Art. 51 – Codice penale – Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere
L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità [55].
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo.
Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 1190/2025
Il giudizio di stima del valore di un complesso aziendale, ai fini della determinazione della base imponibile dell'imposta di registro, si compone di questioni puramente estimative (cd. estimative semplici) - concernenti valutazioni tecniche per la rilevazione dell'obiettiva consistenza qualitativa/quantitativa del cespite e l'individuazione dei fattori di calcolo per il complessivo giudizio di valore - che hanno natura fattuale, integrando un apprezzamento di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, e di questioni di puro diritto (cd. estimazione complessa) - concernenti l'interpretazione e l'applicazione di leggi, di atti e negozi giuridici rispetto all'imposta considerata, senza risolversi in un mero giudizio di valore, come quando vengono dedotti vizi del procedimento di accertamento o occorre l'individuazione dei criteri giuridici per la suddetta imposizione rispetto ai fatti accertati - che, invece, assumono rilevanza anche agli effetti di quanto previsto dall'art. 101, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 1042/2025
Non cessa la materia del contendere nei giudizi di opposizione agli atti esecutivi ancora pendenti in caso di conclusione della procedura espropriativa mediante distribuzione del ricavato, perché l'eventuale accoglimento dell'opposizione potrebbe determinare la riapertura del processo esecutivo che sia comunque proseguito fino alla sua definizione.
Cass. civ. n. 867/2025
In tema di imposta di registro, l'avviso di accertamento riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, è sufficientemente motivato per relationem, ove contenga l'enunciazione dei criteri astratti in base ai quali è stato determinato il maggior valore imponibile e l'indicazione specifica dei beni oggetto di valutazione sintetico-comparativa. (Principio applicato con riferimento ad un atto impositivo contenente tutti gli estremi dei tre atti di compravendita di terreni con caratteristiche analoghe a quello accertato, utilizzati per la valutazione sintetico-comparativa).
Cass. civ. n. 35788/2024
In tema di competenza per territorio determinata dalla connessione, allorché si proceda per il delitto di cui all'art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e per un reato-fine ascritto a soggetto al quale non sia contestata l'appartenenza al sodalizio, la competenza distrettuale ex art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. per il reato associativo esercita "vis attractiva" sull'altro reato qualora sia ravvisabile tra essi connessione teleologica ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., quest'ultima non richiedendo l'identità tra gli autori. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto correttamente radicata la competenza innanzi al tribunale distrettuale, con riguardo ad un'associazione finalizzata al narcotraffico, promossa e finanziata per eseguire una specifica operazione di importazione di cocaina dal Sud America, e per tale reato, posto in essere dagli associati in concorso con il ricorrente estraneo al sodalizio).
Cass. civ. n. 34626/2024
In tema di prova testimoniale, non è causa di nullità o di inutilizzabilità della deposizione ex artt. 187 e 194 cod. proc. pen. la circostanza che essa verta anche su fatti non specificamente afferenti all'imputazione, sicché la prova raccolta con riguardo a fatti che da questa esorbitano, in carenza dalla contestazione di un fatto diverso, risulta pienamente valida e utilizzabile, anche ai fini di apprezzare la credibilità del dichiarante e l'attendibilità del narrato.
Cass. civ. n. 34501/2024
Non configura la scriminante dell'esercizio del diritto di difesa l'ingresso non autorizzato ad un sistema informatico protetto per carpire dati utili alla difesa in giudizio, tranne che siffatta condotta non costituisca l'unico mezzo per ottenere il risultato difensivo. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto esente da censure la decisione impugnata che ha ritenuto non scriminata la condotta dell'imputata che, per acquisire informazioni sulla situazione economica del marito, da utilizzare nel procedimento di separazione personale, si era introdotta abusivamente nel sistema di "home banking" di quest'ultimo, nonostante avesse la possibilità di acquisire ugualmente i dati carpiti sollecitando il giudice civile a formulare un ordine di esibizione a norma dell'art. 210 cod. proc. civ.).
Cass. civ. n. 34464/2024
In tema di oltraggio, ricorre l'esimente del diritto di critica politica se le espressioni profferite, pur aspre, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui, né trasmodino in disprezzo per la persona, concretizzandosi in censure all'operato degli avversari politici, nella dialettica tra maggioranza e minoranza. (Nella specie, la Corte ha ritenuto scriminate le espressioni con le quali, rivolgendosi al Sindaco, un consigliere comunale di opposizione aveva affermato che le forze politiche di minoranza non riconoscevano ai vincitori della competizione elettorale "il ruolo, morale e politico per stare seduti sui banchi della maggioranza" perché il loro successo era frutto di pratiche clientelari, di cui nemmeno la persona offesa aveva contestato i presupposti fattuali).
Cass. civ. n. 34425/2024
L'incompetenza territoriale che si sia manifestata dopo l'udienza preliminare (nella specie, correttamente celebrata innanzi al gup distrettuale) deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, al più tardi entro il termine di cui all'art. 491, comma 1, cod. proc. pen., sicché, qualora nel corso della prima udienza dibattimentale (nella specie, tenuta dal tribunale in composizione collegiale) sia stata sollevata - e accolta - la sola eccezione di incompetenza per materia, con conseguente trasmissione orizzontale degli atti ad altro giudice del medesimo ufficio (nella specie, la corte d'assise), non può nella nuova sede processuale eccepirsi l'incompetenza per territorio, essendosi già maturato il suddetto termine decadenziale.
Cass. civ. n. 33657/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento del Tribunale, che aveva ritenuto tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.).
Cass. civ. n. 31698/2024
In tema di diffamazione a mezzo stampa, i requisiti della verità putativa e della continenza espressiva devono essere valutati con maggiore rigore nel caso di un editoriale, in ragione sia dell'autorevolezza dell'autore (che induce il c.d. lettore medio a riporre maggiore fiducia nel contenuto dell'articolo), sia del rilievo che assume tale contributo all'interno del giornale, circostanze dalle quali deriva una maggiore offesa alla reputazione della persona.
Cass. civ. n. 31606/2024
È manifestamente infondata, in rapporto all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, e dell'art. 47-ter, comma 8, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui prevedono, per la violazione della detenzione domiciliare quale misura alternativa alla detenzione, conseguenze penali diverse e deteriori rispetto a quelle stabilite per la detenzione domiciliare quale pena sostitutiva, introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. (In motivazione, la Corte ha ritenuto la disomogeneità di disciplina ragionevole, alle luce delle peculiari finalità risocializzanti e deflattive che connotano la detenzione domiciliare come pena sostitutiva).
Cass. civ. n. 30653/2024
Il delitto previsto dall'art. 173 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, confluito, in stretta continuità normativa, in quello di cui all'art. 518-novies cod. pen., non richiede l'accertamento dell'"interesse culturale" dei beni archeologici, né che questi siano qualificati come culturali da un provvedimento amministrativo, nel caso in cui si sostanzi in violazioni attinenti alla loro alienazione, essendo sufficiente che la "culturalità" sia desumibile dalle caratteristiche degli stessi.
Cass. civ. n. 28725/2024
In tema di reati tributari, il profitto del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, confiscabile anche per equivalente, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, il cui importo è quantificabile secondo le disposizioni sulla riscossione coattiva dei tributi, venendo in rilievo, quanto ai beni immobili, i parametri di cui all'art. 77, comma 1, d.lgs. 29 settembre 1973, n. 602, e, quanto ai beni mobili, quelli dell'art. 517, comma 1, cod. proc. civ., applicabile in virtù del richiamo operato dall'art. 49, comma 2, d.P.R. cit.
Cass. civ. n. 28144/2024
In tema di esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio, il rinvio alla pena della reclusione "non superiore nel massimo a quattro anni", contenuto nell'art. 550 cod. proc. pen., dev'essere inteso come "fisso", in quanto, per l'inderogabilità del principio "tempus regit actum", è riferito alla norma vigente al momento dell'esercizio dell'azione penale e non a quella di diritto sostanziale in concreto applicabile all'imputato sulla base dei criteri successori di cui all'art. 2 cod. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non abnorme il provvedimento di restituzione degli atti al pubblico ministero che, in relazione a un fatto commesso nel vigore dell'art. 176 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, aveva emesso decreto di citazione diretta a giudizio nonostante l'incriminazione fosse già confluita nella disposizione di cui all'art. 518-bis cod. pen., i cui limiti di pena imponevano la richiesta di rinvio a giudizio con fissazione dell'udienza preliminare).
Cass. civ. n. 27181/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice del dibattimento, ove sia spirato il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato in assenza di proposizione della querela, a seguito dell'instaurazione del contraddittorio e dell'ammissione delle prove, è tenuto a pronunciare sentenza di improcedibilità ex art. 129 cod. proc. pen., essendo inefficace, in quanto indicativa di un abuso del processo da parte del pubblico ministero, la contestazione di un'aggravante finalizzata esclusivamente a rendere il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica).
Cass. civ. n. 26798/2024
In tema di circostanze, non può ritenersi implicitamente contestata in fatto e riconosciuta in sentenza un'aggravante, nel caso in cui l'imputazione contenga l'esplicita contestazione di una diversa aggravante, con l'indicazione dei relativi riferimenti normativi e con l'analitica descrizione della condotta. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la decisione di appello che, nel silenzio dell'imputazione e della decisione di primo grado, aveva ritenuto implicitamente contestata l'aggravante di cui all'art. 625, n. 7, cod. pen., necessaria ai fini della procedibilità d'ufficio del delitto di furto, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sul rilievo che era stata contestata la sola aggravante della violenza sulle cose, ininfluente a tali fini).
Cass. civ. n. 25261/2024
In tema di esecuzione forzata, allorché l'espropriazione sia iniziata in base a condanna provvisionale ai sensi dell'art. 278 c.p.c. e sopravvenga sentenza di condanna definitiva di riforma della precedente decisione in senso quantitativo, si verifica una successione di titoli esecutivi, segnata da una differente quantificazione del credito da soddisfare, ma altresì dall'assorbimento del titolo temporalmente anteriore (la condanna provvisionale) in quello successivo (la condanna definitiva), con la conseguenza che il processo esecutivo prosegue senza soluzione di continuità, nei limiti fissati dal nuovo titolo, se si tratta di modifica in diminuzione o nei limiti del titolo originario, qualora la modifica sia in aumento; in quest'ultimo caso, per ampliare l'oggetto della procedura già intrapresa, il creditore deve formulare, per la parte di credito residuale ed eccedente quello originario e in virtù del nuovo e distinto titolo esecutivo, un apposito intervento, la cui tempestività va autonomamente valutata in relazione al tempo del suo dispiegamento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto tardivo l'intervento, svolto in epoca posteriore all'ordinanza di vendita dei beni staggiti, per la differenza tra la somma originariamente riconosciuta con la provvisionale e quella superiore definitivamente accertata e, pertanto, da collocare quale chirografario intempestivo nel progetto di distribuzione).
Cass. civ. n. 25251/2024
In tema di fallimento, l'incompatibilità del giudice delegato, che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo, a far parte del collegio chiamato a decidere sulla conseguente opposizione può essere fatta valere in sede di impugnazione, denunciando la nullità del decreto decisorio, solo se l'esercizio del potere di ricusazione del giudice non astenutosi sia risultato precluso da un vizio procedurale, che abbia impedito alla parte di conoscere preventivamente la composizione dell'organo giudicante, purché sia specificamente individuata la causa di ricusazione, in precedenza non rilevabile. (Nella specie la S.C. ha cassato il decreto decisorio, poiché l'opponente aveva avuto contezza della partecipazione al collegio anche del giudice delegato solo al momento della comunicazione della decisione, in quanto nel fascicolo digitale, nei verbali di udienza e nel ruolo cartaceo affisso sulla porta dell'aula risultavano indicati solo il presidente ed il relatore, ma non gli altri componenti dell'organo giudicante).
Cass. civ. n. 25043/2024
In tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell'IVA, tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, sia in accredito che in addebito, si presumono, ai sensi dell'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, e dell'art. 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, riferiti alla sua attività economica, i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l'acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all'interessato fornire la prova contraria che gli stessi non si riferiscono ad operazioni imponibili. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ridotto forfettariamente di un terzo l'imponibile accertato in base alle movimentazioni bancarie, non giustificate dal contribuente, per il semplice fatto che le indagini bancarie avevano interessato anche i conti correnti intestati a due familiari del contribuente).
Cass. civ. n. 23520/2024
In tema di IRPEF, la prestazione in forma di capitale che un Fondo di previdenza complementare per il personale di un istituto bancario effettua in favore di un ex dipendente, in forza di un accordo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico integrativo in godimento (cd. "zainetto"), costituisce, ai sensi dell'art. 6, comma 2, del TUIR, reddito della stessa categoria della pensione integrativa cui l'avente diritto ha rinunciato e, pertanto, va assoggettata al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione, con la conseguenza che la base imponibile su cui calcolare il tributo è costituita dall'intera somma versata dal Fondo, senza che sia possibile defalcare i contributi corrisposti dal lavoratore, in quanto, ai sensi dell'art. 48 (ora 51), comma 2, lettera a) del TUIR, gli unici contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il reddito sono solo quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge, laddove l'iscrizione al Fondo di previdenza complementare in oggetto trova titolo nella convenzione fra datore di lavoro e lavoratore e non anche nella legge.
Cass. civ. n. 23283/2024
In tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il procedimento - stante la sua tendenziale definitività, volta a garantire la stabilità dei risultati dell'espropriazione, quale conseguenza del sistema di garanzie di legalità assicurato dai rimedi interni al procedimento stesso a tutela delle parti - preclude al soggetto esecutato l'esperibilità dell'azione di ripetizione di indebito, fondata sul presupposto dell'illegittimità dell'esecuzione, nei confronti del creditore procedente (o intervenuto) per ottenere la restituzione di quanto riscosso, a meno che tale illegittimità non sia stata fatta valere con un'opposizione esecutiva proposta nel corso della procedura e accolta successivamente alla sua chiusura.
Cass. civ. n. 23240/2024
Il provvedimento di approvazione del progetto finale di distribuzione è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi, essendo irrilevante che il giudice abbia contestualmente dichiarato l'estinzione del processo esecutivo, in quanto tale dichiarazione è solo una presa d'atto della chiusura fisiologica del processo di espropriazione, non idonea a precludere l'impugnazione dell'approvazione del progetto finale di distribuzione, che è l'ultimo atto di quel processo.
Cass. civ. n. 22923/2024
In tema di sgravi contributivi, che costituiscono una situazione di eccezione in senso riduttivo dell'obbligo contributivo, spetta al datore di lavoro, che pretenda di usufruire di quelli previsti per il caso di trasferta dei dipendenti o di rimborso per spese di viaggio, dimostrare il possesso dei requisiti legittimanti l'esonero.
Cass. civ. n. 22804/2024
In tema di imposta di registro su cessioni immobiliari, l'avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta non è sufficientemente motivato se ha rettificato il valore dell'immobile facendo esclusivo riferimento alle quotazioni OMI, poiché queste, in difetto di ulteriori elementi, non indicano congruamente il valore venale in comune commercio del bene - che può variare in funzione di molteplici parametri, quali l'ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico e lo stato delle opere di urbanizzazione - ed integrano un elemento privo dei requisiti di precisione e gravità.
Cass. civ. n. 20520/2024
In tema di diffamazione, ai fini dell'applicabilità dell'esimente prevista dall'art. 598 cod. pen., non rileva la cancellazione delle espressioni diffamatorie disposta dal giudice civile ai sensi dell'art. 89, comma 2, cod. proc. civ., essendo distinti sia i canoni valutativi cui devono conformarsi quest'ultimo e il giudice penale nell'applicazione delle diverse disposizioni, sia la portata delle stesse, atteso che per offese non riguardanti l'oggetto della causa, di cui all'art. 89 cod. proc. civ., devono intendersi quelle "non necessarie alla difesa", pur se ad essa non estranee, mentre per "offese che concernono l'oggetto della causa", di cui all'art. 598 cod. pen., devono intendersi quelle che, benché non necessarie, siano comunque strumentali alla difesa.
Cass. civ. n. 20093/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (La Corte in motivazione ha precisato che la contestazione suppletiva di circostanza aggravante è idonea a produrre effetti giuridici solo se intervenga prima del verificarsi di una delle cause di non punibilità previste dall'art. 129 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 19028/2024
In tema di responsabilità civile per diffamazione, se il legittimo esercizio del diritto di cronaca esonera il giornalista dall'obbligo di verificare l'attendibilità della fonte informativa nel caso in cui questa provenga dall'autorità investigativa o giudiziaria, l'applicabilità della esimente del diritto di cronaca, quantomeno putativa, gli impone di verificare in modo completo e specifico, mediante un necessario aggiornamento temporale, la veridicità della notizia al momento della sua divulgazione.
Cass. civ. n. 17747/2024
In tema di imposte dirette, la determinazione del reddito di lavoro dipendente sulla base della retribuzione convenzionale, di cui all'art. 51, comma 8-bis, del Tuir, pur escludendo la deducibilità degli oneri contributivi e assistenziali di cui al comma 2, lett. a), del cit. art. 51, non esclude la deducibilità degli oneri medesimi nella determinazione del reddito complessivo del contribuente, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. e), del Tuir, poiché tra le norme sulla determinazione delle singole categorie di reddito e quelle sulla determinazione del reddito complessivo esiste un rapporto di specialità reciproca, tale che l'esclusione normativa della deducibilità di taluni oneri per una determinata categoria non ne esclude, in mancanza di una norma espressa, la deducibilità dal reddito complessivo.
Cass. civ. n. 17545/2024
Integra il reato di tentativo di frode in commercio anche la sola detenzione, presso i magazzini aziendali, di un prodotto di natura diversa, per origine, provenienza, qualità o quantità, da quella dichiarata, ove si tratti di merce destinata alla vendita. (Fattispecie relativa alla riscontrata presenza, all'interno delle cantine di un'azienda vinicola, di bottiglie di vino Barolo DOCG, prodotto e invecchiato fuori dalla zona di produzione tutelata).
Cass. civ. n. 17532/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, è consentito al pubblico ministero di modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (In motivazione la Corte ha precisato che non si è realizzato alcun effetto preclusivo definitivo che imponga al giudice una pronuncia "ora per allora", dato che, nel caso di declaratoria di improcedibilità, a differenza dell'ipotesi di estinzione del reato, anche i fatti sopravvenuti assumono rilievo e i requisiti della pronuncia vanno accertati nel momento in cui la stessa deve essere resa).
Cass. civ. n. 17455/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nell'imputazione, che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio).
Cass. civ. n. 16997/2024
In tema di trasferimento fraudolento di valori, l'intestatario fittizio del bene non deve essere animato necessariamente dal dolo specifico, che caratterizza, invece, la condotta dell'interponente, unico soggetto direttamente interessato a eludere la possibile adozione di misure di prevenzione a suo carico, essendo sufficiente, invece, la consapevolezza del dolo specifico altrui.
Cass. civ. n. 16327/2024
In tema di esecuzione di pene detentive, è legittimo l'esercizio da parte del magistrato di sorveglianza, con posteriore ratifica del Tribunale, del potere di sindacato in ordine alla sospensione del titolo esecutivo deliberata, ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen., dal pubblico ministero, con eventuale revoca degli arresti domiciliari esecutivi.
