 5770/1998
La inammissibilità della lista proposta dalla parte civile non esclude che il giudice, avvalendosi della facoltà conferita dall'art. 507 c.p.p., possa ritenere «assolutamente necessario» sentire un teste compreso in quella lista comunque acquisita agli atti. La ratio ispiratrice dell'art. 507 c.p.p. è da cercarsi nel fine primario ed ineludibile del processo penale, che rimane la ricerca della verità al fine di pervenire ad una giusta decisione conferendo al giudice il potere di supplire anche a carenze probatorie o a decadenze delle parti.
Cass. civ. n. 10109/1997
In tema di istruzione dibattimentale, all'ammissione di una prova nuova, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., il giudice non può non fare seguire l'ammissione anche delle eventuali prove contrarie, sicché la istanza di ammissione delle eventuali prove contrarie - che non può che essere formulata dopo la decisione di disporre ex officio l'assunzione di nuovi mezzi di prova una volta esaurita l'attività probatoria già autorizzata - integra a tutti gli effetti esercizio del diritto alla prova e concreta, perciò, rituale richiesta a norma dell'art. 495, secondo comma, c.p.p.
Cass. civ. n. 10015/1997
Il potere di ammissione di ufficio di nuove prove, ex art. 507 c.p.p., deve essere esercitato quando risulti assolutamente necessario integrare la prova in relazione alle esigenze di ricerca della verità, ed il carattere della novità, secondo l'espressione ampia usata e la ratio della norma, comprende tutti i mezzi di prova nuovi rispetto a quelli (documentali e/o orali) acquisiti ad iniziativa delle parti, sicché ben può costituire “nuova prova” l'audizione di un teste che sia stato presente al dibattimento, non essendo prevista, al riguardo, nullità alcuna.
Cass. civ. n. 5747/1997
Il giudice ha l'obbligo di ricorrere al potere che l'art. 507 c.p.p. gli conferisce in ordine all'acquisizione anche d'ufficio di mezzi di prova quando ciò sia indispensabile per decidere non essendo rimessa alla sua mera discrezionalità la scelta tra disporre i necessari accertamenti e prosciogliere l'imputato. Inoltre il giudice ha un obbligo specifico di motivazione in ordine al mancato esercizio di tale potere-dovere e perciò la mancanza di una adeguata giustificazione della propria condotta determina un vizio di motivazione lesivo della legge dal quale discende la nullità della sentenza e la necessità del rinvio al giudice di merito per un nuovo giudizio. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale il pretore aveva prosciolto l'imputato invece di ricorrere al potere di integrazione per verificare, ai fini della valutazione dell'utilizzabilità della prova, se erano stati rispettati i diritti di difesa, avendo il pubblico ministero omesso di produrre di propria iniziativa la prova dell'avvenuto avviso).
Cass. civ. n. 2542/1997
Nel nostro sistema processuale, pur avendo l'organo decidente carattere di terzietà, ha un residuale potere officioso di integrazione probatoria al fine di colmare le lacune lasciate dalle emergenze acquisite su impulso delle parti. Invero il giudice, ex art. 507 c.p.p., può disporre nuove prove, avendo come criterio direttivo e discretivo l'assoluta necessità di completamento delle acquisizioni emerse nell'istruzione dibattimentale: in tal modo il giudice supera l'inerzia delle parti o può far propria un'iniziativa delle stesse formalmente scorretta. Pertanto, il mancato adempimento dell'onere di formulare la richiesta dei mezzi di prova nei modi e nei termini di legge non comporta l'impossibilità assoluta della loro assunzione, ma fa sì che la parte sia esposta alla decisione discrezionale del giudice. (Nella specie, relativa a rigetto di motivo di ricorso avverso l'ordinanza con la quale il pretore, attivando i suoi poteri di ufficio ex art. 507 c.p.p., aveva acquisito esclusivamente prove a sostegno dell'accusa e non quelle di segno opposto richieste dalla difesa, la S.C. ha altresì osservato che «Differente situazione si determina quando la parte ha fatto richiesta di una prova decisiva ai sensi dell'art. 495 comma secondo c.p.p.; in tale ipotesi, il diritto della prova, inopinatamente non ammessa, si sostanzia in un error in procedendo che consente il ricorso in Cassazione (art. 606 comma primo sub d c.p.p.)».
Cass. civ. n. 8259/1997
Il ricorso all'integrazione probatoria di ufficio, effettuato prima che sia terminata l'acquisizione delle prove, costituisce una mera irregolarità procedimentale che, in mancanza di una specifica previsione normativa, non determina alcuna nullità o inutilizzabilità. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha rigettato il ricorso con il quale era stata dedotta, tra l'altro, violazione di legge perché si assumeva che il giudice di merito aveva fatto ricorso all'integrazione probatoria di ufficio, rinnovando l'incarico peritale quando l'acquisizione delle prove non era neppure iniziata).
Cass. civ. n. 5102/1996
Legittimamente va disposta dal giudice, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., l'acquisizione al processo, con conseguente utilizzabilità, del provvedimento prefettizio di sospensione della patente di guida adottato nei confronti di soggetto imputato del reato di cui all'art. 218, comma 6, D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285, il quale si trovava inserito nel fascicolo del P.M., in difetto di divieti normativi ed essendo il documento rilevante sul piano probatorio per una giusta decisione.
Cass. civ. n. 363/1996
Il potere del giudice di disporre d'ufficio nuove prove di cui all'art. 507 c.p.p. è stato previsto in funzione di riequilibrio per supplire alle carenze probatorie delle parti, quando tali carenze possano incidere in modo determinante sulla formazione del convincimento e sul risultato del giudizio. Perciò il giudice ha la possibilità di esercitare il potere suppletivo conferitogli anche quando vi sia stata una assoluta inerzia da parte della pubblica accusa ed a maggior ragione quando, come nel caso di specie, il giudice ha ritenuto di dover escludere dagli atti del fascicolo del dibattimento, in quanto non atti irripetibili, la nota del genio civile e il rapporto dei vigili urbani sulla base dei quali l'accusa aveva ritenuto di poter documentalmente provare, senza bisogno di indicare ulteriori fonti di prova, gli illeciti urbanistici contestati all'imputato.