Art. 133 – Codice penale – Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena
Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente [164, 169, 175, 203], il giudice deve tener conto della gravità del reato , desunta:
1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell'azione;
2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;
3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole [103, 105, 108; c.p.p. 220], desunta:
1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;
3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1625/2025
nel piano di cui all'art. 12 della l. n. 394 del 1991, di vincoli che determinavano l'impossibilità di svolgere qualsivoglia attività agro-silvo-pastorale e il taglio silvicolturale).
Cass. civ. n. 964/2025
La produzione in giudizio di copia di un atto spedito con lettera raccomandata, unitamente all'avviso di ricevimento della stessa, fa presumere, ex art. 1335 c.c., la conoscenza di tale atto da parte del destinatario, al quale spetta, in conformità al principio di "vicinanza della prova", l'onere di dimostrare che il plico conteneva un atto diverso o nessun documento. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva ritenuto raggiunta la prova del regolare recesso anticipato del conduttore, la cui validità era stata contestata dal locatore, deducendo che nel plico ricevuto non era contenuta la comunicazione di disdetta).
Cass. civ. n. 276/2025
La contestazione degli addebiti disciplinari da parte del datore di lavoro è un atto unilaterale recettizio che produce effetti quando giunge nella sfera di conoscenza del destinatario e a tale atto non è applicabile la regola della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, la quale riguarda solo gli atti processuali, estendendosi agli effetti sostanziali degli stessi solo ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito secondo cui la seconda lettera di addebito aveva prodotto effetto per prima, in quanto consegnata a mani del lavoratore in data antecedente alla prima contestazione, pervenuta a mezzo posta al suo indirizzo diversi giorni dopo).
Cass. civ. n. 35870/2024
In tema di giudizio di appello, non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice che, pur delimitando la responsabilità dell'imputato per un reato permanente (nella specie, associazione di tipo mafioso) a un tempo in cui il regime sanzionatorio era più favorevole di quello successivo, non operi alcuna riduzione di pena. (In motivazione, la Corte ha precisato che i criteri di commisurazione della pena di cui all'art. 133 cod. pen. non coincidono con quelli che, ove sussistenti, ne impongono, a norma dell'art. 597, comma 4, cod. proc. pen., la riduzione).
Cass. civ. n. 34395/2024
In tema di circostanze, costituisce fatto valutabile ai fini della concessione delle attenuanti generiche la rinuncia alla prescrizione, che, pur essendo evenienza successiva alla commissione del reato, rappresenta un elemento rilevante a norma dell'art. 133, comma secondo, n. 3 cod. pen.
Cass. civ. n. 33213/2024
In tema di reati tributari, l'integrale adempimento dell'obbligo tributario, determinando il riconoscimento dell'attenuante speciale di cui all'art. 13-bis, comma 1, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non può essere favorevolmente apprezzato, ai sensi dell'art. 133, comma secondo, n. 3, cod. pen., quale condotta susseguente al reato, ai fini della concessione anche delle attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen., stante l'impossibilità di valorizzare in maniera duplice la medesima condotta.
Cass. civ. n. 30711/2024
In tema di pene sostitutive, il giudice d'appello può applicarle anche d'ufficio e acquisire il consenso dell'interessato anche dopo la lettura del dispositivo esclusivamente nel caso in cui i presupposti formali per la sostituzione divengano attuali a seguito della definizione del giudizio di secondo grado. (In motivazione, la Corte ha precisato che, diversamente, il consenso deve essere manifestato dall'imputato entro l'udienza di discussione dell'appello, in caso di decisione partecipata, o nei termini utili al deposito dei motivi aggiunti o della memorie difensiva, in caso di trattazione cartolare).
Cass. civ. n. 29959/2024
In tema di remissione tacita della querela, il disposto dell'art. 152, comma terzo, n. 1, cod. pen., introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. h), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore dal 30 dicembre 2022, opera anche nel caso in cui il testimone non comparso all'udienza senza giustificato motivo abbia precedentemente sporto querela in qualità di legale rappresentante, in carica, dell'ente persona offesa, alla duplice condizione che conservi tale qualità alla data dell'udienza e che sia legittimato dallo statuto dell'ente rappresentato a rimettere la querela, non comparendo all'udienza per la quale sia stato citato come testimone.
