Art. 52 – Codice penale – Difesa legittima
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta , sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa [55].
Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.
Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 867/2025
In tema di imposta di registro, l'avviso di accertamento riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, è sufficientemente motivato per relationem, ove contenga l'enunciazione dei criteri astratti in base ai quali è stato determinato il maggior valore imponibile e l'indicazione specifica dei beni oggetto di valutazione sintetico-comparativa. (Principio applicato con riferimento ad un atto impositivo contenente tutti gli estremi dei tre atti di compravendita di terreni con caratteristiche analoghe a quello accertato, utilizzati per la valutazione sintetico-comparativa).
Cass. civ. n. 36208/2024
Nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell'imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l'estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l'assoluzione nel merito.
Cass. civ. n. 34475/2024
In tema di revisione non costituisce "prova nuova" rilevante ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. la dedotta mancanza di condizione di procedibilità per un reato che, solo per effetto di una modifica normativa successiva all'irrevocabilità della sentenza di condanna, sia divenuto procedibile a querela.
Cass. civ. n. 32767/2024
In tema di spese di giustizia, è inammissibile l'incidente di esecuzione proposto al fine di ottenere la rideterminazione delle spese processuali liquidate con la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato conseguente ad intervenuta oblazione, dovendo la domanda essere proposta dinanzi al giudice civile nelle forme dell'opposizione all'esecuzione forzata ex art. 615 cod. proc. civ. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice penale erroneamente investito della questione è tenuto a dichiarare non luogo a provvedere sull'istanza e non il difetto di giurisdizione, onde non precludere la riproposizione della domanda al giudice civile).
Cass. civ. n. 31694/2024
In tema di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, nei casi previsti dall'art. 190-bis cod. proc. pen., la prova riassunta in ottemperanza alla disposizione di cui all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. non deve necessariamente essere raccolta una seconda volta quando muti la persona fisica del giudice di secondo grado o dei componenti del collegio giudicante. (In motivazione la Corte ha precisato che, in ogni caso, sussiste l'onere della parte di indicare le ragioni poste a fondamento dell'esigenza di rinnovazione).
Cass. civ. n. 27435/2024
L'illegalità della pena, derivante dall'erronea applicazione, da parte del tribunale, di una pena detentiva per un reato attribuito alla cognizione del giudice di pace, è deducibile innanzi al giudice dell'esecuzione, cui spetta provvedere alla rimodulazione della pena secondo una valutazione da compiere alla luce della singola vicenda processuale, che riguardi anche l'eventuale concessione della sospensione condizionale, beneficio estraneo ai poteri del giudice di pace.
Cass. civ. n. 26798/2024
In tema di circostanze, non può ritenersi implicitamente contestata in fatto e riconosciuta in sentenza un'aggravante, nel caso in cui l'imputazione contenga l'esplicita contestazione di una diversa aggravante, con l'indicazione dei relativi riferimenti normativi e con l'analitica descrizione della condotta. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la decisione di appello che, nel silenzio dell'imputazione e della decisione di primo grado, aveva ritenuto implicitamente contestata l'aggravante di cui all'art. 625, n. 7, cod. pen., necessaria ai fini della procedibilità d'ufficio del delitto di furto, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sul rilievo che era stata contestata la sola aggravante della violenza sulle cose, ininfluente a tali fini).
Cass. civ. n. 26575/2024
La costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità dei reati che il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha reso perseguibili a querela, posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione (Fattispecie relativa a parte civile che non aveva depositato le proprie conclusioni nel giudizio di appello, definito dopo l'entrata in vigore della cd. riforma "Cartabia").
Cass. civ. n. 25558/2024
In tema di misure di prevenzione patrimoniale, il terzo che vanta diritti reali di garanzia sui beni in sequestro, a norma dell'art. 23, comma 4, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, come modificato dall'art. 5, comma 7, legge 17 ottobre 2017, n. 161, dev'essere citato nel giudizio di prevenzione finalizzato all'applicazione della confisca e ha diritto di chiedere, in tale giudizio, una pronuncia sul riconoscimento del proprio credito.
Cass. civ. n. 25251/2024
In tema di fallimento, l'incompatibilità del giudice delegato, che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo, a far parte del collegio chiamato a decidere sulla conseguente opposizione può essere fatta valere in sede di impugnazione, denunciando la nullità del decreto decisorio, solo se l'esercizio del potere di ricusazione del giudice non astenutosi sia risultato precluso da un vizio procedurale, che abbia impedito alla parte di conoscere preventivamente la composizione dell'organo giudicante, purché sia specificamente individuata la causa di ricusazione, in precedenza non rilevabile. (Nella specie la S.C. ha cassato il decreto decisorio, poiché l'opponente aveva avuto contezza della partecipazione al collegio anche del giudice delegato solo al momento della comunicazione della decisione, in quanto nel fascicolo digitale, nei verbali di udienza e nel ruolo cartaceo affisso sulla porta dell'aula risultavano indicati solo il presidente ed il relatore, ma non gli altri componenti dell'organo giudicante).
Cass. civ. n. 24995/2024
In tema di accessi, ispezioni e verifiche, previste in materia di IVA dall'art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972, richiamato, per le imposte dirette, dall'art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973, il diniego dell'Amministrazione all'istanza del ricorrente di conoscere la motivazione del decreto con cui il Procuratore della Repubblica ha autorizzato l'accesso domiciliare non comporta di per sé, in assenza di un'espressa normativa, la nullità dell'avviso di accertamento, poiché il diritto di accedere a tali informazioni deve essere contemperato con gli interessi protetti dal segreto istruttorio opposto ex art. 329 c.p.p., che ha, comunque, una durata limitata e può essere contestato dal ricorrente, dimostrando come abbia potuto influenzare l'esito dell'accertamento nei propri confronti, mediante un concreto ed apprezzabile nocumento al diritto di difesa.
Cass. civ. n. 24806/2024
La pendenza del giudizio d'appello relativo all'accertamento del proprio credito non esonera il creditore dal richiederne l'insinuazione al passivo del sopravvenuto fallimento del debitore, nel rispetto dei termini fissati dalla legge, posto che la domanda d'insinuazione è atto proprio del creditore anche in caso di pronuncia favorevole in primo grado, non rinvenendosi alcun fondamento normativo per lo spostamento, in tale ipotesi, dell'onere in capo al curatore.
Cass. civ. n. 24117/2024
Non sono utilizzabili ai fini della deliberazione informazioni tratte in camera di consiglio da un sito internet (nella specie, di meteorologia), in quanto trattasi di acquisizione unilaterale di elementi conoscitivi che determina l'impiego a fini decisori di prove diverse da quelle legittimamente acquisite in dibattimento nel contraddittorio tra le parti.
Cass. civ. n. 24067/2024
In tema di misure di sicurezza patrimoniali, la previsione dell'art. 52 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, secondo cui la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi e i diritti reali di garanzia anteriori al sequestro, pur se riferita alla confisca di prevenzione, esprime un principio generale, valido anche per gli altri tipi di confisca, diretta o per equivalente, per i quali venga in rilievo la posizione del terzo titolare di diritti di credito o di garanzia, ivi compresa quella urbanistica di cui all'art. 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, conseguente al reato di lottizzazione abusiva.
Cass. civ. n. 23954/2024
In tema di sequestro preventivo, la riqualificazione giuridica del fatto, da parte dal tribunale del riesame, in termini diversi da come contestato nell'incolpazione formulata dal pubblico ministero e recepita nel provvedimento genetico, non determina la mutazione dello stesso, né comporta l'illegittimità del provvedimento, conservando l'anzidetto giudicante, in una fase fluida come quella delle indagini preliminari, il potere-dovere di accedere, pur nei limiti degli elementi dedotti nella richiesta, all'inquadramento giuridico ritenuto più appropriato. (Fattispecie in cui la Corte ha giudicato immune da censure la riqualificazione in termini di riciclaggio, effettuata in sede di impugnazione cautelare, di un fatto originariamente contestato come ricettazione).
Cass. civ. n. 23833/2024
Non sussiste violazione del principio del ne bis in idem tra il giudizio civile introdotto dalla P.A., avente ad oggetto l'accertamento del danno derivante dalla lesione di un suo diritto soggettivo conseguente alla violazione di un'obbligazione civile, contrattuale o legale, o della clausola generale di danno aquiliano, da parte di soggetto investito di rapporto di servizio con essa, ed il giudizio promosso per i medesimi fatti innanzi alla Corte dei conti dal Procuratore contabile, nell'esercizio dell'azione obbligatoria che gli compete, poiché la prima causa è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell'interesse particolare della singola Amministrazione attrice, mentre l'altra, invece, è volta alla tutela dell'interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria.
Cass. civ. n. 22958/2024
Nel pubblico impiego contrattualizzato, l'art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 - in difetto di diverse disposizioni di legge o della contrattazione collettiva riferite a determinate categorie di lavoratori - deve interpretarsi nel senso che il lavoratore assegnato a mansioni appartenenti alla categoria superiore, ferma la nullità dell'assegnazione, ha diritto (per il periodo di svolgimento di tali mansioni in modo prevalente, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 52) al pagamento della differenza tra il trattamento economico iniziale previsto per la categoria superiore cui corrispondono le mansioni espletate e quello iniziale della categoria di inquadramento, in aggiunta a quanto percepito per la posizione economica di appartenenza ed, eventualmente, a titolo di retribuzione individuale di anzianità.
Cass. civ. n. 22134/2024
In tema di accise sull'energia elettrica, i processi mineralogici, che consentono di usufruire dell'esenzione prevista dall'art. 52, comma 2, lett. f), del d.lgs. n. 504 del 1995, sono quelli che realizzano processi di riduzione chimica, elettrolitici, metallurgici e mineralogici, impiegati nelle attività che lavorano materie prime, quali roccia, vetro o metallo, per ottenere un prodotto semilavorato o finito. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che non aveva riconosciuto il diritto all'esenzione per l'energia elettrica utilizzata per la produzione del feldspato di potassio, non richiedendo per la sua realizzazione un processo mineralogico, ma trattandosi di mera attività estrattiva del minerale, senza alcuna trasformazione dello stesso).
Cass. civ. n. 21860/2024
In tema di bancarotta fraudolenta, poiché le condotte di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione sono alternativamente previste dalla norma, non dà luogo a nullità per violazione dell'art. 429, cod. proc. pen. la formulazione di contestazioni alternative nel decreto che dispone il giudizio, né integra violazione dell'art. 522 cod. proc. pen. la sentenza di condanna per una sola di tali condotte, trattandosi di contestazione di maggiore garanzia, che pone l'imputato nella condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattito processuale e di esercitare in maniera piena e consapevole il diritto di difesa.
Cass. civ. n. 21050/2024
In tema di edilizia residenziale pubblica, nel caso in cui l'assegnatario, il quale abbia avanzato istanza di cessione dell'immobile e ne abbia pagato integralmente il prezzo a seguito dell'accettazione dell'Istituto, muoia prima della stipula dell'atto di compravendita, i suoi eredi non possono vantare alcun diritto alla relativa conclusione, essendo pur sempre necessaria la positiva verifica dell'esistenza dei requisiti soggettivi per l'assegnazione in capo a colui che, al momento dell'acquisto, ne divenga effettivo proprietario.
Cass. civ. n. 21011/2024
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini dell'esclusione dallo stato passivo di un credito sorto, anteriormente al sequestro, nei confronti di persona diversa dal proposto e garantito da ipoteca iscritta su un bene confiscato, è necessaria la prova positiva non solo del nesso di strumentalità tra il credito e l'attività illecita del prevenuto, ma anche della sussistenza di elementi idonei a consentire al terzo creditore la consapevole percezione della pericolosità del debitore. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione di rigetto dell'opposizione allo stato passivo formulata da un istituto di credito relativamente a un mutuo concesso alla madre e al fratello del proposto per l'acquisto di un bene immobile formalmente intestato ai medesimi e sottoposto a misura ablatoria).
Cass. civ. n. 20574/2024
In tema di impugnazioni, non sussiste l'interesse della parte civile a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che abbia prosciolto l'imputato per improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, a seguito della riqualificazione giuridica del fatto operata dal giudice di primo grado, che non abbia rilevato la conseguente improcedibilità del reato, nel caso in cui non sia formulata specifica censura relativa alla diversa qualificazione. (Fattispecie in cui il giudice di primo grado aveva riqualificato a norma dell'art. 609-quater cod. pen. il fatto originariamente contestato ai sensi degli artt. 609-bis e 609-quater cod. pen.). Pen. art. 576 CORTE COST., Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 652, Cod. Pen. art. 609 bis CORTE COST. PENDENTE, Cod. Pen. art. 609 ter PENDENTE, Cod. Pen. art. 609 quater
Cass. civ. n. 20226/2024
Anche se sottoposti alla disciplina di un contratto collettivo di lavoro di diritto privato, salva un'espressa e specifica contraria previsione legislativa, non sono sottratti alle regole generali della disciplina del pubblico impiego contrattualizzato di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 (che costituiscono principi fondamentali ex art. 117 Cost.) i rapporti di lavoro con un ente pubblico non economico (nella specie, quelli degli operai agricoli utilizzati dai consorzi di bonifica ex art. 5 della l.r. Puglia n. 15 del 1994), ai quali, pertanto, deve applicarsi l'art. 52 del citato d.lgs., secondo cui l'esercizio di fatto di mansioni superiori a quelle di formale inquadramento non comporta l'acquisizione della qualifica superiore, ma solo il diritto alle differenze retributive.
Cass. civ. n. 18819/2024
L'accertamento dell'esistenza di una causa di giustificazione (nella specie, legittima difesa) determina l'assoluzione dell'imputato non "perché il fatto non sussiste", ma "perché il fatto non costituisce reato", formula che comporta l'esclusione sia della condanna alle spese del querelante, sia della configurabilità del risarcimento del danno in favore dell'imputato, difettando l'elemento soggettivo della colpa grave.
Cass. civ. n. 18366/2024
In tema di reati colposi, sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso di radicale mutamento, negli aspetti costitutivi essenziali, delle condotte contestate e delle regole cautelari che si ritengono violate, produttivo di un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa. (In applicazione del principio, la Corte ha ravvisato la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. in relazione all'affermazione di responsabilità di un medico per il delitto di omicidio colposo, sul rilievo che, nell'imputazione, il profilo di colpa era stato contestato quale errore di diagnosi e di scelta dell'intervento da eseguire, nella sentenza di primo grado, era stato ravvisato nell'ingiustificata condotta omissiva a fronte di complicanze seguite all'operazione e, nella sentenza d'appello, era stato, invece, individuato nell'esecuzione imperita del primo intervento chirurgico).
