Art. 192 – Codice di procedura penale – Valutazione della prova
1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati [546 1 lett. e)].
2. L'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti [2729].
3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità [210, 238 bis, 500 4].
4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b).
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 648/2017
In tema di testimonianza del minore vittima di abusi sessuali, il giudice non è vincolato, nell'assunzione e valutazione della prova, al rispetto delle metodiche suggerite dalla cd. "Carta di Noto", salvo che non siano già trasfuse in disposizioni del codice di rito con relativa disciplina degli effetti in caso di inosservanza, di modo che la loro violazione non comporta l'inutilizzabilità della prova così assunta; tuttavia, il giudice è tenuto a motivare perchè, secondo il suo libero ma non arbitrario convincimento, ritenga comunque attendibile la prova dichiarativa assunta in violazione di tali metodiche, dovendo adempiere ad un onere motivazionale sul punto tanto più stringente quanto più grave e patente sia stato, anche alla luce delle eccezioni difensive, lo scostamento dalle citate linee guida.
Cass. civ. n. 18940/2017
In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, qualora una chiamata in correità riguardi la condotta di partecipazione al sodalizio o di direzione dello stesso, un riscontro esterno individualizzante - idoneo, ai sensi dell'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. a conferire alla chiamata valore di prova -, è costituito dalla partecipazione del singolo chiamato alla consumazione dei delitti fine dell'associazione, atteso che, attraverso tale condotta, si manifesta il ruolo effettivo e dinamico del singolo nel gruppo criminale, e, quindi, la sua adesione ad esso.
Cass. civ. n. 20884/2017
Ai fini della formazione del libero convincimento del giudice, sussiste un effettivo contrasto fra le opposte versioni rese dall'imputato e dalla persona offesa, oggetto di valutazione da parte del giudice anche al fine di verificare l'attendibilità di quest'ultima, solo nel caso in cui sia l'imputato personalmente ad aver fornito la contrastante versione dei fatti, non essendo sufficiente invece una mera prospettazione da parte del suo difensore. (In applicazione di questo principio la S.C. ha rigettato il ricorso dell'imputato, accusato di violenza sessuale, rilevando che la tesi del rapporto sessuale consensuale era stata prospettata dal solo difensore, mentre l'imputato aveva dichiarato invece che il fatto non si era verificato).
Cass. civ. n. 25266/2017
In tema di chiamata di correo, l'esclusione dell'attendibilità per una parte del racconto non implica, per il principio della cosiddetta "frazionabilità" della valutazione, un giudizio di inattendibilità con riferimento alle altre parti intrinsecamente attendibili e adeguatamente riscontrate, a condizione che: non sussista un'interferenza fattuale e logica tra la parte del narrato ritenuta falsa e le rimanenti parti; l'inattendibilità non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere la stessa credibilità del dichiarante; sia data una spiegazione alla parte della narrazione risultata smentita - per esempio, con riferimento alla complessità dei fatti, al tempo trascorso dal loro accadimento o alla scelta di non coinvolgere un prossimo congiunto o una persona a lui cara - in modo che possa, comunque, formularsi un giudizio positivo sull'attendibilità soggettiva del dichiarante.
Cass. civ. n. 48571/2016
In tema di valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni rese da vittima minorenne, la sottoposizione del dichiarante al cd. test di Rorschach non costituisce prova decisiva la cui mancata assunzione integra vizio della decisione ai sensi dell'art. 606, comma primo, lettera d), cod. proc. pen., in quanto il predetto test rappresenta solo uno dei diversi metodi scientifici di indagine psicologica sulla personalità del minore adoperati per stimarne la maturità psichica e la capacità a testimoniare, il cui utilizzo è rimesso alla discrezionalità del perito.
Cass. civ. n. 38149/2015
La confessione stragiudiziale dell'imputato assume valore probatorio secondo le regole del mezzo di prova che la immette nel processo e, ove si tratti di prova dichiarativa, con l'applicazione dei relativi criteri di valutazione. (Fattispecie in cui le dichiarazioni confessorie dell'indagato erano entrate a far parte del compendio probatorio attraverso un referto medico confermato dalle dichiarazioni di una testimone ritenuta attendibile dai giudici di merito).
