Art. 238 – Codice di procedura penale – Verbali di prove di altri procedimenti
1. È ammessa [511 bis] l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale se si tratta di prove assunte nell'incidente probatorio [392] o nel dibattimento [510].
2. È ammessa [511 bis] l'acquisizione di verbali di prove assunte in un giudizio civile definito con sentenza che abbia acquistato autorità di cosa giudicata [324].
2-bis. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati contro l'imputato soltanto se il suo difensore ha partecipato all'assunzione della prova o se nei suoi confronti fa stato la sentenza civile.
3. È comunque ammessa l'acquisizione della documentazione di atti che non sono ripetibili. Se la ripetizione dell'atto è divenuta impossibile per fatti o circostanze sopravvenuti, l'acquisizione è ammessa se si tratta di fatti o circostanze imprevedibili.
4. Al di fuori dei casi previsti dai commi 1, 2, 2-bis e 3, i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati nel dibattimento solo nei confronti dell'imputato che vi consenta; in mancanza di consenso, detti verbali possono essere utilizzati per le contestazioni previste dagli articoli 500 e 503.
5. Salvo quanto previsto dall'articolo 190 bis, resta fermo il diritto delle parti di ottenere a norma dell'articolo 190 l'esame delle persone le cui dichiarazioni sono state acquisite a norma dei commi 1, 2, 2-bis e 4 del presente articolo [468 4-bis, 495 1, 511 2, 511 bis].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 57105/2018
I gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'art. 273, comma 1, cod. proc. pen., per l'applicazione e il mantenimento di misure cautelari personali possono essere validamente desunti anche da sentenze non ancora irrevocabili, senza che ciò comporti violazione dell'art. 238-bis, cod. proc. pen. che, nel prevedere che possano essere acquisite e valutate come prova le sentenze divenute irrevocabili, si riferisce al giudizio di colpevolezza e non alle condizioni di applicabilità delle misure cautelari, nè dell'art. 238, comma 2-bis, cod. proc. pen. che, nel subordinare l'acquisizione di dichiarazioni rese in altri procedimenti alla condizione che il difensore abbia partecipato alla loro assunzione, si riferisce anch'esso al solo giudizio sulla responsabilità.
Cass. civ. n. 1405/2017
L'utilizzazione degli atti di indagine compiuti in territorio estero dalla polizia straniera, ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per l'adozione di provvedimenti cautelari, non è condizionata all'accertamento, da parte del giudice italiano, della regolarità degli atti compiuti dall'autorità straniera, vigendo una presunzione di legittimità dell'attività svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l'eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità riscontrate. (In forza di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso che lamentava la mancata trasmissione degli originali dei decreti autorizzativi e dei verbali di ascolto delle intercettazioni effettuate dalle autorità olandesi, successivamente trasmesse a quelle italiane a seguito della rogatoria richiesta da quest'ultima).
Cass. civ. n. 1628/2016
In tema di prova documentale, le sentenze del giudice tributario, ancorché definitive, non vincolano quello penale, in quanto l'art. 238 bis cod. proc. pen. consente l'acquisizione in dibattimento delle sentenze divenute irrevocabili, disponendo peraltro che esse siano valutate a norma degli artt. 187 e 192, comma terzo, dello stesso codice, ai fini della prova del fatto in esse accertato.
Cass. civ. n. 24383/2015
Le risultanze di un precedente giudicato penale acquisite ai sensi dell'art. 238 bis cod. proc. pen., anche nella parte in cui affermano fatti favorevoli all'imputato, devono essere valutate alla stregua della regola probatoria di cui all'art. 192, comma terzo cod. proc. pen.. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione dall'accusa di omicidio volontario emessa assumendo, come premessa indiscussa, una precedente sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti di altro soggetto, e che aveva preso atto delle dichiarazioni di quest'ultimo, il quale si era addossato la totale responsabilità del fatto ed aveva scagionato l'imputato del processo in corso).
Cass. civ. n. 41874/2013
Anche le sentenze pronunciate dal Tribunale per i minorenni, se divenute irrevocabili, possono essere acquisite ai fini della prova del fatto in esse accertato ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p..
Cass. civ. n. 37241/2013
È illegittima l'acquisizione e l'utilizzazione a fini probatori di verbali di dichiarazioni rese in diverso procedimento (nella specie, in procedimento di volontaria giurisdizione), se non seguita, al di fuori dei casi e delle forme previsti dall'art. 238 c.p.p., dalla citazione del dichiarante e dalla sua escussione in contraddittorio.