Cass. civ. n. 17634/2024
L'azione di responsabilità contabile nei confronti dei sanitari, ammissibile anche nel regime antecedente all'entrata in vigore della l. n. 24 del 2017, non esclude che l'amministrazione possa esperire le ordinarie azioni civilistiche di responsabilità, in quanto si tratta di azioni distinte, autonome e volte alla tutela di differenti interessi, i quali, nel primo caso, sono di carattere pubblico e generale, perché attinenti buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, e, nel secondo caso, restano circoscritti all'Amministrazione attrice, che agisce con finalità non sanzionatorie, bensì al solo scopo di ottenere il pieno ristoro del danno subito; tali azioni, se cumulativamente esercitate, incontrano il limite del divieto di duplicazione delle pretese risarcitorie, dovendosi tener conto, con effetto decurtante, di quanto già liquidato in altra sede.
Cass. civ. n. 17547/2024
Sussiste l'interesse della parte civile a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che, ritenuta la diversità del fatto accertato rispetto a quello contestato ex art. 521 cod. proc. pen., abbia annullato la decisione di condanna dell'imputato resa in primo grado e abbia ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero, atteso che tale sentenza, pur avendo natura meramente processuale, determina l'eliminazione delle statuizioni in favore della parte civile.
Cass. civ. n. 16127/2024
In tema di circostanze aggravanti, non può considerarsi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza la circostanza di cui all'art. 61, comma primo, n. 11, cod. pen., configurata dall'abuso di relazioni domestiche, qualora nell'imputazione l'elemento qualificante dell'abuso non sia esposto in modo esplicito, direttamente o mediante l'impiego di formule equivalenti. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto non contestata in fatto l'aggravante citata, in quanto nella imputazione vi era la sola indicazione della qualità di convivente della persona offesa).
Cass. civ. n. 16046/2024
Il tema di immutabilità del giudice ex art. 525, comma 2, cod. proc. pen., un collegio diversamente composto da quello che ha iniziato la trattazione della regiudicanda può legittimamente emettere la sentenza a condizione che siano state compiute davanti ad esso tutte le attività proprie del dibattimento. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la nullità della sentenza emessa in grado di appello da un collegio diverso da quello che aveva pronunciato l'ordinanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale e dinanzi al quale l'imputato aveva reso dichiarazioni spontanee).
Cass. civ. n. 15677/2024
Il diritto al pagamento delle differenze retributive da svolgimento di mansioni superiori - nello specifico di autista soccorritore, anziché di autista di Croce Rossa Italiana (C.R.I.) - consegue solo all'effettuazione del cd. giudizio trifasico e alla verifica dell'espletamento, in concreto e con la necessaria prevalenza quantitativa, di mansioni superiori rispetto alla qualifica di inquadramento, che, nella specie (e con riguardo ai contratti collettivi C.R.I. relativi agli anni 1998-2001, 2002-2005 e 2006-2009) si concretizzano nell'inserimento del solo autista soccorritore (che integra una professionalità che opera in campo medico) - non anche del mero autista - nel processo produttivo tipico dell'attività sanitaria.
Cass. civ. n. 15198/2024
In tema di personale della scuola pubblica, il trattamento economico spettante agli assistenti amministrativi per l'assegnazione delle superiori mansioni di Direttore dei servizi generali ed amministrativi è regolato dall'art. 1, comma 45, l. n. 228 del 2012 che, con una disposizione speciale e derogatoria del principio della riserva in favore della contrattazione collettiva in materia di trattamento retributivo, stabilisce i criteri di determinazione dell'indennità per lo svolgimento di tali mansioni, la quale dev'essere corrisposta in aggiunta al trattamento complessivo già goduto dal dipendente, in cui va inclusa anche la posizione economica spettante per la qualifica di inquadramento che non può pertanto essere assorbita dall'indennità.
Cass. civ. n. 15141/2024
Il giudice di appello che, nel pronunciarsi a seguito di restituzione degli atti al pubblico ministero ex art. 521 cod. proc. pen., ritiene che l'azione penale, in violazione del divieto processuale di "bis in idem", sia stata esercitata nuovamente per il medesimo fatto è tenuto a disporre l'annullamento della sentenza gravata ai sensi dell'art. 522 cod. proc. pen., con rinvio al giudice di primo grado, privandosi, altrimenti, l'imputato di un grado di merito, che non ha mai avuto svolgimento. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la decisione del giudice di appello che, invece di annullare la pronunzia gravata, con rinvio al giudice di primo grado, aveva dichiarato non doversi procedere, ritenendo che il pubblico ministero avesse reiterato l'originaria contestazione, per la quale era stata pronunciata l'ordinanza di restituzione a norma dell'art. 521 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 14732/2024
In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la scelta della P.A. di procedere a scorrimento di una graduatoria concorsuale, anche ai fini della selezione interna per l'accesso a posti superiori vacanti, comporta la riattivazione della sequenza concorsuale, ma è soggetta alle condizioni di validità vigenti al momento di tale decisione e, quindi, anche allo ius superveniens costituito dall'art. 24 del d.lgs. n. 150 del 2009 (nel testo ratione temporis applicabile), con la conseguenza che le limitazioni da esso introdotte, a decorrere dal 1 gennaio 2010, ai concorsi riservati al personale interno non consentono più nemmeno lo scorrimento delle graduatorie relative a procedure per le progressioni verticali riservate interamente agli interni.
Cass. civ. n. 14710/2024
E' affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, alla luce del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso in cui il giudice abbia consentito l'interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante, poiché tardiva, la modifica dell'imputazione da parte del pubblico ministero, mediante la contestazione di un'aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d'ufficio. (In motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini della pronuncia di proscioglimento, anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, il giudice deve tenere conto della contestazione suppletiva di un'aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, nonché valutare le sopravvenienze istruttorie acquisite nel corso del giudizio, suscettibili di confortare la plausibilità della contestazione suppletiva medesima).
Cass. civ. n. 14636/2024
È inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso la sentenza con cui il giudice di appello, ritenuta la sussistenza di un fatto diverso da quello contestato, abbia annullato la decisione di condanna di primo grado e trasmesso gli atti al pubblico ministero, in quanto tale pronuncia non determina alcun pregiudizio per il ricorrente che, a dell'eliminazione della prima decisione, ha ampia e inalterata facoltà di difesa nell'instaurando procedimento per la diversa ipotesi di reato.
Cass. civ. n. 13775/2024
In tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall'art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell'imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un'aggravante che renda il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di improcedibilità fondata sul rilievo che il contestato furto aggravato dal mezzo fraudolento e dall'aver cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità era divenuto procedibile a querela).
Cass. civ. n. 13384/2024
Le dichiarazioni predibattimentali acquisite ai sensi dell'art. 512 cod. proc. pen. possono costituire, conformemente all'interpretazione - avente natura di "diritto consolidato" - espressa dalla Grande Camera della Corte EDU con le sentenze 15 dicembre 2011, Al Khawaja e Tahery c/ Regno Unito e 15 dicembre 2015, Schatschaachwili c/ Germania, la base «esclusiva e determinante» dell'accertamento di responsabilità, purché rese in presenza di «adeguate garanzie procedurali», individuabili nell'accurato vaglio di credibilità dei contenuti accusatori, effettuato anche attraverso lo scrutinio delle modalità di raccolta e nella compatibilità della dichiarazione con i dati di contesto. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione impugnata sul rilievo che le puntuali e logiche dichiarazioni predibattimentali della persona offesa risultavano corroborate dal riconoscimento fotografico dell'autore del reato dalla stessa effettuato con certezza. nonché dalle dichiarazioni rese dal teste di polizia giudiziaria circa analogo riconoscimento avvenuto, nel corso delle indagini, ad opera di un informatore).
Cass. civ. n. 11733/2024
In tema di procedimento a carico degli enti, il termine per proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze in tema di misure cautelari interdittive (nella specie, divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione) è quello ordinario di quindici giorni, previsto dall'art. 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. per le decisioni in camera di consiglio, che decorre dal momento della comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza, e non quello di dieci giorni previsto dall'art. 311, comma 1, cod. proc. pen., in quanto l'art. 52, comma 2, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 richiama solo le disposizioni di cui all'art. 325 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 10690/2024
Non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza la ritenuta configurabilità dell'aggravante dell'ingente quantità del materiale pedopornografico detenuto, di cui all'art. 600-quater, comma secondo, cod. pen., a fronte di un'imputazione in cui, senza richiamare espressamente tale previsione, si contesti la detenzione di tal genere di materiale con riferimento a centinaia di immagini e di video", posto che la concreta formulazione dell'addebito, incentrando il disvalore della condotta anche sull'ingente dato quantitativo, consente all'imputato un adeguato esercizio dei diritti di difesa.
Cass. civ. n. 10202/2024
Non è abnorme il provvedimento con cui il tribunale in composizione monocratica, in sede di giudizio abbreviato, trasmette gli atti al pubblico ministero ai sensi dell'art. 521-bis cod. proc. pen., ravvisando l'erronea qualificazione giuridica del fatto e inquadrando lo stesso in una fattispecie criminosa per la quale risulta necessaria la celebrazione dell'udienza preliminare. (In motivazione, la Corte ha precisato che, una volta disposta la trasmissione degli atti, il pubblico ministero diviene nuovamente "dominus" dell'azione penale con la conseguente facoltà di contestare ulteriori aggravanti, essendogli precluso il solo esercizio dell'azione penale per il reato come originariamente qualificato).
Cass. civ. n. 8260/2024
L'opponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo non opposto decorre dalla data di emissione del provvedimento di esecutorietà di cui all'art. 647 c.p.c., atteso che con esso il giudice compie un'attività di natura giurisdizionale avente ad oggetto la verifica del contraddittorio e la regolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, con conseguente passaggio in cosa giudicata formale e sostanziale del decreto medesimo, restando privi di rilievo disfunzioni dell'ufficio o ritardi nell'emissione del relativo provvedimento.
Cass. civ. n. 7753/2024
In sede di accertamento dello stato passivo, ai fini della decisione circa l'opponibilità al fallimento di un credito documentato con scrittura privata non di data certa, il giudice di merito, quando voglia darsi la prova del momento in cui il negozio è stato concluso e sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati nell'art. 2704 c.c., ha il compito di valutarne, caso per caso, la sussistenza e l'idoneità a stabilire la certezza della data del documento, con il limite del carattere obiettivo del fatto, che non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere, altresì, sottratto alla sua disponibilità. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione del giudice di merito, che aveva ritenuto non consentito dimostrare la data certa dei contratti di appalto invocati dall'opponente, mediante l'atto costitutivo dell'associazione temporanea di imprese, formato con atto avente data certa; l'estratto conto dei finanziamenti; il verbale di assemblea straordinaria dell'insolvente ed altra analoga documentazione antecedente alla dichiarazione di fallimento).
Cass. civ. n. 7225/2024
Il ritardo nella denunzia della malattia contratta dal titolare o socio dell'impresa artigiana comporta solo la decurtazione o la perdita dell'indennità temporanea, senza l'applicazione della sanzione amministrativa prevista dall'art. 53, comma 11, del d.P.R. n. 1124 del 1965, in ragione della parificazione della disciplina della malattia professionale a quella dell'infortunio, desumibile dall'interpretazione letterale e anche logico-sistematica degli artt. 52, 203 e 131 del d.P.R. cit.
Cass. civ. n. 5667/2024
In tema di impiego pubblico contrattualizzato, ai fini della determinazione della base di calcolo del trattamento di fine servizio del dipendente che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell'esercizio di mansioni superiori in ragione dell'affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo (ex art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001), va considerato il solo stipendio relativo alla qualifica di appartenenza e non anche l'incremento corrisposto in relazione al suddetto incarico, il quale, per la sua temporaneità, non è assimilabile ad un incarico di ruolo.
Cass. civ. n. 5617/2024
In tema di accertamenti tributari, la sottoscrizione dei verbali di constatazione e di ogni singolo accesso da parte di uno solo dei verificatori è sufficiente ad attribuire agli stessi efficacia di prova piena ai sensi dell'art. 2700 c.c., atteso che nessuna norma prescrive l'esercizio congiunto delle relative competenze da parte dei funzionari dell'Amministrazione e che il conferimento dell'incarico ad una pluralità d'impiegati non comporta la formazione di un organo collegiale, né la configurabilità del verbale come atto amministrativo complesso o adottato di concerto, sicché non rileva, ai fini della validità del verbale, la falsità di taluna delle sottoscrizioni, quando ve ne siano altre genuine e idonee ad attribuire al verbale efficacia di piena prova sulla provenienza del documento e sulle dichiarazioni delle parti o altri fatti avvenuti in presenza degli impiegati o da essi compiuti.
Cass. civ. n. 2695/2024
In materia di pubblico impiego contrattualizzato, l'assegnazione di fatto del funzionario non dirigente ad una posizione dirigenziale, prevista dall'atto aziendale e dal provvedimento di graduazione delle funzioni, costituisce espletamento di mansioni superiori, rilevante ai fini e per gli effetti previsti dall'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, la cui applicazione non è impedita dal mancato espletamento della procedura concorsuale, dall'assenza di un atto formale e dalla mancanza della previa fissazione degli obiettivi, che assume rilievo, eventualmente, per escludere il diritto a percepire anche la retribuzione di risultato.
Cass. civ. n. 1920/2024
Lo svolgimento di mansioni superiori non dirigenziali alle dipendenze degli enti pubblici non economici - nella specie, Autorità di sistema portuale - comporta il diritto del dipendente alla promozione ex art. 2103 c.c., in ragione dell'applicazione della normativa speciale di cui agli artt. 6 e 10 della l. n. 84 del 1994, che deroga alla previsione generale di cui all'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Cass. civ. n. 1735/2024
La perdita del diritto di accettare l'eredità, conseguente all'omessa dichiarazione nell'ambito dell'"actio interrogatoria" ex art. 481 c.c., è priva di effetti qualora sia precedentemente intervenuta l'accettazione tacita del chiamato, poiché quest'ultima è irrevocabile e comporta il definitivo acquisto della qualità di erede, in applicazione del principio "semel heres, semper heres". (Nella specie, la S.C. ha altresì escluso che il definitivo accoglimento dell'impugnazione, svolta ai sensi dell'art. 524 c.c. da un creditore, della rinunzia del debitore esecutato all'eredità - alla quale è equiparata la perdita del diritto di accettarla ex art. 481 c.c. - potesse spiegare effetti di giudicato nell'azione di accertamento della sua precedente accettazione tacita e nell'opposizione di terzo all'esecuzione promossa dai successivi chiamati).