Cass. civ. n. 15766/2024
In tema di Irpef, la base imponibile delle prestazioni effettuate da un fondo di previdenza complementare per il personale di un istituto bancario in favore degli ex dipendenti è costituita dall'intera somma da esso erogata, comprensiva dei contributi versati dal lavoratore per la loro natura facoltativa, in quanto gli unici contributi previdenziali che non concorrono a formare il reddito e restano fiscalmente esenti sono, ai sensi dell'art. 48 del d.P.R. n. 917 del 1986, soltanto quelli di carattere obbligatorio versati in ottemperanza a disposizioni di legge.
Cass. civ. n. 15755/2024
In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel c.d. giornalismo d'inchiesta - in cui i fatti, esposti nel rispetto del criterio della verità, possono essere analizzati, interpretati e posti in correlazione tra loro, col contributo di originalità proprio dell'approfondimento giornalistico - il giornalista è scriminato allorché rimanga chiaro, all'interno dell'articolo, quali sono i fatti obiettivi e quale la loro lettura e valutazione, cosicché non sia alterata la percezione del lettore.
Cass. civ. n. 15568/2024
La richiesta del lavoratore, anteriore alla scadenza del periodo di comporto, di fruire dell'aspettativa senza stipendio di cui all'art. 51 del c.c.n.l. personale servizi di pulizia del 31 maggio 2011 determina il naturale prolungamento del comporto oltre il previsto termine di dodici mesi, con la conseguenza che nessun licenziamento può essere validamente intimato in detto periodo.
Cass. civ. n. 15098/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale, ritenendo tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., valevole a rendere il delitto procedibile d'ufficio, era incorso in una nullità assoluta di ordine generale, concernente l'esercizio dell'azione penale).
Cass. civ. n. 14985/2024
In tema di notifiche a mezzo p.e.c., la notificazione del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento è validamente effettuata, ove il messaggio ecceda la dimensione massima stabilita nelle relative specifiche tecniche, attraverso l'invio di una pluralità di buste, una principale e le altre complementari, purché gli invii siano coevi, cioè strettamente consecutivi, ed eseguiti entro la fine del giorno di scadenza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva ritenuto irrituale la notificazione a mezzo p.e.c. del reclamo, avvenuta mediante più messaggi consegnati nello stesso giorno nell'arco di un breve intervallo temporale).
Cass. civ. n. 14890/2024
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento del Tribunale, che aveva ritenuto tardiva la contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.).
Cass. civ. n. 14710/2024
E' affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, alla luce del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso in cui il giudice abbia consentito l'interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante, poiché tardiva, la modifica dell'imputazione da parte del pubblico ministero, mediante la contestazione di un'aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d'ufficio. (In motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini della pronuncia di proscioglimento, anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, il giudice deve tenere conto della contestazione suppletiva di un'aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, nonché valutare le sopravvenienze istruttorie acquisite nel corso del giudizio, suscettibili di confortare la plausibilità della contestazione suppletiva medesima).
Cass. civ. n. 14456/2024
Nel caso di ammissione del pubblico dipendente a dottorato di ricerca, la disciplina previdenziale applicabile varia a seconda che egli fruisca o meno di borsa di studio, sicché nell'ipotesi di dottorato con borsa, nella quale il pubblico dipendente viene collocato in aspettativa senza retribuzione a carico dell'amministrazione di appartenenza, quest'ultima non è tenuta a contribuzione per tale periodo ed il dipendente deve provvedere autonomamente ad iscriversi alla gestione separata INPS e ad effettuare i versamenti contributivi per la quota a suo carico, ex art. 2 della legge n. 335 del 1995, ferma l'utilità dell'incarico ai fini della progressione di carriera, previdenziali e pensionistici.
Cass. civ. n. 14024/2024
La trattazione congiunta del rito abbreviato e di quello ordinario nei confronti di imputati diversi non è causa di abnormità o di nullità della decisione, né tantomeno di una situazione di incompatibilità suscettibile di tradursi in motivo di ricusazione, poiché la coesistenza dei procedimenti comporta solo la necessità che, al momento della decisione, siano tenuti rigorosamente distinti i regimi probatori rispettivamente previsti per ciascuno di essi.
Cass. civ. n. 13776/2024
In tema di furto di energia elettrica aggravato dall'uso fraudolento, divenuto procedibile a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la contestazione dell'aggravante della destinazione a pubblico servizio, che rende il delitto procedibile d'ufficio, non rileva qualora la stessa sia stata formulata dopo la scadenza del termine per la presentazione della querela da parte della persona offesa.
Cass. civ. n. 13775/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di improcedibilità fondata sul rilievo che il contestato furto aggravato dal mezzo fraudolento e dall'aver cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità era divenuto procedibile a querela).
Cass. civ. n. 13490/2024
Il rapporto di lavoro che si instaura fra l'università e i collaboratori esperti linguistici ha natura privatistica ed è pertanto sottratto all'obbligo di esclusività vigente nel settore del pubblico impiego contrattualizzato, con la conseguenza che - in caso di violazione dello stesso - non si applica la disciplina della decadenza di cui agli artt. 60 e ss. del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (richiamati dall'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001), fermo restando che il prestatore di lavoro è comunque tenuto al rispetto delle prescrizioni di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c.
Cass. civ. n. 13384/2024
Le dichiarazioni predibattimentali acquisite ai sensi dell'art. 512 cod. proc. pen. possono costituire, conformemente all'interpretazione - avente natura di "diritto consolidato" - espressa dalla Grande Camera della Corte EDU con le sentenze 15 dicembre 2011, Al Khawaja e Tahery c/ Regno Unito e 15 dicembre 2015, Schatschaachwili c/ Germania, la base «esclusiva e determinante» dell'accertamento di responsabilità, purché rese in presenza di «adeguate garanzie procedurali», individuabili nell'accurato vaglio di credibilità dei contenuti accusatori, effettuato anche attraverso lo scrutinio delle modalità di raccolta e nella compatibilità della dichiarazione con i dati di contesto. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione impugnata sul rilievo che le puntuali e logiche dichiarazioni predibattimentali della persona offesa risultavano corroborate dal riconoscimento fotografico dell'autore del reato dalla stessa effettuato con certezza. nonché dalle dichiarazioni rese dal teste di polizia giudiziaria circa analogo riconoscimento avvenuto, nel corso delle indagini, ad opera di un informatore).
Cass. civ. n. 13017/2024
In tema di diffamazione, il carattere offensivo delle notizie diffuse con il mezzo televisivo deve escludersi quando esse siano incapaci di ledere o mettere in pericolo l'altrui reputazione per la percezione che ne possa avere il "telespettatore medio", ossia colui che non si fermi ad ascoltare solo il titolo del programma televisivo o una parte del discorso, per poi cambiare canale ("telespettatore frettoloso"), ma che, senza un particolare sforzo di attenzione, ascolti l'intervento nella sua interezza e valuti il contesto in cui esso si inserisce. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il carattere diffamatorio dell'intervento televisivo di un giornalista che, riferendosi al sindaco di una grande città, pur contestando l'opportunità di ricevere da un costruttore un cospicuo finanziamento in campagna elettorale, precisava che si era trattato di un finanziamento lecito, nell'ambito di una trasmissione televisiva in cui non si discuteva esclusivamente di corruzione, ma anche di etica e di opportunità politica delle condotte di vari amministratori locali).
Cass. civ. n. 11427/2024
In tema di giudizio tributario, il rilievo sulla validità della notificazione dell'atto impositivo o della cartella di pagamento, quand'anche genericamente proposto in primo grado, impone al giudice di verificare, comunque, la regolarità dell'intero procedimento notificatorio, sicché l'introduzione, per la prima volta in appello, della denunzia della invalidità di uno specifico segmento dello stesso non costituisce domanda nuova.
Cass. civ. n. 10237/2024
Integra la contravvenzione di pericolo presunto di cui all'art. 5, comma 1, lett. g), legge 30 aprile 1962, n. 283, punibile a titolo di colpa, l'originario impiego o la colposa aggiunta di additivi chimici non autorizzati negli ingredienti utilizzati per la preparazione di prodotti alimentari, mentre dà luogo al delitto previsto dall'art. 516 cod. pen., punibile a titolo di dolo, l'aggiunta intenzionale della sostanza vietata.
Cass. civ. n. 10001/2024
In tema di imposta di registro relativa alla cessione di azienda, l'avviamento, ai fini della determinazione della base imponibile, rientra nella determinazione del valore venale dell'azienda stessa quale componente positiva, che si somma al valore degli altri beni che la compongono in una operazione che logicamente precede la detrazione delle passività, senza che assumano rilievo circostanze contingenti che possano avere influito sul corrispettivo concretamente pattuito, come l'esistenza di un utile di esercizio, atteso che il dato rilevante è quello dei ricavi ottenuti dall'azienda.
Cass. civ. n. 9751/2024
In tema di elezioni dei Consigli degli ordini forensi, ai fini del rispetto del divieto di terzo mandato consecutivo, previsto dall'art. 3, comma 3, della l. n. 113 del 2017, è irrilevante la mancata partecipazione alle elezioni per una consiliatura oggettivamente infrabiennale, poiché, in virtù del comma 4 del citato art. 3, i mandati di durata inferiore ai due anni non vanno calcolati né per il conteggio della consecutività, né per la sua interruzione, e sono, altresì, irrilevanti le dimissioni volontarie presentate dal consigliere, poiché il mandato viene conferito per l'intera consiliatura e va parametrato alla sua durata oggettiva, a prescindere dalla minor durata soggettiva dipesa dalla volontà dell'interessato e dalle ragioni della sua scelta.
Cass. civ. n. 9733/2024
In tema di accertamenti tributari, qualora la Guardia di Finanza operi nell'esercizio di poteri di polizia giudiziaria, non è necessaria l'autorizzazione del comandante di zona, prevista dall'art. 33, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall'art. 51, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, la cui assenza, peraltro, anche nelle ipotesi di esercizio dei poteri di polizia tributaria, non comporta necessariamente, mancando una specifica previsione in tal senso, l'invalidità dell'atto compiuto, salvo il coinvolgimento di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio.
Cass. civ. n. 8647/2024
L'assunzione della perizia in incidente probatorio implica l'esposizione orale del perito e il suo conseguente esame in udienza, nel contraddittorio delle parti, che dev'essere rinnovato in dibattimento ove ne sia fatta richiesta ex art. 468 cod. proc. pen., rientrando nelle legittime prerogative delle parti la possibilità di ottenere dal perito gli ulteriori chiarimenti che si rendano opportuni alla luce delle emergenze istruttorie acquisite dopo l'incidente probatorio.
Cass. civ. n. 6960/2024
La satira - estrinsecazione del diritto di critica attraverso l'enfatizzazione e la deformazione della realtà - è sottratta al requisito di verità, in quanto esprime un giudizio ironico su un fatto con l'inverosimiglianza e l'iperbole e anche attraverso l'uso di espressioni o immagini lesive dell'altrui reputazione, pur rimanendo assoggettata al limite della continenza e della funzionalità al perseguito scopo di denuncia sociale o politica, da valutare in relazione alla rilevanza dell'interesse del pubblico all'esposizione del fatto con tale forma ovvero alla dimensione pubblica della vicenda o alla notorietà delle persone colpite. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che - nel ritenere diffamatoria la pubblicazione di una fotografia, con relativa didascalia, di una persona a corredo di un articolo satirico riguardante la vicenda giudiziaria penale di un ex Presidente del Consiglio dei ministri, notissimo uomo politico e imprenditore, all'indomani della sua assoluzione in appello - aveva omesso ogni esame del contesto socio-culturale in cui si inseriva l'articolo satirico e delle reazioni dell'opinione pubblica alla notizia dell'assoluzione).
Cass. civ. n. 5277/2024
In tema di diffamazione, ove le dichiarazioni che si assumono offensive siano state rese, in funzione difensiva, in seno a un procedimento disciplinare, la verifica dell'eventuale riconducibilità delle stesse nell'ambito del legittimo esercizio del diritto di difesa dev'essere compiuta in via logicamente preliminare rispetto all'accertamento della sussistenza dei presupposti della speciale esimente di cui all'art. 598 c.p. (Nella specie, la S.C., con riferimento alle dichiarazioni rese, in un procedimento disciplinare, da due commercialisti nei riguardi di un collega che aveva presentato un esposto nei loro confronti, ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto integrato il reato di diffamazione, senza verificare se le stesse si fossero mantenute nei limiti del legittimo esercizio del diritto di difesa e, decidendo la causa nel merito, ha rigettato la domanda risarcitoria, in considerazione della mancanza di allegazione e prova della diffusione delle suddette dichiarazioni al di fuori del procedimento in questione).
Cass. civ. n. 5142/2024
In tema di equiparazione tra le qualifiche del personale universitario non medico e quelle dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, la corresponsione dell'indennità perequativa di cui all'art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 (cd. indennità De Maria) è dovuta ai collaboratori o funzionari tecnici che, a parità di funzioni, mansioni e anzianità, ed a prescindere dall'elemento formale del titolo di studio posseduto, sono equiparati alle figure dirigenziali dei ruoli sanitari ordinari sulla base delle tabelle allegate al decreto interministeriale 9 novembre 1982, senza che rilevino, finché detto decreto è rimasto in vigore, previsioni difformi contenute negli accordi di contrattazione integrativa.
Cass. civ. n. 5056/2024
L'indennità di perequazione prevista dall'art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 (c.d. De Maria) deve essere determinata - in caso di equiparazione tra l'originario VIII livello di cui alla legge n. 312 del 1980, relativo ai dipendenti dell'Università, e il X livello, relativo al personale ospedaliero - senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di posizione - anche nella sua componente fissa - dei dirigenti del comparto sanità, la quale, essendo strettamente connessa allo svolgimento della loro funzione e all'attribuzione della connessa responsabilità, può essere riconosciuta solo se collegata all'effettivo conferimento del relativo incarico, non rilevando che la contrattazione collettiva nazionale successiva al c.c.n.l. del 5 dicembre 1996 abbia incluso la "retribuzione di posizione minima - parte fissa e variabile - prevista dalla tabella 1 allegata al menzionato c.c.n.l., secondo biennio economico 1996-1997" nel trattamento fondamentale di tali dirigenti.
Cass. civ. n. 4955/2024
In tema di responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa, l'attività di qualificazione giuridica di un fatto, così come emerge nella sua realtà storica dagli atti del processo di merito e dallo stesso contenuto della sentenza impugnata, è suscettibile di verifica e riesame in sede di legittimità, anche per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte ed individuata d'ufficio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto il carattere diffamatorio di un articolo di stampa, applicando erroneamente i principi che presiedono all'esercizio del diritto di critica ed omettendo di valutare la fattispecie concreta nella più specifica dimensione del c.d. giornalismo d'inchiesta).
Cass. civ. n. 4853/2024
In tema di indagini bancarie, l'autorizzazione ex art. 51, comma 2, n. 7), d.P.R. n. 633 del 1972, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici; pertanto, dalla sua mancata allegazione ed esibizione non discende l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, poiché l'illegittimità dell'atto può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente.
Cass. civ. n. 3741/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di improcedibilità fondata sul rilievo che il contestato furto con violenza sulle cose era divenuto procedibile a querela).
Cass. civ. n. 3513/2024
In tema di dirigenza medica, la retribuzione di posizione variabile non contrattuale non può essere corrisposta ai dirigenti in assenza di provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi; pertanto, ove la P.A. effettui illegittimamente il relativo pagamento in favore di alcuni di tali dirigenti, gli altri, che da tale pagamento siano stati esclusi, non possono dolersi dell'avvenuta disparità di trattamento, dovendo, piuttosto, il datore di lavoro recuperare quanto indebitamente versato a coloro che non ne avevano diritto.
Cass. civ. n. 2776/2024
Sopravvenuta procedibilità a querela del reato per effetto della novella di cui al d.lgs. n. 150 del 2022 (cd. riforma Cartabia) - Contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7), cod. pen., comportante la procedibilità d'ufficio del delitto - Possibilità - Limiti - Indicazione. In tema di furto, nel caso in cui il delitto abbia ad oggetto energia elettrica e l'azione penale risulti esercitata antecedentemente al 30/03/2023, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte, con riguardo alla procedibilità, dall'art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentita al pubblico ministero la contestazione suppletiva dell'aggravante della destinazione del bene sottratto a un pubblico servizio, di cui all'art. 625, comma primo, n. 7), cod. pen., comportante la procedibilità d'ufficio del delitto, entro la prima udienza dibattimentale.
Cass. civ. n. 2124/2024
Il alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica previsto dall'art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000, deve ritenersi ontologicamente diverso dalle "indennità percepite per le trasferte" di cui all'art. 51, comma 5, TUIR, le quali consistono in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in Comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell'interesse del datore di lavoro, né rientra in alcuna delle ipotesi legali di deroga al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro previsto dall'art. 51, comma 1, TUIR.
Cass. civ. n. 50258/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 del d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nell'imputazione, che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio).
Cass. civ. n. 49935/2023
Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato.
Cass. civ. n. 49757/2023
In tema di fermo di indiziato di delitto, quando il decreto sia stato emesso dal procuratore distrettuale antimafia e il fermo risulti eseguito nel territorio di altra giurisdizione, spetta al pubblico ministero presso il tribunale del luogo di esecuzione del fermo richiederne la convalida e l'emissione della misura cautelare. (In motivazione, la Corte ha precisato che la competenza funzionale in capo al giudice per le indagini preliminari del luogo in cui il fermo è stato eseguito, prevista, per la convalida, dall'art. 390, comma 1, cod. proc. pen. e, per l'applicazione di misure coercitive, dall'art. 391, comma 5, dello stesso codice, determina un intervento surrogatorio in via d'urgenza, rispetto al quale l'impulso deve provenire dall'ufficio requirente del luogo di esecuzione del fermo). (Conf.: n. 2160 del 1996,
Cass. civ. n. 48749/2023
Le dichiarazioni accusatorie rese dall'indagato, in sede di interrogatorio, a carico di terzi, nella consapevolezza della loro innocenza, non sono scriminate dall'esercizio del diritto di difesa, ai sensi dell'art. 51 cod. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che la mancata inclusione del delitto di calunnia nel novero di quelli per i quali opera la causa di esclusione della colpevolezza di cui all'art. 384, comma primo, cod. pen., comporta che la difesa attuata mediante incolpazioni calunniose non esclude, "a fortiori", l'antigiuridicità della condotta).
Cass. civ. n. 48347/2023
E' affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, alla luce del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso in cui il giudice abbia consentito l'interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante la modifica dell'imputazione da parte del pubblico ministero mediante la contestazione di un'aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa al furto di energia elettrica, in cui la Corte ha precisato che, ai fini della pronuncia di proscioglimento, anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, una volta formulata da parte del pubblico ministero la contestazione suppletiva di un'aggravante che avrebbe reso il reato procedibile di ufficio, il giudice non può esimersi dal valutare le acquisizioni istruttorie onde adottare la decisione più favorevole per l'imputato).
Cass. civ. n. 47769/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, laddove sia decorso il termine per la presentazione della condizione di procedibilità ex art. 85 d.lgs. citato, modificare l'imputazione in udienza mediante la contestazione di una circostanza aggravante che rende il reato procedibile di ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento oggetto d'impugnativa sul rilievo che il tribunale non avesse consentito al pubblico ministero di contestare in via suppletiva la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nel capo di imputazione, che avrebbe reso il delitto procedibile di ufficio).
