Art. 164 – Codice penale – Limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena
La sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.
La sospensione condizionale della pena non può essere conceduta:
1) a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione, né al delinquente o contravventore abituale o professionale;
2) allorché alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge presume socialmente pericolosa.
La sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca.
La sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta. Tuttavia il giudice, nell'infliggere una nuova condanna [c.p.p. 533], può disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall'articolo 163.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 36036/2024
In tema di impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, nel caso di ricorrente sottoposto alla detenzione domiciliare, anche per "altra causa", non opera la causa di inammissibilità prevista dall'art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 29643/2024
In tema di sospensione condizionale della pena, ai fini della seconda concessione del beneficio, non deve tenersi conto, nel computo della pena complessiva rilevante ai sensi dell'art. 163, comma primo, ultima parte, cod. pen., anche della pena pecuniaria inflitta e dichiarata sospesa nella prima condanna, ragguagliata a quella detentiva.
Cass. civ. n. 25230/2024
Qualora sia intervenuta la dichiarazione di fallimento della parte, nelle more tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e la proposizione dell'appello, la notifica dell'atto di appello, effettuata presso il procuratore domiciliatario del fallito in bonis anziché nei confronti del curatore del fallimento, non è inesistente ma nulla, essendo ravvisabile un collegamento tra la figura del curatore e la persona del fallito, e, di conseguenza, in caso di omessa costituzione del fallimento, deve disporsene la rinnovazione.
Cass. civ. n. 23351/2024
L'omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell'atto di citazione e nella relata di notificazione, del nominativo di una delle parti in causa, è motivo di nullità soltanto ove abbia determinato un'irregolare costituzione del contraddittorio o abbia ingenerato incertezza circa i soggetti ai quali l'atto era stato notificato, mentre l'irregolarità formale o l'incompletezza nella notificazione del nome di una delle parti non è motivo di nullità se dal contesto dell'atto notificato risulti con sufficiente chiarezza l'identificazione di tutte le parti e la consegna dell'atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l'apparente vizio va considerato come un mero errore materiale che può essere agevolmente percepito dall'effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l'effetto di tale errore ma di una scelta cosciente e volontaria. (Nella specie, la S.C. - in relazione ad un processo esecutivo caratterizzato, ex latere creditoris, da una parte plurisoggettiva costituita da 23 creditori procedenti assistiti dal medesimo avvocato - ha escluso la nullità del ricorso in opposizione, con cui la parte opposta era stata evocata come "Amici Marco più ventidue", senza un'analitica specificazione dei nominativi di tutti i procedenti, nonché della sua notificazione, eseguita al difensore della parte così identificata).
Cass. civ. n. 23275/2024
L'onere del deposito dell'elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità, dall'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo, nell'intestazione dell'atto di appello, all'elezione o dichiarazione già effettuata dall'appellante personalmente nel corso del giudizio di primo grado, da ritenersi equipollente all'allegazione dell'atto. (Fattispecie relativa all'elezione di domicilio presso il difensore effettuata da imputato detenuto, sempre presente nel giudizio di primo grado).
Cass. civ. n. 23233/2024
In tema di responsabilità civile, la domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta, purché, avendo ad oggetto la richiesta di risarcimento la violazione di un diritto c.d. eterodeterminato, l'attore indichi espressamente i fatti costitutivi che assume essere stati lesivi del proprio diritto.(Nella specie, la S.C. ha escluso, ad opera della decisione impugnata, la violazione dell'art. 163, comma 3, c.p.c., per aver riconosciuto alla parte attrice la possibilità di specificare le voci di danno solo nella comparsa conclusionale).
Cass. civ. n. 22955/2024
Nel procedimento di esecuzione, il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena è affetto da nullità generale a regime intermedio ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., se l'avviso di udienza non contiene l'indicazione, sia pure in forma succinta, di tale oggetto del procedimento, per la necessità di assicurare il rispetto del principio del contraddittorio. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato il provvedimento impugnato nella parte in cui aveva disposto "ex officio" la revoca della sospensione condizionale della pena, nell'ambito del procedimento attivato dal condannato per l'applicazione della continuazione tra reati oggetto di più sentenze).
Cass. civ. n. 22287/2024
La dichiarazione o l'elezione di domicilio, richiesta a pena di inammissibilità dell'impugnazione dall'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., è funzionale alla "vocatio in iudicium" e, a condizione che sia depositata unitamente all'atto di appello, può essere anche antecedente alla pronuncia della sentenza impugnata, atteso che la contraria interpretazione postula un requisito limitativo dell'accesso alla impugnazione non previsto, in violazione del principio di legalità della procedura.
Cass. civ. n. 21603/2024
Il giudice dell'esecuzione non può disporre, nei casi previsti dall'art. 168, comma terzo, cod. pen., la revoca della sospensione condizionale della pena che il giudice della cognizione abbia concesso in violazione dell'art. 164, comma quarto, cod. pen. per l'esistenza di cause ostative a lui non documentalmente note, allorquando il beneficio si è ormai consolidato in ragione del decorso del termine e dell'avvenuta maturazione delle condizioni in presenza delle quali si determina, ex art. 167 cod. pen., l'estinzione del reato e non ha luogo l'esecuzione della pena.
Cass. civ. n. 20355/2024
La rinuncia al mandato da parte del difensore domiciliatario, senza contestuale dichiarazione, comunicata all'autorità procedente, di non accettazione delle notifiche relative al procedimento presso il proprio studio, non priva di efficacia la precedente elezione di domicilio.
Cass. civ. n. 19547/2024
In tema di impugnazioni, la dichiarazione o l'elezione di domicilio che, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., va depositata, a pena di inammissibilità, unitamente all'atto di appello delle parti private e dei difensori, dev'essere successiva alla pronuncia della sentenza appellata, atteso che, alla luce della nuova formulazione dell'art. 164 cod. proc. pen., quella effettuata nel precedente grado di giudizio non ha più valenza illimitata, sicché l'interessato è tenuto a depositare, con l'impugnazione, una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, eventualmente confermando quella in precedenza resa, sì da darle attualità ai fini della proposizione del gravame.
Cass. civ. n. 16480/2024
Non viola il disposto dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. la puntuale allegazione difensiva, nell'intestazione dell'atto di appello, della ricorrenza dell'elezione di domicilio, già effettuata dall'appellante presso il difensore di fiducia nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto e richiamata dal patrocinatore in adempimento del dovere di leale collaborazione tra le parti, al fine della citazione nel giudizio di secondo grado. (In motivazione, la Corte ha evidenziato la lettura costituzionalmente orientata data alla disciplina in esame, funzionale ad assicurare che non sia irragionevolmente limitato "il diritto di accesso" al giudizio di impugnazione, come affermato, peraltro, dalla Corte EDU, 28/10/2021, Succi e altri c. Italia, in sede di valutazione della compatibilità delle restrizioni normative col diritto di accesso al giudice, previsto dall'art. 6 della Convenzione).
Cass. civ. n. 15389/2024
Non è emendabile mediante la procedura di correzione di errore materiale la conferma, all'esito del giudizio di appello, della concessione della sospensione condizionale della pena in violazione dell'art. 164, comma quarto, cod. pen., in presenza di cause ostative, trattandosi di statuizione derivante da errore concettuale e suscettibile, pertanto, di essere rimossa soltanto per mezzo degli ordinati mezzi di impugnazione.
Cass. civ. n. 8252/2024
La notificazione dell'atto di citazione eseguita nell'ufficio ubicato nel comune di residenza risultante dai registri anagrafici è nulla, per violazione dell'ordine tassativo dei luoghi cui all'art. 139 c.p.c., allorquando il trasferimento altrove del destinatario risulti ritualmente denunciato ex artt. 44 c.c. e 31 disp. att. c.c., cioè attraverso una doppia dichiarazione, opponibile ai terzi di buona fede, perché fatta sia al comune di provenienza, con indicazione del luogo in cui s'intende fissare la nuova dimora abituale, sia a quello di destinazione, e detto vizio non può essere sanato se non dalla costituzione in giudizio del convenuto.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che, in applicazione del criterio del raggiungimento dello scopo, aveva escluso la nullità della notificazione eseguita nelle mani del collega di ufficio della parte convenuta, ma senza osservare l'ordine di cui all'art. 139 c.p.c., che imponeva di preferire quello di nuova residenza).
Cass. civ. n. 8014/2024
Nel caso di imputato non processato "in absentia", la dichiarazione o l'elezione di domicilio richieste ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. possono essere effettuate anche nel corso del procedimento di primo grado, e non necessariamente in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata, a condizione che siano depositate unitamente all'atto di appello, atteso che la contraria interpretazione ostacolerebbe indebitamente l'accesso al giudizio di impugnazione, in violazione dei diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti.