Cass. civ. n. 1665/2024
In tema di pubblico impiego privatizzato, l'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 assegna rilievo solo al criterio dell'equivalenza formale delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare la natura equivalente della mansione, non potendosi avere riguardo alla norma generale di cui all'art. 2103 c.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato l'illegittimità dell'assegnazione ai dipendenti del MIBACT - assunti con il profilo di "assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza" - di mansioni di vigilanza e apertura e chiusura di sale, ambienti, bagni, rientranti nella stessa area di inquadramento del c.c.n.l. 2006-2009 del Comparto Ministeri).
Cass. civ. n. 1527/2024
La sopravvenuta assenza per legittimo impedimento dell'imputato alla ripresa del collegamento in videoconferenza, precedentemente interrotto, che non consenta allo stesso di assistere alla lettura del dispositivo, non determina la nullità della sentenza, in quanto la lettura del dispositivo è un'attività processuale che accede alla medesima udienza, la quale prosegue senza soluzione di continuità tra la conclusione della discussione e tale adempimento. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che, in ogni caso, la violazione delle norme sulla pubblicazione della sentenza non è assistita dalla previsione di sanzioni processuali).
Cass. civ. n. 51433/2023
Non viola il principio di immutabilità del giudice e non è, pertanto, causa di nullità ai sensi dell'art. 525, comma 2, cod. proc. pen. il mutamento del giudice di appello avvenuto dopo la pronunzia dell'ordinanza di rigetto della richiesta di immediata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, esulando tale provvedimento dalle attività proprie del dibattimento.
Cass. civ. n. 49799/2023
La sentenza straniera non riconosciuta per gli effetti previsti dal codice penale ex art. 731 cod. proc. pen., acquisita, su accordo delle parti, al fascicolo del dibattimento, può essere utilizzata, come documento, per la deliberazione, risultando la sua acquisizione legittima, perché non avvenuta in violazione del divieto di cui all'art. 191, comma 1, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 49291/2023
Non sono immediatamente ricorribili per abnormità i provvedimenti in relazione ai quali l'ordinamento prevede un potere impugnatorio specifico, benché differito. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non ricorribile in via autonoma ed immediata l'ordinanza di rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale formulata a seguito del mutamento del giudice, che, ai sensi dell'art. 586 cod. proc. pen., può essere impugnata solo unitamente alla sentenza).
Cass. civ. n. 48472/2023
In tema di confisca di prevenzione e tutela dei terzi, nel procedimento di ammissione allo stato passivo richiesto dai creditori ai sensi dell'art. 52 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, l'omessa indicazione alle parti di una questione di fatto, oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d'ufficio, sulla quale si fondi la decisione, priva le parti stesse del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva e, pertanto, comporta la nullità del provvedimento (c.d. "a sorpresa" o "della terza via") per violazione del diritto di difesa quante volte la parte che se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato. (Fattispecie in cui era stata dichiarata la prescrizione presuntiva del diritto di credito vantato dall'opponente solo col provvedimento finale del giudice delegato di non ammissione al passivo dei crediti maturati prima che le società, da lui rappresentate, fossero sottoposte a sequestro di prevenzione).
Cass. civ. n. 47533/2023
In tema di atti persecutori, che è delitto a eventi alternativi eventualmente concorrenti tra loro, non viola il principio di correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza, la decisione che individui la verificazione di un evento, ulteriore e distinto nell'ambito della norma incriminatrice, idoneo a configurare il medesimo fatto di reato purché ciò non incida sul giudizio di disvalore complessivo della condotta. (Fattispecie in cui la contestazione riguardava l'evento dello stato di ansia e di paura, mentre la sentenza anche quello della percezione da parte della vittima di un fondato timore per l'incolumità propria e del compagno).
Cass. civ. n. 44926/2023
Gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero ed acquisiti, sull'accordo delle parti, al fascicolo per il dibattimento, sono utilizzabili ai fini della decisione, non ostandovi neanche i divieti di lettura di cui all'art. 514 cod. proc. pen., salvo che tali atti siano affetti da inutilizzabilità cosiddetta "patologica", qual è quella derivante da una loro assunzione "contra legem".
Cass. civ. n. 41701/2023
In tema di giudizio abbreviato condizionato all'assunzione di una prova testimoniale, ove la sentenza sia deliberata da un giudice diverso da quello che ha assunto la prova a cui era stata condizionata la richiesta definitoria, la mancata rinnovazione dell'atto istruttorio, non richiesta dalla parte al momento della discussione, non determina la nullità della sentenza.
Cass. civ. n. 41552/2023
In tema di legittima difesa, sussiste l'eccesso colposo nel caso in cui l'agente, minacciato da un pericolo attuale di un'offesa che, se non tempestivamente neutralizzata, sfocerebbe nella lesione del diritto, abbia difeso il bene oggetto della minaccia debordando, per errore determinato da colpa, dai limiti della necessaria proporzione tra difesa e offesa. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che ricorresse l'eccesso colposo in un caso in cui l'imputato aveva colpito ripetutamente con colpi di machete, anche al capo, l'aggressore, che, a sua volta, gli aveva sferrato un pugno al volto facendolo cadere a terra).
Cass. civ. n. 36524/2023
A seguito di annullamento, ai soli effetti civili, della sentenza penale di proscioglimento dell'imputato per prescrizione del reato, il giudice civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. deve procedere a un'autonoma qualificazione del fatto, indipendente dalla formale imputazione penale, restando conseguentemente irrilevante la mancata formulazione, in quella sede, della contestazione suppletiva ex art. 521 c.p.p. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte d'appello che, pronunciandosi in sede di rinvio ex art. 622 c.p.p., aveva accolto la domanda risarcitoria proposta dalla parte civile vittima di lesioni personali, reputando irrilevante, ai fini civilistici, che all'iniziale contestazione, in sede penale, delle stesse quali aggravante del reato di rissa non fosse seguita una rituale contestazione suppletiva quale autonomo titolo di reato, ai sensi dell'art. 521 c.p.p.).
Cass. civ. n. 35857/2023
In tema di ammissione di prove nuove in grado d'appello, ai giudizi iniziati, in prime cure, prima del 30 aprile 1995, si applica l'art. 345 c.p.c. nella formulazione risultante ex art. 36 della l. n. 581 del 1950 e, quindi, precedente alle modificazioni di cui alla l. n. 353 del 1990, essendo chiara l'intenzione del legislatore di assicurare, per tali giudizi, una protrazione dell'efficacia delle norme processuali previgenti, rendendoli insensibili alle modificazioni successive, in assenza di un'espressa disposizione derogatoria. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato l'applicabilità, al giudizio d'appello, del nuovo testo dell'art. 345 c.p.c., come modificato dalla l. n. 134 del 2012, senza avvedersi che la pendenza del processo di primo grado risaliva a data anteriore al 30 aprile 1995).
Cass. civ. n. 35630/2023
È abnorme, in quanto determina un'indebita regressione del processo alla fase delle indagini, la sentenza con cui il giudice, anziché riqualificare il fatto in contestazione come consentitogli dall'art. 521, comma 1, cod. proc. pen., assolve l'imputato dal delitto ascrittogli e dispone contestualmente la restituzione degli atti al pubblico ministero per l'eventuale esercizio dell'azione penale in ordine al medesimo fatto diversamente qualificato, considerato, altresì, che la nuova imputazione eventualmente formulata sarebbe destinata a confliggere con la sentenza di assoluzione, passata in giudicato, in violazione del divieto del doppio processo per lo stesso fatto.
Cass. civ. n. 32802/2023
La delibera comunale di localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di interventi di edilizia popolare ed economica comporta, ex art. 52 della l. n. 865 del 1971 ed ex d.l. n. 115 del 1974, la dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere ivi previste, concretando in tal modo un procedimento semplificato e accelerato di individuazione e di acquisizione delle aree a ciò destinate.
Cass. civ. n. 31574/2023
È ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che, avendo ritenuto la ricorrenza di un fatto diverso e più grave rispetto a quello contestato, abbia annullato, ai sensi dell'art. 521 cod. proc. pen., la sentenza assolutoria di primo grado e ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero, sussistendo un concreto interesse dell'imputato ad impugnare in ragione della situazione peggiorativa che consegue alla sentenza di annullamento. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che, per effetto dell'annullamento ex art. 521 cod. proc. pen. della sentenza assolutoria di primo grado, il processo regredisce alla fase delle indagini, nella quale l'imputato è posto, di certo, in condizione di difendersi, circostanza che, tuttavia, non elimina il pregiudizio a lui derivante dall'intervenuta caducazione della prima decisione, a lui favorevole).
Cass. civ. n. 30153/2023
In materia di confisca di prevenzione e tutela dei diritti dei terzi creditori, in caso di cessione del credito in epoca antecedente al sequestro, la valutazione inerente alla buona fede va riferita alla posizione del cedente, originario interlocutore del proposto nell'operazione negoziale che ha dato luogo al credito, sicché la verifica del giudice della prevenzione deve attenere ai rapporti relativi a tale fase pregressa ed alle cautele prestate dal creditore cedente e non invece al contegno tenuto dal cessionario nell'acquisire la posizione creditoria. (Nella fattispecie, relativa a crediti ceduti ad un istituto bancario in forza di contratto di "factoring", la Corte ha annullato il provvedimento reiettivo delle domande di insinua avanzate dalla banca, sul rilievo che il cedente, fornitore del proposto, non era dotato di particolari strumenti di rilevazione e verifica della serietà, anche commerciale, di quest'ultimo).
Cass. civ. n. 30145/2023
In tema di giudizio abbreviato, nel caso di contestazione "aperta" di un reato permanente, estendendosi la cognizione giudiziale all'intero sviluppo della fattispecie criminosa temporalmente non delimitata, non è necessaria alcuna contestazione suppletiva, né all'imputato spettano le correlate facoltà processuali, in relazione al protrarsi della condotta fino alla sentenza, essendo invece la modifica dell'imputazione ex art. 516 cod. proc. pen. necessaria nell'opposto caso di contestazione "chiusa". (Fattispecie in cui la Corte, con riferimento a contestazione di maltrattamenti "aperta", ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la condanna per le condotte maltrattanti oggetto di una querela integrativa).
Cass. civ. n. 29187/2023
medesimo reato – Proscioglimento del concorrente – Efficacia del vincolo nei confronti di persona iscritta nel registro degli indagati per il medesimo reato dopo il proscioglimento del concorrente – Esclusione – Ragioni. In tema di sequestro preventivo impeditivo, il vincolo sul bene, in precedenza adottato nell'ambito di altro procedimento, definito con sentenza di proscioglimento, a carico di un concorrente nel medesimo reato, non ha efficacia nei confronti della persona sottoposta a indagini, titolare del medesimo bene, la cui iscrizione nel registro degli indagati sia avvenuta dopo l'indicata definizione, trattandosi di misura cautelare disposta nell'ambito di procedimento ormai definito, pur se il nuovo fascicolo sia stato formato mediante estrazione di copia degli atti del procedimento "a quo".
Cass. civ. n. 29157/2023
In tema di misure di prevenzione patrimoniale, non si configura la violazione del principio di correlazione tra contestazione e decisione qualora l'ablazione, richiesta per la pericolosità qualificata del proposto ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 6 settembre 2011, sia disposta per la sua ritenuta pericolosità generica ex art. 1, lett. b), stesso decreto, a condizione che sia stato assicurato alla difesa un contraddittorio effettivo in merito all'abitualità della commissione di delitti idonei a produrre profitti tali da aver costituito il reddito esclusivo, o comunque significativamente rilevante, del proposto, nonché in merito alla perimetrazione temporale della pericolosità, alla riconducibilità degli acquisti a tale periodo ed alla commissione di reati fonte di profitti in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare.
Cass. civ. n. 29053/2023
In tema di diritto all'anonimato delle parti in giudizio e dei soggetti interessati di cui all'art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, per effetto delle modifiche apportate all'art. 4, lett. i), d.lgs. citato dall'art. 40 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214, riveste la qualità di "interessato", legittimato a presentare l'istanza di anonimizzazione delle generalità e degli altri elementi identificativi, soltanto la persona fisica alla quale si riferiscono i dati, sicché è inammissibile l'istanza presentata in nome e per conto di una persona giuridica.
Cass. civ. n. 27089/2023
In tema di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, sono sempre consentiti al giudice l'ascolto in camera di consiglio delle registrazioni ritualmente acquisite e trascritte, contenute in supporti analogici o digitali e l'utilizzo ai fini della decisione dei risultati dell'ascolto medesimo, anche a seguito del rigetto della richiesta della difesa di audizione dei nastri in dibattimento, non essendo ravvisabile alcuna violazione del diritto al contradditorio.
Cass. civ. n. 25368/2023
Il reato di violazione degli obblighi di custodia, in caso di pignoramento di un bene mobile registrato eseguito nelle forme di cui all'art. 521-bis cod. proc. civ., si perfeziona alla scadenza del termine assegnato al debitore esecutato, divenuto custode, per la consegna del bene agli organi della procedura esecutiva, decorrendo dalla conoscenza della relativa omissione il termine per proporre querela. (In applicazione di quanto in premessa, la Corte ha ritenuto irrilevante il momento in cui il difensore, già informato della mancata consegna, aveva avuto notizia del fermo del veicolo, trattandosi di attività amministrativa meramente eventuale e successiva alla consumazione).
Cass. civ. n. 25083/2023
In tema di procedimento disciplinare, in assenza di una tempestiva ricusazione, ancorché sul presupposto che sarebbe incostituzionale la norma vigente che non prevede l'obbligo di astensione del giudice che abbia partecipato alla decisione, non può la relativa questione essere dedotta in sede di impugnazione a fondamento della nullità della sentenza.
Cass. civ. n. 24932/2023
In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa, sicché l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione. (Fattispecie in cui la Corte ha reputato che non vi fosse violazione del principio di necessaria correlazione tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza in un caso nel quale, a fronte della contestazione del delitto di utilizzo di fatture inesistenti autoprodotte, si era affermata la penale responsabilità dell'imputato per aver utilizzato fatture soggettivamente inesistenti, chiarendo che la non riferibilità soggettiva delle prestazioni alle imprese che le avevano fatturate aveva costituito il nocciolo della contestazione, sulla quale il predetto aveva avuto la possibilità di difendersi e si era effettivamente difeso).