Cass. civ. n. 25273/2024
In tema di reato continuato, la possibilità di indicare sinteticamente l'incremento sanzionatorio per ciascun reato satellite non esonera il giudice dalla valutazione degli elementi che, ai sensi dell'art. 133, cod. pen., incidono sulla gravità dei singoli reati unificati "quoad poenam" e dall'indicazione dell'entità e delle ragioni degli aumenti di pena, avuto riguardo alla cornice edittale prevista per le fattispecie contestate e alle relative circostanze aggravanti o attenuanti. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio, limitatamente all'aumento per la continuazione, la decisione che, dopo aver riconosciuto, in relazione alla violazione più grave, le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, aveva mantenuto inalterato il complessivo aumento per i reati-fine, omettendo di indicare, in relazione ad essi, le ragioni ostative a una mitigazione sanzionatoria ex art. 62-bis, cod. pen.).
Cass. civ. n. 23934/2024
In tema di sospensione del processo con messa alla prova, il giudizio sull'adeguatezza del programma dev'essere effettuato alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, cod. pen., tenendo conto non solo dell'idoneità a favorire il reinserimento sociale dell'imputato, ma anche dell'effettiva corrispondenza alle sue condizioni di vita, attesa la previsione di un risarcimento del danno che, ove possibile, corrisponda al pregiudizio dal predetto recato alla vittima o sia, comunque, espressione del massimo sforzo sostenibile in base alle sue condizioni economiche, verificabili dal giudice ai sensi dell'art. 464-bis, comma 5, cod. proc. pen., sicché è illegittimo il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al beneficio per la ritenuta assenza di prova del risarcimento integrale del danno.
Cass. civ. n. 23734/2024
Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, la rigetti per la mancanza in atti di accertamenti relativi alla situazione patrimoniale dell'imputato, necessari per determinare i parametri di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, atteso che la valutazione della congruità della pena si inserisce nel novero dei poteri cognitivi conferiti al giudice dall'art. 459 cod. proc. pen. e, pertanto, non interferisce con le attribuzioni istituzionali della pubblica accusa circa le modalità di esercizio dell'azione penale.
Cass. civ. n. 21929/2024
In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, è illegittimo il provvedimento di rigetto della relativa richiesta fondato sulla mancata produzione del programma di trattamento, la cui elaborazione sia stata, comunque, ritualmente chiesta all'ufficio di esecuzione penale, incombendo sul giudice l'obbligo di compulsare l'ente competente al fine di acquisire ogni elemento utile ai fini della decisione.
Cass. civ. n. 20997/2024
Il regime transitorio - dettato dall'art. 6, comma 6, della l. n. 724 del 1994 e relativo al passaggio dei soggetti privati già convenzionati dal regime di convenzionamento esterno al nuovo sistema dell'accreditamento, previsto dal d.lgs. n. 502 del 1992 - consente la prosecuzione dell'attività di erogazione delle prestazioni sanitarie, in attesa dei provvedimenti di accreditamento, subordinatamente alla stipula di un contratto con l'ASL con il quale la struttura accetta il sistema di remunerazione sulla base delle tariffe regionali, con la conseguenza che la fonte del rapporto con l'azienda sanitaria non è più la convenzione precedentemente stipulata in base alla l. n. 833 del 1978. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva negato a una casa di cura il pagamento di somme, a titolo di differenze tariffarie, per le prestazioni erogate nell'anno 1995, correttamente individuando la fonte regolatrice dei rapporti nell'accordo inter partes, anziché nella convenzione originaria, integrata ex lege, ai sensi dell'art. 1339 c.c., mediante l'inserimento automatico dei nomenclatori tariffari vigenti).
Cass. civ. n. 19740/2024
In tema di licenziamento, la mancata impugnativa dell'atto di recesso nel termine di sessanta giorni dalla sua comunicazione, ex art. 6 l. n. 604 del 1966, determina il consolidamento dell'effetto estintivo del rapporto di lavoro anche quando, in caso di trasferimento d'azienda, l'atto di risoluzione del rapporto sia intimato dal cedente, ma anteriormente alla produzione di effetti di tale trasferimento, dovendosi escludere che il predetto termine decorra dalla cessazione dell'efficacia del rapporto di lavoro.
Cass. civ. n. 19535/2024
Ai fini dell'impugnazione delle sentenze delle commissioni tributarie trova applicazione il termine previsto, in generale, dall'art. 327 c.p.c., che decorre dalla pubblicazione della sentenza e, quindi, dal suo deposito in segreteria, non già dalla comunicazione ex art. 37 del d.lgs. n. 546 del 1992, che è attività estranea al procedimento di pubblicazione, senza che ciò contrasti con gli artt. 24 e 3 Cost., come statuito dalla sentenza n. 584 del 1980 della Corte costituzionale.
Cass. civ. n. 18879/2024
In tema di pene accessorie, la durata della sospensione dall'esercizio di una professione, prevista dall'art. 609-nonies, comma primo, n. 5, cod. pen, dev'essere determinata, in concreto, dal giudice, con motivazione che indichi, tra i criteri enumerati dall'art. 133 cod. pen., quelli posti a fondamento del giudizio di gravità delle condotte e di negativa personalità dell'agente.