Cass. civ. n. 4150/2015
La dichiarazione liberatoria di un coimputato, o comunque di un soggetto che va esaminato ai sensi dell'art. 197 bis c.p.p., deve essere valutata "unitamente agli altri elementi che ne confermano l'attendibilità" (art. 192, comma terzo, c.p.p.), e non costituisce, pertanto, da sola, "prova nuova" agli effetti della richiesta di revisione, bensì mero elemento probatorio integrativo di quelli confermativi.
Cass. civ. n. 46100/2015
In tema di valutazione della prova testimoniale, la vulnerabilità della persona offesa, nella misura in cui produce fratture non decisive della progressione dichiarativa, emergenti anche a seguito delle contestazioni, e si manifesta attraverso un contegno timoroso, non è un elemento che può, da solo, determinare una valutazione di inattendibilità, dovendo la credibilità dei contenuti essere valutata anche sulla base della comunicazione non verbale, della quale deve essere verificata la coerenza con le cause della vulnerabilità e, segnatamente, con la relazione che lega il dichiarante con l'accusato. (Nella specie, la S.C. ha reputato immune da censure la valutazione della Corte territoriale, secondo cui l'atteggiamento particolarmente agitato ed impaurito del testimone ne avvalorava l'attendibilità, in quanto pienamente coerente con il clima di intimidazione causato dal comportamento dell'imputato).
Cass. civ. n. 47033/2015
In tema di dichiarazioni rese dal teste minore vittima di reati sessuali, la valutazione della sua attendibilità è compito esclusivo del giudice, che deve procedere direttamente all'analisi della condotta del dichiarante, della linearità del suo racconto e dell'esistenza di riscontri esterni allo stesso, non potendo limitarsi a richiamare il giudizio al riguardo espresso da periti e consulenti tecnici, cui non è delegabile tale verifica, ma solo l'accertamento dell'idoneità mentale del teste, diretta ad appurare se questi sia stato capace di rendersi conto dei comportamenti subiti, e se sia attualmente in grado di riferirne senza influenze dovute ad alterazioni psichiche.
Cass. civ. n. 47304/2015
In tema di valutazione della prova, allorché il chiamante in correità renda dichiarazioni che concernono una pluralità di fatti-reato commessi dallo stesso soggetto e ripetuti nel tempo, l'elemento di riscontro esterno per alcuni di essi fornisce sul piano logico la necessaria integrazione probatoria della chiamata anche in ordine agli altri, purché sussistano ragioni idonee a suffragare tale giudizio e ad imporre una valutazione unitaria delle dichiarazioni accusatorie, quali l'identica natura dei fatti in questione, l'identità dei protagonisti, o di alcuni di essi, e l'inserirsi dei fatti in un rapporto intersoggettivo unico e continuativo.
Cass. civ. n. 47602/2014
In tema di valutazione della prova, il giudice di merito, in base al principio della scindibilità delle dichiarazioni, ben può ritenere veridica solo una parte della confessione resa dall'imputato, e nel contempo disattenderne altre parti, allorché si tratti di circostanze tra loro non interferenti sul piano logico e fattuale, e sempre che giustifichi la scelta con adeguata motivazione.
Cass. civ. n. 602/2014
In tema di prova indiziaria, alla Corte di Cassazione compete il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione degli indizi, nonché la verifica della completezza, della correttezza e della logicità del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute per qualificare l'elemento indiziario, ma non, anche, un nuovo accertamento che ripeta l'esperienza conoscitiva del giudice del merito.
Cass. civ. n. 46483/2013
In tema di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, il c.d. "pentimento", collegato nella maggior parte dei casi a motivazioni utilitaristiche ed all'intento di conseguire vantaggi di vario genere, non può essere assunto ad indice di una metamorfosi morale del soggetto già dedito al crimine, capace di fondare un'intrinseca attendibilità delle sue propalazioni. Ne consegue che l'indagine sulla credibilità del collaboratore deve essere compiuta dal giudice non tanto facendo leva sulle qualità morali della persona - e quindi sulla genuinità del suo pentimento - quanto sulle ragioni che possono averlo indotto alla collaborazione e sulla valutazione dei suoi rapporti con i chiamati in correità, oltre che sulla precisione, coerenza, costanza e spontaneità delle dichiarazioni.