Cass. civ. n. 46078/2023
In tema di prova testimoniale, l'ufficiale o l'agente di polizia giudiziaria può essere autorizzato, ai sensi dell'art. 499, comma 5, cod. proc. pen., a consultare, in aiuto della memoria, propri appunti, trattandosi di documenti da lui redatti, anche se non si tratti di verbali o di atti depositati nel fascicolo del pubblico ministero, purché gli stessi possano essere esaminati da tutte le parti del processo.
Cass. civ. n. 43255/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso di intervenuto decorso del termine previsto all'art. 85 del d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, è consentito al pubblico ministero di modificare l'imputazione in udienza mediante la contestazione di una circostanza aggravante per effetto della quale il reato divenga procedibile di ufficio, essendo lo stesso investito, anche in difetto di sopravvenienze dibattimentali rilevanti a tale fine, del potere-dovere di esercitare l'azione penale per un reato correttamente circostanziato. (Fattispecie di furto, in relazione alla quale, per effetto della contestazione suppletiva dell'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7 cod. pen., il delitto era divenuto procedibile di ufficio).
Cass. civ. n. 39846/2023
In tema di trasferimento fraudolento di valori, il delitto è configurabile anche nel caso in cui i beni del soggetto sottoposto o sottoponibile a misura di prevenzione patrimoniale siano stati fittiziamente intestati a persone (quali il coniuge, i figli, i conviventi nell'ultimo quinquennio, ecc.) per le quali opera la presunzione d'interposizione fittizia ex art. 2-ter legge 31 maggio 1965, n. 575, ora sostituito dall'art. 26, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non potendosi tuttavia prescindere, in tali casi, dalla verifica della capacità elusiva dell'operazione patrimoniale, alla luce di elementi di fatto ulteriori rispetto all'atto del trasferimento, idonei a consentire la ricostruzione dell'elemento soggettivo della fattispecie.
Cass. civ. n. 39832/2023
In tema di prova scientifica, il diritto al contraddittorio deve essere tutelato in tutte le fasi che ne caratterizzano la formazione, con la conseguenza che i tecnici di parte: a) devono avere la possibilità di presenziare al conferimento dell'incarico e alla formulazione del quesito; b) devono essere posti in condizione di partecipare alle operazioni tecniche; c) ove la parte lo richieda, devono essere esaminati in contraddittorio nel dibattimento (o nell'incidente probatorio), senza che a tal fine sia necessario che la partecipazione dei medesimi allo svolgimento delle operazioni peritali sia stata "reattiva", in quanto caratterizzata dalla proposizione di specifiche critiche avverso il metodo utilizzato dal tecnico d'ufficio.
Cass. civ. n. 37517/2023
In tema di impugnazione del pubblico ministero, anche dopo l'introduzione dell'art. 593-bis cod. proc. pen., il sostituto procuratore che non sia stato pubblico ministero di udienza e non sia stato esplicitamente delegato dal Procuratore della Repubblica è legittimato ad appellare la sentenza di primo grado, stante l'impersonalità dell'ufficio del pubblico ministero e non occorrendo, verso terzi, una formale delega, costituente atto interno all'ufficio di Procura di cui va presunta l'esistenza e della cui assenza l'imputato non ha interesse a dolersi.
Cass. civ. n. 36870/2023
577 PENA - 036 PENE ACCESSORIE - IN GENERE PENA - PENE ACCESSORIE - IN GENERE - Esecuzione - Possibilità di differimento rispetto all'esecuzione della pena principale - Sussistenza - Condizioni. In tema di pene accessorie, l'esecuzione può avvenire in qualsiasi momento successivo alla formazione del giudicato, potendo essere posticipata a quella della pena principale nel solo caso in cui risulti con essa incompatibile.
Cass. civ. n. 36530/2023
In tema di responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa, l'efficacia esimente del diritto di critica postula la verità (anche putativa) del fatto suscettibile di rivestire valenza diffamatoria e non di altri, nemmeno se costituenti il presupposto del primo. (Nella specie - relativa a un caso in cui un questore aveva affermato che dovevano interpretarsi come un implicito invito a un gruppo di facinorosi a prendere parte a una manifestazione di protesta le dichiarazioni rese dall'organizzatore, il quale aveva preannunciato che non vi sarebbe stato un servizio d'ordine interno -, la S.C ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto integrata la scriminante del diritto di critica, erroneamente incentrando il giudizio di verità sul contenuto estrinseco delle suddette dichiarazioni, anziché sul fatto che dalle stesse era stato indotto, consistente nell'agevolazione delle azioni violente ventilate dal gruppo sopra richiamato).
Cass. civ. n. 36407/2023
La scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca rileva solo in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della notizia e non anche rispetto a eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la notizia medesima. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la condanna in ordine al delitto di violenza privata di un intervistatore e di un cameramen che, al fine di acquisire notizie in merito al procedimento penale cui la persona offesa era sottoposta, avevano impedito alla stessa di accedere, inizialmente, alla palazzina dove era situata l'abitazione e, successivamente, nell'abitazione medesima, ostacolando la chiusura delle porte dell'ascensore e frapponendosi tra la soglia e la porta del vano ascensore, così costringendo la parte offesa a tollerare una serie insistente di domande alle quali, fin dall'inizio, aveva dichiarato di non voler rispondere).
Cass. civ. n. 36312/2023
In tema di esecuzione forzata per espropriazione, l'impignorabilità dei beni facenti parte del fondo patrimoniale può essere eccepita, in sede di opposizione distributiva, da parte di un creditore intervenuto, dal momento che il relativo vincolo, essendo improntato alla tutela di interessi di natura patrimoniale, non costituisce espressione di un diritto personalissimo (come tale, esercitabile dal solo titolare); in tal caso, sul creditore eccipiente grava l'onere di provare, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c., i presupposti dell'art. 170 c.c., che costituisce eccezione al regime dell'ordinaria pignorabilità di tutti i beni (presenti e futuri) del debitore.
Cass. civ. n. 35657/2023
Se il creditore subcollocatario, dopo aver avanzato l'istanza ex art. 511 c.p.c., cede il proprio credito, la domanda di sostituzione dev'essere disattesa dal giudice dell'esecuzione senza ulteriore indagine, in quanto, al solo rilevante momento della distribuzione, il credito non è più nella titolarità dell'intervenuto, né può farsi applicazione dell'art. 111 c.p.c., perché l'interveniente in sostituzione non è propriamente parte della procedura, dato che il suo intervento non costituisce esercizio dell'azione esecutiva nei confronti dell'esecutato o del sostituito; resta comunque ferma la possibilità, per il cessionario del credito, di proporre un'ulteriore e autonoma domanda ex art. 511 c.p.c. prima dell'inizio dell'udienza ex art. 596 c.p.c.
Cass. civ. n. 33431/2023
In tema di abusiva occupazione di area demaniale marittima, non trova applicazione la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen. alla condotta del titolare di una concessione demaniale marittima, di cui sia stata dichiarata la decadenza, che prosegua nell'occupazione del suolo demaniale oltre la scadenza del termine fissato per lo sgombero, non sussistendo, in tal caso, in capo all'agente alcun dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità di proseguire nella gestione dell'area.
Cass. civ. n. 32559/2023
È ammissibile, ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost., il ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale il Consiglio di Stato - estromettendo dal giudizio dinanzi a sé gli enti esponenziali titolari di interessi legittimi collettivi incisi dal provvedimento amministrativo impugnato in prime cure - preclude ad essi la tutela giurisdizionale di loro posizioni giuridiche sostanziali qualificate. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza dell'Adunanza Plenaria che, chiamata a pronunciarsi su alcune questioni di rilevanza nomofilattica relative alla proroga delle concessioni dei ccdd. "balneari", aveva dichiarato inammissibile l'intervento delle associazioni di categoria e della Regione Abruzzo, concretizzando così un'ipotesi di rifiuto di giurisdizione).
Cass. civ. n. 32491/2023
È illegittimo il sequestro conservativo a garanzia dei crediti per il pagamento della sanzione pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'Erario, disposto ai sensi degli artt. 316 cod. proc. pen. e 54 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, su beni appartenenti a persona giuridica, costituenti provento di attività illecita, dopo che questa sia stata ammessa al concordato preventivo, anche nel caso in cui la domanda di ammissione risulti presentata prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 12 gennaio 2019, n.14 (cd. codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), posto che i previgenti artt. 51 e 168 legge fall. già precludevano la disposizione di tale misura cautelare in pendenza di domanda di ammissione al concordato preventivo, omologato prima della richiesta di conversione del sequestro e dell'adozione del relativo provvedimento.
Cass. civ. n. 32143/2023
L'esecuzione forzata immobiliare si conclude con il provvedimento con cui il giudice, preso atto dell'approvazione del progetto di distribuzione ai sensi dell'art. 598 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis) ovvero risolvendo le contestazioni avanzate dai creditori concorrenti e/o dal debitore esecutato a norma dell'art. 512 c.p.c., dichiara l'esecutività del progetto, ordinando il pagamento delle singole quote in favore degli aventi diritto. Ne consegue che il provvedimento conclusivo del processo, che non sia stato opposto ex art. 617 c.p.c. dalla parte interessata, è suscettibile di revoca ai sensi dell'art. 487 c.p.c. (ove ne sussistano i presupposti, e sempre che ad esso non sia stata, frattanto, data esecuzione con l'emissione e l'incasso dei mandati di pagamento) solo laddove essa sia esercitata entro venti giorni dall'adozione del provvedimento, se emesso in udienza, o dalla sua comunicazione se proveniente da riserva, giacché, in caso contrario, l'esercizio del potere di revoca comporterebbe l'elusione della decadenza dal potere di proporre l'opposizione distributiva ex artt. 617 e 512 c.p.c., nella quale la parte interessata è, a quel punto, già incorsa.
Cass. civ. n. 30738/2023
In tema di espropriazione forzata, i soggetti cessionari dei crediti fondiari vantati dal Banco di Napoli S.p.A., nascenti da contratti di mutuo già conclusi alla data dell'1 gennaio 1994 (a cui si applicano, ai sensi dell'art. 161, comma 6, del d.lgs. n. 385 del 1993, le disposizioni del r.d. n. 646 del 1905), possono iniziare o proseguire l'azione esecutiva nonostante il fallimento del debitore ai sensi dell'art. 3, comma 6, del d.l. n. 497 del 1996, convertito dalla l. n. 588 del 1996 (norma poi abrogata dall'art. 7, comma 2, del d.l. n. 59 del 2016, convertito dalla l. n. 119 del 2016), che, richiamando i commi 2, 3 e 4 dell'art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha natura di lex specialis rispetto all'art. 42 del r.d. n. 646 del 1905. Decreto Legisl. 01/09/1993 num. 385 art. 161 com. 6 CORTE COST., Decreto Legisl. 04/08/1999 num. 342 art. 12
Cass. civ. n. 30145/2023
In tema di giudizio abbreviato, nel caso di contestazione "aperta" di un reato permanente, estendendosi la cognizione giudiziale all'intero sviluppo della fattispecie criminosa temporalmente non delimitata, non è necessaria alcuna contestazione suppletiva, né all'imputato spettano le correlate facoltà processuali, in relazione al protrarsi della condotta fino alla sentenza, essendo invece la modifica dell'imputazione ex art. 516 cod. proc. pen. necessaria nell'opposto caso di contestazione "chiusa". (Fattispecie in cui la Corte, con riferimento a contestazione di maltrattamenti "aperta", ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la condanna per le condotte maltrattanti oggetto di una querela integrativa).
Cass. civ. n. 27215/2023
L'adozione di una misura di prevenzione non inibisce l'esercizio del potere di accertamento da parte dell'ente impositore e, conseguentemente, non esonera l'amministratore giudiziario della società prevenuta dall'impugnazione dell'atto impositivo dinanzi al giudice tributario, al fine di contestare l'an e/o il quantum della pretesa fiscale, i cui presupposti siano insorti in epoca antecedente alla misura di prevenzione; infatti, la cognizione in materia del giudice della prevenzione è pur sempre limitata - come per il giudice del fallimento - all'accertamento dell'idoneità del titolo e della collocazione del credito tributario nell'ambito del passivo concorsuale.
Cass. civ. n. 27123/2023
In tema di trasferimento fraudolento di valori, risponde a titolo di concorso anche colui che non è animato dal dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione o di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli artt. 648, 648-bis e 648-ter cod. pen., a condizione che almeno uno dei concorrenti agisca con tale intenzione e che della medesima il primo sia consapevole. (In motivazione, la Corte ha precisato che il dolo specifico non è escluso dall'esistenza di finalità concorrenti, non necessariamente ed esclusivamente collegate alla necessità di "liberarsi" dei beni in vista di una loro possibile ablazione).
Cass. civ. n. 26428/2023
Nel processo tributario, la notifica della sentenza di appello, effettuata ai sensi dell'art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, è idonea a far decorrere il termine breve di sessanta giorni, di cui all'art. 51 del citato d.lgs., coincidente con quello previsto dall'art. 325, comma 2, c.p.c. per il giudizio di cassazione. Cod. Proc. Civ. art. 137 CORTE COST., Cod. Proc. Civ. art. 325 com. 2, Decreto Legge 25/03/2010 num. 40 art. 3 CORTE COST., Legge 25/05/2010 num. 73 CORTE COST.
Cass. civ. n. 26416/2023
Nel processo tributario, la notificazione della sentenza di primo grado, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate Riscossione, effettuata dall'ufficiale giudiziario presso la sede a mani dell'impiegato addetto, è idonea ai fini della decorrenza del termine breve per appellare, di cui all'art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, pur in presenza di elezione di domicilio presso il procuratore del libero foro, in quanto l'art. 17 del medesimo decreto fa comunque salva, anche in caso di elezione di domicilio, la validità della consegna a mani proprie.
Cass. civ. n. 25343/2023
In tema di esportazione di beni di interesse culturale, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, integra il reato di cui all'art. 174 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (attualmente previsto dall'art. 518-undecies cod. pen.) il trasferimento all'estero di un'opera artistica di autore non vivente, eseguita da oltre settanta anni, di valore inferiore a euro 13.500, a condizione che il bene sia dichiarato di "eccezionale rilevanza" dalla competente amministrazione preposta alla gestione del vincolo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento di restituzione di un crocifisso ligneo del diciassettesimo secolo sul rilievo che fosse necessario accertare, ai fini dell'astratta configurabilità del reato, la "eccezionale rilevanza" dell'interesse culturale del bene).
Cass. civ. n. 25083/2023
In tema di procedimento disciplinare, in assenza di una tempestiva ricusazione, ancorché sul presupposto che sarebbe incostituzionale la norma vigente che non prevede l'obbligo di astensione del giudice che abbia partecipato alla decisione, non può la relativa questione essere dedotta in sede di impugnazione a fondamento della nullità della sentenza.
Cass. civ. n. 24615/2023
Ai fini dell'insorgenza dell'obbligo, per l'amministrazione locale, di versare la contribuzione in relazione ai liberi professionisti impegnati in funzioni pubbliche elettive, ex art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, non è necessaria l'integrale sospensione dell'attività libero-professionale, dovendosi ritenere che il riferimento, contenuto nel citato comma, "allo stesso titolo previsto dal comma 1", quale presupposto del versamento, valga solo ad individuare la natura di quest'ultimo (e cioè per oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi), e non anche a richiamare la condizione, sempre prevista dal predetto comma 1, dell'"l'aspettativa non retribuita" per tutto il periodo del mandato, potendo la condizione in questione riguardare esclusivamente i "lavoratori dipendenti"; tale interpretazione, inoltre, risponde alla "ratio" della disciplina, volta ad attuare il principio di cui all'art. 51, comma 3, Cost. di sostegno dell'ordinamento ai soggetti chiamati a svolgere funzioni pubbliche elettive, cui deve essere garantito il diritto di dedicare, ad esse, il tempo necessario al loro adempimento, senza pregiudizio delle relative prerogative previdenziali e assistenziali.
Cass. civ. n. 21651/2023
In tema di diffamazione con il mezzo televisivo, l'esercizio del diritto di critica quale libera estrinsecazione del pensiero è idoneo a scriminare l'illiceità dell'offesa, a condizione però che siano rispettati i limiti della continenza verbale, della verità dei fatti attribuiti alla persona offesa e della sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto della critica; in particolare il requisito della verità oggettiva della notizia, anche soltanto putativa, richiede che la notizia sia frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca, tanto più attento a fronte della diffusività del mezzo impiegato, che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) rappresentazioni della realtà oggettiva false, dovendo in definitiva l'esercizio del diritto di critica essere connotato non soltanto dalla verità oggettiva della notizia, ma anche dall'astensione dall'impiego di maliziose ambiguità e di espressioni potenzialmente fuorvianti. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto diffamatoria la messa in onda di un servizio televisivo in cui, invece di dare conto dell'esistenza di un duplice rapporto lavorativo in capo alla stessa persona - rispettivamente quale segretaria di uno studio legale e collaboratrice di un gruppo politico del Senato - si attribuiva ad un senatore l'utilizzo di denaro pubblico per retribuire la propria segretaria di studio).
Cass. civ. n. 20650/2023
Il regime più favorevole della prescrizione degli illeciti disciplinari degli avvocati, introdotto dall'art. 56 della l. n. 247 del 2012, non trova applicazione con riguardo ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore della citata norma e tale conclusione è compatibile sia con la giurisprudenza costituzionale, la quale ha chiarito che le garanzie riguardanti la pena in senso stretto possono essere ritenute inapplicabili (o, quantomeno, applicabili in forme più flessibili) alle sanzioni disciplinari, sia con la giurisprudenza della Corte Edu, secondo cui il principio di retroattività della "lex mitior" concerne esclusivamente la fattispecie incriminatrice e la pena, non anche le norme sopravvenute che modifichino la disciplina della prescrizione.
Cass. civ. n. 20045/2023
In tema di "bis in idem" cautelare, dopo che il giudice della cognizione del procedimento principale asseritamente preclusivo abbia consentito al pubblico ministero di "chiudere" la contestazione "aperta" del reato associativo, così accettando la delimitazione temporale del "thema decidendum", il giudice del subprocedimento cautelare non può sindacare quella decisione - allo stato esistente ed efficace, ancorché non irrevocabile - né eventualmente disapplicarla in via incidentale per affermare che il primo processo abbraccia un ulteriore periodo di tempo rispetto a quello ritenuto dal giudice della cognizione, poiché compete a quest'ultimo evitare eventuali abusi e verificare che la perimetrazione dell'imputazione non si traduca in un'inammissibile ritrattazione dell'azione penale.
Cass. civ. n. 19968/2023
In tema di amministrazione straordinaria, qualora un'impresa, in esercizio della facoltà di adesione al regime della cd. IVA di gruppo, di cui all'art. 6, comma 3, del d.m. 13 settembre 1979 e al d.P.R. n. 633 del 1972, faccia valere una compensazione d'imposta in difetto dei relativi presupposti, l'erario è facoltizzato ad emettere ex art. 1, comma 421, della l. n. 311 del 2004, un atto di recupero degli importi illegittimamente compensati, che, rispondendo ad una funzione accertativa, non urta con il divieto di cui all'art. 51 l.fall., attinente alle azioni esecutive e cautelari, tenuto conto che l'apertura della procedura concorsuale non esonera dal rispetto dei presupposti di accesso all'istituto della compensazione, ivi compreso il rilascio delle garanzie previste dalla normativa vigente.