Cass. civ. n. 6017/2024
L'estinzione del reato a seguito della sospensione condizionale della pena non comporta altresì l'estinzione degli effetti penali della condanna, diversi da quelli espressamente previsti, sicché di questa deve tenersi conto, ex art. 165, comma secondo, cod. pen., anche ai fini della necessità di subordinare l'ulteriore concessione del beneficio all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'art. 165, comma primo, cod. pen.
Cass. civ. n. 1838/2024
Il creditore che agisce per ottenere il pagamento di un importo a titolo di adempimento contrattuale, per non incorrere in una dichiarazione di nullità della domanda giudiziale, è tenuto a indicare le circostanze da cui deriva l'inadempimento del debitore, non essendo sufficiente, stante la natura c.d. eterodeterminata della situazione soggettiva, la sola indicazione del diritto di credito, senza specificazione dei profili di fatto e di diritto da cui scaturisce il titolo alla prestazione di pagamento o di maggiore pagamento rispetto a quanto già percepito.
Cass. civ. n. 51273/2023
In tema di impugnazioni, l'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena d'inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio unitamente all'atto d'impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non opera nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto.
Cass. civ. n. 49807/2023
In tema di revoca della sospensione condizionale della pena a seguito della commissione di un secondo delitto per cui sia stata riportata condanna non sospesa, è irrilevante che il cumulo delle sanzioni inflitte con le diverse condanne sia inferiore ai due anni, in quanto la "salvezza" di cui al primo comma dell'art. 168 cod. pen. riguarda il caso di due condanne entrambe sospese e l'ultimo comma del medesimo articolo si riferisce a seconda condanna per delitto anteriormente commesso. (Conf.: n. 501 del 1993,
Cass. civ. n. 41309/2023
In tema di impugnazioni, è applicabile al ricorso per cassazione l'onere formale del deposito di specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, unitamente alla dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell'imputato assente, come previsto dall'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. - introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 - stante l'esigenza che anche il giudizio di legittimità si svolga nei confronti di un assente "consapevole". (Fattispecie relativa ad appello "a trattazione scritta" celebrato ante-riforma "Cartabia").
Cass. civ. n. 34801/2023
La procura alle liti è atto caratterizzato da autonomia e autosufficienza rispetto alle vicende dell'atto su cui viene rilasciata, di talché l'eventuale invalidità di quest'ultimo non inficia la validità della stessa ai fini della riproposizione dell'atto sanzionato di invalidità.
Cass. civ. n. 32093/2023
L'omessa o incompleta trasmissione, da parte della cancelleria della Corte di appello, degli atti indicati nel ricorso per cassazione, in violazione di quanto prescritto dall'art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., non è causa di nullità, non essendo tale disposizione assistita da alcuna sanzione e gravando, comunque, sul difensore un onere di diligenza nel verificare l'effettiva trasmissione degli atti e nel provvedere spontaneamente alle allegazioni ritenute necessarie.
Cass. civ. n. 30969/2023
Il giudice d'appello che dichiari la nullità della sentenza di primo grado per un motivo diverso da quelli tassativi di cui all'art. 354 c.p.c., non può rimettere la causa al primo giudice, ma deve deciderla nel merito; tuttavia, prima deve disporre la rinnovazione degli atti nulli e consentire alla parte che ne abbia fatto richiesta, di svolgere tutte le attività processuali (comprese quelle afferenti all'istruzione probatoria) che le siano state precluse per non essersi potuta costituire, a causa del vizio di nullità, nel processo di primo grado.
Cass. civ. n. 30722/2023
Qualora nel giudizio sia mancata (o non sia stata validamente effettuata) l'evocazione di una parte necessaria, è nulla la rinnovazione eseguita mediante la notifica della combinazione del primo atto di citazione (indicante, per la prima comparizione, una data già trascorsa) e del verbale contenente l'ordinanza di fissazione della nuova udienza, in quanto l'atto manca della chiarezza indispensabile all'evocazione in lite di una parte non ancora assistita da difensore, ferma restando la sanatoria dell'invalidità in caso di raggiungimento dello scopo e, cioè, di costituzione del convenuto. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto ritualmente eseguita la notifica dell'atto di integrazione del contraddittorio al litisconsorte necessario pretermesso avvenuta mediante la notifica dell'originaria citazione con allegato il verbale dell'udienza contenente il rinvio ad una successiva udienza).
Cass. civ. n. 26864/2023
In tema di protezione dei dati personali, la sanzione pecuniaria prevista per l'illecito di cui agli artt. 37, comma 1, lett. b), e 38 del d.lgs. n. 196 del 2003, consistente nell'omessa notificazione al GPDP del trattamento dei dati personali sensibili (nella specie, idonei a rivelare lo stato di salute delle cellule staminali contenute nel cordone ombelicale e destinate alla conservazione presso lavoratori terzi ubicati anche all'estero, nel territorio UE), può essere soggetta alla riduzione ex art. 164-bis, comma 1, del medesimo d.lgs. per minore gravità dell'infrazione, atteso che una diversa interpretazione della norma si risolverebbe nella sua sostanziale disapplicazione.
Cass. civ. n. 26721/2023
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di appello non può revocare "ex officio" il beneficio che altra sentenza, diversa da quella impugnata, abbia concesso in violazione dell'art. 164, comma quarto, cod. pen., trattandosi di statuizione che presuppone che si accerti, in fatto, se le cause ostative fossero o meno documentalmente emerse nel corso di quel giudizio.
Cass. civ. n. 20601/2023
Nel rito del lavoro, qualora l'appellante notifichi il ricorso privo del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, il vizio relativo alla "vocatio in ius" è sanato dalla costituzione dell'appellato, che ha diritto alla rimessione in termini per la proposizione dell'appello incidentale dalla quale sia eventualmente decaduto in conseguenza del suddetto vizio.
Cass. civ. n. 19327/2023
Agli effetti del requisito di cui all'art. 163 comma 3 n. 2) c.p.c. non è necessaria la precisa indicazione del titolare dell'organo dell'ente convenuto in giudizio, bastando una indicazione generica ed anche il solo riferimento al legale rappresentante "pro tempore" dell'ente. In ogni caso, la citazione deve ritenersi valida se dalla non precisa indicazione dell'organo o ufficio munito di rappresentanza in giudizio non derivi alcuna incertezza sull'identificazione dell'ente convenuto.
Cass. civ. n. 19319/2023
La domanda giudiziale tendente alla dichiarazione di inefficacia, ex art. 2901 c.c., di un atto dispositivo del bene oggetto di comunione legale, posto in essere dai coniugi, a scopo di conservazione della garanzia del credito vantato nei confronti di uno solo di essi per la metà del diritto oggetto di comunione non dà luogo né ad una pronuncia di nullità per vizio della "editio actionis" né ad una di inammissibilità: ne consegue che il giudice che dichiari inopponibile l'atto dispositivo con riferimento al diritto che ne forma oggetto nella sua interezza (e non ad una sua inesistente quota) non pronuncia su una domanda diversa da quella proposta, né dà una tutela maggiore di quella richiesta, ma ben diversamente modula la tutela nell'unico modo in cui essa può essere attribuita, in rapporto alla effettiva natura giuridica del bene.
Cass. civ. n. 19265/2023
Nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla "vocatio in ius" (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la deduzione della nullità come motivo di gravame non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell'impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di dichiararne la nullità, rinnovando tutti gli atti compiuti in primo grado dall'attore, o su sua richiesta, nella contumacia (involontaria) del convenuto/appellante.
Cass. civ. n. 17125/2023
In tema di nullità della citazione per mancata indicazione del fatto costitutivo della pretesa, ove il giudice, nonostante l'eccezione del convenuto, ometta di ordinare l'integrazione o la rinnovazione della stessa, l'attore ha l'onere di invocare la fissazione del termine per sanare la nullità, poiché, in caso contrario, ove la nullità venga dedotta come motivo d'appello, il giudice del gravame non deve fissare alcun termine per la rinnovazione dell'atto nullo, ma deve definire il processo, accertando, con una pronuncia in rito, il vizio della citazione introduttiva.
Cass. civ. n. 16517/2023
Nel caso di nullità della citazione per indeterminatezza del "petitum" o della "causa petendi", non è ammessa la sanabilità attraverso l'esercizio del potere di precisazione e di modificazione delle domande (e delle eccezioni e conclusioni) già proposte, ai sensi dell'art. 183, comma 6 c.p.c., giacché l'esercizio dello "ius poenitendi" - di cui al citato art. 183, comma 6 c.p.c. – presuppone che le domande principali ed (eventualmente) quelle riconvenzionali siano state ritualmente proposte sin dall'origine o, in caso di nullità, siano state rinnovate od integrate nel termine perentorio all'uopo concesso dal giudice, ai sensi dell'art. 164, comma 5 c.p.c.