Cass. civ. n. 24723/2023
L'art. 52, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui se la prestazione degli ausiliari del magistrato non è completata nel termine originariamente stabilito o entro quello prorogato, gli onorari non a tempo sono ridotti di un terzo, va interpretato nel senso che la sanzione della riduzione della remunerazione deve essere applicata previo accertamento che il ritardo nell'espletamento dell'incarico sia imputabile a negligenza del consulente, essendo tale sanzione finalizzata a prevenire comportamenti non virtuosi, nonché indebite dilatazioni dei tempi processuali.
Cass. civ. n. 24035/2023
In tema di procedimento disciplinare a carico di magistrati, il principio della necessaria correlazione tra incolpazione e sentenza si applica anche con riferimento alla sospensione cautelare facoltativa di cui all'art. 22 del d.lgs. n. 109 del 2006, con la conseguenza che, se nel procedimento penale è caduta l'accusa avente ad oggetto la commissione del fatto di reato in relazione al quale il magistrato era stato sospeso dalle funzioni e dallo stipendio, la Sezione disciplinare del C.S.M. non può, in sede di istanza di revoca dell'ordinanza cautelare chiesta dal magistrato, confermare quest'ultima sulla base di un fatto di reato diverso, senza che il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione o il Ministro della Giustizia abbia avanzato una nuova istanza cautelare e senza garantire all'incolpato il diritto di difesa in relazione al diverso fatto emerso nel corso del procedimento penale. (Nella specie, la S.C. ha cassato l'ordinanza con cui la Sezione disciplinare del C.S.M., nonostante l'archiviazione del procedimento penale per riciclaggio nei confronti di un magistrato, aveva confermato il provvedimento cautelare di cui era stata chiesta la revoca, fondandolo sull'emersione, nel corso dello sviluppo del detto procedimento, di fatti di corruzione in relazione ai quali il P.G. presso la Corte di Cassazione non aveva chiesto l'emissione di una nuova misura cautelare).
Cass. civ. n. 23275/2023
In caso di restituzione degli atti al pubblico ministero per l'accertata diversità del fatto ex art. 521, comma 2, cod. proc. pen. e di successivo nuovo esercizio dell'azione penale, non hanno effetto le cause di interruzione e di sospensione del corso della prescrizione verificatesi anteriormente alla nuova determinazione del rappresentante della pubblica accusa, trattandosi di due distinti procedimenti, in ragione della diversità del fatto.
Cass. civ. n. 22937/2023
In tema di condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, nel caso in cui il giudizio in grado di appello si sia svolto con contraddittorio reale e non cartolare, è necessario che la parte richiedente abbia partecipato effettivamente all'udienza di discussione ovvero abbia esercitato in concreto le facoltà difensive previste dal codice, non essendo sufficiente per far maturare il diritto alla liquidazione la mera presentazione di conclusioni scritte fuori udienza.
Cass. civ. n. 21089/2023
La violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza è ravvisabile nel caso in cui il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d'imputazione non contenga l'indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, né consenta di ricavarli in via induttiva, tenendo conto di tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la violazione di tale principio in un caso nel quale l'imputato era stato condannato per avere fornito la base logistica in un tentativo di rapina ai danni di un istituto di vigilanza, a fronte della contestata partecipazione attiva all'azione predatoria, sul rilievo che già in fase cautelare e poi in sede di giudizio abbreviato il predetto avesse avuto piena conoscenza delle risultanze probatorie, da cui emergevano in maniera chiara e circostanziata le effettive modalità della partecipazione concorsuale).
Cass. civ. n. 20045/2023
In tema di "bis in idem" cautelare, dopo che il giudice della cognizione del procedimento principale asseritamente preclusivo abbia consentito al pubblico ministero di "chiudere" la contestazione "aperta" del reato associativo, così accettando la delimitazione temporale del "thema decidendum", il giudice del subprocedimento cautelare non può sindacare quella decisione - allo stato esistente ed efficace, ancorché non irrevocabile - né eventualmente disapplicarla in via incidentale per affermare che il primo processo abbraccia un ulteriore periodo di tempo rispetto a quello ritenuto dal giudice della cognizione, poiché compete a quest'ultimo evitare eventuali abusi e verificare che la perimetrazione dell'imputazione non si traduca in un'inammissibile ritrattazione dell'azione penale.
Cass. civ. n. 19371/2023
Violazione commessa dalla persona fisica dell’amministratore di società di capitali - Irrogazione della sanzione - Ammissibilità - Fondamento. In materia di sanzioni amministrative, mentre nell'ipotesi di fallimento dell'ingiunto il relativo credito è soggetto alle regole concorsuali e deve essere fatto valere con insinuazione al passivo e non mediante ordinanza-ingiunzione a norma dell'art. 18 della l. n. 689 del 1981, viceversa, nell'ipotesi di violazione commessa dalla persona fisica dell'amministratore di società di capitali poi dichiarata fallita, la sanzione può essere adottata per il carattere personale della responsabilità ai sensi dell'art. 6 della l. n. 689 del 1981.
Cass. civ. n. 17631/2023
Il rapporto di lavoro che intercorre con l'ente pubblico economico ha natura privatistica ed allo stesso si applica, in difetto di specifiche disposizioni di legge derogatorie, la disciplina dettata dal codice civile e dalle leggi sul rapporto subordinato di lavoro alle dipendenze delle imprese private. L'assegnazione a mansioni superiori è, quindi, disciplinata dall'art. 2103 c.c. e non dall'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Cass. civ. n. 17204/2023
In tema di trattamento di fine servizio (t.f.s.) per i pubblici dipendenti, nella base di calcolo dell'indennità va considerato lo stipendio relativo alla qualifica di appartenenza e non quello corrisposto per il temporaneo esercizio delle superiori mansioni di dirigente affidate al dipendente al di fuori della previsione di cui all'art. 52, comma 2, del d.lgs n. 165 del 2001, attesa la intrinseca precarietà dell'incarico che, se non impedisce il riconoscimento di quanto dovuto a titolo retributivo corrente per il lavoro svolto dal dipendente medesimo, comporta che non sia integrata la fattispecie, denotata da rigorosa tassatività, propria del t.f.s.; peraltro è ininfluente, al riguardo, la durata ultra triennale dell'incarico dirigenziale di fatto, poiché l'art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel disporre che l'incarico dirigenziale possa essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato, e che, ai fini della liquidazione del trattamento, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni, non implica, nell'ipotesi di durata ultra triennale, la non operatività della limitazione della base di calcolo del t.f.s alle sole retribuzioni dovute secondo l'inquadramento formale di provenienza, avendo il predetto articolo il solo scopo di evitare che un incarico effettivo e formalmente attribuito di dirigenza a persona la cui vita lavorativa residua sia inferiore al triennio possa avere incidenza ai fini del calcolo del t.f.s..
Cass. civ. n. 16120/2023
Una volta definito il procedimento di ricusazione di un giudice della Corte di cassazione, il processo al quale si è riferita la ricusazione può proseguire con la partecipazione del giudice ricusato, senza che ricorrano ragioni per la sospensione o il rinvio.
Cass. civ. n. 16048/2023
Nell'accertamento dell'obbligo del terzo (secondo la disciplina anteriore alle modifiche apportate dalla l. n. 228 del 2012), il sopravvenuto fallimento del terzo pignorato, anche se rilevato nel grado di legittimità, comporta l'improseguibilità del giudizio, spettando in via esclusiva agli organi della procedura concorsuale l'accertamento di crediti nei confronti del fallito.
Cass. civ. n. 14700/2023
In tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 2 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all'art. 85 d.lgs. citato, modificare l'imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un'aggravante che rende il reato procedibile d'ufficio. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento sul rilievo che il tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d'ufficio, omettendo di valutare le sopravvenienze istruttorie suscettibili di avvalorare la legittimità di tale contestazione suppletiva).
Cass. civ. n. 13432/2023
In caso di sequestro dell'azienda disposto ai sensi del d.lgs. n. 159 del 2011 (cd. "codice antimafia"), la competenza all'accertamento dei crediti da lavoro subordinato, anteriori al provvedimento di sequestro, spetta al giudice delegato del procedimento di prevenzione e non al giudice del lavoro.
Cass. civ. n. 12759/2023
Appartiene al giudice di pace, dopo l'entrata in vigore delle modifiche introdotte dall'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la competenza per materia ex art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 in ordine al delitto di lesione personale di cui all'art. 582 cod. pen., nei casi procedibili a querela, anche quando comporti una malattia di durata superiore a venti giorni e fino a quaranta giorni, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall'ordinamento. (In motivazione la Corte ha precisato che, relativamente ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, l'applicazione delle pene previste dal d.lgs. n. 274 non è automatica, potendo risultare in concreto più favorevole il trattamento sanzionatorio comminato per i reati di competenza del tribunale in caso di concedibilità della sospensione condizionale della pena e secondo una valutazione da compiere di volta in volta alla luce della singola vicenda processuale).
Cass. civ. n. 12499/2023
In tema di brevetti, la rivendicazione va interpretata alla luce del dato tecnico risultante dalla descrizione e dai disegni allegati, senza necessità che la relativa valutazione sia operata da un soggetto esperto del ramo, poiché l'interpretazione del brevetto va compiuta secondo i principi di razionalità ermeneutica, utilizzabili anche per gli atti diversi dal negozio giuridico, tenendo conto del tenore letterale delle parole tecniche e del loro significato logico e contemperando la protezione del titolare e la sicurezza giuridica per i terzi.
Cass. civ. n. 10811/2023
La sottoposizione di un rapporto di lavoro con un ente pubblico non economico alla disciplina di un contratto collettivo di lavoro di diritto privato, con riferimento ad attività istituzionali del medesimo ente, non comporta il fuoriuscire di tale rapporto dall'ambito del lavoro pubblico privatizzato, pertanto, salva espressa e specifica previsione contraria da parte della norma di legge, trovano comunque applicazione le regole generali di cui al d.lgs. n. 165 del 2001; ne consegue che, in applicazione dell'art. 52 del medesimo d.lgs., l'esercizio di fatto di mansioni superiori a quelle di formale inquadramento, mentre dà diritto alle corrispondenti retribuzioni, non è utile all'acquisizione definitiva della qualifica superiore. (Principio espresso rispetto al personale operaio dell'Agenzia Regionale per le Attività Irrigue e Forestali (ARIF) il cui rapporto, ai sensi dell'art. 12, co. 3, l.r. Puglia n. 3 del 2010, nel testo "ratione temporis" applicabile, è regolato dal contratto collettivo nazionale privatistico per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria).
Cass. civ. n. 10337/2023
L'irripetibilità dell'indebito previdenziale è subordinata al ricorrere di quattro condizioni: a) il pagamento delle somme in base a formale e definitivo provvedimento; b) la comunicazione del provvedimento all'interessato; c) l'errore, di qualsiasi natura, imputabile all'ente erogatore; d) la insussistenza del dolo dell'interessato (a cui è parificata "quoad effectum" la omessa o incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto, o sulla misura della pensione, che non siano già conosciuti dall'ente competente), difettando anche una sola delle quali opera la regola della ripetibilità di cui all'art. 2033 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva negato la ripetibilità di quanto indebitamente corrisposto dall'INPS a titolo di trattamento pensionistico di anzianità carente della relativa provvista contributiva - per effetto dell'annullamento dei contributi figurativi, accreditati per i periodi di mobilità, a cagione del contemporaneo svolgimento, da parte dell'assicurato, di attività lavorativa autonoma -, escludendo il dolo dell'assicurato medesimo, sul presupposto che quest'ultimo non avesse mai celato lo svolgimento della predetta attività nel periodo di fruizione dell'indennità di mobilità, provvedendo anche al regolare versamento dei relativi contributi, ragion per cui lo stesso INPS, già prima della liquidazione della pensione e nel corso dell'erogazione dell'indennità in questione, era o avrebbe dovuto essere a conoscenza della situazione professionale del lavoratore).
Cass. civ. n. 9460/2023
In tema di ricusazione ex art. 52, comma 2, c.p.c., ove quest'ultima sia preclusa da un vizio procedurale che abbia impedito alla parte di conoscere preventivamente chi fossero i giudici chiamati a decidere, il rimedio accordato è quello di denunciare la nullità della sentenza, ma quest'ultima deve correlarsi alla specifica individuazione della causa di ricusazione che non è stato in precedenza possibile addurre e che si è poi riverberata nella nullità della decisione assunta. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato non fondato il motivo di ricorso con il quale la parte aveva dedotto la nullità del decreto assunto dal collegio in sede di reclamo avverso un provvedimento del giudice delegato, ex artt. 25 e 26 l. fall. - nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5 del 2006 - correlata alla sola difformità fra l'intestazione di tale provvedimento e l'indicazione del verbale di udienza, risultando solo dal primo la presenza del giudice delegato nel collegio, circostanza che aveva comportato l'impossibilità di proporre istanza di ricusazione).
Cass. civ. n. 9433/2023
Nel procedimento di espropriazione dei crediti di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c., il terzo pignorato che dichiari la sussistenza della propria obbligazione nei confronti del debitore esecutato - precisando, però, che il relativo credito risulta già vincolato da precedenti pignoramenti - ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 550 c.p.c., di indicare gli estremi di questi ultimi (precisando, quindi, l'identità dei creditori pignoranti, la data della notifica dei pignoramenti, gli importi pignorati, nonché il contenuto delle dichiarazioni di quantità già rese e gli eventuali pagamenti già effettuati in base ai provvedimenti di assegnazione emessi), onde consentire al giudice dell'esecuzione di eventualmente disporre, nella presenza dei necessari presupposti, la riunione delle procedure, ai sensi dell'art. 524 c.p.c.; nel caso in cui tali indicazioni non siano fornite, la dichiarazione dovrà ritenersi incompleta e il giudice dell'esecuzione dovrà sollecitarne al terzo l'integrazione, fissando all'uopo una nuova udienza ex art. 548 c.p.c. e concedendogli, nell'ipotesi in cui i pignoramenti in questione siano in numero tale da rendere necessaria una complessa attività di recupero dei dati necessari, un adeguato termine, il cui vano decorso impedisce di intendere la dichiarazione come regolarmente resa, ai sensi dello stesso art. 548 c.p.c., con la conseguenza che, se le allegazioni del creditore o anche la stessa dichiarazione comunque resa dal terzo consentano l'individuazione del credito pignorato, potrà procedersi alla relativa assegnazione in favore del creditore procedente.