Cass. civ. n. 19376/2023
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista, anche nel caso in cui pubblichi il testo di una intervista, non può limitare il suo intervento a riprodurre esattamente e diligentemente quanto riferito dall'intervistato, soltanto perché le eventuali dichiarazioni possono interessare la pubblica opinione, essendo in ogni caso tenuto a controllare la veridicità delle circostanze e la continenza delle espressioni riferite; ne consegue che, quando non ricorrano detti presupposti, egli diviene "dissimulato coautore" delle eventuali dichiarazioni diffamatorie contenute nel testo pubblicato.
Cass. civ. n. 17171/2023
In tema di atti persecutori, costituiscono molestie, elemento costitutivo del reato, le azioni reiteratamente promosse in sede civile (nella specie, ventitré in dieci anni), in base ad un'unica ragione contrattuale, da un asserito creditore che si era precostituito titoli esecutivi fondati su atti da lui falsificati e si era avvalso, quindi, di fatti consapevolmente inventati in funzione dell'unilaterale e ingiustificata modifica aggravativa della posizione del debitore, realizzata con abuso del processo, atteso che la falsificazione dei titoli e la reiterazione dell'azione giudiziaria risulta causativa di uno degli eventi alternativi previsti dall'art. 612-bis cod. pen.
Cass. civ. n. 16768/2023
In tema di liquidazione del compenso al consulente tecnico d'ufficio, qualora il consulente sia chiamato a svolgere accertamenti plurimi, ove l'indagine effettuata sia sostanzialmente unitaria, l'importo da prendere in considerazione per liquidare il compenso è quello corrispondente all'ammontare cumulativo dei vari rapporti scrutinati, mentre va riconosciuto un corrispettivo ragguagliato ad ogni singolo rapporto solo qualora quest'ultimo sia stato oggetto di autonome e distinte indagini e valutazioni.
Cass. civ. n. 16120/2023
Una volta definito il procedimento di ricusazione di un giudice della Corte di cassazione, il processo al quale si è riferita la ricusazione può proseguire con la partecipazione del giudice ricusato, senza che ricorrano ragioni per la sospensione o il rinvio.
Cass. civ. n. 15981/2023
La sostituzione esecutiva ai sensi dell'art. 511 c.p.c. realizza il subingresso di uno o più creditori del creditore dell'esecutato nella sua posizione processuale nel diritto al riparto della somma ricavata dall'esecuzione e non integra pertanto una forma di pignoramento del credito presso terzi, cosicché non trova applicazione la norma dell'art. 2914, n. 2, c.c., che opera solo nei confronti del creditore pignorante; ne consegue che, nell'ambito del processo esecutivo, la cessione del credito, effettuata dal creditore procedente (o intervenuto) con atto di data certa anteriore alla domanda di sostituzione di cui al citato art. 511, impedisce a quest'ultima di produrre i relativi effetti per il venir meno di quella posizione attiva nella quale il "creditor creditoris" intende subentrare, dal momento che tale cessione si perfeziona, nei rapporti fra cedente e cessionario, in virtù del solo consenso da essi espresso e che l'art. 1265 c.c. richiede la notifica della cessione o l'accettazione da parte del debitore esclusivamente per risolvere il conflitto tra più cessionari del medesimo credito.
Cass. civ. n. 15069/2023
In materia di misure cautelari personali, l'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imputato o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen. Ove, invece, non sia già emerso che l'indagato o imputato alloglotta non conosca la lingua italiana, l'ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti è valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l'obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine, la cui violazione determina la nullità dell'intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l'ordinanza di custodia cautelare.
Cass. civ. n. 14700/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 2 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio, omettendo di valutare le sopravvenienze istruttorie suscettibili di avvalorare la legittimità di tale contestazione suppletiva).
Cass. civ. n. 13411/2023
In tema di danni da diffamazione, l'uso di una piattaforma come "twitter", o altre equivalenti, implica l'osservanza del limite intrinseco del giudizio che si posta in condivisione, il quale, come ogni giudizio, non può andar disgiunto dal contenuto che lo contraddistingue e dalla forma espressiva, soprattutto perché tradotto in breve messaggio di testo per sua natura assertivo o scarsamente motivato; il "post" in "twitter" non esime l'autore dal necessario rispetto della continenza espressiva, in quanto non può concretizzare una manifestazione del pensiero irresponsabile sol perché veicolata tramite il mezzo prescelto. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto superato il limite della continenza in una serie di "post" pubblicati in "twitter" da un ex senatore e contenenti espressioni lesive della funzione istituzionale svolta dalla Consob).
Cass. civ. n. 13014/2023
La disposizione di cui all'art. 519, comma 1, cod. proc. pen., come modificata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), ha natura processuale, con la conseguenza che, in assenza di una norma transitoria, la sua applicazione alle fattispecie anteriori alla riforma non è regolata dal principio della necessaria retroattività della disposizione più favorevole, ma dal criterio generale "tempus regit actum".
Cass. civ. n. 12499/2023
In tema di brevetti, la rivendicazione va interpretata alla luce del dato tecnico risultante dalla descrizione e dai disegni allegati, senza necessità che la relativa valutazione sia operata da un soggetto esperto del ramo, poiché l'interpretazione del brevetto va compiuta secondo i principi di razionalità ermeneutica, utilizzabili anche per gli atti diversi dal negozio giuridico, tenendo conto del tenore letterale delle parole tecniche e del loro significato logico e contemperando la protezione del titolare e la sicurezza giuridica per i terzi.
Cass. civ. n. 9460/2023
In tema di ricusazione ex art. 52, comma 2, c.p.c., ove quest'ultima sia preclusa da un vizio procedurale che abbia impedito alla parte di conoscere preventivamente chi fossero i giudici chiamati a decidere, il rimedio accordato è quello di denunciare la nullità della sentenza, ma quest'ultima deve correlarsi alla specifica individuazione della causa di ricusazione che non è stato in precedenza possibile addurre e che si è poi riverberata nella nullità della decisione assunta. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato non fondato il motivo di ricorso con il quale la parte aveva dedotto la nullità del decreto assunto dal collegio in sede di reclamo avverso un provvedimento del giudice delegato, ex artt. 25 e 26 l. fall. - nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5 del 2006 - correlata alla sola difformità fra l'intestazione di tale provvedimento e l'indicazione del verbale di udienza, risultando solo dal primo la presenza del giudice delegato nel collegio, circostanza che aveva comportato l'impossibilità di proporre istanza di ricusazione).
Cass. civ. n. 7110/2023
In tema di dirigenza medica, l'obbligo della P.A. di attivare e completare il procedimento finalizzato all'adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi non viene meno né per il mancato rispetto dei termini endoprocedimentali relativi alla fase di consultazione sindacale, né per l'omessa conclusione delle trattative, ma la sua violazione non legittima il dirigente medico interessato a chiedere l'adempimento di tale obbligo, bensì a domandare giudizialmente il risarcimento del danno per perdita della "chance" di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione, allegando la fonte legale o convenzionale del proprio diritto e l'inadempimento del datore di lavoro, sul quale grava l'onere di provare i fatti estintivi o impeditivi della pretesa oppure la non imputabilità dell'inadempimento.
Cass. civ. n. 6680/2023
In tema di imposte sui redditi, l'agevolazione tributaria prevista dall'art. 51, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986, che limita la tassabilità al cinquanta per cento, si applica esclusivamente all'indennità di volo erogata al personale in servizio (sia militare che civile) e non anche al trattamento in favore del personale in quiescenza e pur se commisurato all'indennità di volo fruita nel corso dell'attività lavorativa, poiché il beneficio si giustifica solo per la particolarità del lavoro svolto a bordo di un aereo e non può essere estesa anche all'aumento della pensione e dell'indennità "una tantum", previsto per i piloti che abbiano percepito le indennità di aeronavigazione e di volo.
Cass. civ. n. 6342/2023
L'efficacia di titolo esecutivo dell'assegno bancario è subordinata al rispetto dei requisiti di forma e contenuto dettati dalla legge, in virtù del combinato disposto degli artt. 50 e 51 del r.d. n. 1736 del 1933, richiamati dal successivo art. 55, comma 1; ne consegue che tale efficacia non compete all'assegno recante una data insuperabilmente incerta, impedendo quest'ultima di stabilire se il traente avesse la capacità di emetterlo al momento dell'emissione, oltre che di individuare la decorrenza del termine di presentazione per il pagamento. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo ad un assegno nel quale l'anno di emissione risultava essere stato corretto da "2015" a "2016").
Cass. civ. n. 5644/2023
L'esclusione della gravità indiziaria in relazione ad un reato o ad una circostanza aggravante da cui discende la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1-bis, cod. proc. pen. non fa venir meno la competenza di tale giudice, in quanto, anche nel procedimento cautelare, la decisione sulla competenza va assunta in "limine litis", sulla base della mera descrizione del fatto, prima di ogni valutazione di merito sulla fondatezza dell'accusa come pure sulla gravità degli indizi. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice deve declinare la propria competenza e limitarsi ad applicare la misura entro i limiti temporali fissati dall'art. 27 cod. proc. pen., nei casi di urgenza delle esigenze di cautela, qualora l'esclusione del reato o dell'aggravante dipenda dalla radicale assenza di elementi a supporto della loro astratta ricorrenza).
Cass. civ. n. 5366/2023
In tema di impugnazione tardiva nel processo tributario, in caso di notifica inesistente si presume "iuris tantum" la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario ed è onere dell'altra parte dimostrare che lo stesso ha avuto comunque contezza del processo, mentre nell'ipotesi di notificazione nulla si presume la conoscenza della pendenza del giudizio da parte dell'impugnante, il quale è tenuto a fornire, anche mediante presunzioni, la prova di circostanze di fatto positive da cui si possa desumere il difetto di anteriore conoscenza o l'avvenuta conoscenza solo in una certa data.
Cass. civ. n. 4557/2023
In tema di cause di giustificazione, l'adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo della pubblica autorità presuppone che l'ordine sia stato impartito, nella forma prescritta, dall'autorità competente, e che il suo contenuto rientri nell'esplicazione del servizio del subordinato. (Conf. n. 4194 del 1987,
Cass. civ. n. 4332/2023
L'art. 51 del c.c.n.l. 31 maggio 2011 per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multi servizi - che prevede un limite massimo di conservazione del posto in caso di assenze per infermità e, nel contempo, quanto agli operai, il diritto alle retribuzioni fino a guarigione nel caso di infortunio sul lavoro - va interpretato nel senso della non computabilità delle assenze per infortunio nel periodo di comporto, stante la inequivoca previsione di diversità degli effetti determinati dai distinti eventi patologici della malattia e dell'infortunio nell'ambito del rapporto di lavoro nella sua integralità; infatti, in caso di malattia, il superamento dei limiti di conservazione del posto comporta la cessazione ovvero, eventualmente, la sospensione del rapporto, mentre, in caso di infortunio, la corresponsione integrale della retribuzione fino alla guarigione clinica determina la continuità giuridica del rapporto stesso.
Cass. civ. n. 4242/2023
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di cronaca ha efficacia esimente, sotto il profilo della verità putativa della notizia, ove questa sia tratta da un procedimento disciplinare interno a una P.A., valido ed efficace al momento della sua divulgazione, trattandosi di un atto di investigazione interna, di rilievo pubblico sul quale il giornalista può fare legittimo affidamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato una legittima espressione del diritto di cronaca in relazione ad una trasmissione televisiva nella quale il conduttore aveva riportato la notizia della sospensione dal servizio del ricorrente, medico, a seguito di una inchiesta amministrativa sull'assenteismo in ospedale, a nulla rilevando la successiva revoca del provvedimento, dovendo la verosimiglianza del fatto essere valutata al momento in cui ne è fatta divulgazione).
Cass. civ. n. 2090/2023
Le questioni concernenti l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale va introdotta una pretesa creditoria nei confronti di un debitore dichiarato fallito non sono questioni di competenza, ma attinenti al rito; pertanto, qualora una domanda sia diretta a far valere, nelle forme ordinarie, una pretesa creditoria soggetta al regime del concorso, il giudice adìto è tenuto a dichiarare non la propria incompetenza bensì, secondo i casi, l'inammissibilità, l'improcedibilità o l'improponibilità della domanda, siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge e, quindi, inidonea a conseguire una pronuncia di merito. (Nella specie la S.C. ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza d'appello che, in sede di rinvio dalla Corte di cassazione conseguente ad annullamento agli effetti civili della sentenza penale ex art. 622 c.p.p., aveva dichiarato improponibile la domanda risarcitoria in ragione del fallimento dell'imputato intervenuto prima della costituzione di parte civile, ritenendo non integrata la lamentata violazione della designazione del giudice del rinvio operata dalla Corte).
Cass. civ. n. 1771/2023
Il diritto del lavoratore di ottenere dall'INPS, quale gestore del Fondo di garanzia, il pagamento dei crediti di lavoro, diversi da quelli spettanti a titolo di trattamento di fine rapporto, relativi agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, si prescrive nel termine di un anno che, nel caso di datore di lavoro non assoggettabile alle procedure di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ovvero alla procedura dell'amministrazione straordinaria, decorre dal momento in cui il lavoratore medesimo, in seguito all'esperimento dell'esecuzione forzata, ha avuto cognizione o avrebbe dovuto avere cognizione dell'insufficienza totale o parziale delle garanzie patrimoniali, adoperandosi con una condotta improntata all'ordinaria diligenza per ottenere, ai sensi dell'art. 518 c.p.c., la consegna del processo verbale di pignoramento redatto dall'ufficiale giudiziario.
Cass. civ. n. 1306/2023
In tema di accertamento dell'IVA, l'autorizzazione prescritta dall'art. 51, comma 2, n. 7 del d.P.R. n. 633 del 1972 (nel testo, applicabile "ratione temporis", risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 18, comma 2, lett. c e d, della l. n. 413 del 1991) ai fini dell'espletamento delle indagini
Cass. civ. n. 105/2023
In tema di acque, allorché nel procedimento per rettificazione delle sentenze pronunciate dai TRAP e dal TSAP, ex art. 204 del r.d. n. 1775 del 1933 (T.U. acque), si contesti l'extrapetizione o l'omessa pronuncia su una domanda, o su un suo capo, o la presenza di disposizioni contraddittorie ex art. 517, nn. 4, 5, 6 e 7, c.p.c. del 1865, in assenza di diversa disposizione espressa sul termine di decadenza per la proposizione di detto rimedio davanti allo stesso giudice che ha emesso la decisione, opera la norma generale e di chiusura contenuta nell'art. 208 del r.d. n. 1775 del 1933, che contiene un rinvio, formale o mobile, alle norme di cui al c.p.c., con conseguente applicazione del termine lungo (semestrale) di impugnazione di cui all'art. 327 c.p.c., nel dovuto bilanciamento tra l'interesse della parte ad avvalersi del rimedio impugnatorio specifico e l'interesse pubblico alla ragionevole durata del processo ed alla certezza del diritto, attraverso la formazione dell'autorità di cosa giudicata da parte della statuizione giudiziale adottata dal giudice competente.
Cass. pen. n. 9953/2022
In tema di diffamazione, ricorre l'esimente dell'esercizio dei diritti di critica e di satira politica nel caso in cui le espressioni utilizzate esplicitino le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui o nel dileggio o disprezzo personale.
Cass. pen. n. 33754/2022
In tema di calunnia, integra un'ipotesi di legittimo esercizio del diritto di difesa ed è scriminata dall'art. 51 cod. pen., la condotta dell'agente che affermi falsamente fatti tali da coinvolgere altre persone, che sa essere innocenti, nella responsabilità per il reato a lui ascritto, purché le false accuse non eccedano i limiti della utilità ed essenzialità, nel senso della assenza di ragionevoli alternative per una efficace confutazione dei fatti in contestazione, indipendentemente dal grado di articolazione della indicazione accusatoria mendace.
Cass. pen. n. 15871/2022
Ai fini dell'esclusione del reato di oltraggio, costituiscono lecita manifestazione del diritto di critica le espressioni che siano immediatamente percepite come un giudizio che investe il provvedimento posto in essere dal pubblico ufficiale; allorché, invece, la critica non si ponga in un rapporto di immediatezza con l'operato del pubblico agente ma sia indirizzata alla sua persona, con espressioni munite di vigore offensivo e idonee a sminuirne la dignità, non si verte più nei limiti consentiti di un dissenso scriminato.
Cass. pen. n. 17705/2022
In tema di rapporto tra calunnia e diritto di difesa, l'esclusione di tale delitto dal novero di quelli rispetto ai quali si applica la causa di esclusione della colpevolezza di cui all'art. 384, comma primo, cod. pen. comporta che nessuno spazio di operatività deve riconoscersi all'esercizio del diritto scriminante di difesa ex art. 51, comma primo, prima parte, cod. pen. - altrimenti incidendosi sull'antigiuridicità della condotta - nei casi in cui l'imputato, lungi dal limitarsi a una generica negazione della fondatezza degli addebiti mossigli e/o della veridicità degli elementi di accusa, si difenda accusando specificamente terzi, che sa essere innocenti, di aver commesso reati.
Cass. pen. n. 3284/2021
In caso di lesioni personali colpose cagionate durante una competizione sportiva, ai fini della valutazione della responsabilità penale dell'atleta antagonista della vittima, devono essere applicati i criteri ordinari sulla colpevolezza, individuando la regola cautelare che presidia l'attività sportiva e la doverosità della condotta richiesta secondo canoni di prudenza, perizia e diligenza, nonché di osservanza delle specifiche regole di gioco volte a evitare il pericolo di lesioni.
Cass. pen. n. 41013/2021
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista che effettua un'intervista può beneficiare dell'esimente del diritto di cronaca con riferimento al contenuto delle dichiarazioni ingiuriose o diffamatorie a lui rilasciate, se riportate fedelmente ed in modo imparziale, senza commenti e chiose capziose a margine - tali da renderlo dissimulato coautore - e sempre che l'intervista presenti profili di interesse pubblico all'informazione, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, al suo oggetto e al contesto delle dichiarazioni rilasciate. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da censure la condanna dell'imputato per la pubblicazione di un'inchiesta giornalistica frutto di assemblaggio di dichiarazioni di terzi, commentate con chiose ed amplificate nella loro portata, e di informazioni sul passato di un personaggio politico, senza previa verifica della serietà ed attendibilità delle fonti).
Cass. pen. n. 43693/2021
Configura un'ipotesi di concorso morale nel reato di omicidio il cd. mandato in bianco, ossia l'ordine impartito dall'agente di uccidere persone designate in funzione dell'appartenenza ad un certo gruppo, atteso che i soggetti passivi, anche se non indicati individualmente, sono determinabili in base a caratteristiche selettive rispondenti alle finalità perseguite dall'agente stesso. (Nella specie, l'imputato, in qualità di Ministro degli Esteri di uno Stato governato da dittatura militare e membro di un organismo deputato alla repressione della lotta sovversiva contro le formazioni rivoluzionarie e gli oppositori al regime, con poteri di comando assoluto per l'attuazione del c.d. Piano Condor stipulato tra i Paesi dell'America Latina, aveva ordinato operazioni di sequestro ed omicidio di soggetti individuati in ragione della loro appartenenza a specifici gruppi di opposizione politica, garantendo l'impunità agli esecutori).
Cass. pen. n. 21703/2021
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca, il giornalista che riporti una notizia tratta da un procedimento penale, in particolare se risalente nel tempo, è tenuto a verificarne gli esiti giudiziali, onde accertare se la stessa si sia poi rivelata priva di fondamento, tanto da comportare l'assoluzione dell'accusato.