Cass. civ. n. 18398/2013
L'acquisizione della sentenza irrevocabile di assoluzione del coimputato del medesimo reato non vincola il giudice, che, fermo il principio del "ne bis in idem", può rivalutare anche il comportamento dell'assolto, al fine di accertare la sussistenza ed il grado di responsabilità dell'imputato da giudicare.
Cass. civ. n. 5880/2013
È legittima l'acquisizione nel processo penale dell'interrogatorio formale reso dall'imputato nel procedimento civile, quando questo risulta definito, ancorché con conciliazione giudiziale, trattandosi di atto proveniente da un processo al quale il medesimo soggetto ha partecipato, esplicando la sua difesa.
Cass. civ. n. 11488/2010
Le sentenze divenute irrevocabili, acquisite ai sensi dell'art. 238-bis c.p.p., costituiscono prova dei fatti considerati come eventi storici, mentre le dichiarazioni in esse riportate restano soggette al regime di utilizzabilità previsto dall'art. 238 comma secondo bis c.p.p., e possono quindi essere utilizzate, nel diverso procedimento, contro l'imputato soltanto se il suo difensore aveva partecipato all'assunzione della prova.
Cass. civ. n. 16703/2009
Le dichiarazioni rese dall'imputato in diverso procedimento penale possono essere utilizzate, ex art. 238, comma terzo, c.p.p. richiamato dal successivo art. 511 bis, qualora egli rifiuti di sottoporsi ad esame, in quanto detto rifiuto, rendendo irripetibile l'atto compiuto con l'interrogatorio davanti al P.M., legittima l'acquisizione del relativo verbale.
Cass. civ. n. 39358/2008
In tema di prova documentale, le sentenze pronunciate dal giudice tributario, se non definitive, non hanno efficacia vincolante nel giudizio penale ; diversamente, una volta divenute irrevocabili, sono acquisibili agli atti del dibattimento e valutabili ai fini della decisione a norma dell'art. 238 bis c.p.p. (Fattispecie in tema di reati tributari ).
Cass. civ. n. 46040/2003
Deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell'art. 238 terzo comma c.p.p., l'acquisizione della documentazione degli atti compiuti dalla Polizia straniera che abbia proceduto al sequestro, e all'immediata trasmissione al laboratorio di analisi del Ministero della Giustizia del Paese (nella specie: l'Olanda ), di ingenti quantità di sostanza rilevatasi, a seguito degli accertamenti, stupefacente (nella specie: hashish ) poiché il rischio di perdita del principio attivo, con il trascorrere del tempo, nella sostanza stupefacente rende gli atti compiuti non ripetibili.
Cass. civ. n. 21367/2003
Gli atti di indagine assunti nell'ambito di un altro procedimento ed acquisiti ai sensi dell'art. 238 c.p.p. sono utilizzabili, ai fini dell'emissione di una misura cautelare personale, anche se intervenuti dopo la scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari.
Cass. civ. n. 5618/2000
Il principio di prova, contenuto nel giudicato penale acquisito ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p., va considerato alla stregua del criterio valutativo fissato dall'art. 192 comma 3 c.p.p., ma ha come oggetto non solo il “fatto” direttamente riferibile alla statuizione fissata nel dispositivo, ma ogni acquisizione fattuale evidenziata anche nel corpo della motivazione. Ne consegue, pure al di fuori di ogni obbligo per il giudice che l'utilizza, in ordine alla valutazione dei fatti contenuti nella sentenza irrevocabile che, una volta identificato il “fatto” accertato, rimane esclusa la possibilità di un controllo della sua fonte probatoria, anche sotto il profilo della rituale acquisizione in quel processo concluso con sentenza irrevocabile. (Ha specificato la Corte che in tal senso nessuna eccezione di ordine processuale attinente alla prova - non solo quelle già dedotte ma anche quelle “deducibili” nel processo la cui sentenza è divenuta giudicato - può essere proposta al fine di porre in discussione la semiplena probatio conferita dall'art. 238 bis c.p.p.).
Cass. civ. n. 1710/2000
È legittima l'acquisizione al fascicolo del dibattimento, ai fini della prova dei fatti in esse accertati, di sentenze di primo e secondo grado, annullate in parte qua dalla Corte di cassazione, allorché la loro utilizzazione sia limitata dal giudice a quella parte di esse coperata da giudicato parziale. (Nella specie, la S.C. aveva disposto l'annullamento con rinvio in ordine al punto concernente la configurabilità della continuazione, mentre aveva rigettato i ricorsi per quanto riguardava l'affermazione di responsabilità dei ricorrenti, sicché risultava definitivamente accertata la loro partecipazione ai vari episodi criminosi che rilevavano ai fini della verifica di veridicità dlele dichiarazioni rese).