Cass. civ. n. 8705/2023
Il diritto alla retrocessione totale dell'immobile espropriato, previsto dall'art. 63 della legge n. 2359 del 1865, va escluso quando il bene, prima dell'espropriazione, sia già stato dichiarato di valore storico-artistico in base ad una specifica disposizione normativa, in quanto, in tal caso, il fine dell'espropriazione si realizza compiutamente con l'acquisizione dell'immobile al patrimonio pubblico, indipendentemente dall'inizio o dal termine dei lavori previsti con il provvedimento dichiarativo della pubblica utilità che abbia preceduto il decreto di espropriazione.
Cass. civ. n. 8557/2023
I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento; detti creditori possono invece intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell'attivo, per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati in loro favore.
Cass. civ. n. 8159/2023
La liquidazione del compenso di una consulenza tecnica di carattere agronomico avente ad oggetto la verifica della corretta fornitura di piante da giardino e della corretta posa "in situ" deve effettuarsi in base al criterio sussidiario delle vacazioni, senza che possa applicarsi il criterio a percentuale, previsto dall'art. 6 del d.m. 30 maggio del 2002, poiché tale criterio contiene l'esplicito richiamo alla nozione di "avaria", da intendersi riferita univocamente agli eventi avversi legati alla navigazione o al trasporto delle merci.
Cass. civ. n. 7225/2023
In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice, per valutare la sussistenza del dolo o della colpa grave, è legittimato a tener conto degli elementi fattuali ritenuti provati nel giudizio di cognizione, essendogli precluso l'esame delle sole prove espressamente dichiarate inutilizzabili dal giudice di merito, ma non di quelle ritenute implicitamente tali o irrilevanti.
Cass. civ. n. 7183/2023
In tema di accise sull'energia elettrica, le cessioni intermedie, ossia le operazioni commerciali intervenute tra la cessione da parte del fornitore ad un operatore e l'acquisto ultimo da parte del consumatore finale, che non abbiano realizzato la condizione di esigibilità, sono sottratte alla pretesa impositiva, avendo mera rilevanza privatistica.
Cass. civ. n. 3399/2023
Non sussiste l'eccesso colposo nella legittima difesa, ma trova applicazione l'anzidetta scriminante, nel caso in cui un gruppo di tifosi, travisati e armati di strumenti contundenti, colpiscano il parabrezza e il finestrino di un'autovettura il cui conducente, per difendere l'incolumità propria e dei passeggeri, nel tentativo sottrarsi all'agguato, involontariamente investa, con una manovra in violazione di norme del codice della strada, due aggressori, posto che l'accertamento di eventuali profili di colpa dev'essere effettuato, a fronte dell'inosservanza di norme cautelari "rigide", tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, dell'esigibilità del rispetto delle prescrizioni cautelari e dello specifico settore che le norme violate disciplinano.
Cass. civ. n. 3013/2023
La descrizione ed i disegni allegati alla domanda di concessione di un brevetto industriale, pur non potendo in alcun modo determinare l'ambito della tutela concessa dal brevetto laddove questo sia del tutto generico con riferimento all'indicazione dei limiti della protezione, possono essere utilizzati al fine di chiarire e interpretare la rivendicazione, in particolare nei casi in cui tali strumenti, nel circostanziare la struttura di una certa caratteristica del trovato, consentono di puntualizzare, in funzione limitativa, l'oggetto della rivendicazione stessa.
Cass. civ. n. 2581/2023
In tema di imposta di registro, in ipotesi di trasferimento dell'immobile ai sensi dell'art. 2932 c.c., l'opzione per la determinazione della base imponibile in applicazione della disciplina del cd. "prezzo valore", di cui agli artt. 1, comma 497, della l. n. 266 del 2005 e 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, può essere esercitata con dichiarazione necessariamente successiva al passaggio in giudicato della sentenza (purché anteriore alla notifica al contribuente dell'avviso di accertamento), in quanto solo col giudicato si determinano il trasferimento della proprietà e l'obbligo di versare il prezzo dovuto e da allora l'Amministrazione finanziaria, decorso un congruo termine per la dichiarazione, può iniziare il relativo procedimento di accertamento.
Cass. civ. n. 2090/2023
Le questioni concernenti l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale va introdotta una pretesa creditoria nei confronti di un debitore dichiarato fallito non sono questioni di competenza, ma attinenti al rito; pertanto, qualora una domanda sia diretta a far valere, nelle forme ordinarie, una pretesa creditoria soggetta al regime del concorso, il giudice adìto è tenuto a dichiarare non la propria incompetenza bensì, secondo i casi, l'inammissibilità, l'improcedibilità o l'improponibilità della domanda, siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge e, quindi, inidonea a conseguire una pronuncia di merito. (Nella specie la S.C. ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza d'appello che, in sede di rinvio dalla Corte di cassazione conseguente ad annullamento agli effetti civili della sentenza penale ex art. 622 c.p.p., aveva dichiarato improponibile la domanda risarcitoria in ragione del fallimento dell'imputato intervenuto prima della costituzione di parte civile, ritenendo non integrata la lamentata violazione della designazione del giudice del rinvio operata dalla Corte).
Cass. civ. n. 651/2023
di fatto e di diritto con essa incompatibile, con la conseguenza che, anche quando all'adozione del menzionato decreto non segua l'immissione in possesso, la notifica o la conoscenza effettiva di detto decreto comportano ugualmente la perdita dell'"animus possidendi" in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto – nel caso in cui continui ad occupare il bene – si configura come mera detenzione, che non consente il riacquisto della proprietà per usucapione se non a seguito di un atto di interversione del possesso, fermo restando il diritto di chiedere la retrocessione totale o parziale del bene.
Cass. civ. n. 30488/2022
Non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui l'imputato, al quale sia stato contestato di essere l'autore materiale del fatto, sia riconosciuto responsabile a titolo di concorso morale, giacché tale modifica non comporta una trasformazione essenziale del fatto addebitato, né può provocare menomazioni del diritto di difesa, ponendosi in rapporto di continenza e non di eterogeneità rispetto alla originaria contestazione.
Cass. civ. n. 16669/2022
In tema di messa alla prova, qualora, all'esito del dibattimento, i fatti siano accertati in modo conforme alla contestazione ma il giudice ritenga di non condividerne la qualificazione giuridica, egli deve ammettere l'imputato alla messa alla prova ove questi avesse presentato la relativa richiesta nei termini previsti dalla legge; qualora, invece, i fatti siano accertati in modo difforme dalla stessa imputazione, la ammissione alla messa alla prova può riguardare anche la domanda presentata "ex novo".
Cass. civ. n. 16131/2022
Non equivale a rinuncia all'impugnazione la richiesta del Procuratore generale che, nel giudizio d'impugnazione proposto dal pubblico ministero, solleciti la conferma del provvedimento di assoluzione impugnato.
Cass. civ. n. 14214/2022
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, è competente il giudice del lavoro, e non quello della prevenzione, a decidere sulla domanda di ammissione al passivo avente ad oggetto un credito che presuppone l'accertamento di un rapporto di lavoro subordinato.
Cass. pen. n. 4529/2022
In tema di scriminanti, il rapporto di proporzione tra difesa e offesa, previsto dalla c.d. legittima difesa (art. 52 c.p.), "sussiste sempre", in presenza delle seguenti condizioni: l'aggressore ha violato il domicilio (rendendosi responsabile del reato di cui all'art. 614 c.p.) e l'aggredito, ivi legittimamente presente, usa un'arma legittimamente detenuta o un altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o l'altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.
Cass. pen. n. 23977/2022
La fattispecie scriminante della legittima difesa, risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, postula, quali requisiti aggiuntivi rispetto a quello della proporzione, di cui all'art. 52, comma primo, cod. pen., la commissione di una violazione di domicilio da parte dell'aggressore, la presenza legittima dell'agente nei luoghi dell'illecita intrusione predatoria o dell'illecito intrattenimento e uno specifico "animus defendendi", per cui alla finalità difensiva deve necessariamente corrispondere, sul piano oggettivo, il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, non altrimenti neutralizzabile se non con la condotta difensiva effettivamente attuata.
Cass. pen. n. 22587/2022
Non è integra il delitto di rissa la condotta di colui che, aggredito da altre persone, reagisca difendendosi. (In motivazione, la Corte ha precisato che in tal caso l'aggredito non è punibile ai sensi dell'art. 52 cod. pen., mentre gli aggressori, non trovandosi al cospetto di un corrissante, non rispondono del delitto di rissa, ma delle conseguenze penali previste per gli atti di violenza posti in essere).
Cass. pen. n. 34345/2020
In tema di legittima difesa, lo stato di grave turbamento, che funge da presupposto, in alternativa alla minorata difesa, per l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen, come introdotto dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d'animo che abbiano cause preesistenti o diverse e necessario, invece, da parte del giudice, un esame di tutti gli elementi della situazione di specie, per accertare se la concretezza e gravità del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento così grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull'eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. (Nella specie la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna dell'imputato che, intervenuto in una normale lite tra madre e figlio, aveva cagionato lesioni personali alla donna, essendosi escluso che da tale lite potesse essere derivato nel soggetto agente un turbamento nei termini richiesti dalla norma).
Cass. pen. n. 33112/2020
In tema di rissa, è configurabile la legittima difesa in uno scontro tra gruppi contrapposti solo quando coloro che si difendono si pongono in una posizione passiva, limitandosi a parare i colpi degli avversari o dandosi alla fuga, così da far venir meno l'intento aggressivo, e non quando la difesa si esplica attivamente (nella specie, tentando di sferrare calci e pugni agli oppositori).
Cass. pen. n. 37430/2020
In caso di sentenza di condanna pronunciata prima dell'entrata in vigore di una modifica legislativa che introduca una nuova scriminante od ampli la sfera di operatività di una scriminante già esistente, rientra tra le attribuzioni del giudice dell'esecuzione il potere di verificare la ricorrenza dei presupposti al fine dell'applicazione retroattiva della scriminante ai sensi dell'art. 2, comma secondo, cod. pen., ma non quello di revocare detta sentenza ex art. 673 cod. proc. pen., non versandosi in ipotesi di "abolitio criminis" derivante da abrogazione o da dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice. (Fattispecie in tema di cd. legittima difesa domiciliare, di cui all'art. 52, comma quarto, cod. pen., introdotto dalla legge 28 aprile 2019, n. 36, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca di una sentenza di condanna per il delitto di omicidio doloso).
Cass. pen. n. 32414/2020
Ai fini della configurabilità dell'esimente della legittima difesa, il requisito della proporzione tra offesa e difesa deve essere valutato con giudizio "ex ante", ponendo a confronto i mezzi usati e quelli a disposizione dell'aggredito nonché i beni giuridici, personali o patrimoniali in conflitto, con la conseguenza che tale proporzione viene comunque meno nel caso di beni eterogenei in conflitto, quando la consistenza dell'interesse leso, quale la vita e l'incolumità della persona, sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali e di quelli penalmente protetti, dell'interesse patrimoniale difeso. (Nella specie la Corte ha escluso la sussistenza dell'esimente in relazione alla condotta dell'imputato che aveva reagito al tentativo di sottrazione di un dispositivo elettronico dall'abitacolo della sua autovettura chiudendo più volte lo sportello sul petto, sulla spalla e sulla mano della vittima).
Cass. pen. n. 22040/2020
In tema di cause di giustificazione, la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all'applicazione di un'esimente, non accompagnata dall'allegazione di precisi elementi idonei ad orientare l'accertamento del giudice, non può legittimare la pronuncia assolutoria ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen. risolvendosi il dubbio sull'esistenza dell'esimente nell'assoluta mancanza di prova al riguardo. (Fattispecie in tema di rissa in cui la Corte ha ritenuto inidonea a giustificare l'applicazione della esimente della legittima difesa la mera indicazione della natura difensiva della condotta violenta, senza specifiche allegazioni circa la sussistenza di un pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la prospettata reazione all'offesa altrui).
Cass. pen. n. 21794/2020
La fattispecie scriminante della legittima difesa, risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 26 aprile 2019 n. 36, postula quali requisiti aggiuntivi rispetto a quello della proporzione, di cui al primo comma dell'art. 52 cod. pen., la commissione di una violazione di domicilio da parte dell'aggressore; la presenza legittima dell'agente nei luoghi dell'illecita intrusione predatoria o dell'illecito intrattenimento e uno specifico "animus defendendi", per cui alla finalità difensiva deve necessariamente corrispondere, sul piano oggettivo, il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, non altrimenti neutralizzabile se non con la condotta difensiva effettivamente attuata. (In applicazione del principio, la Suprema Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la legittima difesa nella condotta dell'imputato che, constatata l'intrusione nel proprio domicilio commerciale in orario di chiusura mentre si trovava nella soprastante abitazione, aveva prelevato la pistola legittimamente detenuta, raggiunto il negozio ed esploso due colpi in aria, tre colpi all'indirizzo della autovettura dei malviventi mettendola fuori uso, alcuni colpi contro l'ingresso del negozio e all'indirizzo del soggetto che ne era uscito).
Cass. pen. n. 14161/2020
In caso di sentenza di condanna pronunciata prima dell'entrata in vigore di una modifica legislativa che introduca una nuova scriminante od ampli la sfera di operatività di una scriminante già esistente, rientra tra le attribuzioni del giudice dell'esecuzione il potere di verificare la ricorrenza dei presupposti - purché specificamente allegati dall'istante - per l'applicazione retroattiva della scriminante ai sensi dell'art. 2, comma secondo, cod. pen., ma non quello di revocare detta sentenza ex art. 673 cod. proc. pen., non versandosi in ipotesi di "abolitio criminis" derivante da abrogazione o da dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice. (Fattispecie in tema di cd. legittima difesa domiciliare, di cui all'art. 52, comma quarto, cod. pen., introdotto dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca di una sentenza irrevocabile di condanna per il delitto di tentato omicidio, rilevando, tra l'altro, che il ricorrente non aveva dedotto gli elementi circostanziali idonei ad integrare l'invocata scriminante). (Cfr. C. Cost. n. 96 del 1996). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE CUNEO, 11/07/2019)
Cass. pen. n. 13191/2020
In tema di legittima difesa cd. domiciliare, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, costituisce una reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all'interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati, a condizione che il pericolo di offesa sia attuale; che l'impiego dell'arma sia, in concreto, necessario a difendere l'incolumità, propria o altrui, ovvero i beni presenti in tali luoghi; che non siano praticabili condotte alternative lecite o meno lesive e che, con riferimento, in particolare, alle aggressioni a beni, ricorra altresì un pericolo di aggressione personale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'inserimento dell'avverbio "sempre", ad opera della legge 26 aprile 2019, n. 36, nell'art. 52, comma secondo, cod. pen. non ha il significato di porre una presunzione assoluta di proporzionalità della difesa armata all'offesa perpetrata nel domicilio o in luoghi equiparati, ma semplicemente di rafforzare la presunzione di proporzione già prevista dalla norma a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59). (Rigetta, CORTE APPELLO NAPOLI, 28/02/2019)
Cass. pen. n. 49883/2019
In tema di legittima difesa, lo stato di grave turbamento, che funge da presupposto, in alternativa alla minorata difesa, per l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen, come introdotto dalla legge n. 36 del 2019, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d'animo che abbiano cause preesistenti o diverse e necessario, invece, da parte del giudice un esame di tutti gli elementi della situazione di specie, per accertare se la concretezza e gravità del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento così grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull'eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. (In motivazione, la Corte ha altresì indicato quali utili parametri, per la valutazione del turbamento, la maggiore o minore lucidità e freddezza che hanno contraddistinto l'azione difensiva).