Cass. pen. n. 23672/2021
In tema di falso in atto pubblico non può essere invocata la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen., nella forma del principio "nemo tenetur se detegere", per aver il pubblico ufficiale estensore dell'atto attestato il falso in ordine a quanto ivi rappresentato, al fine di non far emergere la propria responsabilità, non potendo la finalità probatoria dell'atto pubblico essere sacrificata all'interesse del singolo di sottrarsi alle conseguenze di un delitto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità, in ordine al reato di cui all'art. 479 cod. pen., di un agente di polizia penitenziaria per aver attestato in una relazione di servizio che le lesioni patite da un detenuto erano dovute ad una caduta dalle scale e non dalle percosse dallo stesso infertegli).
Cass. pen. n. 13979/2021
Integra il reato di diffamazione la pubblicazione su una pagina "facebook" di un'accusa, del tutto immotivata, ad un professore di operare manipolazioni psicologiche degli studenti e così praticare metodi contrari agli scopi formativi ed educativi dell'insegnamento, trattandosi di espressioni che, in sé e per il contesto fattuale di riferimento, travalicano i limiti della continenza espositiva.
Cass. pen. n. 9566/2020
In tema di diffamazione a mezzo stampa, non ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica, che pure tollera l'uso di parole forti e toni aspri, ove tali espressioni siano generiche e non collegabili a specifici episodi, risolvendosi in una gratuita manifestazione di sentimenti ostili che prescinde dalla verità dei fatti storici su cui si fonda l'elaborazione critica.
Cass. pen. n. 2457/2020
La scriminante di cui all'art. 51 cod. pen. è configurabile in relazione al delitto di ricettazione, di dati e "files" oggetto di illecita sottrazione a terzi, commesso al fine di produrli all'autorità giudiziaria nell'esercizio del proprio diritto di difesa, attesa la recessività dell'interesse patrimoniale tutelato dal delitto di cui all'art. 648 cod. pen. rispetto al fine difensivo perseguito dall'imputato, che trova fondamento nell'art. 24 Cost., alla cui essenza, insuscettibile di essere compressa, va ricondotto il potere di adire l'autorità giudiziaria per la tutela dei propri interessi.
Cass. pen. n. 29128/2020
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente del diritto di cronaca può essere riconosciuta al giornalista che riporti fedelmente le dichiarazioni, oggettivamente lesive dell'altrui reputazione, rilasciate da un personaggio pubblico nel corso di un'intervista, indipendentemente dalla veridicità e continenza delle espressioni riportate, per il prevalente interesse pubblico a conoscere il pensiero dell'intervistato in relazione alla sua notorietà, che non deve essere intesa necessariamente come sinonimo di autorevolezza "a priori", da cui desumere l'affidabilità delle dichiarazioni, ma valutata anche in ragione della notorietà della persona offesa e delle vicende oggetto di propalazione. (Fattispecie relativa alla pubblicazione di dichiarazioni lesive dell'onore e della reputazione di un magistrato, rese dal protagonista di una vicenda economico finanziaria di rilievo nazionale, in cui la Corte ha annullato la decisione che, sminuendo la rilevanza pubblica della posizione sociale dell'intervistato, aveva escluso la scriminante del diritto di cronaca per gli intervistatori e i direttori delle testate giornalistiche). (Annulla in parte senza rinvio, CORTE APPELLO BRESCIA, 13/11/2018).
Cass. pen. n. 31263/2020
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilità dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica, che trova fondamento nell'interesse all'informazione dell'opinione pubblica e nel controllo democratico nei confronti degli esponenti politici o pubblici amministratori, è necessario che l'elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verità e non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'esclusione dell'esimente, sia pure nell'ampia visione convenzionale del diritto alla libertà di espressione in contesti di critica politica, nel caso di un articolo di stampa che attribuiva ad un sindaco, senza alcun appiglio oggettivo e mediante travisamento o manipolazione dei fatti storici, il sospetto di mafiosità, per la gestione familiaristica e clientelare dell'amministrazione comunale). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO BARI, 10/06/2019).
Cass. pen. n. 2399/2020
Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non può essere scriminato, ai sensi dell'art. 51 cod. pen., dalla scelta del datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, di destinare le somme disponibili al pagamento delle retribuzioni, perché, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, va privilegiato il primo in quanto è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO FIRENZE, 18/02/2020).
Cass. pen. n. 17259/2020
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di critica del giornalista non può essere svilito, limitandolo alla esposizione dei fatti e alla loro puntuale, esatta riproduzione, sicché non può negarsi al predetto il diritto di ricercare e di riferire al lettore legami, rapporti e relazioni, dirette o indirette, immediate o mediate, quando questi elementi risultino oggettivamente sussistenti. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 28/11/2018).
Cass. pen. n. 16472/2020
In tema di reati tributari, l'accordo tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito, quantunque comporti la rimodulazione della sua scadenza, che viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini delle singole rate, non esclude che, al verificarsi di detta scadenza senza la soddisfazione totale del debito, il reato resti comunque configurabile, in quanto la previsione di una causa sopravvenuta di non punibilità del fatto lascia immutata l'illiceità della condotta, che non può ritenersi scriminata ai sensi dell'art. 51 cod. pen. né ai sensi dell'art. 59, comma quarto, cod. pen., cadendo l'errore del contribuente su norme penali (nella specie gli artt. 10-ter e 13, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), con conseguente applicazione dell'art. 5 cod. pen.
Cass. pen. n. 17243/2020
In tema di diffamazione, l'esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell'altrui reputazione, ma non vieta l'utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, hanno anche il significato di mero giudizio critico negativo di cui si deve tenere conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato. (Fattispecie in cui la Corte non ha ritenuto esorbitante dai limiti della critica legittima l'accusa di "assoluta incapacità ad organizzare il reparto" rivolta al direttore di un Pronto Soccorso da un consigliere del comitato consultivo di un'Azienda Ospedaliera che, nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo dell'attività e dell'organizzazione aziendale, evidenziava reali disservizi organizzativi e sollecitava i dovuti controlli). (Annulla senza rinvio, TRIBUNALE SANTA MARIA CAPUA VETERE, 04/10/2018).
Cass. pen. n. 14013/2020
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il cronista che raccoglie notizie in via confidenziale dalle forze dell'ordine che hanno condotto un'operazione di polizia giudiziaria può invocare, qualora la notizia non risulti veritiera, la scriminante putativa dell'esercizio del diritto di cronaca a condizione che abbia assolto all'onere di esaminare, controllare e verificare l'informazione, offrendo la prova della cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la veridicità dei fatti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un cronista che, nel riportare la notizia di un arresto, aveva erroneamente indicato l'imputato come imparentato ad un esponente della criminalità organizzata, sulla scorta di una informazione fornitagli confidenzialmente dall'ufficiale di polizia giudiziaria operante, ma non aveva effettuato su di essa alcun controllo). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO NAPOLI, 05/03/2018).
Cass. pen. n. 12898/2020
Non integra il reato di diffamazione, per carenza di offensività della condotta, l'invio di una missiva con la quale il creditore non ammesso al passivo denunci al presidente del tribunale e agli altri organi della procedura fallimentare "comportamenti scorretti" del commissario straordinario, qualora essa si sostanzi in una rimostranza rispetto ad una situazione ritenuta ingiustamente lesiva dei propri diritti o prerogative, che ha per obiettivo, attraverso la rappresentazione della propria versione dei fatti, di sollecitare, in un contesto naturalmente conflittuale, l'intervento dei legittimi interlocutori istituzionali per favorire la piena realizzazione della "par condicio creditorum", e le espressioni utilizzate non trasmodino in alcun modo in aggressioni gratuite della altrui reputazione, essendo preordinate al ripristino di una situazione compromettente per i propri interessi economici. (Rigetta, GIUDICE DI PACE MANTOVA, 25/01/2019).
Cass. pen. n. 13782/2020
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente del diritto di cronaca giudiziaria è configurabile, qualora la notizia sia mutuata da un provvedimento giudiziario, quando l'attribuzione del fatto illecito ad un soggetto sia rispondente a quella presente negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione, sia sotto il profilo dell'astratta qualificazione che della sua concreta gravità, con la conseguenza che essa non è invocabile se il cronista attribuisca ad un soggetto un fatto diverso nella sua struttura essenziale rispetto a quello per cui si indaga, idoneo a cagionare una lesione della reputazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non scriminata l'attribuzione ad un soggetto di una condotta di bancarotta fraudolenta nell'ambito di un'indagine relativa ad un fallimento del valore di circa 100 milioni di euro, a fronte di un'imputazione di ricettazione prefallimentare di beni del valore di 900 mila euro). (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO L'AQUILA, 03/12/2018)
Cass. pen. n. 15093/2020
In tema di cronaca giudiziaria, non integra un'ipotesi di diffamazione a mezzo della stampa la divulgazione di una notizia d'agenzia riportante l'erronea affermazione che taluno sia stato raggiunto da richiesta di rinvio a giudizio anziché da avviso di conclusione delle indagini preliminari, dal momento che, in tal caso, la divergenza tra quanto propalato e l'effettivo stato del procedimento costituisce una mera inesattezza su un elemento secondario del fatto storico, che non intacca la verità della notizia principale, secondo cui il procedimento, nella prospettiva della pubblica accusa, è approdato ad una cristallizzazione delle risultanze d'indagine funzionale alla sua progressione. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che, diversamente, non viene meno la rilevanza penale del fatto in caso di diffusione dell'erronea notizia a termini della quale una persona è stata rinviata a giudizio, implicando questo atto il positivo vaglio della prospettazione accusatoria da parte di un giudice).
Cass. pen. n. 14043/2020
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo straniero che commette il reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana in forza del principio di territorialità e non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto sia incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano. (Fattispecie in cui è stato ritenuto irrilevante che la legislazione del Marocco preveda che l'obbligo di contribuzione decorre solo dalla sentenza di divorzio, prevalendo il disposto dell'art.147 cod.civ. in base al quale l'obbligo di assistenza sussiste indipendentemente da un provvedimento definitivo o provvisorio del giudice). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO FIRENZE, 18/02/2019)
Cass. pen. n. 8986/2019
In tema di cause di giustificazione, lo straniero imputato di un delitto contro la persona o contro la famiglia non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi oggettivamente incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano, in cui l'agente ha scelto di vivere, attesa l'esigenza di valorizzare - in linea con l'art. 3 Cost. - la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l'instaurazione di una società civile multietnica. (Fattispecie, in tema di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, di lamentata non considerazione di particolari connotazioni culturali e religiose proprie dell'imputato). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO ROMA, 24/04/2019)
Cass. pen. n. 15086/2019
In tema di diffamazione a mezzo stampa, qualora sia pubblicato il contenuto di una denuncia-querela, è configurabile l'esimente del diritto di cronaca giudiziaria nel caso in cui il giornalista, nel rispetto della verità e della continenza, si limiti a riferire, sia pure nel loro "minimum" storico, senza arbitrarie aggiunte o indebite insinuazioni, i fatti di cui alla denunzia, ponendosi, rispetto ad essi, quale semplice testimone, animato da "dolus bonus" e da "ius narrandi". (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO ANCONA, 11/10/2018)
Cass. pen. n. 16959/2019
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista che effettua un'intervista può beneficiare dell'esimente del diritto di cronaca con riferimento al contenuto delle dichiarazioni ingiuriose o diffamatorie a lui rilasciate, se riportate fedelmente ed in modo imparziale, senza commenti e chiose capziose a margine - tali da renderlo dissimulato coautore - e sempre che l'intervista presenti profili di interesse pubblico all'informazione, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, al suo oggetto e al contesto delle dichiarazioni rilasciate. (Rigetta in parte, CORTE APPELLO MILANO, 23/10/2018)
Cass. pen. n. 7008/2019
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilità dell'esimente putativa del diritto di cronaca giudiziaria, incombe sul giornalista l'onere di allegare gli elementi di fatto concreti ed idonei a giustificare l'erroneo convincimento in ordine alla veridicità della notizia, non essendo a tal fine sufficiente far riferimento ad un generico affidamento in buona fede ad una fonte informativa non meglio indicata, a nulla rilevando che essa sia stata utilizzata da altre fonti di informazione. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso potesse suffragare l'esimente putativa la circostanza che la medesima notizia falsa, di contenuto diffamatorio, fosse stata riportata anche da altri giornali). (Rigetta, CORTE APPELLO ROMA, 23/10/2018)
Cass. pen. n. 50189/2019
La scriminante putativa dell'esercizio del diritto di critica o di cronaca è configurabile solo quando, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il giornalista abbia assolto all'onere di esaminare, controllare e verificare l'oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito aveva affermato la responsabilità per il delitto di diffamazione aggravata di un giornalista che aveva omesso l'esame degli atti giudiziari criticati e si era affidato per la comprensione degli stessi, affermandosi sprovvisto della necessaria competenza tecnica, al legale del soggetto destinatario degli atti stessi e interessato a rappresentare in modo a sé favorevole i fatti processuali).
Cass. pen. n. 48757/2019
In tema di delitti colposi, la scriminante relativa all'adempimento di un dovere, prevista dall'art. 51 cod. pen., è configurabile nel caso in cui la condotta dell'agente derivi dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposta da direttive o disposizioni superiori, mentre la stessa non può essere riconosciuta, quando la condotta sia caratterizzata da un atteggiamento di negligenza o imprudenza. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la applicabilità della scriminante nei confronti di un capocantoniere che, nell'esercizio delle sue mansioni di ricerca della carcassa di un animale posizionata sotto il guard-rail, viaggiando imprudentemente a velocità ridottissima nella corsia di sorpasso di una superstrada, aveva cagionato un incidente stradale e la morte di uno dei conducenti coinvolti). (Rigetta, CORTE APPELLO BOLOGNA, 07/12/2018)
Cass. pen. n. 2473/2019
In materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare l'offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell'imputato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la frase incriminata potesse essere scriminata in base al diritto di "critica sindacale" ed ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna pronunciata ai soli effetti civili). (Annulla senza rinvio, TRIBUNALE ROMA, 13/07/2017)
Cass. pen. n. 51235/2019
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista che effettua un'intervista può beneficiare dell'esimente del diritto di cronaca con riferimento alle dichiarazioni a lui rilasciate, anche se oggettivamente lesive dell'altrui reputazione, se vi sia un interesse a conoscere il pensiero dell'intervistato, per la sua autorevolezza o per la speciale conoscenza della materia, ma risponde secondo gli ordinari parametri di valutazione (veridicità della notizia, continenza espositiva e interesse pubblico) per i commenti e le espressioni, poste "a latere" o a margine dell'intervista, che non si limitino a riassumerne il contenuto o a commentarlo, ma che riportino fatti o opinioni diversi o anche antagonisti rispetto al contenuto delle dichiarazioni rilasciate. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO ROMA, 06/02/2018)
Cass. pen. n. 15089/2019
In tema di diffamazione, l'esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell'altrui reputazione, ma non vieta l'utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico in quanto non hanno adeguati equivalenti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non esorbitante dai limiti della critica legittima l'utilizzo, in una pagina Facebook, dell'epiteto "idiota" nei confronti di un poliziotto, non identificato nominativamente, che aveva sparato dei colpi di arma da fuoco in pieno centro cittadino per arrestare la fuga degli autori di un reato, in quanto l'imputato aveva inteso solo stigmatizzare l'uso eccessivo della forza, sproporzionato rispetto al reato e alle condizioni di tempo e di luogo in cui si era svolto il fatto).
Cass. pen. n. 29209/2018
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della responsabilità del giornalista per un articolo che riproduce il contenuto diffamatorio di un manifesto pubblico con finalità di critica politica (nella specie, avverso l'operato di un senatore), occorre accertare se egli, nel riportare la notizia, si sia posto con la prospettiva di "terzo osservatore" dei fatti, ovvero sia solo un dissimulato coautore della dichiarazione diffamatoria, che agisca contro il diffamato. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il reato ritenendo la condotta del giornalista riconducibile ad una legittima attività di valutazione dell'agire politico, riprodotta nell'articolo al fine di adempiere allo scopo informativo proprio di quest'ultimo).
Cass. pen. n. 53150/2017
In tema di delitti colposi, la scriminante relativa all'adempimento di un dovere, prevista dall'art. 51 cod. pen., è configurabile nel caso in cui la condotta dell'agente derivi dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposta da direttive o disposizioni superiori, mentre la stessa non può essere riconosciuta, quando la condotta sia caratterizzata da un atteggiamento di negligenza o imprudenza. (Fattispecie in tema di condotta negligente ed imprudente del medico nel trattamento sanitario del detenuto).
Cass. pen. n. 42576/2016
Non integra il delitto di diffamazione (art. 595 cod. pen.) la condotta di chi invii un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un legale, considerato che, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen., "sub specie" di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche. (Fattispecie in cui l'imputato, controparte del cliente assistito dall'avvocato, aveva comunicato al Consiglio dell'Ordine che la richiesta di onorari per una diffida dal medesimo inoltratagli senza previa emissione di fattura costituiva a suo dire "un tentativo di truffa").
Cass. pen. n. 41099/2016
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca qualora, nel riportare un evento storicamente vero, siano rappresentate modeste e marginali inesattezze che riguardino semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale. (In applicazione del principio, la S.C. Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva negato la sussistenza dell'esimente di cui all'art. 51 cod. pen. nei confronti del giornalista e direttore di un giornale per la pubblicazione di un articolo che, nel riferirsi all'attività professionale di un medico veterinario, aveva falsamente esposto che questi aveva millantato un intervento chirurgico mai eseguito, laddove invece, in realtà, detto intervento era stato eseguito, pur se in modo errato).
Cass. pen. n. 4031/2014
In tema di diffamazione, è configurabile l'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica nel caso in cui un consigliere di minoranza di un ordine professionale diffonda - a mezzo "e mail"- la notizia di aver presentato un esposto nei confronti di altri consiglieri del medesimo ordine, con l'accusa di aver percepito indebitamente rimborsi per la partecipazione ad un convegno, in quanto gli ordini professionali sono, ai sensi degli artt. 45-49 del d.p.r. n. 328 del 2001, enti di diritto pubblico, ferma restando la necessità di verificare che la riprovazione non trasmodi in un attacco personale portato direttamente alla sfera privata dell'offeso e non sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell'avversario.
Cass. pen. n. 38130/2013
Non è applicabile la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen. nei confronti di colui che, pur essendo in stato di ebbrezza alcolica, ha eseguito l'ordine di mettersi in marcia impartito da un agente di polizia che non si era reso conto che il soggetto non era nelle condizioni psicofisiche per guidare. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che l'ordine impartito non poteva considerarsi legittimo, perché emesso senza che esistessero le condizioni di fatto, e come tale non avrebbe dovuto essere eseguito dall'autista che conosceva la sua condizione di alterazione psico-fisica).
Cass. pen. n. 10964/2013
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'imputato che invochi il diritto di cronaca ha l'onere di provare la verità della notizia riportata, che non può soddisfare facendo riferimento ad una fonte anonima, confidenziale o non controllabile. (La Suprema Corte in applicazione del suddetto principio di diritto ha escluso l'applicabilità dell'esimente del diritto di cronaca in un caso nel quale un giornalista aveva indicato la sua fonte nei servizi segreti ed il funzionario del Sisde, comparso in udienza, ha opposto il segreto di Stato).