Cass. civ. n. 43311/2013
In tema di valutazione della prova, nell'applicazione del disposto di cui all'art. 192, comma terzo, c.p.p., una causale del delitto specifica ed univoca non costituisce un semplice indizio, ma può fungere da riscontro a dichiarazioni dotate dei requisiti di credibilità ed attendibilità.
Cass. civ. n. 42482/2013
In tema di valutazione della prova indiziaria, il metodo di lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non può perciò prescindere dalla operazione propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità, per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo.
Cass. civ. n. 40992/2013
In tema di reati tributari, il tribunale del riesame, chiamato a decidere sul sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, non può rideterminare l'ammontare della imposta evasa (nella specie, calcolata induttivamente mediante studi di settore) e, quindi, il "quantum" da sottoporre al vincolo reale trattandosi di valutazione riservata al giudizio di merito.
Cass. civ. n. 40000/2013
In tema di chiamata di correo, è legittima una valutazione frazionata della dichiarazione a condizione, però, che alla parte ritenuta attendibile possa essere riconosciuta una sua autonomia (nel senso che non sia strettamente interconnessa, sul piano fattuale e logico con quella ritenuta falsa o, comunque, non credibile) e soprattutto che sia data una spiegazione alla parte della narrazione risultata smentita - per esempio con la difficoltà di mettere a fuoco un ricordo lontano; con la complessità dei fatti e la possibile confusione degli stessi e persino con la scelta del dichiarante di non coinvolgere un prossimo congiunto o una persona a lui cara - in modo che possa, comunque, formularsi un giudizio positivo sull'attendibilità soggettiva del dichiarante. (In applicazione del principio, la Corte ha censurato la decisione del giudice di merito che aveva utilizzato solo una parte delle dichiarazioni di un chiamante in correità, senza fornire alcuna spiegazione delle ragioni per le quali l'inattendibilità di un'altra parte di esse non avesse intaccato la credibilità soggettiva del propalante).
Cass. civ. n. 20804/2013
Alla chiamata in correità o in reità "de relato" si applica l'art. 195 cod. proc. pen. anche quando la fonte diretta sia un imputato di procedimento connesso, ex art. 210 cod. proc. pen., o un teste assistito, ex art. 197 bis, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 16981/2013
L'esame testimoniale del minore, vittima di abusi sessuali, non richiede obbligatoriamente l'assistenza di un esperto di psicologia infantile, non essendo quest'ultima imposta dalla legge. (In motivazione, la S.C. ha ricordato che le Carte intenzionali di Noto e Lanzarote raccomandano, più che la presenza dell'esperto, la videoregistrazione dell'esame).
Cass. civ. n. 8057/2013
In tema di reati sessuali, una volta accertata la capacità di comprendere e riferire i fatti della persona offesa minorenne, la sua deposizione deve essere inquadrata in un più ampio contesto sociale, familiare e ambientale, al fine di escludere l'intervento di fattori inquinanti in grado di inficiarne la credibilità. (Fattispecie nella quale la S.C. ha confermato la valutazione dei giudici di merito secondo la quale la narrazione della vittima era stata condizionata da un clima di contrapposizione tra i genitori, che aveva generato il pericolo di possibili costruzioni colpevoliste in danno dell'imputato).
Cass. civ. n. 3256/2013
In tema di reati sessuali, è legittima la valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa e l'eventuale giudizio di inattendibilità, riferito ad alcune circostanze, non inficia la credibilità delle altre parti del racconto, sempre che non esista un'interferenza fattuale e logica tra gli aspetti del narrato per i quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicità e quelli che siano intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrati. (Nella specie è stata ritenuta legittima la sentenza di merito che, pur condannando gli imputati per il reato previsto dall'art. 609 bis c.p. per effetto delle dichiarazioni della vittima, ha escluso la sussistenza della violenza sessuale di gruppo sul presupposto che alcune di tali dichiarazioni non fossero verosimili).
Cass. civ. n. 1235/2013
La valutazione del giudice in ordine all'attitudine a testimoniare e alla credibilità del minore vittima di reati sessuali deve essere fondata su una perizia e, qualora tale accertamento non sia stato svolto o non abbia rispettato i protocolli generalmente riconosciuti dalla comunità scientifica, devono essere valorizzati altri elementi di prova o di riscontro oggettivi di cui deve essere fornita adeguata motivazione. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto carente di motivazione la sentenza di merito che aveva basato il giudizio di credibilità del minore sul giudizio di esperti che non si erano attenuti alle regole in genere seguite dai periti).