In tema di legittima difesa, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, rappresenta reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all'interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati a patto che il pericolo dell'offesa ad un diritto personale o patrimoniale sia attuale e che l'impiego dell'arma sia concretamente necessario a difendere l'incolumità propria o altrui, ovvero anche soltanto i beni ove ricorra un pericolo di aggressione personale. (In motivazione la Corte ha, in fattispecie di utilizzazione di un'arma contro un soggetto che, pur trovandosi all'interno di luoghi equiparati al domicilio, non stava tenendo una condotta da cui potesse ravvisarsi l'attualità del pericolo e la necessità della difesa, precisato che l'inserimento, ad opera della legge n. 36 del 2019, nell'art. 52, comma secondo, cod. pen., dell'avverbio "sempre", ha avuto il mero significato di rafforzare la presunzione di proporzione già prevista dalla norma).
In tema di legittima difesa, la causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen., come introdotto dalla legge n. 36 del 2019, per chi abbia agito in condizioni di minorata difesa o in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto, è configurabile quando l'azione difensiva illecita, ascrivibile a titolo di eccesso colposo, sia determinata dall'intento di salvaguardare la propria o altrui incolumità o, nel caso di cui all'art. 52, comma secondo, lett. b), cod. pen., sia comunque ipotizzabile il pericolo di aggressione personale.
Cass. pen. n. 40414/2019
La scriminante della legittima difesa presunta, disciplinata dall'art. 52 cod. pen., come modificato dalla legge 26 aprile 2019 n. 36, non consente un'indiscriminata reazione contro colui che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, ma postula che l'intrusione sia avvenuta con violenza o con minaccia dell'uso di armi o di altri strumenti di coazione fisica, così da essere percepita dall'agente come un'aggressione, anche solo potenziale, alla propria o altrui incolumità, atteso che solo quando l'azione sia connotata da tali note modali può presumersi il rapporto di proporzione con la reazione.
Cass. pen. n. 36143/2019
Nel caso di aggressioni reciproche, può essere riconosciuta ad uno dei contendenti l'esimente della legittima difesa quando, sussistendo gli altri presupposti di legge, questi abbia reagito ad un'azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia ad un'offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta. (Fattispecie relativa alla degenerazione di un acceso diverbio tra automobilisti, nella quale il giudice territoriale aveva omesso di valutare che l'imputato aveva aggredito con una mazza di baseball la persona offesa soltanto per difendere la moglie, dopo che questa, intervenuta per separare i litiganti, era stata colpita con dei pugni dall'avversario).
Cass. pen. n. 33191/2019
La causa di giustificazione prevista dall'art. 52, comma secondo, cod. pen., così come modificato dall'art. 1, legge 13 febbraio 2006, n. 59, non consente un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, ma presuppone un attacco, o quantomeno il pericolo di un'aggressione, all'altrui sfera domestica e alle persone che in essa si trovano. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità della cd. legittima difesa domiciliare in relazione alle lesioni procurate dal ricorrente ad un vicino, che si era introdotto nel balcone prospiciente la sua abitazione, senza alcuna intenzione aggressiva e al solo fine di raggiungere il balcone della propria abitazione, alla quale era momentaneamente precluso l'accesso attraverso la porta di ingresso).
Cass. pen. n. 25810/2019
Ai fini della sussistenza della scriminante di cui all'art. 52 cod. pen., non è necessario che l'offesa da cui scaturisce la necessità della difesa abbia già cominciato a realizzarsi, essendo sufficiente il pericolo attuale – nel senso di pericolo in corso o comunque imminente – di detta offesa, il quale ben può essere integrato anche da una semplice minaccia. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per aver escluso la ricorrenza della scriminante sulla base della considerazione che era stato l'imputato a dare avvio al contatto fisico con l'aggressore, il quale, sino a quel momento, si era limitato soltanto a minacciarlo).
Cass. pen. n. 44011/2017
La causa di giustificazione prevista dall'art. 52, comma secondo, cod. pen., modificato dall'art. 1 legge 13 febbraio 2006 n. 59 non opera nell'ipotesi di trattenimento del soggetto passivo del reato all'interno di un esercizio commerciale, non rilevando siffatta condotta ai fini dell'integrazione della violazione di domicilio ove non vi sia stata espressa manifestazione della volontà contraria da parte del titolare dello "ius excludendi alios". (Fattispecie nella quale l'imputato si era introdotto all'interno di un bar, in assenza di volontà contraria del titolare dello "ius excludendi").
Cass. pen. n. 31598/2017
Non sussiste il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni se l'agente usa violenza sulle cose per difendere il diritto di possesso in presenza di un atto di spoglio, a condizione che tale reazione venga posta in essere nell'immediatezza dell'azione lesiva del diritto e per difendersi da un pericolo grave e imminente alla propria o altrui persona (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la configurabilità Non sussiste il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni se l'agente usa violenza sulle cose per difendere il diritto di possesso in presenza di un atto di spoglio, a condizione che tale reazione venga posta in essere nell'immediatezza dell'azione lesiva del diritto e per difendersi da un pericolo grave e imminente alla propria o altrui persona (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la configurabilità del reato, essendo accertato che la condotta contestata all'imputata – la quale aveva approfittato della momentanea assenza della coinquilina per chiudere dall'interno la porta dell'abitazione - era stata commessa al fine di conseguire l'auto-reintegrazione nel possesso dell'appartamento a seguito di uno spoglio arbitrario e che tale reazione era stata attuata quando ancora era in corso lo spoglio). del reato, essendo accertato che la condotta contestata all'imputata – la quale aveva approfittato della momentanea assenza della coinquilina per chiudere dall'interno la porta dell'abitazione - era stata commessa al fine di conseguire l'auto-reintegrazione nel possesso dell'appartamento a seguito di uno spoglio arbitrario e che tale reazione era stata attuata quando ancora era in corso lo spoglio).
Cass. pen. n. 49615/2016
La causa di giustificazione della legittima difesa (art. 52 cod. pen.) è applicabile anche nell'ipotesi di detenzione abusiva di armi, sussistendone i presupposti di operatività e cioè previo accertamento che, al momento in cui fu conseguita la disponibilità dell'arma, fosse sussistente ed attuale un pericolo grave ed imminente e che pertanto, attese le circostanze ed il contesto, la detenzione dell'arma potesse ritenersi giustificata. (Fattispecie di omicidio commesso per eccesso colposo nell'esercizio della legittima difesa, nella quale la S.C. ha ritenuto illegittimo il riconoscimento della scriminante per il delitto di cui agli artt. 10, 12, 14 legge n. 497 del 1974, non avendo il giudice di merito verificato se l'imputato avesse conseguito la detenzione dell'arma nella immediatezza della sua utilizzazione o già da epoca precedente e, nel secondo caso, se tale detenzione fosse ricollegabile ad una situazione di pericolo coeva al conseguimento della disponibilità dell'arma e protrattasi per tutto il periodo di detenzione della stessa, ovvero fosse sostanzialmente riconducibile all'inserimento dell'imputato in un contesto di tipo delinquenziale).
Cass. pen. n. 3148/2014
Il riconoscimento o l'esclusione della legittima difesa, reale o putativa, e dell'eccesso colposo nella stessa costituiscono un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità quando gli elementi di prova siano stati puntualmente accertati e logicamente valutati dal giudice di merito.
Cass. pen. n. 691/2014
La causa di giustificazione prevista dall'art. 52, comma secondo, cod. pen., così come modificato dall'art. 1 della legge 13 febbraio 2006, n. 59, non consente un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui ma presuppone un pericolo attuale per l'incolumità fisica dell'aggredito o di altri. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità della scriminante per essersi l'aggressore introdotto non nell'abitazione ma in altro fabbricato in costruzione ad essa attiguo, sempre di proprietà dell'aggredito, dal quale, tuttavia, non sarebbe stato possibile raggiungere con immediatezza la casa di quest'ultimo).
Cass. pen. n. 19375/2013
In tema di legittima difesa, la presunzione di proporzionalità a favore della reazione di difesa in luoghi di domicilio o ad esso equiparabili, prevista dal comma secondo dell'art. 52 cod. pen, come modificato dalla L. n. 59 del 2006, non opera con riguardo a condotte compiute nell'abitacolo di una autovettura, trattandosi di spazio privo dei requisiti minimi necessari per potervi soggiornare per un apprezzabile periodo di tempo e nel quale non si compiono atti caratteristici della vita domestica. (Fattispecie nella quale l'imputato, che dall'autovettura aveva colpito mortalmente alcuni aggressori con un'arma da fuoco, è stato ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo plurimo per aver ecceduto i limiti della legittima difesa).
Cass. pen. n. 13370/2013
L'accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa e dell'eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio "ex ante" calato all'interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in se considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all'azione che possano aver avuto concreta incidenza sull'insorgenza dell'erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un'ingiusta aggressione, senza tuttavia che possano considerarsi sufficienti gli stati d'animo e i timori personali.
Cass. pen. n. 2654/2012
La determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell'ingiustizia dell'offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa.
Cass. pen. n. 25608/2011
In tema di legittima difesa (art. 52 c.p.), è regola di esperienza che colui che è reiteratamente aggredito reagisce come può, secondo la concitazione del momento, e non è tenuto a calibrare l'intensità della reazione, finalizzata ad indurre la cessazione della avversa condotta lesiva, salva l'ipotesi di eventuale manifesta sproporzione della reazione.(In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di merito ha escluso la sussistenza dell'esimente di cui all'art. 52 c.p. nei confronti dell'imputato - pur dando atto che, quest'ultimo, in qualità di medico si era recato in casa della parte offesa, a sua volta condannata per lesioni in danno dell'attuale ricorrente, ed era stata da quest'ultima aggredita per ben due volte - omettendo di riconoscere alla reazione del medico, aggredito nell'esercizio di funzioni di pubblico ufficiale, natura di azione difensiva).
Cass. pen. n. 11610/2011
La presunzione di proporzionalità della reazione difensiva armata in caso di violazione di domicilio, prevista dal secondo comma dell'art. 52 c.p., opera anche nell'ipotesi di legittima difesa putativa incolpevole.
Cass. pen. n. 5761/2011
La causa di giustificazione della legittima difesa (art. 52 c.p.) è applicabile anche nell'ipotesi di detenzione abusiva di armi., sussistendone i presupposti di operatività e cioè previo accertamento della effettiva sussistenza e dell'attualità del pericolo e ulteriormente verificando se, avuto riguardo alle circostanze ed al contesto, la detenzione dell'arma, ancorché abusiva, appaia giustificata.
Cass. pen. n. 6591/2010
L'attualità del pericolo richiesta per la configurabilità della scriminante della legittima difesa implica un effettivo, preciso contegno del soggetto antagonista, prodromico di una determinata offesa ingiusta, la quale si prospetti come concreta e imminente, così da rendere necessaria l'immediata reazione difensiva, sicché resta estranea all'area di applicazione della scriminante ogni ipotesi di difesa preventiva o anticipata.
Cass. pen. n. 4890/2009
In tema di legittima difesa, non sussiste il requisito della necessità della reazione armata tutte le volte in cui l'aggredito possa, senza alcuna difficoltà, rifugiarsi nella propria abitazione (dalla quale invocare soccorso) o comunque allontanarsi dal luogo della aggressione armata.
Cass. pen. n. 31633/2008
In caso di lesioni volontarie reciproche, non ricorre la legittima difesa qualora i due contendenti si siano lanciati contemporaneamente alla reciproca aggressione.
Cass. pen. n. 16677/2007
In tema di legittima difesa, le modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59 all'art. 52 c.p., hanno riguardato solo il concetto di proporzionalità, fermi restando i presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell'altrui incolumità; di conseguenza, la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza ed anzi sussista un pericolo attuale per l'incolumità fisica dell'aggredito o di altri.
Cass. pen. n. 12489/2007
In tema di legittima difesa, la legge 13 febbraio 2006, n. 59 ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione di domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui (nella specie, brandendo come arma una bottiglia di vetro rotta), contro la volontà dei soggetti legittimati ad escluderne la presenza.
Cass. pen. n. 12466/2007
La causa di giustificazione prevista dall'art. 52, comma secondo, c.p., così come mod. dall'art. 1 L. 13 febbraio 2006 n. 59, non consente un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora, ma presuppone un attacco, nell'ambiente domestico, alla propria o altrui incolumità, o quanto meno un pericolo di aggressione. (Nella fattispecie è stata esclusa la legittima difesa in relazione all'omicidio di una persona che si era introdotta con inganno nel condominio dell'imputata per ottenere il pagamento di un debito).
Cass. pen. n. 25339/2006
In tema di legittima difesa a seguito delle modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006 n. 59 all'art. 52 c.p., si è stabilita per legge la proporzionalità nel caso di violazione del domicilio da parte dell'aggressore a cui si contrappone, per salvaguardare la propria incolumità o propri beni, l'uso di arma legittimamente detenuta.
Cass. pen. n. 15025/2006
La determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell'ingiustizia dell'offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa, sicché l'esimente non è applicabile a chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata.
Cass. pen. n. 4337/2006
Ai fini della legittima difesa putativa, l'errore scusabile che può giustificare la scriminante putativa deve trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, seppure malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell'agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di un'offesa ingiusta sulla base di dati di fatto concreti, e cioè di una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo presente ed incombente, non futuro o già esaurito, di un'offesa ingiusta.