Cass. pen. n. 5760/2013
Non sussiste l'esimente del diritto di cronaca, nei confronti del direttore responsabile di un quotidiano nel quale sia pubblicato un articolo non firmato che affermi, contrariamente al vero, che nei confronti di un presidente dei revisori dei conti di una banca, si svolgano indagini per il reato di appropriazione indebita anziché per il delitto di ostacolo alle funzioni di vigilanza, ex art. 2638 cod. civ.; non è, infatti, irrilevante per la reputazione di un soggetto l'attribuzione di un fatto illecito diverso da quello su cui effettivamente si indaga.
Cass. pen. n. 28110/2012
L'esimente dell'esercizio del diritto non può trovare applicazione quando il diritto è dubbio o oggetto di una controversia giuridica non ancora definita in sede amministrativa o giurisdizionale. (Fattispecie in cui è stata esclusa l'esimente in relazione al delitto di interruzione di pubblico servizio per non avere i dipendenti di una scuola compiuto gli atti di ufficio, sul presupposto che non rientrassero nelle loro mansioni, avendo essi richiesto, in via giurisdizionale, il riconoscimento di quelle superiori).
Cass. pen. n. 20123/2011
La scriminante relativa all'adempimento di un dovere, prevista dall'art. 51 c.p., è configurabile nel caso in cui la condotta colposa dell'agente derivi dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposta da direttive o disposizioni superiori, mentre la stessa non può essere riconosciuta nelle ipotesi di delitto colposo, quando la condotta riferibile all'agente che ricopre una posizione di garanzia sia caratterizzata da un atteggiamento di negligenza o imprudenza. (Fattispecie in tema di distruzione pluriaggravata colposa di opere militari, contestata in relazione alla cosiddetta strage di Nassiriyah).
Cass. pen. n. 18896/2011
La causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere è inapplicabile, anche a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo n. 66 del 2010 (c.d. codice dell'ordinamento militare) che ha abrogato la L. n. 382 del 1978, al militare che adempia ad un ordine impartitogli da un superiore gerarchico e la cui esecuzione costituisca manifestamente reato, essendo questi tenuto a non eseguirlo e ad informare al più presto i superiori. (In motivazione la Corte ha escluso l'applicabilità dell'esimente putativa dell'art. 51 c.p., invocata da un ufficiale dei carabinieri, precisando, da un lato, che l'erronea convinzione della sua esistenza si traduce in ignoranza inescusabile della legge penale e, dall'altro, che la manifesta criminosità di un ordine costituente reato non può essere ignorata quando il destinatario sia un ufficiale di polizia giudiziaria).
Cass. pen. n. 14540/2011
Ai fini dell'applicazione della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. è necessario che l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto che viene in considerazione, nel senso che il fatto penalmente rilevante sotto il profilo formale sia stato effettivamente determinato dal legittimo esercizio di un diritto da parte dell'agente. (Fattispecie in tema di resistenza a pubblico ufficiale, in cui la S.C. ha negato ogni rilevanza alla pretesa dell'imputato di ottenere la restituzione di un bene asseritamente sottrattogli da terzi).
Cass. pen. n. 13702/2011
In materia di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l'esimente del diritto di cronaca nel caso in cui il giornalista abbia affermato, contrariamente al vero, l'avvenuto esercizio dell'azione penale nei confronti di un soggetto soltanto sottoposto a indagini preliminari.
Cass. pen. n. 2384/2011
L'immunità assicurata ai membri del Parlamento che esprimano opinioni nell'esercizio delle loro funzioni, che configura una mera causa di non punibilità, trova applicazione sempre all'interno degli istituti parlamentari e, in presenza del cosiddetto nesso funzionale, anche all'esterno, ancorché vertendosi in tema di diffamazione, non siano rispettati i tre parametri che devono connotare l'esercizio del diritto di cronaca, il rispetto della verità, la rilevanza sociale e la continenza.
Cass. pen. n. 1914/2011
Ai fini dell'accertamento della sussistenza della scriminante dell'esercizio del diritto di critica politica, il giudice deve considerare sia l'estrema opinabilità degli argomenti che la sostengono, sia la possibilità che i giudizi siano espressi in modo da far trasparire una radicale contrapposizione e un rifiuto delle altrui posizioni. (Fattispecie relativa al termine "assassino" attribuito all'autore dell'omicidio in danno del filosofo Giovanni Gentile).
Cass. pen. n. 43024/2010
È configurabile la causa di giustificazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, costituita dall'esercizio del diritto di cronaca, nel caso in cui la notizia pubblicata riguardi episodi di violenza consumati in ambito familiare, in quanto, pur trattandosi di fatti attinenti la sfera privata, sussiste un interesse pubblico alla divulgazione. (In motivazione la Corte ha precisato che l'uso della violenza in ambito familiare è circostanza esecrabile, in alcun modo lesiva della "privacy", sicché la divulgazione della notizia ha un indubbio riflesso sociale).
Cass. pen. n. 37220/2010
In tema di reati contro l'onore, non sussiste la causa di giustificazione del diritto di critica politica qualora nel corso di una pubblica assemblea il Sindaco ed un consigliere di maggioranza accusino un consigliere di minoranza avvocato e promotore di un comitato preordinato ad impedire l'urbanizzazione di un'area verde sita nel centro abitato di avere indotto un cittadino, carpendone la buona fede, a sottoscrivere un ricorso amministrativo per impugnare una concessione edilizia relativa alla detta area verde, trattandosi di espressioni apertamente denigratorie della dignità e credibilità professionale della persona offesa e, dunque, inidonee ad assurgere alla dignità di legittima critica politica, in quanto, nella specie, l'interesse dell'opinione pubblica è quello di conoscere le ragioni delle parti politiche in contrasto sulla destinazione dell'area verde; né, d'altra parte, la contesa politica può svolgersi sul piano dell'invettiva personale, di guisa che per acquisire consensi in danno dei contraddittori sia lecito ad una parte politica diffondere in pubblico considerazioni denigratorie di carattere personale o professionale nei confronti degli oppositori.
Cass. pen. n. 33994/2010
Non integra il delitto di diffamazione (art. 595 c.p.), la condotta di colui che invii un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale del proprio legale, considerato che, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., sub specie di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche.
Cass. pen. n. 27106/2010
L'esimente putativa del diritto di cronaca giudiziaria può essere invocata in caso di affidamento del giornalista su quanto riferito dalle sue fonti informative, non solo se abbia provveduto comunque a verificare i fatti narrati, ma abbia altresì offerto la prova della cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la veridicità dei fatti.
Cass. pen. n. 14519/2010
La liceità del ricorso agli "offendicula" va ricollegata alla causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto: quello della difesa preventiva del diritto stesso, di natura patrimoniale o personale. Affinché, però, la difesa del diritto mediante il ricorso agli "offendicula" possa ritenersi consentita, occorre che gli stessi non siano - di per sé e per loro stessa natura - Idonei a cagionare eventi di rilevante gravità, come le lesioni personali o la morte di colui che il diritto protetto aggredisce. Se, invece, si tratta di strumenti che abbiano un'intensa carica lesiva e siano, dunque, idonei a cagionare conseguenze dannose all'incolumità personale, occorre - per l'applicazione della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. - effettuare, anzitutto, un giudizio di raffronto e di proporzione fra il bene difeso ed aggredito e quello offeso ed, altresì, accertare se la presenza degli "offendicula" era stata debitamente segnalata ed evidenziata, in modo che l'aggressore potesse e dovesse conoscere il pericolo al quale volontariamente si esponeva. (Fattispecie in cui era stata predisposta, per impedire l'accesso ad un terreno, una barra chiodata nascosta nell'erba).
Cass. pen. n. 6410/2010
In tema di diffamazione a mezzo stampa ricorre la scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca qualora eventi storicamente veri siano stati rappresentati in forma giuridicamente non corretta. (Fattispecie relativa ad articolo di stampa che indicava il querelante come accusato di fatti di usura, laddove lo stesso era stato rinviato a giudizio per il delitto di estorsione).
Cass. pen. n. 46107/2009
In tema di diffamazione, le critiche di scarsa professionalità e inadeguatezza pubblicamente rivolte a un pubblico ufficiale, sempre che non abbiano modalità e contenuti insultanti, esprimono giudizi di valore attingenti l'agire pubblico del destinatario e sono pertanto di per sé dotate del carattere della continenza. (Fattispecie relativa a diffamazione militare erroneamente ritenuta dal giudice di merito per la sola circostanza della pubblicazione di alcuni manifesti, nella città sede del corpo militare di appartenenza dell'agente e del superiore dichiaratamente offeso dal reato, che facevano riferimento a "inaudite prevaricazioni" e al mancato rispetto delle leggi perpetrati dall'ufficiale presunto diffamato).
Cass. pen. n. 32180/2009
Sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di critica sindacale (art. 51 c.p.) qualora il rappresentante di un'organizzazione sindacale indirizzi una missiva a vari enti istituzionali nonché alla stessa parte lesa, che censuri le scelte di quest'ultima - effettuate in qualità di Capo dell'Ufficio di Procura, in ordine alla gestione del personale amministrativo - ipotizzando a suo carico la realizzazione di comportamenti penalmente rilevanti (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto la missiva non espressione di una "querelle" personale ma di critica in ordine all'operato istituzionale, essendo volta a stigmatizzarne, ancorché con toni aspri, eppur conferenti all'oggetto della controversia, le iniziative intraprese in campo disciplinare e giudiziario,censurando atteggiamenti ritenuti inutilmente persecutori e, quindi, intervenendo a tutela dei lavoratori del settore nella veste di rappresentante di categoria).
Cass. pen. n. 6064/2009
Non è applicabile la causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere nel caso in cui il militare abbia agito in esecuzione di un ordine, impartitogli dal superiore gerarchico, avente ad oggetto la commissione di un reato, in quanto, per scriminare, l'ordine deve attenere al servizio e non eccedere i compiti d'istituto; in tal caso non solo il militare di grado inferiore può opporre legittimamente rifiuto, ma ha anche il dovere di non darvi esecuzione e di avvisare immediatamente i superiori. (Nella specie l'ordine aveva per oggetto la formazione, in data falsa, di una relazione contenente una ricostruzione di fatti avvenuti sotto la diretta percezione del pubblico ufficiale, sicché l'ordine era preordinato alla consumazione di un delitto di falso in atto pubblico e non andava eseguito ancorché le norme di principio sulla disciplina militare, contenute nella L. n. 382 del 1978, esigano un'obbedienza "pronta, rispettosa e leale".
Cass. pen. n. 13549/2008
Non integra il delitto di diffamazione la condotta di colui che indirizzi un esposto contenente espressioni offensive nei confronti di un militare all'Autorità disciplinare dell'Arma dei carabinieri, in quanto, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., sub specie dell'esercizio di un diritto di critica, costituzionalmente tutelato dall'art. 21 Cost. e da ritenersi prevalente rispetto al bene della dignità personale, pure tutelato dalla Costituzione agli artt. 2 e 3, considerato che senza la libertà di espressione e di critica la dialettica democratica non può realizzarsi.
Cass. pen. n. 27339/2007
Sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica (art. 51 c.p.) nel caso in cui — con lettera recapitata al Consiglio comunale — siano rivolte aspre critiche ad un consigliere concernenti fatti risultati veri, relativi al cumulo di molteplici cariche politiche remunerate, all'incompatibilità implicante dimissioni da alcune cariche, alla possibilità di attività professionali in conflitto con lo stesso Comune, stigmatizzandone l'attività in quanto preordinata ad «arraffare» il più possibile per sé, «fregandosene» del resto, considerato che il diritto di critica si concreta nella espressione di un giudizio o di un'opinione che, nella specie, accertata la verità dei fatti e l'applicabilità del diritto di critica politica, non è violato il limite della continenza, tenuto conto della perdita di carica offensiva di alcune espressioni nel contesto politico in cui la critica assume spesso toni aspri e vibrati e del fatto che la critica può assumere forme tanto più incisive e penetranti quanto più elevata è la posizione pubblica del destinatario.
Cass. pen. n. 38944/2006
La speciale causa di giustificazione prevista dall'art. 68 comma primo Cost. in favore del parlamentare che esprima opinioni nell'esercizio delle proprie funzioni configura una ipotesi di legittimo esercizio di un diritto (art. 51 c.p.) ed integra, come tale, una causa di giustificazione. Ne consegue che, in tal caso, la condotta è lecita, in quanto espressione dell'esercizio di un diritto che non può configurare una mera causa di esclusione della colpevolezza che lascerebbe sussistere la illiceità del fatto e, pertanto, la insindacabilità delle espressioni usate dal parlamentare, riconosciuta dall' art. 68 Cost., giova al concorrente, ai sensi dell'art. 119 c.p.
Cass. pen. n. 29436/2006
Sussiste la scriminante di cui all'art. 51 c.p. (esercizio del diritto di critica) nella condotta di un giornalista ambientalista che - nel corso di una trasmissione televisiva a difesa dei beni naturali - utilizza l'espressione «uomini squalo» nei confronti dei responsabili di speculazioni edilizie, considerato che, data per accertata la non rispondenza agli strumenti urbanistici dell'opera realizzata, il termine «squalo» ancorché aspro, non è volgare né paragonabile, nel contesto in cui è inserito, all'insulto gratuito o all'invettiva libellistica e nemmeno può considerarsi sproporzionato o sovrabbondante rispetto all'interesse preordinato a risvegliare nonché all'indignazione dovuta alla circostanza che l'autore di tale speculazione - che aveva aggirato le regole a presidio dei valori ambientali - era perdipiù un magistrato.
Cass. pen. n. 19148/2006
Ai fini della configurabilità dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. per il reato di diffamazione, costituisce facoltà ricompresa nel diritto del comproprietario segnalare nel corso dell'assemblea del condominio di un edificio, nel rispetto del limite della continenza e della verità del fatto, episodi costituenti reato imputabili ad altro condomino e riguardanti la cosa comune. (In applicazione di tale principi, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva condannato l'imputato per diffamazione, non ammettendolo alla prova liberatoria ai sensi dell'art. 596 c.p.).
Cass. pen. n. 208/2006
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il rispetto del limite della continenza che integra la scriminante del diritto di critica (art. 51 c.p.) richiede che il pieno soddisfacimento delle ragioni dell'informazione non debordi oltre la necessità dell'efficace comunicazione che ammette anche termini corrosivi purché preordinati ad una migliore informazione, mentre tale limite deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto allo scopo che il giornalista si è prefisso. È, pertanto, immune da censure la decisione con cui il giudice di appello affermi l'insussistenza dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. per il superamento del limite della continenza, nel caso in cui il giornalista abbia con reiterati articoli accusato un magistrato di svolgere attività illegittima per incompatibilità, dopo che i competenti organi di vigilanza (nella specie il Cons. Superiore Magistratura ed il Ministro della giustizia), ebbero ad escludere qualsiasi rilievo, anche di carattere disciplinare, in merito a tale accusa, con la conseguenza che le pubblicazioni successive alle prime notizie si caratterizzano come ritorsioni persecutorie nei confronti del magistrato che aveva in precedenza condannato il giornalista e, comunque, appaiono chiaramente estranei all'interesse pubblico dell'informazione.
Cass. pen. n. 44395/2005
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca non può oltrepassare i limiti del rispetto della verità e dell'interesse del pubblico a essere informato; in particolare il diritto di critica, che può anche essere non obbiettivo, deve tuttavia sempre corrispondere all'interesse sociale alla comunicazione nei limiti della correttezza del linguaggio. (Nella specie, la Corte ha ritenuto non operante l'esimente nell'ipotesi accuse di corruzione e connivenze con la mafia le quali, formulate con contumelie e ingiurie, proprio per la loro genericità apparentemente prive di fondamento valicavano il limite del diritto di critica).
Cass. pen. n. 37463/2005
In tema di diffamazione a mezzo stampa, per l'operatività della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. è necessario che la verità oggettiva dei fatti, intesa come rigorosa corrispondenza alla realtà, sia rispettata per tutti quegli elementi che costituiscono l'essenza e la sostanza dell'intero contenuto informativo della notizia riportata. I dati superflui, insignificanti ovvero irrilevanti, ancorché imprecisi, in quanto non decisivi né determinanti, cioè capaci da soli di immutare, alterare, modificare la verità oggettiva della notizia, non possono essere presi in considerazione, per ritenere valicati i limiti dell'esercizio del diritto di informazione ed escludere l'operatività della causa di giustificazione. (In applicazione del principio suesposto non è stata ritenuta idonea ad escludere l'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, a fronte della notizia vera dell'arresto di un soggetto per plurimi episodi di concussione, l'addizione di notizie imprecise sul numero delle persone concusse — 60 anziché 38 come indicato nella ordinanza cautelare — nonché sulla entità degli illeciti proventi — 300 milioni di lire anziché, come affermato nel provvedimento coercitivo, non superiori ai cento milioni).
Cass. pen. n. 19797/2005
In tema di circolazione stradale, il conducente del veicolo impegnato in servizio urgente di istituto se può derogare — qualora usi congiuntamente i segnalatori di allarme acustici e luminosi — alle regole sulla circolazione, non è tuttavia esonerato dall'adozione delle precauzioni necessarie per rapporto alle condizioni del traffico e della strada, così da non determinare ingiustificati pericoli per i terzi. (La Corte ha ritenuto nella fattispecie colpevole di omicidio colposo il conducente di un autoveicolo militare che, non avendo adeguato la velocità del mezzo alle cattive condizioni della strada, aveva causato la morte di un commilitone trasportato).
Cass. pen. n. 15643/2005
In tema di diffamazione a mezzo stampa, è configurabile la scriminante putativa dell'esercizio del diritto di cronaca quando, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia assolto l'onere di esaminare, controllare e verificare la notizia, in modo da superare ogni dubbio, non essendo, a tal fine, sufficiente l'affidamento ritenuto in buona fede sulla fonte. La cronaca giudiziaria è infatti lecita quando diffonda la notizia di un provvedimento giudiziario, mentre non lo è quando le informazioni da esso desumibili siano utilizzate per effettuare ricostruzioni o ipotesi giornalistiche autonomamente offensive, giacché, in tal caso, il giornalista deve assumersi direttamente l'onere di verificare le notizie e non può certo esibire il provvedimento giudiziario quale unica fonte di informazione e di legittimazione dei fatti riferiti.
Cass. pen. n. 6465/2005
In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l'esimente del diritto di critica politica qualora — in una lettera inviata al direttore di un quotidiano e ivi pubblicata — dopo aver rappresentato l'inopportunità di un incarico affidato da un ente pubblico a soggetto allineato in precedenza, in qualità di appartenente ad una data corrente politica, all'opposizione, si indichi — con un parallelismo ingiustificato perché privo di riscontro nei fatti — nel destinatario di detto incarico un corrotto amministratore al pari di altri che erano al centro di disavventure giudiziarie per le quali avevano subito la custodia cautelare in carcere, in quanto il diritto di critica, sancito dall'art. 21 Cost. consente nelle dispute politiche e sindacali toni di disapprovazione anche aspri, a condizione che non si trasmodi in attacchi personali e non si sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell'avversario.