Cass. civ. n. 15763/2023
In tema di procedimento di equa riparazione per durata irragionevole del processo, in caso di opposizione al decreto di rigetto ex art. 5-ter, l. n. 89 del 2001, il termine concesso all'opponente per notificare il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza non è perentorio, di talché, in caso di omessa o inesistente notifica, può concedersi un nuovo termine che, diversamente dal primo, ha natura perentoria e la cui violazione determina l'estinzione del processo ex art. 307, comma 3, c.p.c..
Cass. civ. n. 14647/2023
In tema di confisca di prevenzione, nel procedimento di opposizione allo stato passivo promosso dai creditori esclusi, l'iscrizione di riserve (per maggiori oneri e costi) nel registro di contabilità, da parte dell'appaltatore di lavori pubblici, pur avvenuta nel rispetto degli inderogabili oneri formali previsti dalla legge, è condizione necessaria, ma non sufficiente, ai fini del riconoscimento della relativa pretesa, il quale presuppone il previo accertamento giudiziale della sua fondatezza, secondo i criteri di ripartizione dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 cod. civ., ove non ricorrano gli alternativi rimedi di cui agli artt. 204 e ss. d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. (Fattispecie in tema di rapporti tra consorzio appaltante e società consorziata esecutrice delle opere, in cui la Corte ha ritenuto doversi individuare un principio di prova nell'atto di riconoscimento di debito sottoscritto dal direttore dei lavori, nei limiti dell'importo dallo stesso asseverato).
Cass. civ. n. 12610/2023
Nel giudizio civile dinanzi al giudice di pace, il contenuto dell'atto di citazione è disciplinato esclusivamente dall'art. 318 c.p.c., il quale, diversamente dall'art. 163, comma 1, n. 5), prescrive che l'atto contenga a pena di nullità unicamente l'esposizione dei fatti e l'indicazione dell'oggetto del giudizio, con la conseguenza che la mancata indicazione specifica dei mezzi di prova non è causa di invalidità dell'atto introduttivo.
Cass. civ. n. 10926/2023
La mancanza nell'atto di citazione d'appello di tutti i requisiti indicati dall'art. 164, comma 1, c.p.c. e, quindi, di tutti gli elementi integranti la "vocatio in ius", non determina l'inammissibilità del gravame, dovendosi disporre, ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la rinnovazione, entro un termine perentorio, della menzionata citazione, i cui vizi sono così sanati con efficacia "ex tunc". (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di appello che aveva ritenuto che la mancanza, nell'atto di citazione notificato e iscritto a ruolo, dell'indicazione della data di udienza di comparizione e degli inviti previsti dall'art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c., vigente "ratione temporis", non poteva essere sanata con la costituzione dell'appellato, né con la rinnovazione della citazione, ritenendo inapplicabile l'art. 164 c.p.c. al giudizio d'appello.)
Cass. civ. n. 8983/2023
La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine per caso fortuito o forza maggiore (come nel caso della morte del procuratore domiciliatario dell'appellato) ne presuppone la riattivazione mediante istanza al giudice "ad quem" - da depositarsi contestualmente all'attestazione dell'omessa notifica, nel termine previsto per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio - volta a domandare la fissazione di un termine perentorio per il relativo completamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello per mancato rispetto del termine ex art. 327 c.p.c., sul presupposto che l'appellante si era costituito in giudizio, iscrivendo la causa a ruolo, ed aveva atteso la prima udienza di trattazione per chiedere l'autorizzazione a rinnovare la notifica, non andata a buon fine per l'intervenuto decesso del professionista presso il quale l'appellato aveva eletto domicilio in primo grado).
Cass. civ. n. 8218/2023
Nel caso in cui, in ragione della mancata costituzione del convenuto all'udienza di prima comparizione, sia rinnovata – su iniziativa dello stesso attore, all'esito del differimento disposto per soddisfare la condizione di procedibilità della domanda – la citazione nulla per vizio della "vocatio in ius" – e segnatamente per la mancanza dell'avvertimento di cui all'art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c. in ordine alla decadenza di cui all'art. 38 c.p.c., benché sia previsto l'avvertimento relativo alle decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. –, con la notifica di una nuova citazione, sanata del vizio, per l'udienza già stabilita dal giudice, il convenuto è rimesso in termini ai fini della tempestiva costituzione in giudizio, indipendentemente dal tipo di vizio che inficiava l'originaria citazione, sicché può proporre la domanda riconvenzionale nel termine di venti giorni prima della nuova udienza fissata.
Cass. civ. n. 4606/2023
In tema di impugnazioni, le disposizioni di cui all'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. sono applicabili all'atto di appello proposto dall'imputato detenuto per altra causa, stante la riferibilità dell'art. 161, comma 3, cod. proc. pen. al solo procedimento in relazione al quale è intervenuta la carcerazione.
Cass. civ. n. 4060/2023
Il procedimento disciplinare a carico dei dipendenti del Ministero degli affari esteri, assunti per le esigenze delle rappresentanze diplomatiche, degli uffici consolari e degli istituti di cultura all'estero, è disciplinato dal d.P.R. n. 18 del 1967, sicché, anche relativamente alle fattispecie anteriori all'entrata in vigore dell'art. 1 della l. n. 62 del 2021 - che ne ha previsto una specifica procedimentalizzazione peraltro non dissimile, quanto ai termini, da quella dell'art. 55-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 - non si applicano i termini previsti da detto articolo, stante la specialità della disciplina dettata dal citato d.P.R. e la conseguente inapplicabilità delle norme generali sull'impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; né la mancata previsione di un termine perentorio per la contestazione dell'addebito, nella formulazione degli artt. 164 e ss. dello stesso d.P.R. anteriore alla novella del 2021, incide su diritti inderogabili del lavoratore se risulta assicurato il contraddittorio e il diritto di difesa non è reso più difficoltoso dal trascorrere del tempo.
Cass. civ. n. 2323/2023
In tema di impugnazioni, è applicabile al ricorso per cassazione l'onere formale del deposito di specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, come previsto dall'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. - introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 - stante l'esigenza che anche il giudizio di legittimità si svolga nei confronti di un assente "consapevole", così da limitare lo spazio di applicazione della rescissione del giudicato e dei rimedi restitutori. (In motivazione la Corte ha precisato che non è invece necessaria la contestuale dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato, ove il ricorso sia proposto da un difensore di fiducia abilitato alla difesa davanti alla Corte di cassazione, perché in tal caso all'imputato non è dovuta la notificazione dell'avviso di udienza).
Cass. civ. n. 2144/2023
È illegittima la revoca "in executivis" della sospensione condizionale della pena riconosciuta in violazione dell'art. 164, quarto comma, cod. pen., in presenza di una causa ostativa nota al giudice d'appello, anche se non sia stato investito dell'impugnazione o da formale sollecitazione del pubblico ministero in ordine all'illegittimità del beneficio, non essendo precluso al giudice dell'impugnazione il potere di revoca, esercitabile anche d'ufficio.
Cass. pen. n. 42004/2022
Il giudice di appello può revocare "ex officio" la sospensione condizionale della pena concessa, in violazione dell'art. 164, comma quarto, cod. pen., in presenza di cause ostative, a condizione che le stesse non fossero documentalmente note al giudice che ha concesso il beneficio, avendo egli l'onere di procedere a una doverosa verifica al riguardo.
Cass. pen. n. 29950/2022
In tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione che denunci la concessione del beneficio della sospensione condizionale in presenza di cause ostative (nella specie, per averne l'imputato già fruito più di una volta), trattandosi di vizio che esula dalla nozione di pena illegale, in quanto non incide sul procedimento di computo della stessa, bensì sulla sua esecuzione.
Cass. pen. n. 40824/2022
Il giudice dell'esecuzione può revocare, ai sensi dell'art.168, comma terzo, cod. pen., il beneficio della sospensione condizionale della pena concessa, in violazione dell'art. 164, comma secondo, n. 1, cod. pen., in favore dell'imputato che aveva riportato precedente condanna per un delitto a pena detentiva, anche nel caso in cui, in relazione a tale condanna, sia intervenuta declaratoria di "estinzione della pena e di ogni altro effetto penale" ai sensi dell'art. 47 ord. pen., a seguito dell'esito positivo dell'affidamento in prova al servizio sociale, cui il condannato stesso era stato ammesso.
Cass. pen. n. 43095/2021
Ai fini del diniego della sospensione condizionale della pena, la sentenza di applicazione della pena, in quanto equiparata a sentenza di condanna, costituisce un precedente penale, valutabile anche nell'ipotesi in cui sia già intervenuta, ai sensi dell'art. 445, comma 2, cod. proc. pen., l'estinzione del reato cui essa si riferisce.
Cass. pen. n. 34658/2021
In tema di sospensione condizionale della pena, non adempie all'obbligo della motivazione il giudice che neghi all'imputato la concessione del beneficio in base alla sola mancata resipiscenza di fronte ai fatti commessi, in quanto essa può condurre ad una prognosi sfavorevole solo se si accompagni all'intenzione del soggetto di voler persistere nella condotta antigiuridica. (Conforme Sez. 3, n. 2966 del 16/01/1984, Rv. 163413-01).