Cass. civ. n. 1234/2013
La capacità a testimoniare e l'attendibilità delle dichiarazioni del bambino in tenera età, vittima di abusi sessuali, devono essere accertate mediante perizia disposta dal giudice secondo i protocolli convalidati dalla comunità scientifica, le cui risultanze non possono essere sostituite dalle valutazioni psicologiche compiute informalmente dagli operatori in servizio presso la comunità in cui la vittima sia ospitata, sicché, in mancanza di detta perizia, il giudice può valorizzare altri elementi di prova o di riscontro oggettivi di cui deve fornire adeguata e puntuale motivazione.
Cass. civ. n. 34525/2012
Deve considerarsi rispettosa dei principi normativi di cui all'art. 192 cod. proc. pen. l'utilizzazione di convergenti dichiarazioni accusatorie "de relato", purchè le stesse si inseriscano in un quadro probatorio ovvero indiziario comunque apprezzabile, si caratterizzino nello specifico per credibilità ed affidabilità e purchè il rigoroso controllo del sapere dei dichiaranti investa tutti i momenti dell'acquisizione conoscitiva e tutti i personaggi che l'hanno resa possibile. (In motivazione, la Corte ha precisato che negare rilevanza probatoria alla chiamata indiretta riscontrata da chiamata della medesima natura darebbe luogo ad una sorta di valutazione legale della portata probatoria di un fatto comunque rilevante, in contrasto al principio del libero convincimento del giudice).
Cass. civ. n. 16939/2012
Ai fini della valutazione della chiamata in correità, le dichiarazioni "de relato" rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 c.p.p. e non confermate dal soggetto indicato come fonte di informazione, possono costituire elemento indiziario idoneo a fondare la dichiarazione di colpevolezza soltanto se confortate, ai sensi dell'art 192, comma terzo, c.p.p., da riscontri estrinseci certi, univoci, specifici, individualizzanti, e tali da consentire un collegamento diretto ed obiettivo con i fatti contestati e con la persona imputata. Ne consegue che il riscontro ad una chiamata in reità o correità "de relato" non può essere integrato da un'altra chiamata dello stesso tipo priva dei suddetti riscontri, mentre plurime chiamate "de relato" ben possono ritenersi reciprocamente corroborate e idonee a fondare il giudizio di colpevolezza, purchè sottoposte alla verifica di attendibilità, intrinseca ed estrinseca, e supportate da riscontri esterni muniti delle su indicate caratteristiche.
Cass. civ. n. 5905/2012
In tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d'esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l'ipotesi all'apparenza più verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti.
Cass. civ. n. 4996/2012
E illegittima la sentenza d'appello che, in riforma di quella assolutoria, condanni l'imputato sulla base di una alternativa, e non maggiormente persuasiva, interpretazione del medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo grado di giudizio, in quanto tale inidonea a far cadere ogni ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell'imputato.
Cass. civ. n. 4976/2012
Alle indicazioni di reità provenienti da conversazioni intercettate non si applica la regola di valutazione di cui all'art. 192, comma terzo, c.p.p. ma quella generale del prudente apprezzamento del giudice, non essendo esse assimilabili alle dichiarazioni che il coimputato del medesimo reato o la persona imputata in procedimento connesso rende in sede di interrogatorio dinanzi all'autorità giudiziaria. (Nella specie, in adesione al principio, la S.C. ha ritenuto utilizzabile un colloquio privato oggetto di intercettazione nel corso del quale la persona offesa del reato di estorsione aveva rivelato il nome del responsabile del reato fino ad allora tenuto volutamente celato agli inquirenti).
Cass. civ. n. 3882/2012
Gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell'imputato e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano: a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi.
Cass. civ. n. 649/2012
La valutazione della ricorrenza dell'elemento psicologico del reato richiede ordinariamente il previo esame della condotta, posto che, per ricostruire il fatto psichico interno del soggetto agente, deve farsi ricorso a massime di esperienza che consentano di desumerlo da elementi esterni direttamente accessibili e riscontrabili.