Cass. pen. n. 49019/2004
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'attribuzione di una condotta intenzionale, che può integrare gli estremi di reato, supera certamente il limite della continenza, ed esclude, pertanto, la scriminante del diritto di critica (art. 51 c.p.), la quale non può essere invocata allorché siano attribuite condotte illecite o moralmente disonorevoli. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto integrato il reato di cui all'art. 595 c.p. nell'attribuzione al soggetto passivo - nel corso di un intervento congressuale, concernente la strage di Ustica, di cui era stato contestualmente distribuito il testo scritto - dell'accusa di essere fra i «coautori di una delle più grandi operazioni di depistaggio che la Repubblica Italiana abbia mai visto», escludendo che l'inserimento di una circostanza non vera nel contesto di fortissima contrapposizione tra i fautori delle varie tesi sulle cause della strage valga - come ritenuto dalla sentenza censurata - ad integrare la sussistenza dell'esimente).
Cass. pen. n. 37435/2004
In tema di diffamazione a mezzo stampa, integra l'esimente putativa dell'esercizio del diritto di cronaca (art. 51 c.p.) il controllo della notizia attraverso il riferimento a fonti di sicura qualità ed affidabilità, che trova attuazione allorché il giornalista prima di pubblicare la notizia di un determinato fatto, avente natura di pubblico interesse, provveda ad intervistare in ordine allo stesso un soggetto particolarmente qualificato, in virtù della qualità istituzionale rivestita, il quale, nell'esprimere la propria opinione dia implicitamente per pacifico il fatto stesso; in tal caso, il riferimento a fonte attendibile e autorevole rappresenta, infatti, attuazione dell'obbligo di controllo sulla verità della notizia percepita, quale esigibile dal giornalista, e correlativamente integra - sussistendo gli altri requisiti della pertinenza e della continenza - gli estremi di un incolpevole ed involontario errore percettivo del giornalista sulla corrispondenza al vero del fatto esposto che determina l'esenzione da responsabilità. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto integrata l'esimente di cui all'art. 51 c.p. nella pubblicazione di un fatto non vero e oggettivamente offensivo - nei confronti di un procuratore della Repubblica - il quale era stato considerato come pacifico da un soggetto istituzionale, intervistato dal giornalista nella sua qualità di relatore della Commissione bicamerale sui problemi della giustizia).
Cass. pen. n. 9929/2003
Integra il delitto di calunnia la condotta dell'imputato che non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico ma rivolga all'accusatore, di cui conosce l'innocenza, accuse specifiche e idonee a determinare la possibilità dell'inizio di un'indagine penale nei suoi confronti, in quanto non ricorrono le condizioni richieste perché si configuri il legittimo esercizio del diritto di difesa e quindi la causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p.
Cass. pen. n. 15176/2002
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di cronaca non può ritenersi fedele al requisito della veridicità dei fatti qualora la ricostruzione degli avvenimenti avvenga in modo da travisare la consecuzione degli stessi, omettendo il riferimento di fatti rilevanti nella proposizione delle notizie e, per contro, proponendone taluni in una luce artificiosamente emblematica, al di là della loro obiettiva rilevanza, in modo da tentare di indirizzare il giudizio del lettore.
Cass. pen. n. 10135/2002
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio della critica per assumere rilievo scriminante nei confronti di un'offesa deve essere esercitato nei limiti del diritto costituzionalmente garantito, sicché restano ugualmente punibili le espressioni inutilmente volgari, umilianti o dileggianti. Ne consegue che l'idoneità psichica di un soggetto, sebbene possa rappresentare legittimo tema di discussione nell'ambito di una controversia giudiziaria, non può essere assunto come oggetto di dibattito sulla stampa d'informazione per l'esigenza fondamentale di tutelare la riservatezza di dati ed informazioni, attinenti alla salute ed alla sfera sessuale dei singoli, che rientrano nell'ambito della tutela prevista per i dati sensibili dall'art. 22 della legge 675 del 1996. (Nella specie la Corte ha ritenuto corretta la decisione di merito secondo cui aveva valicato i limiti del diritto di critica la dichiarazione di un soggetto il quale aveva criticato una decisione del giudice che aveva affidato alla moglie il figlio affermando che, secondo gli psichiatri interpellati nel corso del giudizio, la donna era «una border-line che ha fatto i soldi con la perversione sessuale, una instabile e narcisista»).
Cass. pen. n. 7000/2002
In tema di diffamazione, l'esimente di cui all'art. 598 c.p. (in base alla quale non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunziati dalle parti o dai loro patrocinatori innanzi alla autorità giudiziaria) costituisce applicazione estensiva del più generale principio posto dall'art. 51 c.p. (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere) ed è applicabile anche alle offese contenute nell'atto di citazione, benché esso sia destinato ad essere notificato prima della costituzione delle parti e, quindi, prima della instaurazione del procedimento; ciò in quanto tutti gli atti funzionali all'esercizio del diritto di difesa, anche se precedenti l'apertura del procedimento, devono esser ricondotti al principio della immunità giudiziale.
Cass. pen. n. 4462/2002
In tema di diffamazione a mezzo stampa non è configurabile la scriminante del diritto di cronaca per il solo fatto che il contenuto dell'articolo diffamatorio sia riproduttivo di un'arringa difensiva svolta in sede dibattimentale poiché nel processo l'esposizione di fatti obiettivamente lesivi dell'altrui reputazione è scriminata dall'esercizio del diritto di difesa mentre la pubblicazione sulla stampa degli stessi fatti può perdere il carattere dell'illiceità solo se giustificata dall'interesse generale alla conoscenza della notizia e se questa sia riportata in termini corretti, precisi e non ambigui. Ne consegue che in assenza di dette condizioni la pubblicità del dibattimento non può valere di per sé a legittimare la pubblicazione della notizia in quanto la possibilità di presenziare allo svolgimento del giudizio da parte di un numero più o meno ampio di persone non può essere equiparata alla divulgazione della notizia, col mezzo della stampa, ad un numero indeterminato di lettori.
Cass. pen. n. 45163/2001
In tema di diffamazione, le espressioni utilizzate nell'ambito della c.d. “critica politica” assumono naturalmente connotazioni soggettive ed opinabili, in quanto si confrontano varie concezioni contrapposte per il raggiungimento di fini pubblici. Ne consegue che, in tale contesto, la valutazione dei comportamenti e dei giudizi fortemente critici nei confronti degli avversari politici deve essere compiuta tenendo presente il preminente interesse generale al libero svolgimento della vita democratica. (Nella specie la Corte ha ritenuto che le frasi “comportamenti irresponsabili” e “vecchie logiche” rivolte in un manifesto politico al contrapposto schieramento, fossero espressione del diritto di critica politica da considerarsi non punibile ai sensi dell'art. 51 c.p.).
Cass. pen. n. 43483/2001
In tema di diffamazione commessa col mezzo della stampa, ai fini della sussistenza della scriminante del diritto di cronaca nell'ipotesi in cui una serie di fatti venga attribuita ad un gruppo di persone, perché possa dirsi soddisfatto il principio del rispetto della verità obiettiva occorre che sia specificato a quali di tali persone i singoli episodi vengono attribuiti per intero ed a quali in modo parziale, determinandosi altrimenti nel destinatario della notizia la falsa impressione che ad ognuno dei soggetti indicati i fatti sono stati attribuiti nel loro insieme. (Fattispecie in cui era stata diffusa la notizia che un gruppo di persone era indagato per associazione per delinquere finalizzata alla truffa ed altri reati, mentre la persona offesa, pur nell'ambito dello stesso procedimento, era in realtà indagato solo per il reato di utilizzo di false fatture).
Cass. pen. n. 43451/2001
In tema di diffamazione col mezzo della stampa, sussiste la scriminante del diritto di cronaca nell'ipotesi in cui il curatore di un libro antologico, allo scopo di rendere e descrivere fedelmente il contesto socio-culturale cui gli autori dei testi appartengono, riporti e divulghi espressioni forti e pungenti, anche obiettivamente offensive, a condizione che i predetti brani, secondo la motivata opinione del giudice di merito, siano espressivi del patrimonio culturale e delle modalità comunicative di una certa realtà sociale, la cui conoscenza sia di interesse per la collettività. (Fattispecie relativa ad una raccolta di temi di bambini delle classi elementari, uno dei quali conteneva espressioni offensive nei confronti di un soggetto più volte apparso in programmi televisivi).
Cass. pen. n. 36348/2001
In tema di diffamazione con il mezzo della stampa, non sussiste l'esimente del diritto di satira nella rappresentazione caricaturale e ridicolizzante di alcuni magistrati posta in essere allo scopo di denigrare l'attività professionale da questi svolta, attraverso l'allusione a condotte lesive del dovere funzionale dell'imparzialità che, in ragione della previsione costituzionale che ne impone la soggezione solo alla legge, ha come destinatari anche i magistrati del pubblico ministero. (Fattispecie relativa a un «pezzo giornalistico» di costume, con «taglio» satirico ove, accanto a rappresentazioni caricaturali dei tratti fisionomici dei magistrati interessati, si faceva trapelare lo svolgimento di attività istituzionali svolte per finalità persecutorie in danno di appartenenti ad una formazione politica).
Cass. pen. n. 31957/2001
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'erronea convinzione circa la rispondenza al vero del fatto riferito non può mai comportare l'applicazione della scriminante del diritto di cronaca (sotto il profilo putativo) quando l'autore dello scritto diffamante non abbia proceduto a verifica, compulsando la fonte originaria; ne consegue che, nell'ipotesi in cui una simile verifica sia impossibile (anche nel caso in cui la notizia possa esser ritenuta «verosimile» in relazione alle qualità personali dell'informatore), il giornalista che intenda comunque pubblicarla accetta il rischio che essa non corrisponda a verità.
Cass. pen. n. 27656/2001
In tema di esercizio di un diritto, poiché la conversione del peccatore (anche se privato dell'ausilio sacramentale dell'eucarestia) costituisce esplicazione del ministero spirituale del sacerdote cattolico, non occorre che quest'ultimo sia autorizzato da un suo superiore perché si incontri con un latitante e celebri funzioni religiose nel luogo nel quale costui si nasconde.
Cass. pen. n. 10331/2001
L'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca (art. 51 c.p.), relativa al reato di diffamazione commesso con il mezzo della stampa, va esclusa quando il giornalista non abbia rispettato la verità della notizia, per aver esasperato e travisato i fatti riferiti, oggetto di decreto che dispone il giudizio, con una arbitraria e fantasiosa ricostruzione, per dare agli stessi una dimensione artatamente drammatica e sensazionale.
Cass. pen. n. 12489/2000
In tema di adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo, è sempre necessario, al fine di accertare l'effettiva sussistenza della esclusione della antigiuridicità del fatto, compiere, in concreto, un giudizio di bilanciamento tra il bene protetto dalla norma incriminatrice e la finalità cui mira la causa di giustificazione; ne consegue che non può ritenersi scriminata la condotta dell'agente appartenente alle forze di polizia che, nell'ambito dell'ampio margine di discrezionalità a lui riconosciuto dall'ordine di recarsi «con urgenza» in un determinato luogo, pur avendo attivato dispositivi lampeggianti ed acustici, cagioni lesioni a terze persone in conseguenza della sua condotta di guida, tenuta in violazione di norme del codice della strada e dell'obbligo generico di rispettare le regole imposte dalla prudenza.
Cass. pen. n. 12472/2000
L'esimente della obbedienza gerarchica dovuta ad un ordine militare non è applicabile nel caso di reato commesso alla guida di un autoveicolo, atteso che la relativa responsabilità incombe anche sul conducente, cui compete, nella concreta esecuzione della manovra, il diritto-dovere di valutare e scegliere le più opportune modalità di esecuzione dell'ordine ricevuto.
Cass. pen. n. 11634/2000
Il riconoscimento della sussistenza dell'esimente dell'adempimento del dovere, nell'ipotesi di un cittadino che collabori ad un operazione di polizia nella veste di “agente provocatore”, è subordinato all'accertamento che egli non travalichi, nella propria condotta, i limiti di un'attività di mero controllo, osservazione e contenimento della condotta criminosa altrui. (Nella fattispecie, relativa ad operazione antidroga compiuta con l'aiuto di un privato, e dunque fuori dal caso previsto dall'art. 97 D.P.R. n. 309 del 1990, la Corte ha ritenuto che l'agente provocatore, oltrepassando i limiti nel principio definiti, abbia svolto un'opera di istigazione al reato, e che pertanto, dovendo egli essere escusso nel corso dette indagini preliminari successive, avrebbe dovuto essere sentito, sin dall'inizio, in qualità di indagato, con la conseguenza dell'inutilizzabilità delle dichiarazioni da lui rese in qualità di testimone nei confronti dei terzi).
Cass. pen. n. 5941/2000
Ai fini della configurabilità dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. per il reato di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di cronaca e di critica, per avere efficacia scriminante, postula: l'interesse che i fatti narrati rivestano per l'opinione pubblica, secondo il principio della pertinenza; la correttezza dell'esposizione di tali fatti, in modo che siano evitate gratuite aggressioni all'altrui reputazione, secondo il principio della continenza; la corrispondenza rigorosa tra i fatti accaduti e i fatti narrati, secondo il principio della verità, principio comportante l'obbligo del giornalista di accertare la verità della notizia e il rigoroso controllo della attendibilità della fonte. (Nella fattispecie la Corte, in accoglimento del ricorso della parte civile, ha affermato che l'avere il giornalista ricavato i fatti dall'esposto di un privato, non lo esime dal dovere di verifica e controllo della veridicità della notizia).
Cass. pen. n. 3287/2000
In tema di diffamazione sia specifica che generica, il giudice non può trascurare la ricerca della verità, al fine di accertare l'eventuale sussistenza di una causa di giustificazione, ai sensi dell'art. 51 c.p. e dell'art. 21 Cost. e, in particolare, dell'esimente del cosiddetto diritto di cronaca o di critica, che spetta ad ogni cittadino che si serva di un mezzo di pubblicità, ed il cui esercizio è ritenuto lecito anche quando possa derivarne la lesione dell'altrui reputazione, prestigio o decoro, a condizione che si tratti di un argomento di pubblico interesse, che l'informazione sia sostanzialmente veridica e che la critica sia obiettiva e non tendenziosa. (Fattispecie relativa ad attribuzione, in un programma televisivo di fatto diffamatorio determinato desunto da procedimento penale in corso. Riconoscendo la sussistenza del diritto di critica la Corte ha evidenziato l'interesse del pubblico a conoscere i particolari relativi al soggetto pretesamente diffamato).
Cass. pen. n. 1952/2000
In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui il fatto narrato risulti obiettivamente falso non è esclusa la possibilità di applicare la scriminante di cui all'articolo 51 c.p. sotto il profilo putativo ex articolo 59, primo comma, c.p., purché il cronista abbia assolto all'onere di controllare accuratamente la notizia risalendo alla fonte originaria, senza che l'errore circa la verità sia frutto di negligenza, imperizia o comunque colpa non scusabile. L'errore, che assume rilevanza ai fini della configurabilità della scriminante putativa, non deve vertere, perciò, sull'attendibilità della fonte di informazione, sì da poter ritenere sufficiente l'affidamento riposto in buona fede su una fonte non costituente «prova» della verità, per quanto autorevole possa essere. Ne consegue che quando il cronista fa riferimento ad associazioni o consorterie criminose, la prova di aderenza al sodalizio della persona qualificata come associata deve essere cercata solo in una sentenza di condanna dell'autorità giudiziaria. (Fattispecie nella quale il cronista aveva riferito erroneamente che alcuni soggetti erano «componenti di una potentissima consorteria di ex cutoliani»).
Cass. pen. n. 6302/1999
In tema di adempimento di un dovere, anche fuori dei casi previsti dagli artt. 97 D.P.R. 309/90 e 12-quater legge 356/1992, il privato, il cui intervento come agente provocatore sia giustificato da un ordine della polizia giudiziaria, non è punibile ai sensi dell'art. 51 c.p., specie quando il suo intervento si risolve in un'attività di controllo, di osservazione e di contenimento dell'altrui condotta illecita. (Fattispecie relativa a dichiarazioni rese dagli imputati all'agente, e da questi registrate quale strumento e longa manus della polizia giudiziaria; la Corte le ha ritenute legittimamente acquisite agli atti processuali e utilizzate ai fini probatori).
Cass. pen. n. 2518/1999
In materia di diffamazione, perché l'esimente del diritto di cronaca possa trovare riconoscimento — anche sotto il profilo della putatività — occorre che il divario tra fatti narrati e fatti accaduti sia riconducibile ad una percezione difettosa o erronea malgrado l'adempimento di ogni obbligo o onere nel controllo, nell'esame e nella verifica dei fatti medesimi.
Cass. pen. n. 1400/1999
Poiché lo Stato italiano non ha ancora dato completa attuazione alla normativa costituzionale di cui all'art. 6 Cost., rendendo concreto il diritto dei cittadini appartenenti alla minoranza riconosciuta di lingua slovena di rivolgersi nella madrelingua alle autorità amministrative italiane, non può invocare le scriminanti dell'esercizio di un diritto o della legittima difesa, neppure nella forma putativa, per la pregiudiziale mancanza della essenziale condizione dell'esistenza di un «diritto», il cittadino appartenente a tale minoranza linguistica che, avendo chiesto al presidente di un seggio elettorale — in occasione di una consultazione referendaria — di conferire con i componenti nella madrelingua e di ottenere la traduzione del quesito referendario in lingua slovena, avuta risposta negativa, abbia usato resistenza nei confronti degli appartenenti alle forze dell'ordine (che, inoltre, oltraggiava), i quali, per ordine del presidente, e a seguito di reiterate proteste da parte dell'interessato, provvedevano al suo allontanamento coattivo dal seggio.
Cass. pen. n. 13563/1998
In tema di diffamazione con il mezzo della stampa è configurabile l'esimente dal diritto di satira, distinto da quelli di cronaca e di critica, che mira all'ironia sino al sarcasmo e comunque all'irrisione di chi esercita un pubblico potere, in tal misura esasperando la polemica intorno alle opinioni ed ai comportamenti. La satira è anche espressione artistica in quanto opera una rappresentazione intuitivamente simbolica che, in particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale. Come tale non è soggetta agli schemi razionali della verifica critica, purché attraverso la metafora pure paradossale sia comunque riconoscibile se non un fatto o comportamento storico l'opinione almeno presunta della persona pubblica, secondo le sue convinzioni altrimenti espresse, che per sé devono essere di interesse sociale. Pertanto, può offrirne la rappresentazione surreale, purché rilevante in relazione alla notorietà della persona, assumendone contenuti che sfuggono all'analisi convenzionale ed alla stessa realtà degli accadimenti, ma non astrarsene sino a fare attribuzioni non vere. Sul piano della continenza, infine, il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira, in particolare grafica, è svincolato da forme convenzionali, onde non si può applicarle il metro consueto di correttezza dell'espressione. Ma, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, essa non può superare il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito, secondo cui è superato il limite della continenza in una vignetta, che lede la femminilità dell'offesa, raffigurata nell'atto di praticare una “fellatio” al microfono di cui è dotato il seggio senatoriale, la qual cosa suscita disprezzo verso la sua persona).
Cass. pen. n. 8036/1998
In tema di cronaca giudiziaria, la verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste, ai fini della scriminante di cui all'art. 51 c.p., ogni qualvolta essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, senza alterazioni o travisamenti. Il limite della verità deve essere restrittivamente inteso, dovendosi verificare la rigorosa corrispondenza tra quanto narrato e quanto realmente accaduto, perché il sacrificio della presunzione di innocenza non può esorbitare da ciò che sia necessario ai fini informativi. (Fattispecie in cui è stato ritenuto diffamatorio affermare, contrariamente al vero, che l'imputato era stato arrestato).