In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittima la decisione con la quale il beneficio, richiesto dal difensore, sia negato dal giudice sulla base della ritenuta non convenienza per l'imputato, essendo una tale valutazione di pertinenza esclusiva di quest'ultimo. (Fattispecie in cui il diniego era stato motivato dal giudice con l'asserito interesse dell'imputato a non usufruire del beneficio a fronte della sanzione da infliggere esclusivamente di tipo pecuniario).
Cass. pen. n. 29586/2021
La concessione della sospensione condizionale della pena allo straniero condannato per reati in tema di stupefacenti ne impedisce l'espulsione dallo Stato, in quanto, implicitamente, ne esclude l'attuale pericolosità sociale, che è presupposto imprescindibile per l'applicazione della misura di sicurezza.
Cass. pen. n. 20323/2021
Nei confronti del condannato per associazione a delinquere al quale sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, non può essere applicata una misura di sicurezza personale, ai sensi dell'art. 417 cod. pen., poiché, trattandosi di misura che può essere disposta discrezionalmente, previo scrutinio della effettiva pericolosità sociale del condannato, rientra tra quelle inapplicabili ex art. 164, comma terzo, cod. pen.
Cass. pen. n. 18386/2021
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice può fondare, in modo esclusivo o prevalente, il giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi reati sulla capacità a delinquere dell'imputato desunta anche da precedenti giudiziari non definitivi, senza che ciò contrasti con la presunzione di innocenza dell'imputato sino alla condanna definitiva, rilevando esclusivamente ai fini previsti dall'art. 133, comma secondo, cod. pen.
Cass. pen. n. 23928/2021
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice può legittimamente trarre elementi di valutazione per escludere la concessione del beneficio anche da reati contestati come commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, che, pur accertati, sono stati dichiarati prescritti, in quanto, con l'estinzione del reato, viene meno il rapporto penale, ma non il fatto storico che lo costituisce.
Cass. pen. n. 36764/2020
In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittimo il diniego del beneficio ad un imputato incensurato basato esclusivamente sulla sua condizione di clandestino privo di occupazione e di fissa dimora, senza indicazione di elementi concreti fondanti il negativo giudizio prognostico, in quanto l'incensuratezza costituisce un elemento di indubbia valenza positiva, la cui neutralizzazione esige l'individuazione di uno o più elementi di segno contrario.
Cass. pen. n. 34947/2020
L'esistenza di precedenti penali specifici può rilevare ai fini del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge anche quando il giudice, sulla base di una valutazione complessiva del fatto oggetto del giudizio e della personalità dell'imputato, esclude che la reiterazione delle condotte denoti la presenza di uno spessore criminologico tale da giustificare l'applicazione della recidiva.
Cass. pen. n. 35185/2020
In tema di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, pur non sussistendo un nesso di necessaria correlazione tra la determinazione della pena e la concessione della sospensione condizionale, in quanto la prima va operata in base ai criteri di valutazione della gravità del reato mentre la seconda si fonda su un giudizio prognostico proiettato su una presunta realtà futura, è, tuttavia, configurabile il vizio di contraddittorietà della motivazione nell'ipotesi in cui il giudice applichi il minimo edittale della pena, con riferimento alla gravità del fatto, e contestualmente neghi la sospensione condizionale della pena sempre in ragione della gravità dei fatti. (Vedi Sez. 1, n. 1327 del 1990, Rv. 186293). (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO NAPOLI, 28/03/2019)
Cass. pen. n. 13807/2020
In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittimo il diniego della concessione del beneficio fondato esclusivamente sulla condizione di clandestino dell'imputato. (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO VENEZIA, 18/01/2018)
Cass. pen. n. 17953/2020
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell'art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensione, ivi compresi i precedenti giudiziari. (Rigetta, CORTE APPELLO MILANO, 10/07/2019)
Cass. pen. n. 17232/2020
In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittimo il diniego del beneficio fondato esclusivamente sul comportamento processuale dell'imputato che neghi ostinatamente l'addebito e sostenga una versione dei fatti smentita dalle altre risultanze istruttorie, in quanto espressione di un insopprimibile diritto di difesa, riflesso del diritto al silenzio. (Conf. n. 4459/1989, Rv. 18087201). (Rigetta, CORTE APPELLO TORINO, 16/01/2019)
Cass. pen. n. 42365/2019
Ai fini dell'applicabilità dell'ultimo comma dell'art. 164 cod. pen., nella parte in cui consente di concedere la sospensione della pena anche a chi abbia già riportato una condanna sospesa, è necessario che tra la precedente e la nuova condanna non sia inserita condanna intermedia a pena detentiva per delitto ancorché non sospesa, in quanto essa dimostra che l'imputato è stato immeritevole della fiducia in lui risposta e rende quindi impossibile la rinnovazione di una prognosi favorevole circa la sua condotta futura.
Cass. pen. n. 30710/2019
È legittimo il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione revochi la sospensione condizionale della pena concessa in violazione dell'art. 164, comma quarto, cod. pen. in presenza di cause ostative documentalmente ignote al giudice di primo grado che ha concesso il beneficio, ma note al giudice di appello che, non investito della impugnazione del pubblico ministero o, comunque, di formale sollecitazione di quest'ultimo organo, non abbia esercitato il potere di revoca di ufficio del beneficio di cui è titolare, atteso che la preclusione che impedisce al giudice dell'esecuzione di rilevare la causa ostativa non opera qualora la revoca non abbia costituito oggetto di valutazione neppure implicita da parte del giudice della cognizione. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso avverso l'ordinanza di revoca del beneficio fondato esclusivamente sulla mancata acquisizione da parte del giudice dell'esecuzione dei fascicoli processuali relativi ai giudizi di cognizione).
Cass. pen. n. 42737/2016
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice, nell'esprimere il giudizio prognostico richiesto dalla legge sul comportamento futuro dell'imputato, deve prendere in considerazione tutte le circostanze indicate dall'art. 133 cod. pen., con riguardo alla personalità dell'imputato stesso, e, qualora taluni elementi vengano ritenuti prevalenti in senso ostativo alla concessione del beneficio mentre altri inducano a propendere per un diverso esito, è necessario che dia conto, con adeguata motivazione, di tale prevalenza, al fine di consentire un controllo sull'uso del potere discrezionale esercitato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la sentenza che aveva motivato la mancata concessione del beneficio facendo riferimento all'idoneità della prosecuzione dello stato detentivo a favorire un percorso di revisione critica della pregressa condotta criminale).
Cass. pen. n. 35809/2016
Ai fini della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena per inadempimento dell'obbligo di prestazione di attività non retribuita in favore della collettività, il giudice dell'esecuzione non può limitarsi alla mera presa d'atto dell'inadempienza del condannato, ma deve procedere, dapprima, alla verifica dell'esigibilità della prestazione medesima, potendo, solo successivamente all'esito positivo della stessa, valutare l'eventuale inattività o scarsa collaborazione del condannato a soddisfare l'obbligo cui sia stato subordinato il beneficio. (Fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso l'ordinanza di revoca della sospensione condizionale, avendo il Tribunale accertato che il Comune aveva più volte inviato corrispondenza al condannato per stabilire ed avviare il programma di attività in proprio favore, che lo stesso non si era mai curato di ritirare).
Cass. pen. n. 12277/2013
L'applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, prevista obbligatoriamente dall'art. 300 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 nel caso di irrogazione della pena della reclusione superiore ad un anno, impedisce la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, essendovi incompatibilità tra pericolosità sociale del colpevole e presunzione di astensione tra commissione di ulteriori reati.
Cass. pen. n. 47512/2011
La reiterazione del beneficio della sospensione condizionale della pena è possibile se, nel periodo compreso tra la precedente condanna sospesa e quella per la quale esso viene invocato, sia stata pronunciata condanna (cosiddetta intermedia) a pena pecuniaria per delitto o a pena detentiva o pecuniaria per contravvenzione, altrimenti ostandovi la previsione di cui all'art. 164, comma secondo, n. 1 c.p..
Cass. pen. n. 41478/2011
La reiterazione del beneficio della sospensione condizionale della pena è ammissibile, in caso di nuova condanna, soltanto se tra quest'ultima e la prima condanna a pena sospesa non sopravvengano condanne intermedie, poiché, in caso contrario, la accertata proclività a delinquere del condannato dimostra che egli è stato immeritevole della fiducia in lui riposta e non consente una nuova prognosi favorevole circa la sua futura condotta.
Cass. pen. n. 29865/2011
Ai fini dell'applicabilità dell'ultimo comma dell'art. 164 c.p., nella parte in cui consente di concedere la sospensione della pena anche a chi abbia già riportato una condanna sospesa, è necessario che tra la precedente e la nuova condanna non sia inserita condanna intermedia a pena detentiva per delitto ancorché non sospesa, in quanto essa dimostra che l'imputato è stato immeritevole della fiducia in lui risposta e rende quindi impossibile la rinnovazione di una prognosi favorevole circa la sua condotta futura.