Cass. pen. n. 45407/2004
In tema di legittima difesa, affinché sussista la proporzione fra offesa e difesa occorre effettuare un confronto valutativo, effettuato con giudizio ex ante sia fra i mezzi usati e quelli a disposizione dell'aggredito che fra i beni giuridici in conflitto. Ne consegue che il requisito della proporzione viene comunque meno nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la consistenza dell'interesse leso (la vita o l'incolumità della persona) sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso (il patrimonio), ed il danno inflitto (morte o lesione personale) abbia un'intensità di gran lunga superiore a quella del danno minacciato (sottrazione della cosa).
Cass. pen. n. 16908/2004
I presupposti essenziali della legittima difesa — scriminante ammessa nei confronti di tutti i diritti, personali e patrimoniali — sono costituiti da un'aggressione ingiusta e da una reazione legittima; mentre la prima deve concretarsi in un pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo ed alla proporzione tra difesa ed offesa. (Nella fattispecie, relativa ad un'aggressione con pugni e schiaffi subita dall'imputato, ed alla sua reazione che aveva provocato lesioni all'aggressore — per le quali il ricorrente era stato condannato ai sensi dell'art. 590 c.p. — la Corte, accogliendo il ricorso, ha ritenuto proporzionata all'offesa la reazione difensiva consistita nel lancio di un oggetto che solo accidentalmente colpiva l'aggressore ad un occhio).
Cass. pen. n. 9606/2004
La configurabilità della legittima difesa, a differenza di quanto avviene con riguardo allo stato di necessità, non è di per sé esclusa dalla volontaria accettazione di una situazione di pericolo ma solo dalla già prevista necessità di dover fronteggiare quel pericolo mediante la commissione di un reato, come si verifica nel caso dell'accettazione di una vera e propria «sfida» — comportando questa, per sua natura, un inevitabile pericolo per la propria incolumità personale, fronteggiabile solo con la lesione dell'incolumità altrui —, mentre non si verifica quando ci si limiti semplicemente ad esporsi a possibili (ma non assolutamente certe) iniziative aggressive altrui, senza essere a propria volta animati da alcun intento aggressivo.
Cass. pen. n. 4456/2000
L'accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa e dell'eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio ex ante calato all'interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie sottoposta all'esame del giudice: si tratta di una valutazione di carattere relativo, e non assoluto e astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, dovendo egli esaminare, di volta in volta, e in concreto, se la particolare situazione sia obiettivamente tale da far sorgere nel soggetto l'erroneo convincimento di trovarsi nelle condizioni di fatto che, se fossero realmente esistenti, escluderebbero l'antigiuridicità della condotta prevista dalla legge come reato. In tale prospettiva, la valutazione deve essere necessariamente estesa a tutte le circostanze che possano avere avuto effettiva influenza sull'erronea supposizione, dovendo tenersi conto, oltre che delle modalità del singolo episodio in sé considerato, anche di tutti gli elementi fattuali che — pur essendo antecedenti all'azione — possano spiegare la condotta tenuta dai protagonisti della vicenda e avere avuto concreta incidenza sull'insorgenza dell'erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un'ingiusta aggressione.
Cass. pen. n. 3200/2000
L'esimente della legittima difesa non è applicabile allorché il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa. (Fattispecie in tema di omicidio volontario, in relazione alla quale la S.C. ha escluso che potesse configurarsi l'esimente, sia pure nella forma della legittima difesa putativa, nel fatto di chi aveva indirizzato, a distanza di quindici metri, due colpi di fucile letali all'indirizzo di soggetto che, già autore, un anno prima, di incendio in danno di una baracca sita nel suo fondo, in questo si era di nuovo introdotto, disarmato, per recuperare un'autovettura ivi parcheggiata da giorni).
Cass. pen. n. 2692/2000
Agli effetti di quanto previsto dall'art.52 c.p., che configura la esimente della legittima difesa, occorre che l'altrui offesa ingiusta sia volta a ledere od ad esporre a pericolo un diritto, restando invece escluse dalla sfera applicativa della norma semplici situazioni di fatto dalle quali ogni cittadino può trarre o trae determinati vantaggi o utilità soggettive nell'estrinsecazione della sua attività economico-sociale. (Fattispecie nella quale la S.C. ha affermato che l'uso di un parcheggio in un'area di proprietà pubblica, derivante dall'occupazione del sito con la presenza di persona interessata, non assurge a diritto vero e proprio, neppure sotto il profilo della esistenza di una consuetudine normativa, sicché la privazione di quel vantaggio per effetto dell'altrui comportamento, non legittima alcuna reazione riconducibile all'esimente prevista dall'art. 52 c.p., a meno che il detto comportamento non fosse preordinato a ledere un vero e proprio diritto).
Cass. pen. n. 365/2000
La configurabilità dell'esimente della legittima difesa deve escludersi nell'ipotesi in cui lo scontro tra due soggetti possa essere inserito in un quadro complessivo di sfida giacché, in tal caso, ciascuno dei partecipanti risulta animato da volontà aggressiva nei confronti dell'altro e quindi, indipendentemente dal fatto che le intenzioni siano dichiarate o siano implicite al comportamento tenuto dai contendenti, nessuno di loro può invocare la necessità di difesa in una situazione di pericolo che ha contribuito a determinare e che non può avere il carattere della inevitabilità.
Cass. pen. n. 9695/1999
La legittima difesa presuppone un'aggressione ingiusta ed una reazione legittima; la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocerebbe nella lesione del diritto, la seconda comporta l'inevitabilità del pericolo, la necessità della difesa e la proporzione tra questa e l'offesa. Ne consegue che non è giustificabile una reazione quando l'azione lesiva sia ormai esaurita; né può ritenersi legittimo l'uso di mezzi che non siano gli unici nella circostanza disponibili, perché non sostituibili con altri ugualmente idonei ad assicurare la tutela del diritto aggredito e meno lesivi per l'aggressore. Ed invero il requisito della proporzione viene meno, nel conflitto fra beni eterogenei, quando la consistenza dell'interesse leso è enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionalmente e penalmente protetti, di quella dell'interesse difeso ed il male inflitto all'aggredito abbia una intensità di gran lunga superiore a quella del male minacciato.
Cass. pen. n. 740/1998
Il presupposto su cui si fondano sia l'esimente della legittima difesa che l'eccesso colposo è costituito dall'esigenza di rimuovere il pericolo di un'aggressione mediante una reazione sproporzionata e adeguata, cosicché l'eccesso colposo si distingue per un'erronea valutazione del pericolo e dell'adeguatezza dei mezzi usati: ne deriva che, una volta esclusi gli elementi costitutivi della scriminante — per l'inesistenza di una offesa dalla quale difendersi — non vi è alcun obbligo per il giudice di una specifica motivazione in ordine ad un eccesso colposo in tale scriminante, pur se espressamente prospettato dalla parte interessata.
Cass. pen. n. 8999/1997
I presupposti essenziali della legittima difesa — scriminante ammessa nei confronti di tutti i diritti, personali e patrimoniali — sono costituiti da un'aggressione ingiusta e da una reazione legittima; mentre la prima deve concretarsi in un pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo ed alla proporzione tra difesa ed offesa. L'eccesso colposo sottintende, a sua volta, i presupposti della scriminante col superamento dei limiti a quest'ultima collegati; per stabilire se nel commettere il fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima identificare i requisiti comuni alle due figure giuridiche, poi il requisito che le differenzia: accertata la inadeguatezza della reazione difensiva, per l'eccesso nell'uso dei mezzi a disposizione dell'aggredito in un preciso contesto spazio-temporale e personale, occorre procedere ad un'ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell'eccesso colposo delineato dall'art. 55 c.p., mentre il secondo consiste in una scelta reattiva volontaria, la quale certamente comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante.
In ogni ipotesi di sproporzione della difesa rispetto all'offesa, va esaminato se la sproporzione sia dovuta ad uno scusabile errore del soggetto, o a dolo, ovvero a colpa; perché mentre nella prima ipotesi è pur sempre configurabile l'esimente della legittima difesa, e nella seconda ipotesi è configurabile il comune reato doloso, solo nella terza ipotesi sono applicabili, in forza del disposto di cui all'art. 55 c.p., le norme relative ai reati colposi. (Fattispecie nella quale carabinieri e polizia, in difetto del necessario coordinamento nella conduzione delle indagini contestualmente effettuate, avevano agito a reciproca insaputa gli uni dell'altra e nel corso di un tragico conflitto a fuoco tra le suddette forze era stato ferito mortalmente un brigadiere).
Cass. pen. n. 6979/1997
Ai fini della configurabilità dell'esimente della legittima difesa — ammessa nei confronti di tutti i diritti, personali e patrimoniali — l'apprezzamento della proporzione tra offesa e difesa, che postula un rapporto di corrispondenza valutativa fra due termini, formulato con giudizio ex ante in riferimento sia ai mezzi usati, ed a quelli a disposizione dell'aggredito, che ai beni giuridici in conflitto, non può che essere qualitativo e relativistico: ne consegue che, nel raffronto tra il bene di un aggressore e il bene di un aggredito — pur ammettendosi che questi, nel difendersi, non sia in grado, nella situazione concreta, di dosare esattamente il reale pericolo e gli effetti della reazione, deve ritenersi che il requisito della proporzione venga meno, nel caso di beni eterogenei in conflitto, quando la consistenza dell'interesse leso, quale la vita e l'incolumità della persona, sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali e di quelli penalmente protetti, dell'interesse patrimoniale difeso, ed il male inflitto all'aggredito abbia una intensità di gran lunga superiore a quella del male minacciato. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha ritenuto corretta la mancata concessione dell'esimente della legittima difesa ad un imputato il quale era stato condannato per aver sparato un colpo di fucile all'indirizzo di un individuo, che si stava impossessando della sua autovettura, attingendolo mortalmente alle spalle: la Corte di cassazione ha altresì osservato in sentenza che lo strumento adoperato per la reazione difensiva avrebbe ben potuto essere usato con modalità diverse, ad esempio sparando un colpo in aria o sull'asfalto a scopo intimidatorio, oppure alle gomme dell'autoveicolo per bloccarne la marcia).
Cass. pen. n. 2554/1996
In tema di legittima difesa, le espressioni «necessità di difendere» e «sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa», contenute nell'art. 52 c.p., vanno intese nel senso che la reazione deve essere, nella circostanza, l'unica possibile, perché non sostituibile con altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assumere la tutela del diritto (proprio o altrui) aggredito.
Cass. pen. n. 538/1995
Il presupposto su cui si fondano sia l'esimente della legittima difesa che l'eccesso colposo, è costituito dall'esigenza di rimuovere il pericolo di un'aggressione, attraverso una reazione proporzionata ed adeguata; cosicché il secondo si distingue per un'erronea valutazione del pericolo e dell'adeguatezza dei mezzi usati.
Cass. pen. n. 6811/1994
Requisiti per l'applicazione della esimente della difesa legittima sono la sussistenza e l'attualità del pericolo, l'ingiustizia dell'offesa e la proporzione della difesa. Ne consegue che, per poter ritenere legittima la reazione di fronte alla imminenza del pericolo, è indispensabile sussista la necessità di difendersi, che si ha quando il soggetto si trova nell'alternativa tra reagire e subire, nel senso che non può sottrarsi al pericolo senza offendere l'aggressore.
Cass. pen. n. 9256/1993
In tema di legittima difesa, la reazione è necessaria quando è inevitabile vale a dire non sostituibile da un'altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assicurare la tutela dell'aggredito. Ne consegue che l'allontanamento di costui, se non fa correre alcun pericolo anche a terzi, deve essere la soluzione obbligata, in quanto la reazione è pur sempre un atto violento al quale si deve ricorrere come extrema, davvero inevitabile, ratio per salvare un proprio bene, e non per sacrificare l'onore.
Cass. pen. n. 2561/1993
Il presupposto su cui si fonda sia l'esimente della legittima difesa che l'eccesso colposo è costituito dall'esigenza di rimuovere il pericolo di un'aggressione attraverso una reazione proporzionata ed adeguata, così il secondo si distingue solo per un'erronea valutazione del pericolo e dell'adeguatezza dei mezzi usati. Pertanto, la scelta di mezzi di reazione o la prosecuzione di una condotta reattiva che, per consapevole determinazione, superi i limiti imposti o comunque non sia più necessaria, esclude qualsiasi collegamento tra l'iniziale situazione, che eliminava l'antigiuridicità della condotta, e l'evento, perseguito per autonoma decisione. (Nella specie, la ritenuta insussistenza di legittima difesa, nemmeno sotto l'aspetto dell'eccesso colposo trovava il suo fondamento nell'insorgere di una volontà omicida autonoma rispetto all'iniziale necessità di difesa per avere l'imputato sparato il colpo letale al capo, dopo che la persona offesa era stata attinta da un primo proiettile e resa inoffensiva).
Cass. pen. n. 710/1993
Al reato di rissa, ed a quelli commessi nel corso di essa, non è applicabile la legittima difesa perché i corrisanti sono animati dall'intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si sono posti, sicché la loro difesa non può dirsi necessitata. Solo eccezionalmente, in simili ipotesi, l'esimente di che trattasi può essere riconosciuta ed è quando, esistendo tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata una reazione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia una offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma e in tal senso ingiusta.
Cass. pen. n. 9708/1992
In tema di legittima difesa, il disposto dell'art. 530, comma terzo, c.p.p. impone la pronuncia di sentenza assolutoria anche nel caso in cui vi sia una semiplena probatio in ordine alla sussistenza dell'esimente. (Fattispecie relativa ad un omicidio volontario che si assumeva commesso per legittima difesa).
In tema di legittima difesa, mentre l'eventuale discessus deve essere commodus, ossia deve essere attuato in modo da non trasformarsi in disonorevole abbandono del campo bensì da preservare un minimo di decoro in chi lo attua, l'apprestarsi a respingere un'offesa che si ritiene incombente, ancorché non ancora attuale, significa predisporsi alla tutela del proprio diritto alla incolumità personale e, quindi, ad approntare una legittima difesa eventualmente adeguandola alla ipotetica offesa. Inoltre non può richiedersi un commodus discessus preventivo, da attuare, cioè, prima che il pericolo assuma una qualche consistenza; invero un'aggressione ancora ipotetica, che si ha il semplice timore di dover subire, non realizza, prima dell'imminenza del suo sorgere, un'alternativa nella quale possa identificarsi un «altrimenti evitabile» modo di ovviare ad un pericolo che, appunto, ancora non sussiste e che potrebbe anche non manifestarsi.