Cass. civ. n. 10107/1998
È legittima l'utilizzazione, ai fini della prova dei fatti accertati, di una sentenza (nella specie di un giudice dell'udienza preliminare), divenuta irrevocabile nel corso del giudizio, a nulla rilevando che al momento dell'acquisizione non lo fosse ancora.
Cass. civ. n. 5894/1997
In tema di prove, le risultanze di un precedente giudicato penale acquisite ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p., devono essere valutate alla stregua della regola probatoria di cui all'art. 192, comma terzo, c.p.p., ovvero come elemento di prova la cui valenza, per legge non autosufficiente, deve essere corroborata da altri elementi di prova che lo confermino. Al riguardo deve ritenersi che la locuzione codicistica «fatto accertato» con sentenza irrevocabile vada riferita non solo alla statuizione contenuta in dispositivo, ma anche alle acquisizioni di fatto risultanti dalla motivazione del provvedimento.
Cass. civ. n. 1151/1997
In tema di prove, una volta annullata una sentenza per difetto della notifica del decreto di citazione per il giudizio, non può essere utilizzato alcuno degli atti assunti nel corso del precedente procedimento conclusosi con la sentenza poi annullata, dal momento che in esso non era stato ritualmente costituito il rapporto processuale. (Nella fattispecie si trattava di verbali di deposizioni testimoniali rese nel precedente procedimento conclusosi con la sentenza annullata, prodotti dal P.M. nel corso del nuovo giudizio ed acquisiti agli atti senza alcun interpello della difesa; la Suprema Corte, in applicazione del principio di cui in massima, ha ritenuto illegittima l'acquisizione di detti verbali).
Cass. civ. n. 5513/1996
Non è consentito dedurre in modo automatico la sussistenza della calunnia a carico dell'accusatore dall'intervenuto proscioglimento nel merito per il reato di cui un soggetto era stato coscientemente incolpato e il giudicato, sia pure definitivo, rispetto al reato oggetto di incolpazione deve essere valutato autonomamente e liberamente nel giudizio per la calunnia. Non esiste infatti nell'ordinamento processuale nessuna disciplina in ordine alla efficacia del giudicato nell'ambito di un altro procedimento penale, a differenza di quanto avviene per i rapporti fra il giudizio civile, amministrativo e disciplinare, mentre l'art. 238 bis c.p.p. consente l'acquisizione in dibattimento di sentenze divenute irrevocabili, ma dispone che siano valutate a norma degli artt. 197 e 192 comma 3.
Cass. civ. n. 12827/1995
Qualora venga proposto un unico atto di querela per reati diversi che fanno capo a distinte competenze territoriali dell'A.G. e si proceda per essi separatamente, ben può una delle due autorità giudiziarie, avvalendosi dei poteri ex art. 238, comma 3, c.p.p., posto che la querela è certamente atto non ripetibile oltre il termine di legge, acquisire agli atti copia della stessa, che poi forma il fascicolo per il dibattimento e della quale può dare letture al dibattimento.