Cass. pen. n. 19652/2010
In tema di sospensione condizionale della pena, la irregolare presenza di uno straniero nel territorio nazionale non è di per sé indice di prognosi sfavorevole, ai fini della concessione del beneficio di cui all'art. 163 c.p. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che correttamente il giudice di merito aveva considerato lo stato di incensuratezza di un soggetto straniero, ancorché irregolarmente presente in Italia, sicuro indice di un giudizio prognostico favorevole).
Cass. pen. n. 9915/2010
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice può fondare, in modo esclusivo o prevalente, il giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi reati sulla capacità a delinquere dell'imputato desumendola anche dai precedenti giudiziari, sebbene non definitivi.
Cass. pen. n. 4853/2010
In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittimo il rigetto della relativa richiesta se motivato esclusivamente in ragione del fatto che la pena pecuniaria irrogata congiuntamente a quella detentiva, una volta ragguagliata ai sensi dell'art. 135 c.p., determina il superamento del limite stabilito per la concessione del beneficio, atteso che, dopo le modifiche introdotte al primo comma dell'art. 163 c.p. ad opera della L. n. 145 del 2004, il giudice può disporre la sospensione della sola pena detentiva, se di per sé non eccedente il limite suddetto, ordinando invece l'esecuzione di quella pecuniaria.
Cass. pen. n. 23061/2009
L'applicazione della misura di sicurezza della assegnazione ad una casa di cura e di custodia impedisce la concessione all'imputato del beneficio della sospensione condizionale della pena. (In motivazione, la Corte ha chiarito che la possibilità di sostituire in taluni casi la misura del ricovero con quella della libertà vigilata non fa venir meno l'obbligatorietà - che sorge nel momento in cui risulti che l'imputato è persona socialmente pericolosa - dell'applicazione della misura stessa)
Cass. pen. n. 17625/2009
E' illegittima la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, qualora il giudizio relativo alla prognosi sfavorevole in ordine al futuro comportamento dell'imputato condannato sia stato fondato soltanto sull'omesso risarcimento del danno arrecato alla vittima del reato. (La Corte ha anche evidenziato che, nella specie, era presente un responsabile civile condannato in solido con l'imputato al risarcimento del danno).
Cass. pen. n. 14380/2009
L'accertamento della pericolosità sociale impedisce la formulazione del giudizio prognostico favorevole, indispensabile per la concessione della sospensione condizionale della pena. (Nella specie la Corte ha ritenuto correttamente desunta tale pericolosità sulla base della detenzione, da parte dell'imputato, poco più che sedicenne, di 510 grammi di cocaina, ed in assenza di elementi di segno contrario).
Cass. pen. n. 998/2009
Quando la sospensione condizionale della pena viene concessa oltre i limiti posti dall'art. 164, comma quarto, c.p., il giudice dell'esecuzione è tenuto a disporne la revoca ancorché al momento dell'adozione del beneficio per la terza volta solo una delle antecedenti condanne sia già divenuta definitiva e, pertanto, la causa ostativa sia effettivamente intervenuta in un momento successivo.
Cass. pen. n. 6313/2008
È illegittima, in assenza di richiesta dell'imputato, la revoca di ufficio da parte del giudice di appello del beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso dal primo giudice in sede di condanna a pena detentiva sostituita con la corrispondente pena pecuniaria sulla base dell'erroneo convincimento del favor rei in quanto tale statuizione viola il divieto di reformatio in peius.
Cass. pen. n. 11583/2006
Il giudice dell'esecuzione che riconosca l'esistenza del vincolo della continuazione tra una pluralità di condanne, tra le quali solo alcune condizionalmente sospese, qualora ridetermini la pena nei limiti per cui diviene possibile concedere la sospensione, può compiere quella valutazione richiesta dall'art. 164, primo comma, c.p. in relazione agli elementi acquisiti al momento in cui formula il giudizio prognostico.
Cass. pen. n. 44281/2005
Il divieto di applicazione della sospensione condizionale della pena per più di due volte non ricorre nel caso in cui l'imputato abbia in precedenza riportato due condanne a pena sospesa per reato depenalizzato da una legge successiva, giacché tra gli effetti penali della condanna destinati a cessare in caso di abolitio criminis va ricompreso anche quello che pone un limite alla reiterazione del detto beneficio.
Cass. pen. n. 30885/2005
In tema di sospensione condizionale della pena, i limiti che, cumulando la pena irrogata a quella già inflitta, non devono essere superati per la concessione del beneficio sono quelli derivanti dalla nuova formulazione dell'art. 163 c.p. — introdotta con la L. 11 giugno 2004, n. 145, immediatamente applicabile perché norma più favorevole per l'imputato — in virtù della quale si tiene conto solo della pena detentiva. Ne deriva che, anche nell'ipotesi di cumulo ex art.164 c.p., ai fini della determinazione dei due anni, non si tiene conto della pena pecuniaria — rectius dell'equivalente della pena pecuniaria in termini di pena detentiva in ragione del criterio di ragguaglio stabilito dall'art. 135 c.p. — ed a tal fine non sussiste alcuna differenza tra pena originariamente pecuniaria e pene che tali siano divenute per effetto di sostituzione.
Cass. pen. n. 605/2005
Ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, il termine (quinquennale o biennale) previsto dall'art. 163, comma primo, c.p., anche nel caso previsto dall'art. 168, comma primo, stesso codice, va computato a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio, e non già da quella della sua prima applicazione.
Cass. pen. n. 15018/2004
In tema di sospensione condizionale della pena, le precedenti condanne relative a fatti non più costituenti reato per abolitio criminis non sono preclusive della concessione del beneficio, che può essere riconosciuto anche dal giudice di legittimità, il quale deve esaminare la ostatività dei precedenti penali alla quale i giudici di appello si sono richiamati nel motivare il rigetto della richiesta di applicazione della sospensione condizionale della pena.
Cass. pen. n. 29021/2003
Il principio secondo cui una condanna a pena condizionalmente sospesa non può dar luogo alla revoca della sospensione condizionale concessa con una condanna procedente in tanto vale in quanto la seconda sospensione non venga ad essere anch'essa soggetta a revoca per effetto di una condanna successiva, non potendosi, in siffatta ipotesi, neppure invocare il disposto di cui all'ultima parte dell'art. 164, ultimo comma, c.p., espressamente fatto salvo dal primo comma dell'art. 168 stesso codice, dal momento che esso si basa sul presupposto che vi siano state due condanne entrambe a pena sospesa; presupposto che viene necessariamente meno, con ogni conseguenziale effetto, quando una delle sospensioni venga ex lege revocata
Cass. pen. n. 11823/2003
Non è revocabile in executivis, ma solo nel giudizio di cognizione, mediante impugnazione della sentenza che l'abbia disposta, la sospensione condizionale della pena concessa per la seconda volta in violazione del disposto dell'art. 164, comma quarto, c.p., in quanto il relativo potere, di natura discrezionale, non appartiene al giudice dell'esecuzione. (Principio enunciato con riferimento a reato commesso prima dell'entrata in vigore della legge 26 marzo 2001, n. 128, modificativa sia dell'art. 168 c.p., sia dell'art. 674 c.p.p.).
Cass. pen. n. 24335/2001
La disposizione dell'ultimo comma, seconda parte, dell'art. 164 c.p. è applicabile esclusivamente nel caso in cui, tra la prima condanna sospesa e quella per la quale dovrebbe procedersi ad ulteriore condanna o applicazione di pena, non si sia inserita altra condanna o applicazione di pena perché, diversamente, verrebbe meno la possibilità di formulare una prognosi favorevole essendosi, il condannato, dimostrato immeritevole della fiducia in lui riposta. (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 12388/2001
La condanna a pena non oggetto di sospensione condizionale per reato commesso entro il quinquennio dal passaggio in giudicato di precedente sentenza di condanna a pena sospesa condizionalmente impone al giudice dell'esecuzione la revoca del beneficio non disposta dal giudice della cognizione, a nulla rilevando la circostanza che il cumulo delle pene inflitte con le due decisioni rientri nei limiti stabiliti dall'art. 163 c.p.
Cass. pen. n. 4316/2001
Una condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire titolo per la revoca della sospensione condizionale concessa con una precedente sentenza di condanna, perché opera il disposto dell'art. 168, comma 1, c.p., che fa salva la previsione dell'ultimo comma dell'art. 164 stesso codice. (Principio enunciato con riferimento a problema di revoca della sospensione condizionale insorto in sede esecutiva).