Cass. pen. n. 7967/1998
La scriminante putativa dell'esercizio del diritto di cronaca è ipotizzabile solo qualora, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia assolto all'onere di esaminare, controllare e verificare quanto oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio, non essendo sufficiente l'affidamento riposto in buona fede sulla fonte.
Cass. pen. n. 11905/1997
Il diritto di critica, che nel corso delle competizioni elettorali consente anche toni aspri e di disapprovazione, non deve trasmodare nell'attacco personale e nella pure contumelia. La polemica politica in nessun caso può perciò giustificare l'uso di espressioni quali: “pidocchio, mascalzone, burattino” rivolte all'indirizzo di un antagonista.
Cass. pen. n. 6271/1997
In tema di oltraggio a un pubblico ufficiale, quando l'espressione altrimenti offensiva è strettamente funzionale al ristabilimento della corretta azione dell'ufficio, questa deve considerarsi come lecita manifestazione di diritto di critica che prevale sulle esigenze repressive oggetto dell'art. 341 c.p. L'ambito di operatività di tale norma va infatti correlato al suo presupposto di validità: quello che la tutela del prestigio del pubblico ufficiale sia strumentale all'ulteriore interesse del buon andamento amministrativo, eretto a valore fondamentale nell'art. 97 della Costituzione. (Fattispecie nella quale un consigliere comunale, in una seduta consiliare, si era rivolto al sindaco con le espressioni “tu sei ubriaco... vai a dormire ... sempre ti addormenti”: la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale la Corte di appello aveva confermato la responsabilità penale dell'imputato per il delitto di oltraggio non ammettendolo a provare che il sindaco, durante quella seduta, era effettivamente ubriaco, condizione in cui frequentemente versava).
Cass. pen. n. 891/1997
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente putativa dell'esercizio del diritto di cronaca presuppone che le notizie pubblicate siano vere (oltre che di interesse pubblico ed esposte con correttezza) o che, se non vere, almeno siano state sottoposte a verifiche tali da avere indotto in errore non colpevole l'autore dell'articolo.
Cass. pen. n. 601/1997
Allorquando il reato di maltrattamento di animali viene in evidenza con riferimento a comportamenti che costituiscono l'esercizio di pratiche venatorie, occorre tener conto, oltre che della norma di cui all'art. 727 c.p., come modificato dalla legge 22 novembre 1993, n. 473, anche delle disposizioni che regolano l'esercizio della caccia, di cui alla legge 11 febbraio 1992 n. 157. E ciò non perché le norme della predetta legge si pongano in rapporto di specialità con le norme del codice penale, dato che è diversa la loro oggettività giuridica, ma perché un comportamento venatorio che è consentito dalla predetta legge n. 157 del 1992, ed è quindi considerato lecito, non può integrare gli estremi del reato di maltrattamento di animali, anche se idoneo a cagionare sofferenze agli animali stessi. Infatti, per la scelta non manifestamente irragionevole operata dal legislatore, è stato ritenuto prevalente l'interesse a garantire l'esercizio della caccia, per cui una pratica venatoria che è consentita dalla legge 11 febbraio 1992 n. 157 non può essere punita a norma dell'art. 727 c.p. perché il fatto è scriminato dall'art. 51 c.p., costituendo l'esercizio di un diritto. Ovviamente non ricorre una tale esimente nel caso in cui la pratica venatoria, pur essendo consentita a norma della citata legge n. 157 del 1992, per le sue concrete modalità di attuazione sottoponga l'animale ad un aggravamento di sofferenze che non trovi giustificazione nelle esigenze della caccia.
Cass. pen. n. 5889/1996
Per la configurazione dell'esimente dell'esercizio di un diritto, di cui all'art. 51 c.p., il diritto — il cui esercizio può escludere la punibilità di un fatto sanzionato penalmente — deve essere un vero e proprio diritto soggettivo protetto in modo diretto ed individuale, tale da comportare il sacrificio di tutti gli altri interessi in contrasto con esso. È necessario, altresì, che l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto in questione, poiché — in caso contrario — si superano i confini dell'esercizio lecito e si configurano ipotesi di abuso del diritto stesso, che ricadono al di fuori della sfera di operatività dell'art. 51 c.p. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che abitare un immobile anteriormente al rilascio della licenza di abitabilità significa non «esercitare» il diritto di proprietà, ma «abusare» di esso, ed a nulla rilevano l'inerzia o il ritardo della P.A.).
Cass. pen. n. 11962/1995
Una pratica venatoria che è consentita dalla L. 11 febbraio 1992, n. 157 non può essere punita a norma dell'art. 727 c.p. (maltrattamento di animali), poiché il fatto è scriminato a norma dell'art. 51 c.p. in quanto costituisce l'esercizio di un diritto. Non ricorre una tale esimente nel caso in cui la pratica venatoria, pur essendo consentita a norma della citata L. n. 157 del 1992, per le sue concrete modalità di attuazione sottopone l'animale ad un aggravamento di sofferenze non giustificate dalle esigenze della caccia. (Nella specie la Suprema Corte, considerato che la L. n. 157 del 1992 all'art. 21 vieta l'uso di uccelli come richiamo nel caso in cui l'animale è legato per le ali, mentre nella specie l'allodola venne legata con una imbracatura attorno al corpo, ha ritenuto che gli imputati adattarono una pratica venatoria consentita dalla predetta legge, sia perché non espressamente vietata e sia perché certamente meno dolorosa per l'animale rispetto a quella per la quale è stato fissato il divieto).
Cass. pen. n. 11664/1995
In tema di diffamazione a mezzo stampa, affinché sia riconosciuta la scriminante di cui all'art. 51 c.p., non occorre che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, purché il nucleo ed il profilo essenziale di essa emergano chiaramente dalla modalità della sua estrinsecazione. (Fattispecie riguardante la trasmissione televisiva «novantesimo minuto», nella quale il giudizio critico era espresso con una serie di aggettivi - quali lento, confuso, approssimato, zeppo di errori - tutti riferiti al programma).
Cass. pen. n. 10332/1995
In materia di diffamazione a mezzo stampa, quando il giornalista proponga una plausibile ricostruzione di un avvenimento contraddittoriamente rappresentato nelle dichiarazioni dei protagonisti e dei testimoni, riportate nell'articolo, il persistente dubbio circa l'attendibilità della ricostruzione dei fatti, così offerta, si riflette sull'esistenza del diritto di cronaca ed impone il proscioglimento ai sensi dell'art. 530, comma 3, c.p.p. (dubbio sulla causa di giustificazione). (Fattispecie nella quale la disposizione di cui all'art. 530, comma 3, c.p.p. non attribuisce il diritto di dare informazioni su fatti diffamatori la cui verità non sia certa).
In tema di diffamazione a mezzo stampa, quando le versioni dei protagonisti e dei testimoni di un determinato episodio siano contrastanti, il giornalista può proporre una propria ricostruzione dei fatti, dal momento che la cronaca richiede anche valutazioni. Occorre, tuttavia, che ricorrano due condizioni: a) che la ricostruzione proposta non sia palesemente incompatibile con il senso complessivo delle dichiarazioni raccolte, poiché queste non devono costituire meri pretesti di una tesi preconcetta; b) che risulti dal testo che la narrazione ricostruttiva è frutto dell'interpretazione delle suddette dichiarazioni e non di un'esperienza diretta del giornalista. (Fattispecie nella quale in un articolo pubblicato sul quotidiano «Gazzetta dello Sport», intitolato «Incredibile western alla pugliese», si riferiva dell'aggressione fisica e della minaccia con una pistola subite dall'allenatore della squadra del Rutigliano ad opera del presidente della squadra del Nola, mentre la presenza dell'arma era rimasta dubbia nelle valutazioni dei giudici di merito).
Cass. pen. n. 9464/1995
In tema di esercizio di un diritto, di cui all'art. 51 c.p., nella nozione di diritto scriminante rientra ogni potere giuridico di agire, quale che sia la relativa denominazione adottata; così nella facoltà d'arresto da parte dei privati, di cui all'art. 242 c.p.p. 1930 (ripetuto nell'art. 383 del codice vigente), in cui più che un vero e proprio diritto soggettivo, deve considerarsi sussistente un diritto potestativo, poiché la legge attribuisce l'esercizio di una potestas ordinariamente riservata agli organi dello Stato, al privato, il quale può espletarlo con i limiti propri assegnati all'analogo potere statuale. Pertanto, con il potere di arresto è connesso il potere-dovere di inseguimento dell'arrestando datosi alla fuga, e, nel concreto svolgimento dell'inseguimento, operato in flagranza, non possono applicarsi le rigorose norme del codice della strada, ma soltanto i canoni della prudenza e della diligenza secondo il criterio della culpa lata: diversamente opinando, si finirebbe col riconoscere al fuggitivo una sostanziale impunità, poiché è evidente che quest'ultimo durante la fuga non osserva le norme del codice della strada. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che nella condotta dell'imputato i giudici di merito correttamente avevano escluso l'esistenza degli estremi della colpa sotto il profilo della violazione delle norme della circolazione attinenti alla velocità ed alla mano da tenere).
Cass. pen. n. 9299/1995
L'attività di un agente di polizia che — in esecuzione dell'ordine di servizio ricevuto di inserirsi in un individuato traffico illecito di sostanze stupefacenti, al fine di assicurarne le prove e individuarne i partecipanti — contatti i venditori, simuli di voler acquistare una quantità di droga e si rechi sul posto convenuto per la consegna di essa — pur in ipotesi di inapplicabilità dell'art. 97, D.P.R. n. 309/1990 per carenza dei requisiti soggettivi ivi previsti — non può ritenersi estranea all'ambito dell'art. 51 c.p., ossia all'adempimento di un dovere di polizia giudiziaria, in quanto finalizzata alla ricerca delle prove, alla individuazione dei responsabili e al contenimento di una illecita attività, nota alla polizia e in corso di svolgimento. Ne consegue che non sussiste incompatibilità con l'ufficio di testimone del predetto agente di polizia, il quale in virtù della causa di giustificazione prevista dall'art. 51 c.p., non ha mai assunto la posizione di indagato di reato connesso o collegato.
Cass. pen. n. 5789/1995
Non esorbita dai limiti del diritto di difesa l'imputato che, in sede di interrogatorio definisca, sia pure per implicito, falso un atto di polizia giudiziaria solo per quanto attiene alla veridicità della denuncia a suo carico in esso contenuta. Egli pertanto non è punibile a titolo di calunnia in danno dell'autore di detto atto di polizia giudiziaria, stante la presenza di una causa di esclusione della pena in forza del legittimo esercizio di difesa, purché questo si esplichi quale unico e necessario mezzo di confutazione dell'imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale tra l'accusa (implicita od esplicita) formulata dall'imputato e l'oggetto della contestazione nei suoi confronti.
Cass. pen. n. 12576/1994
I limiti posti alla causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, ed in particolare di quello di proprietà, ed all'utilizzazione degli offendicola concernono anche gli animali. L'esigenza di un bilanciamento di interessi che deriva dall'esercizio di un diritto, essendo lo stesso limitato dalla compresenza di altri, aventi eguale o differente forza, comporta di ritenere lecito l'uso degli offendicola nei limiti in cui i medesimi appaiono necessari per la difesa di quel diritto e solo qualora non vi sia la possibilità di utilizzare altri mezzi meno o per nulla dannosi, intendendo la pericolosità di questi strumenti nel senso di essere capaci di attentare gli interessi protetti dalla norma incriminatrice con un differente grado, onde occorre scegliere sempre quello che è capace di produrre un danno minore. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio di sentenza che aveva dichiarato l'imputata non punibile ex art. 51 c.p. dal reato di maltrattamento di animali, la S.C. ha osservato che vi erano altre azioni [uso di cordicelle idonee al soffocamento di gatti] alternative, non crudeli ed, addirittura, più adatte allo scopo [rete metallica, uso di sostanze, come la candeggina, atte ad allontanare i gatti] e che la proporzione tra bene difeso e quello aggredito deve essere valutata anche con riferimento agli strumenti utilizzabili ed alla loro pericolosità nonché agli interessi protetti, sicché anche sotto questo profilo sussisteva la violazione dell'art. 51 c.p. tanto più che la stessa predisposizione delle cordicelle, con le quali era stato soffocato il gatto della parte offesa, poteva essere, in astratto, pericolosa per i bambini e, quindi, per gli esseri umani).
Cass. pen. n. 6425/1994
Fuori dalle ipotesi disciplinate dall'art. 97 del D.P.R. n. 309/1990, l'attività del cosiddetto agente provocatore che, d'accordo con la polizia giudiziaria, propone ad uno spacciatore e realizza la compravendita di droga al fine di farlo arrestare, è del tutto fuori dalla sfera di operatività dell'art. 51 c.p., ossia dell'adempimento di un dovere di polizia giudiziaria. Non può farsi discendere dall'obbligo della polizia giudiziaria di ricercare le prove dei reati e di assicurare i colpevoli alla giustizia l'esclusione, ex art. 51 c.p., della responsabilità del cosiddetto agente provocatore di polizia giudiziaria, giacché è adempimento di un dovere (art. 219 c.p.p. del 1930 e art. 55 c.p.p.) perseguire i reati commessi, non già di suscitare azioni criminose al fine di arrestarne gli autori.
In materia di stupefacenti, fuori dalla rigorosa e dettagliata normativa espressamente disciplinata dall'art. 97 del D.P.R. n. 309/1990 al fine di controllare un'attività delicatissima e soggetta ad alto rischio di inquinamento, non è consentito alcun margine interpretativo per introdurre scriminanti o cause di non punibilità per i privati collaboratori della polizia giudiziaria. Ne consegue che, fuori dalla ipotesi di cui all'art. 97 citato, il cosiddetto agente provocatore, anche se appartenente alla polizia giudiziaria, non è punibile ex art. 51 c.p. soltanto se il suo intervento è indiretto e marginale nell'ideazione ed esecuzione del fatto, se cioè il suo intervento costituisce prevalentemente attività di controllo, di osservazione e di contenimento dell'altrui illecita condotta. Egli è invece punibile, a titolo di concorso nel reato, se la sua condotta si inserisce con rilevanza causale rispetto al fatto commesso dal provocato, nel senso che l'evento delittuoso che si produce è riferibile anche alla condotta dell'agente provocatore.
Cass. pen. n. 6650/1992
Il diritto di difesa comporta, oltre a facoltà di vario genere e ad obblighi di informazione, la non assoggettabilità ad atti di costrizione tendenti a provocare un'autoincriminazione, ma non anche la possibilità di violare regole di comportamento poste a tutela di interessi non legati alla pretesa punitiva; cioè il diritto di difesa non comprende anche il diritto di arrecare offese ulteriori. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l'imputato, condannato per bancarotta documentale, sosteneva, deducendo violazione degli artt. 51 c.p. e 24 Cost., che per il principio nemo tenetur se detegere dovevano ritenersi giustificate le irregolarità contabili dirette a mascherare le attività corruttrici).
Cass. pen. n. 15850/1990
La disposizione dell'art. 51 c.p. che considera non punibili i fatti preveduti dalla legge come reati se commessi per adempiere ad un dovere derivante da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, prende in considerazione esclusivamente i rapporti di subordinazione previsti dal diritto pubblico e non anche i rapporti di diritto privato, come quelli intercorrenti tra i privati datori di lavoro ed i loro dipendenti.
Cass. pen. n. 15371/1990
Non integra la causa di giustificazione prevista dall'art. 51 c.p. l'ordine impartito dal dirigente di una casa privata di ricovero per anziani, neanche sotto il profilo dell'esimente putativa.
Cass. pen. n. 2218/1990
In tema di cause di giustificazione, è esclusa la responsabilità penale dell'agente provocatore funzionario di polizia giudiziaria, qualora possa ravvisarsi nel suo operato l'adempimento di un dovere, in relazione alla norma contenuta nell'art. 219 c.p.p., che fa obbligo alla polizia di assicurare le prove dei reati e di ricercarne i colpevoli. Qualora si tratti di un privato, che operi come agente provocatore, è necessario, per l'esclusione della punibilità, che il suo intervento sia giustificato da un ordine della pubblica autorità, sicché possa, per questa via, trovare applicazione la scriminante di cui all'art. 51 c.p. Ne consegue che tale scriminante non opera quando il proposito criminoso sia suscitato e determinato dal provocatore unicamente a fine di vendetta o di lucro ovvero nella prospettiva di fruizione di un premio. (Fattispecie in cui taluno, al fine di vendicarsi per torti ricevuti, aveva richiesto la fornitura di una partita di droga informandosi circa l'itinerario che il corriere avrebbe seguito, sì da avvertire organi di polizia giudiziaria prospettando un intervento d'intercettazione. La Corte ha escluso che il provocatore potesse andare esente da pena, esprimendo il principio sopra massimato).
Cass. pen. n. 4194/1987
Per l'applicazione della scriminante dell'art. 51 c.p., è necessario che l'ordine sia legittimo, ossia promanante dalla autorità competente, che sia stato dato nella forma prescritta e che, infine, il suo contenuto rientri nell'esplicazione del servizio del subordinato quanto all'essenza, ai mezzi ed al fine.
Cass. pen. n. 9368/1985
L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere scrimina nei limiti in cui esso è riconosciuto, dovendosi verificare, per l'applicabilità della scriminante, una convergenza di norme in conflitto. Ne consegue che tra la prescrizione imposta ad un soggetto di non allontanarsi senza preventiva autorizzazione dal proprio domicilio e il diritto-dovere dello stesso di accudire al proprio lavoro non vi è alcun conflitto, potendo lo stesso essere debitamente autorizzato ad allontanarsi dal comune del proprio domicilio e, pertanto, non è applicabile la scriminante sopra indicata.
Cass. pen. n. 7866/1984
L'esimente dell'adempimento di un dovere si applica a condizione che l'ordine del superiore gerarchico sia assolutamente insindacabile. Ciò non si verifica quando l'ordine si concreta nella richiesta di provvedere alla commissione di un reato, perché, il manifesto carattere delittuoso del comportamento ordinato, comporta la sindacabilità dell'ordine impartito e ne esclude l'efficacia esimente sotto il profilo non solo obiettivo ma anche putativo.
Cass. pen. n. 9424/1983
L'insindacabilità dell'ordine del superiore, ai fini dell'esimente dell'adempimento di un dovere, va intesa con il limite razionale dell'inefficacia vincolativa di un ordine che abbia ad oggetto il compimento di un atto palesemente delittuoso secondo un generale apprezzamento, qual è quello, ad esempio, di registrare in un atto pubblico un'attestazione manifestamente non veritiera.
Cass. pen. n. 9250/1982
Il diritto, il cui esercizio può escludere la punibilità di un fatto sanzionato penalmente, deve essere un vero e proprio diritto soggettivo, protetto in modo diretto ed individuale, tale da comportare il sacrificio di tutti gli altri interessi in contrasto con esso. (Fattispecie relativa a decisione, annullata dalla Suprema Corte, che, in tema di lesioni colpose, aveva ritenuto la scriminante dell'esercizio del diritto alla circolazione nella condotta del conducente di un autobus di linea che aveva invaso l'altra corsia, allo scopo di superare una fila di auto in sosta in prossimità di una curva, ed era venuto a collisione con altro veicolo proveniente in senso contrario).