Cass. civ. n. 9320/1995
Le dichiarazioni rese da coimputati o da imputati di reato connesso o collegato nel corso delle indagini preliminari sono utilizzabili a fini di decisione, e non soltanto per le contestazioni a norma degli artt. 503, quarto comma, e 500, terzo comma, c.p.p. E ciò per il regime di utilizzazione delle dichiarazioni risultanti dalla sentenza costituzionale n. 255 del 1992, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità dell'art. 500, terzo e quarto comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento, se sono state utilizzate per le contestazioni, delle dichiarazioni precedentemente rese e contenute nel fascicolo del pubblico ministero, nonché, ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità dell'art. 2, n. 76, nella legge-delega, nella parte in cui prevede il potere di allegare nel fascicolo processuale, tra gli atti utilizzati per le contestazioni, solo le sommarie informazioni assunte dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero nel corso delle perquisizioni ovvero sul luogo e nell'immediatezza del fatto e non anche le dichiarazioni precedentemente rese da testimoni e contenute nel fascicolo del pubblico ministero; senza contare la «novellazione» apportata al testo dell'art. 500 dall'art. 7 del decreto legge n. 306 del 1992 e, soprattutto, al quarto, quinto e sesto comma di tale articolo, ove è previsto un complesso regime di utilizzazione a fini di prova delle dichiarazioni di cui le parti si sono servite per le contestazioni. Inoltre, a norma dell'art. 513 c.p.p., quale risultante a seguito della già ricordata sentenza costituzionale n. 254 del 1992, l'ipotesi del coimputato che rifiuti di rendere dichiarazioni è stata inserita nel sistema speciale disciplinato dall'art. 513, primo comma, c.p.p., che concerne il potere del giudice di disporre la lettura (a cui consegue l'allegazione al fascicolo per il dibattimento, ex art. 515 c.p.p.) delle dichiarazioni rese fuori del dibattimento dai soggetti indicati dall'art. 210 c.p.p. Poiché, poi, come ha osservato la Corte costituzionale nella sentenza adesso ricordata, la disciplina risultante dalla parziale dichiarazione d'illegittimità implica che gli imputati in procedimento connesso «hanno la possibilità di sottrarsi, in tutto o in parte, all'esame, così determinando, nel caso in cui avessero reso precedenti dichiarazioni, quel tipo di situazione che lo stesso legislatore delegato ha inteso qualificare come un'ipotesi di impossibilità sopravvenuta dell'atto», il regime di utilizzazione degli atti è quello predisposto dagli artt. 238 e 511 bis e non quello enucleato dagli artt. 500 e 503, con conseguente utilizzabilità di tali atti a fini di prova, a norma dell'art. 526, primo comma, c.p.p. (v. Corte cost., n. 254 e 255 del 1992).
Cass. civ. n. 727/1995
Una volta acquisite ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p., le sentenze irrevocabili sono valutabili entro i limiti ben precisi indicati dagli artt. 187 e 192 comma 3 stesso codice. Pertanto il giudice, perché tali sentenze, assimilate alle dichiarazioni accusatorie del reo o del correo, assurgano a dignità di prova nel diverso processo penale al quale vengono acquisite, deve, in primo luogo, nel contraddittorio delle parti, accertare la veridicità dei fatti ritenuti come dimostrati dalle dette sentenze e rilevanti ex art. 187 c.p.p., salva la facoltà dell'imputato di essere ammesso a provare il contrario; del pari, su richiesta dell'accusa, il giudice dovrà acquisire al dibattimento, nel contraddittorio delle parti, gli elementi di prova - costituiti da riscontri esterni individualizzanti - che confermino la veridicità dei fatti, accertati nelle sentenze irrevocabili acquisite e che divengano, in tal modo, fonti di prova del reato, per cui si procede, sicché sulla base delle esposte premesse non è ipotizzabile alcuna violazione del principio della terzietà del giudice né di quello del diritto di difesa. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l'imputato aveva dedotto l'inosservanza dell'art. 238 bis c.p.p. in relazione a sentenza annullata dalla Cassazione nonché l'erronea applicazione di detta norma, dovendosi intendere per «prova di fatto in essa accertato» non già la serie di elementi raccolti e le valutazioni espresse per pervenire alla pronuncia passata in giudicato, bensì il contenuto storico del dispositivo. La S.C. ha, invece, ritenuto che le sentenze irrevocabili indicate dal citato art. 238 bis sono acquisibili per le risultanze di fatto che risultino dalle motivazioni delle sentenze e non già dai loro dispositivi).
Cass. civ. n. 6755/1994
Con il riferirsi alle «sentenze divenute irrevocabili» il legislatore, nella disposizione di cui all'art. 238 bis c.p.p., ha inteso rendere utilizzabili ai fini della prova del fatto in esse accertato non soltanto le sentenze rese in seguito a dibattimento ma anche quelle emesse a seguito di giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena su richiesta; la ratio della disposizione di legge, infatti, è quella di non disperdere elementi conoscitivi acquisiti in provvedimenti che hanno comunque acquistato autorità di cosa giudicata, fermo restando il principio del libero convincimento del giudice.
Cass. civ. n. 3068/1994
In tema di acquisizione di atti da altri procedimenti, le prescrizioni dell'art. 238 comma primo c.p.p. sono applicabili soltanto in sede dibattimentale. Ne consegue che le limitazioni da esse imposte non operano nel procedimento in materia di libertà, né in sede di riesame, ai fini della verifica da parte del tribunale in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza di cui all'art. 273 c.p.p., né con riferimento alla fase della revoca e sostituzione delle misure cautelari ex art. 299 c.p.p.