Cass. pen. n. 10815/2000
La sospensione condizionale della pena non può essere concessa a chi ne abbia beneficiato già due volte, quale che sia la specie e l'entità delle pene sospese inflitte con le due precedenti condanne, meno che uno dei precedenti ritenuti ostativi si riferisca a fatto che non costituisce più reato a seguito di intervenuta depenalizzazione, essendo, nell'ipotesi di recidiva plurima, inconcepibile un giudizio prognostico di ravvedimento.
Cass. pen. n. 635/2000
Il disposto dell'art. 168, primo comma, c.p., che prevede limiti e condizioni alla revocabilità della sospensione condizionale della pena «Salva la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 164», vuol dire che la revoca della sospensione condizionale della pena deve essere sempre disposta, senza limiti e condizioni, quando sia stata concessa per più di una volta, ovvero per più di due volte nel caso previsto dall'ultimo comma dell'art. 164 c.p. In siffatte ipotesi la revoca è adottabile anche dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 674 c.p.p.
Cass. pen. n. 5384/2000
Non contravviene al divieto della “reformatio in peius” il giudice di appello che, pur non investito di specifico motivo di gravame, revochi i benefici della sospensione condizionale e della non menzione, nel caso in cui egli accerti, in esito ad attività puramente ricognitiva e non discrezionale e valutativa, il venir meno delle preesistenti condizioni di legittimazione dei benefici predetti.
Cass. pen. n. 13494/1999
La reiterazione della sospensione condizionale della pena non è consentita a favore di chi abbia usufruito del beneficio già due volte, né assume rilievo la circostanza che i reati per cui sono intervenute le precedenti condanne siano stati unificati sotto il vincolo della continuazione in sede esecutiva.
Cass. pen. n. 2967/1999
In tema di esecuzione, mentre è possibile procedere alla revoca della sospensione condizionale della pena nella ipotesi disciplinata dall'art. 168 comma 1 c.p., a seguito della decadenza, operante automaticamente, non appena la sentenza di condanna per altro reato sia divenuta definitiva, non è viceversa possibile procedere alla revoca discrezionale del beneficio illegalmente o illegittimamente applicato. Invero, nella seconda ipotesi, è sempre richiesto un intervento del giudice in sede di cognizione, in quanto l'illegale concessione del beneficio, in violazione degli artt. 163 e 164 c.p., non è emendabile né in sede di esecuzione, né in sede di impugnazione, quando impugnante sia il solo imputato.
Cass. pen. n. 2828/1999
Il beneficio della sospensione condizionale della pena, una volta concesso, non può essere revocato, salvo che ne vengano meno i presupposti, né è rinunciabile non rientrando nel potere dispositivo del condannato, né può formare oggetto di impugnazione in mancanza di un idoneo interesse giuridicamente apprezzabile configurabile quando la concessione del beneficio sia idonea a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa, sicché non ha rilevanza giuridica la mera opportunità, di carattere soggettivo ed eventuale, di riservare il beneficio per eventuali condanne a pene più gravi, non essendo tale valutazione conforme alle finalità dell'istituto.
Cass. pen. n. 8676/1999
L'interesse all'impugnazione del provvedimento di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena — condizionante l'ammissibilità del ricorso — si configura tutte le volte in cui detto provvedimento sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica del ricorrente e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa. Detta lesione, tuttavia, in tanto è rilevante in quanto non attenga a valutazioni meramente soggettive di opportunità e di ordine pratico ma concerna interessi giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella individualizzazione della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha escluso che possa assumere rilievo giuridico l'opportunità, prospettata dal ricorrente, di riservare il beneficio per eventuali condanne più gravi, trattandosi di valutazione del tutto soggettiva e in contraddizione con la prognosi di non reiterazione criminale prevista dall'art. 164, comma 1, c.p. per la concessione del predetto beneficio).
Cass. pen. n. 7582/1999
In tema di sospensione condizionale della pena, appare congruamente motivato il provvedimento che neghi la concessione di tale beneficio, evidenziando i precedenti penali relativi a reati della stessa specie e della stessa indole, a nulla rilevando il fatto che, essendo stato consumato il reato con abuso di poteri inerenti una professione, l'imputato, prima della condanna, si sia ritirato dall'esercizio della stessa. (Fattispecie in tema di falso ideologico addebitato ad un notaio).
Cass. pen. n. 1783/1999
La reiterazione del beneficio della sospensione condizionale della pena non è consentita a favore di chi ne abbia già usufruito due volte, quale che sia la specie e l'entità delle pene sospese, inflitte con le due precedenti condanne; ne consegue che la sentenza di applicazione della pena a seguito di patteggiamento la quale abbia recepito il negozio processuale che ha previsto la concessione del beneficio per la terza volta, è affetta da nullità e, in quanto tale, deve essere annullata.
Cass. pen. n. 802/1999
La legge 24 novembre 1981, n. 689 non ha dettato norme particolari sui rapporti tra sanzioni sostitutive e sospensione condizionale della pena: dalla disposizione dell'art. 57, comma terzo, della legge citata, la quale stabilisce che i criteri di ragguaglio tra pena detentiva e sanzione sostitutiva si applicano “anche nei casi in cui è concessa la sospensione condizionale della pena” emerge la volontà del legislatore di lasciare immutati i criteri di concessione (o di diniego) della sospensione condizionale anche in caso di applicazione di sanzioni sostitutive, criteri che rimangono quelli fissati nell'art. 164 c.p. senza che la particolare natura della sanzione sostitutiva consenta al giudice di ampliare la gamma di tali parametri (Nella specie la Corte ha annullato la decisione del giudice di merito che nell'applicare la sanzione sostitutiva della libertà controllata aveva negato la sospensione condizionale della pena, motivando nel senso che la concessione del beneficio avrebbe svuotato “la sanzione di ogni contenuto e deterrenza”).
Cass. pen. n. 9170/1998
In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso di due precedenti condanne, l'eventuale revoca (con una terza sentenza) del beneficio a suo tempo concesso non ripristina la posizione dell'imputato come quella di chi, avendo ottenuto per una sola volta tale concessione, si troverebbe nella condizione soggettiva di poterne usufruire per la seconda volta, ai sensi dell'art. 164 c.p.
Cass. pen. n. 10494/1997
È solo apparente la motivazione con la quale, per giustificare il diniego della sospensione condizionale della pena, si afferma che non sussistono elementi che inducono a formulare una prognosi favorevole ai sensi dell'art. 164, primo comma, c.p., essendo sotto tale profilo insufficiente l'incensuratezza dell'imputato. A fronte di un elemento di indubbia valenza positiva qual è quello dell'assenza di precedenti penali, infatti, il giudice deve, per correttamente pervenire al diniego del beneficio, individuare nella fattispecie sottoposta al suo esame (riguardata nei profili oggettivi e soggettivi) uno o più elementi di segno contrario, idonei a neutralizzarlo.
Cass. pen. n. 3041/1997
Poiché, a norma dell'art. 164, comma quarto, c.p., la sospensione condizionale dell'esecuzione della pena può essere ordinata non più di due volte, la concessione del beneficio per la terza volta risulta illegittima, in quanto effettuata in violazione di legge. Ne consegue che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p., la quale abbia recepito il negozio processuale che prevede la concessione del beneficio per la terza volta, è affetta da nullità e, in quanto tale, deve essere annullata.
Cass. pen. n. 3377/1997
Il divieto, stabilito dall'art. 164 c.p., di concedere la sospensione condizionale della pena a colui che ne abbia usufruito per due volte, opera anche quando gli effetti penali delle condanne a pena sospesa siano legislativamente dichiarati cessati e, quindi, anche nelle ipotesi in cui i fatti per i quali tali condanne furono emesse siano divenuti estranei alla sfera dell'illecito penale. (Nell'affermare detto principio la Corte ha altresì precisato che la cessazione di tutti gli effetti penali della condanna, conseguente alla depenalizzazione di una norma, non può in alcun modo influire sulla prognosi negativa di ravvedimento effettuata presuntivamente dalla legge, osservando ancora che se un soggetto ha violato più volte i precetti penali è poco plausibile la previsione che in futuro si asterrà dal commettere ulteriori reati, e ciò se pur il legislatore, in epoca successiva, abbia abrogato le norme di legge in base alle quali era stata pronunciata condanna).
Cass. pen. n. 8167/1996
Per ciò che concerne i limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena (art. 164 c.p.) la possibilità di concedere ulteriormente il beneficio in parola in base al cumulo della pena da infliggere con quella irrogata con la «precedente condanna» concerne esclusivamente l'ipotesi, come rivelato dall'uso del singolare, che solo la condanna sospesa preceda quella da infliggere, escludendo, la irrogazione di condanna intermedia, la possibilità di una prognosi favorevole circa la condotta futura dell'imputato.