Cass. pen. n. 8509/1992
L'esimente della legittima difesa non può essere negata in base al rilievo che il soggetto non si sia avvalso della possibilità di evitare, mediante l'allontanamento, un'aggressione ancora solo ipotetica, che aveva il semplice timore di subire, prima cioè che si cominciasse a concretare l'imminenza del pericolo.
Cass. pen. n. 6931/1992
Ai fini della configurabilità dell'esimente della legittima difesa occorre che la situazione di pericolo non sia stata volontariamente determinata, poiché, sebbene tale requisito non sia espressamente inserito nella formulazione dell'art. 52 c.p., è insito nel concetto di ingiustizia ed attualità dell'offesa da cui si è costretti a difendersi.
Cass. pen. n. 5429/1992
In tema di legittima difesa, nella formula «pericolo attuale» rientrano non soltanto le situazioni statiche di minaccia di offesa ingiusta, bensì anche le ipotesi nelle quali la situazione di pericolo si protrae nel tempo, per non essersi esaurita in un solo atto l'offesa portata dall'aggressore; ma in questi ultimi casi non si può prescindere dal postulare che la condotta dell'aggressore manifesti apertamente la sua decisione all'offesa — e non sia, quindi, soltanto subdola o equivoca — e si protragga quindi con continuità di comportamenti minacciosi, non interrotta da intervalli innocui.
Cass. pen. n. 5424/1992
L'esimente della legittima difesa è configurabile allorché, oltre all'offesa ingiusta, sussista l'attualità del pericolo, inteso come l'esistenza di una situazione di aggressione in corso e la cui cessazione dipende necessariamente dalla reazione difensiva, come atto diretto a rimuovere la causa di imminente pericolo. Ne consegue che la situazione di pericolo non deve essere stata volontariamente determinata, poiché tale requisito, per quanto non espressamente richiesto dall'art. 52 c.p., è insito in quello di attualità e ingiustizia dell'offesa da cui si è costretti a difendersi. Quindi, anche in presenza di offesa ingiusta, l'azione di chi reagisce a una situazione di pericolo da lui stesso determinata e liberamente voluta, non può essere giustificata ai sensi dell'art. 52 citato in quanto tale situazione è stata prevista e liberamente accettata.
Cass. pen. n. 5414/1992
Ai fini della configurabilità della legittima difesa putativa è necessario che la pretesa opinione soggettiva dell'esistenza del pericolo, da parte dell'agente, trovi una logica giustificazione nell'esistenza di una situazione di fatto che possa determinare la necessità di un'azione difensiva, non essendo sufficienti né lo stato d'animo dell'agente né il semplice timore di costui che altri commetta un fatto lesivo del suo diritto o sia una persona pericolosa.
Cass. pen. n. 1175/1992
Non è invocabile l'esimente della legittima difesa, reale o putativa, neppure sotto l'aspetto dell'eccesso colposo, qualora la sproporzione della reazione rispetto all'offesa incombente non derivi da colpa, cioè da valutazione erronea della situazione effettiva, ma sia consapevole e volontaria. Ne consegue, pertanto, che quando l'agente non agisca con la volontà di difendersi, nella convinzione sia pure erronea di dover agire per scopo difensivo, ma con chiara volontà di portare ad ulteriore effetto la sua reazione, non più giustificata dall'attualità del pericolo, deve rispondere a titolo di dolo del delitto commesso.
Cass. pen. n. 4474/1991
Le circostanze di fatto le quali giustifichino la ragionevole persuasione di una situazione di pericolo e sorreggano l'erroneo convincimento di versare nella necessità di difesa, anche se considerate non del tutto certe, portano ugualmente a ritenere sussistente la legittima difesa putativa poiché, ai sensi dell'art. 530 nuovo c.p.p., il dubbio sull'esistenza di una causa di giustificazione giova all'imputato.
Cass. pen. n. 3494/1991
In tema di legittima difesa uno dei requisiti indispensabili è l'attualità del pericolo da cui deriva la necessità della difesa. L'esimente è esclusa di fronte ad un pericolo futuro o immaginario, essendo rilevante soltanto il pericolo attuale, consistente in una concreta minaccia già in corso di attuazione nel momento della reazione ovvero in una minaccia od offesa imminenti. Ne consegue che per la sussistenza della legittima difesa non è sufficiente il fatto che il soggetto, contro il quale si reagisce, abbia un'arma addosso al momento del fatto, ma è necessaria la prova che egli, facendo uso o minacciando di farne uso o comportandosi in modo da far credere di voler far uso immediato di tale arma, venga a creare per il soggetto reagente una situazione di pericolo incombente, con conseguente necessità di difesa, o faccia sorgere in quest'ultimo la ragionevole opinione di trovarsi in siffatta situazione di necessità di difesa.
Cass. pen. n. 3257/1991
La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente, ma è supposta dall'agente a causa di un erroneo apprezzamento dei fatti. Tale errore, che ha efficacia esimente, se è scusabile e comporta la responsabilità di cui all'art. 59, ultimo comma, c.p. quando sia determinato da colpa, deve in entrambe le ipotesi trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell'agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sicché la legittima difesa putativa non può valutarsi al lume di un criterio esclusivamente soggettivo e desumersi, quindi, dal solo stato d'animo dell'agente, dal solo timore o dal solo errore, dovendo invece essere considerata anche la situazione obiettiva che abbia determinato l'errore. Essa, pertanto, può configurarsi se ed in quanto l'erronea opinione della necessità di difendersi sia fondata su dati di fatto concreti, di per sé inidonei a creare un pericolo attuale, ma tali da giustificare, nell'animo dell'agente, la ragionevole persuasione di trovarsi in una situazione di pericolo; persuasione che peraltro deve trovare adeguata correlazione nel complesso delle circostanze oggettive in cui l'azione della difesa venga ad estrinsecarsi.
Cass. pen. n. 3204/1991
In tema di legittima difesa, la reazione deve essere necessaria, nel senso che deve sussistere la impossibilità di scegliere tra più soluzioni e agire diversamente.
Cass. pen. n. 2654/1991
Per la concretizzazione dell'ipotesi della legittima difesa putativa, devono sussistere gli stessi elementi costitutivi della legittima difesa reale, con la sola eccezione dello stato di pericolo attuale di offesa ingiusta che, anziché essere esistente nella realtà, è erroneamente ritenuto esistente dal soggetto in base ad una errata — ma ragionevole — valutazione della situazione obiettiva.
Cass. pen. n. 1333/1991
Non è configurabile l'esimente della legittima difesa reale nè putativa quando l'animus dell'agente sia di approfittare di una situazione di fatto, anche se da lui non causata, per offendere più che per difendersi, contribuendo volontariamente e consapevolmente al crearsi di una situazione di pericolo attuale al quale egli liberamente si espone, oppure quando si tratti di sfida liberamente accettata in cui ciascuno assume contemporaneamente la qualità di aggressore e di aggredito in cui non vi è spazio neanche per la provocazione.
Cass. pen. n. 7850/1990
La legittima difesa può essere invocata, in tema di rissa, soltanto da chi si sia lasciato coinvolgere nella contesa al solo scopo di resistere all'altrui violenza. La difesa attiva, cioè, deve essere contenuta nei limiti della necessità di neutralizzare l'aggressione subita, senza eccedere in iniziative offensive che, in quanto tali, superano l'ambito di applicabilità dell'esimente.
Cass. pen. n. 2768/1990
In tema di legittima difesa il giudizio di proporzione tra necessità di difesa e reazione difensiva non può mai prescindere dalla natura e dall'entità del pericolo di offesa, che incombe realmente sull'aggredito e ciò soprattutto quando la reazione si sia manifestata attraverso strumenti micidiali, potendosi essa ritenere proporzionata nell'ipotesi in cui appare l'unica possibile per fronteggiare il pericolo. Ne deriva che nel caso di unica disponibilità del mezzo di difesa, in concreto adoperato, non si può dare valore risolutivo — ai fini dell'esclusione dell'eccesso — al solo accertamento della singolarità del mezzo disponibile, quando sia indubbio che possa essere usato con modalità diverse e taluna di queste appaia proporzionata ed adeguata al pericolo stesso.
Cass. pen. n. 672/1990
In tema di legittima difesa, sebbene la norma di cui all'art. 52, c.p. non richieda esplicitamente che l'agente non debba essersi posto volontariamente nella situazione di pericolo, solo una situazione di pericolo non volontariamente causato e non evitabile può ritenersi collegata al voluto requisito di un pericolo attuale di un'offesa ingiusta; non può, infatti, non essere prevedibile, per chi dia luogo ad una azione violenta o minacciosa, una reazione adeguata da parte dell'aggredito.
Cass. pen. n. 17571/1989
Nell'ipotesi in cui l'aggressore resti danneggiato dalla reazione di chi, agendo in stato di legittima difesa, incorre in eccesso colposo, il fatto dell'aggressore, avendo provocato la reazione difensiva della vittima, deve considerarsi come causa del danno a lui cagionato dall'aggredito, per cui trova applicazione l'art. 1227, primo comma, c.c., che stabilisce una ragionevole diminuzione del risarcimento nel caso di concorso del fatto colposo del danneggiato.
Cass. pen. n. 16015/1989
In tema di legittima difesa, mentre la legittima difesa reale presuppone una situazione di pericolo attuale, effettivamente sussistente, per la legittima difesa putativa invece è richiesta una situazione di pericolo anche se solo apparente: deve però trattarsi di un pericolo che non sia solo immaginato, nel senso cioè che l'erronea opinione di difendersi non deve basarsi su di un criterio meramente soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente, bensì su dati concreti, che, sebbene inidonei a creare un pericolo attuale, siano tuttavia tali da giustificare nell'animo dell'agente la ragionevole persuasione di trovarsi in una situazione di pericolo imminente; spetta poi all'agente l'onere quantomeno di allegare la sussistenza degli elementi di fatto, che possono aver ingenerato in lui l'erronea opinione della necessità di difendersi.
Cass. pen. n. 10837/1988
Ai fini della configurabilità della legittima difesa, anche putativa, pur non occorrendo la sussistenza di un'aggressione attuale, è necessario che sussista comunque l'attualità di un pericolo, intendendosi per attuale un pericolo presente o incombente, non futuro o già esaurito. Inoltre, per l'ipotizzabilità della esimente putativa, è necessario che ogni eventuale erroneo convincimento del soggetto di versare in stato di pericolo sia sempre sorretto da circostanze di fatto che possano giustificare la ragionevole persuasione di una situazione di pericolo, occorrendo che tale persuasione poggi su dati obiettivi e non meramente soggettivi. (Nella specie, relativa a ritenuta responsabilità per delitto di omicidio preterintenzionale per avere l'imputato, avventandosi contro la persona offesa e determinandone la caduta contro una sporgenza del pavimento, cagionato alla persona medesima lesioni letali, i giudici non hanno ritenuto l'esimente in presenza del solo fatto che la vittima, la quale fino a quel momento si era limitata a litigare profferendo ingiurie verbali, si era tutto a un tratto alzata in piedi, poiché il semplice gesto di alzarsi non poteva essere interpretato come azione aggressiva o minacciosa e che anche una diversa convinzione dell'imputato non sarebbe stata rilevante ai fini di una legittima difesa putativa, non trovando riscontro nella realtà).
Cass. pen. n. 7834/1988
Le ipotesi legislative della legittima difesa e quella dell'eccesso colposo, presuppongono, identità di situazione e si differenziano unicamente in ordine all'elemento dell'adeguatezza della reazione. Se, pertanto, l'eccesso è volontario la responsabilità dolosa resta integralmente, se l'eccesso è involontario occorre esaminare se esso è assolutamente irrilevante in quanto non colpevole, consentendo, quindi la configurabilità della scriminante e l'esclusione della punibilità, ovvero dovuto a colpa, con conseguente responsabilità a tale titolo, che determina un errore di valutazione della situazione concreta e quindi il superamento dei limiti imposti dalla necessità di esercitare il comportamento autorizzato.
Cass. pen. n. 730/1988
Normalmente nel reato di rissa e nei reati commessi nel corso di una rissa non è applicabile la legittima difesa, in quanto i corrissanti sono animati dall'intento di reciprocamente offendersi, ed inoltre accettano volontariamente la situazione di pericolo, sicché la difesa non può dirsi necessitata. Solo eccezionalmente può essere applicata l'esimente, qualora, sussistendo gli altri requisiti richiesti dalla legge, risulti una reazione assolutamente imprevedibile e del tutto sproporzionata, ossia una offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova ed autonoma.
Cass. pen. n. 5220/1987
I requisiti richiesti dalla legge per l'applicazione della legittima difesa, reale o putativa, debbono risultare rigorosamente provati dalle acquisizioni probatorie, in quanto le cause di giustificazione, configurandosi come elementi negativi di un reato perfetto in tutti i suoi estremi, possono operare soltanto se siano effettivamente sussistenti, con conseguente inapplicabilità della formula di assoluzione per insufficienza di prove con riferimento a dette cause. Tuttavia da questo principio non discende un vero e proprio onere probatorio a carico dell'imputato, che ha soltanto, nel suo stesso interesse, un onere di allegazione.
Cass. pen. n. 8090/1986
Per l'imputato che invochi l'applicazione di una causa di giustificazione sussiste l'onere non già di provare, ma di indicare gli elementi sui quali fonda la sua richiesta.
Cass. pen. n. 10128/1981
Le cause di giustificazione di un fatto delittuoso perfetto in tutti i suoi elementi costitutivi, obiettivi e subiettivi, in tanto possono essere riconosciute in quanto la sussistenza dei loro estremi risulti rigorosamente accertata. Ed anche se non si vuol ritenere che incomba all'imputato l'onere processuale di fornire tale prova essendo sufficiente l'allegazione della situazione soggettiva in cui si trovò ad agire, è di tutta evidenza che il giudice deve pervenire ad una affermazione di certezza sulle caratteristiche esimenti della situazione prospettata, attraverso il completo esame delle risultanze processuali ed il corretto processo logico di valutazione onde il giudizio sulla causa discriminante non si risolva in dubbiose convinzioni soggettive.
Cass. pen. n. 7151/1981
La legittima difesa, così come le altre cause di non punibilità, ha carattere eccezionale per cui può trovare applicazione solamente quando siano rigorosamente provati i suoi estremi e l'onere della prova incombe su colui che ne chiede l'applicazione.