Cass. pen. n. 4073/1996
Legittimamente il beneficio della sospensione condizionale della pena è negato dal giudice in base a prognosi sfavorevole nella quale rientrano, oltre le sentenze di condanna riportate dall'imputato, anche i precedenti giudiziari di cui all'art. 133 c.p. Il giudizio prognostico ex art. 164, comma 1, c.p., per altro, è del tutto indipendente dai limiti relativi alla misura della pena fissati dall'art. 163 c.p. che determinano la concedibilità in astratto del beneficio ma non certo il contenuto favorevole della prognosi.
Cass. pen. n. 3541/1995
In tema di sospensione condizionale della pena la mera considerazione di incensuratezza nei confronti di uno straniero che non risulti avere stabile dimora in Italia, e per di più non compiutamente identificato, non può consentire la formulazione di un giudizio prognostico favorevole, il quale, ai sensi dell'art. 164, primo comma, c.p., deve essere particolarmente basato sulla personalità dell'imputato al fine di confortare la presunzione di ravvedimento in cui detto giudizio prognostico si concretizza.
Cass. pen. n. 4949/1995
L'ultimo comma dell'art. 164 c.p., quando descrive il potere di disporre la sospensione della pena, nei confronti di chi ne abbia già altre volte fruito, ovvero di disporla nei confronti di chi abbia già riportato una condanna, per delitto, a pena detentiva non sospesa, contiene un preciso — e perciò tassativo — riferimento alla «precedente condanna», sicché sembra indubbio che la sospensione della pena potrà concedersi — in ognuno dei casi suddetti — solo se il giudicabile risulti condannato una sola volta. Per converso, il beneficio dovrà negarsi, nell'opposto caso di pluralità di precedenti condanne, anche se solo in relazione alla seconda di esse (o a quella ulteriore) la pena fosse stata sospesa; non occorrendo, perciò l'operatività dell'impedimento alla nuova concessione, che la condanna non sospesa sia intervenuta successivamente ad altra, rispetto alla quale il condannato avesse, invece, fruito della sospensione.
Cass. pen. n. 2380/1994
L'eventuale concessione della sospensione condizionale della pena non costituisce ragione ostativa dell'applicazione delle misure cautelari, facendo riferimento il comma 2, dell'art. 273 c.p.p. alla «sussistenza» di cause di estinzione del reato, termine che all'evidenza postula la ricorrenza attuale di tale causa, mentre la sospensione condizionale della pena richiede un giudizio prognostico di prevenzione ed il ravvedimento susseguente al giudizio (art. 167 c.p.).
Cass. pen. n. 8833/1994
L'art. 164, ultimo comma, c.p., che prevede e disciplina in via di eccezione («tuttavia») la possibilità di concedere per la seconda volta il beneficio della sospensione condizionale, in base al cumulo della pena da infliggere con quella irrogata con la «precedente condanna», concerne esclusivamente l'ipotesi, come rivelato dall'uso del singolare, che solo la condanna sospesa preceda quella da infliggere. Devesi, pertanto, escludere che la norma del detto ultimo comma possa trovare applicazione nella diversa ipotesi in cui siano state irrogate altre condanne non sospese prima di quella da infliggere, senza che abbia rilevanza alcuna la natura dei reati o delle pene cui si riferiscono le condanne intermedie. (Nella fattispecie, la Corte di cassazione, nell'affermare il principio sopra enunciato, ha tra l'altro sottolineato che l'irrogazione di ulteriori condanne, dopo quella sospesa, esclude la possibilità di una prognosi favorevole circa la condotta futura dell'imputato).
Cass. pen. n. 1287/1994
La previsione dell'art. 164, terzo comma, c.p., secondo cui la sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca, deve intendersi limitata, oltre che alle misure di sicurezza patrimoniali diverse dalla confisca, alle misure personali, la cui applicazione sia consentita discrezionalmente. Una diversa interpretazione del suddetto disposto, con cui si ritenesse estesa la suddetta inapplicabilità alle ipotesi di misure personali obbligatorie, sarebbe in contrasto sia con il dettato dell'art. 164, secondo comma, n. 2 c.p. (in virtù del quale la sospensione condizionale della pena non può essere concessa quando alla pena inflitta vada aggiunta una misura di sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge presume socialmente pericolosa), sul quale non ha inciso la soppressione della presunzione della qualità di persona socialmente pericolosa ex art. 31 della L. 10 ottobre 1986, n. 663, sia col fondamentale precetto dell'art. 164, primo comma c.p., che eleva a condizione di legittimità di concessione del beneficio la presunzione di ravvedimento del colpevole. (Fattispecie nella quale la S.C. ha annullato la decisione del giudice di merito che, pur dando atto della prova della pericolosità sociale dell'imputato, condannato per il delitto di lesioni volontarie gravi a pena diminuita per vizio parziale di mente, non aveva fatto luogo all'applicazione della misura di sicurezza di cui all'art. 219 c.p., sulla scorta dell'interpretazione, sopra censurata, dell'art. 164, terzo comma, c.p.).
Il dettato dell'art. 164, terzo comma c.p., secondo cui la sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca, deve intendersi limitato, oltre che alle misure di sicurezza patrimoniali diverse dalla confisca, alle misure personali, la cui applicazione sia consentita discrezionalmente. Conseguentemente, non può farsi luogo alla concessione del beneficio suddetto in presenza della previsione normativa di cui all'art. 219, terzo comma, c.p. (assegnazione ad una casa di cura e di custodia), dal momento che la possibilità di sostituire in taluni casi alla misura del ricovero quella della libertà vigilata non fa venir meno l'obbligatorietà — che sorge nel momento in cui risulti che l'imputato è persona socialmente pericolosa — dell'applicazione di quest'ultima specie di misura.
Cass. pen. n. 222/1994
In relazione al divieto di applicazione della sospensione condizionale della pena per più di due volte, non possono incidere sfavorevolmente per l'imputato condanne precedenti per le quali sia stato accordato il predetto beneficio qualora, per successiva disposizione di legge, il reato cui si riferiscono sia stato depenalizzato; ciò in quanto tra gli effetti penali della condanna destinati a cessare in caso di abolitio criminis, va ricompreso anche quello che pone un limite alla reiterazione del detto beneficio.
Cass. pen. n. 3937/1993
Qualora il giudice del dibattimento rigetti la richiesta di applicazione della pena avanzata dall'imputato in conseguenza della ritenuta non concedibilità della chiesta sospensione condizionale della pena, posta come condizione subordinante dell'efficacia della richiesta stessa, non sussiste incompatibilità a procedere o partecipare al giudizio di tale giudice il quale, senza compiere valutazione di merito né in tema di responsabilità o di accertamento della presenza delle condizioni di applicabilità dell'art. 129 c.p.p. né in ordine all'accoglibilità della richiesta né in merito alla prognosi condizionante la concessione del beneficio di cui all'art. 163 c.p., si è limitato ad esaminare, solo ed esclusivamente, alcuni dati particolari di natura oggettiva emergenti da documenti fidefacienti, quali il certificato penale dell'imputato e il provvedimento di custodia cautelare, dei quali ha ricavato, con metodo induttivo, il giudizio positivo circa la pericolosità sociale del prevenuto. Tale giudizio sulla personalità dell'imputato non può ritenersi incluso tra «i fatti oggetto dell'imputazione» sicché con riferimento ad esso non è ravvisabile una ragione di ricusazione del giudice ai sensi dell'art. 37, lett. b), c.p.p.
Cass. pen. n. 3631/1993
Il giudice dell'esecuzione che riconosca l'esistenza del vincolo di continuazione tra una pluralità di condanne, tutte condizionalmente sospese, non può revocare il beneficio con riferimento alla pena unitaria, più favorevolmente determinata e rientrante nel limite massimo di cui all'art. 163 c.p., in quanto il reato continuato, nell'ontologia legislativa, si atteggia in maniera unitaria sul piano sanzionatorio, formando, per una specie di fictio iuris, un autonomo titolo di reato, sì che più condanne per fatti criminosi fra i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione debbono considerarsi, ai fini del disposto dell'ultimo comma dell'art. 154 c.p., come una sola condanna, con la conseguenza che unico deve essere pure considerato il beneficio della sospensione riferito alle singole pene distintamente comminate. (In motivazione, la Suprema Corte ha precisato che dal punto di vista normativo, la situazione di chi ha riportato una sola condanna a pena sospesa per più fatti in continuazione non presenta elementi differenziali da quella di colui che venga dichiarato colpevole di un unico reato continuato con separate sentenze e condannato a pene tutte condizionalmente sospese, aggiungendo che diverso sarebbe il caso di unificazione in executivis di distinte condanne delle quali una o alcune soltanto sospese che impone al giudice, in esito a una valutazione globale della condotta del colpevole, di stabilire se il beneficio concesso per alcune possa essere esteso alle altre e, quindi, alla pena complessiva nella misura determinata, o se debba, invece, essere revocato, in quanto il condannato non ne sia ritenuto meritevole o siano venuti a mancare gli altri presupposti di legge).
Cass. pen. n. 9540/1993
Ai fini della concessione o del diniego della sospensione condizionale della pena, il giudice di merito non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell'art. 133 c.p., ma può limitarsi ad indicare quelli che egli ritiene prevalenti.
Cass. pen. n. 2153/1993
La reiterazione del beneficio della sospensione condizionale della pena non è consentita a favore di chi ne abbia già usufruito due volte, quale che sia la specie e l'entità delle pene sospese inflitte con le due precedenti condanne. Ciò perché la sospensione condizionale della pena si fonda sulla presunzione che il condannato si asterrà dal commettere ulteriori reati, sicché sembra ragionevole che la sospensione non sia concessa per più di due volte, essendo coerente che in caso di recidiva plurima sia inconcepibile un giudizio prognostico di ravvedimento.
Cass. pen. n. 4154/1993
Ai sensi dell'art. 164, comma primo, c.p. la sospensione condizionale della pena è concessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate dall'art. 135 c.p., il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati, con la conseguenza che il giudizio prognostico deve necessariamente essere vincolato alla valutazione delle circostanze indicate dall'art. 133 c.p. tra cui l'esame della capacità a delinquere desunte, tra l'altro, dai precedenti penali e giudiziari. (Nella specie il giudice aveva concesso il beneficio ad imputato gravato da numerosi precedenti affermando solo apoditticamente che lo stesso si sarebbe presumibilmente astenuto dal commettere ulteriori reati. La Corte ha annullato, con rinvio, detta pronuncia enunciando il principio di diritto sopra riportato).
Cass. pen. n. 4136/1993
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice, ai fini della formulazione del giudizio prognostico di cui all'art. 164 comma primo c.p., non è obbligato a prendere in esame tutti gli elementi indicati nell'art. 133 c.p., ma può limitarsi a far menzione di quelli ritenuti prevalenti, sia per negare che per concedere il beneficio. Ne consegue che non è di per sé ostativo alla detta concessione il fatto che, in presenza di altri elementi considerati prevalenti, la condotta dell'imputato susseguente al reato sia stata connotata da una reiterazione del medesimo illecito. (Nella specie l'imputato, cui era addebitato un reato di diserzione, risultava essere stato nuovamente denunciato per analogo reato commesso successivamente).
Cass. pen. n. 10009/1992
È illegittima la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, qualora il giudizio relativo alla prognosi non favorevole per il futuro sia stato fondato soltanto sul comportamento post factum dell'imputato. (Nella specie questa Corte ha annullato la sentenza del giudice di merito che aveva preso in considerazione, ai fini del diniego, soltanto «l'ostinata negativa e la mancata collaborazione con la giustizia», ma non anche l'effettuazione della denuncia dell'incidente all'ente assicuratore, che avrebbe potuto far trasparire l'intenzione del denunciante di ridurre, se non di eliminare, i disagi economici patiti dalla persona investita e, quindi, una minore capacità a commettere per l'avvenire azioni criminose).
Cass. pen. n. 9796/1992
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 164 c.p. sollevata con riferimento all'art. 3 Cost. sotto il profilo della disparità di trattamento che si verificherebbe tra chi, essendo stato condannato con una sola sentenza per più reati potrebbe ottenere la reiterazione del beneficio e chi, essendo stato condannato con più di una sentenza a modeste pene detentive, verrebbe escluso dalla reiterazione del beneficio, in quanto la legge consente — ricorrendo i presupposti per il riconoscimento della continuazione — a chiunque ne abbia interesse la concreta facoltà di attivarsi per ottenere l'unificazione dei reati in tempi utili e perfino in fase esecutiva, sì che l'eventuale difformità di trattamento non deriverebbe da una carenza legislativa ma da una leggerezza del condannato.
Cass. pen. n. 4686/1992
Il giudizio prognostico di cui all'art. 164, primo comma, c.p. può essere fondato unicamente sulle circostanze di cui all'art. 133 dello stesso codice, tra le quali non può farsi rientrare quella costituita dai convincimenti religiosi del colpevole. (Fattispecie in tema di sospensione condizionale concessa a soggetto aderente al movimento dei «Testimoni di Geova», resosi responsabile del reato di cui all'art. 8, secondo comma della L. 15 luglio 1972, n. 772, come modificato dall'art. 2 della L. 24 dicembre 1974, n. 695).
Cass. pen. n. 1219/1991
Il fatto che le precedenti condanne non costituiscono un ostacolo normativo alla reiterazione del beneficio della sospensione condizionale della pena non esclude che di esse il giudice di merito, possa tener conto come indici rivelatori della personalità del reo proprio al fine di stabilire se costui si asterrà o meno per l'avvenire dal commettere ulteriori reati. (Fattispecie relativa a diniego del beneficio).
Cass. pen. n. 1327/1991
Non esiste un nesso di necessaria correlazione tra la determinazione della pena e la concessione della sospensione condizionale, in quanto la prima va operata in base ai criteri di valutazione della gravità del reato e la seconda si fonda su un giudizio prognostico proiettato su una presunta realtà futura.
Cass. pen. n. 383/1991
La concessione o il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena sono rimessi alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale, nell'esercizio del relativo potere, deve formulare la prognosi di ravvedimento di cui all'art. 164, comma primo, c.p.; ne consegue che il diniego del beneficio, motivato in base ad una ragione estranea all'ordinamento dell'istituto è arbitrario. Lo stesso discorso vale per la non menzione della condanna, che è collegata alla valutazione, positiva o negativa, delle circostanze indicate nell'art. 133 c.p., secondo quanto stabilito dall'art. 175 del medesimo codice. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto il difetto di motivazione dell'impugnata sentenza per aver giustificato il diniego della concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna con la opportunità «che permangano le tracce del reato nel casellario giudiziale»).
Cass. pen. n. 12199/1990
La sospensione condizionale della pena non può essere applicata, quando l'imputato non è stato identificato con certezza, in ordine alle sue generalità. In tal caso infatti non potendosi verificare se i dati dichiarati corrispondono con quelli reali, è impossibile verificare se il beneficio già sia stato goduto e se l'interessato sia meritevole di fiducia in relazione al futuro comportamento.
Cass. pen. n. 10322/1990
È legittima la reiterazione del beneficio della sospensione condizionale della pena nei confronti di chi ne abbia già usufruito, se nel periodo compreso tra la precedente condanna sospesa e quella per la quale si invoca l'anzidetto beneficio, sia stata pronunciata condanna a pena pecuniaria per delitto o a pena detentiva o pecuniaria per contravvenzione.
Cass. pen. n. 8050/1990
Il condannato ha il diritto o l'interesse di rifiutare o far revocare la sospensione condizionale concessa per condanna a pena non ostativa alla reiterazione del beneficio, e ciò sia perché in tal modo egli conserva la possibilità di ottenere per due volte la sospensione (specie con riferimento a due condanne a pene detentive, eventuali, ma pur sempre possibili soprattutto per reati non dolosi), sia in considerazione dell'interesse, tanto generale quanto particolare, di sottrarre al carcere il condannato, ove sussistano le condizioni previste dall'art. 164 c.p.
Cass. pen. n. 1703/1990
Se è vero che la sentenza penale straniera, non avente efficacia giuridica in Italia perché non formalmente riconosciuta, non può assumere rilievo quale precedente penale ostativo alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, è altresì vero che il giudice di merito, nell'esercizio del potere discrezionale, conferitogli dalla legge, di negare o concedere il predetto beneficio, deve valutare la capacità a delinquere del reo, desumendola da tutti gli elementi indicativi della condotta da questi tenuta prima del reato: tra tali elementi non possono non essere considerate — per il loro valore negativo — le sentenze di condanna pronunziate all'estero.
Cass. pen. n. 1718/1984
Il beneficio della sospensione ex art. 163 c.p., che costituisce un'eccezione al principio dell'inderogabilità della sanzione, ha trovato, per ragioni di politica criminale, sempre maggiori spazi nei nuovi orientamenti normativi ed in particolare nella L. 7 giugno 1974, n. 220. Ne deriva che deve ritenersi legittima la reiterazione del beneficio nei confronti di chi ne abbia già usufruito se, nel periodo compreso tra la precedente condanna sospesa e quella per la quale s'invoca l'anzidetto beneficio, sia stata pronunciata condanna a pena pecuniaria per delitto o a pena detentiva o pecuniaria per contravvenzione purché non vengano così superati i limiti massimi indicati nell'art. 163 c.p.
Corte cost. n. 95/1976
È costituzionalmente illegittimo — per contrasto con l'art. 3 Cost. — l'art. 164 ultimo comma c.p., così come modificato dall'art. 12 del D.L. 11 aprile 1974, n. 99, convertito in L. 7 giugno 1974, n. 220, nella parte in cui non consente la sospensione condizionale della pena a chi ha già riportato una recente condanna a pena detentiva per delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la condanna precedente, non superi i limiti stabiliti dall'art. 163 c.p.