Cass. civ. n. 18602/2024
In tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, è illegittimo il provvedimento di rigetto della relativa richiesta fondato sulla mancata produzione del programma di trattamento, la cui elaborazione sia stata, comunque, ritualmente chiesta all'ufficio di esecuzione penale, non potendo prescindere la decisione dalla valutazione dell'idoneità di tale programma, che, pertanto, dev'essere elaborato e sottoposto al giudice, salvo che l'accoglimento della richiesta sia precluso, in radice, dalla prognosi sfavorevole in ordine all'astensione dell'imputato dal commettere ulteriori reati.
Cass. civ. n. 18388/2024
Nel rito cd. Fornero, il termine breve per proporre reclamo avverso la sentenza che decide il ricorso in opposizione, di cui all'art. 1, comma 58, della l. n. 92 del 2012, decorre dalla comunicazione di cancelleria del testo integrale della decisione all'indirizzo PEC del difensore, il cui perfezionamento deve essere certificato dalle ricevute di accettazione e consegna generate dal sistema, senza che possano ammettersi atti equipollenti (nella specie, l'attestazione di cancelleria circa l'avvenuta comunicazione telematica della sentenza), e il messaggio di mancata consegna per fatto imputabile al destinatario rende necessaria la comunicazione mediante deposito dell'atto in cancelleria, ex art. 16, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012, conv. dalla l. n. 221 del 2012.
Cass. civ. n. 15927/2024
In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice può rigettare la richiesta di applicazione della sanzione pecuniaria, pur concedibile a colui che si trovi in disagiate condizioni economiche, nel caso in cui formuli, in base ad elementi di fatto, un giudizio sulla solvibilità del reo con prognosi negativa in ordine alla capacità di adempimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito di diniego della sostituzione sul rilievo che l'imputato era stato ammesso al gratuito patrocinio dei non abbienti).
Cass. civ. n. 15438/2024
In tema di reato continuato, non sussiste illegalità della pena nel caso in cui, nel determinarla, il giudice, pur indicando una pena base che esorbiti dalla cornice edittale normativamente prevista, non ecceda i limiti generali sanciti dagli artt. 23 e ss. 65, 71 e ss. e 81, commi terzo e quarto, cod. pen., in quanto si deve aver riguardo alla misura finale della pena, a nulla rilevando che i passaggi intermedi che conducono alla sua determinazione siano caratterizzati da computi effettuati in violazione di legge. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale che lamentava l'illegalità della pena, in quanto la pena base per il delitto di rapina, ritenuto il più grave tra quelli avvinti dalla continuazione, era stata individuata nella reclusione di durata inferiore di un anno, in violazione del disposto dell'art. 628 cod. pen.).
Cass. civ. n. 14522/2024
In tema di appalto pubblico, la compensazione dei prezzi, prevista dall'art. 133, comma 6 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, va calcolata non sulla base di una comparazione astratta, bensì sulla scorta dei maggiori costi effettivamente sopportati dall'appaltatore, attesa la chiara finalità della norma di ristorare il predetto dell'aumento, superiore al 10%, del prezzo dei materiali da costruzione, verificatosi per circostanze eccezionali, e non per riconoscere allo stesso un'ingiusta locupletatio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, secondo cui, pur in presenza di una variazione dei prezzi dei materiali superiore al 10% rispetto a quelli rilevati annualmente dal ministero delle infrastrutture, l'appaltatore non poteva limitarsi a presentare domanda di revisione alla direzione dei lavori, dovendo dar prova dei maggiori costi sostenuti).
Cass. civ. n. 14359/2024
La sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale, sottoscritta solo dall'estensore e non dal presidente del collegio, è affetta da nullità sanabile ai sensi dell'art. 161, comma 1, c.p.c., trattandosi di sottoscrizione insufficiente e non mancante, sicché il relativo vizio si converte in motivo di impugnazione ed è preclusa al medesimo giudice la possibilità di rinnovare l'atto viziato.
Cass. civ. n. 13205/2024
In tema di enti locali, in caso di dichiarazione di dissesto del Comune, le sanzioni interdittive per gli amministratori, previste ex art. 248 TUEL, conseguono di diritto all'accertamento dei relativi presupposti da parte del giudice contabile, senza che quest'ultimo possa procedere alla loro applicazione diretta, riservata all'autorità amministrativa competente, determinandosi altrimenti un eccesso di potere giurisdizionale.
Cass. civ. n. 11574/2024
In tema di edilizia residenziale popolare ed agevolata, in base all'art. 35 l. n. 865 del 1971, la clausola di determinazione del prezzo di cessione del diritto di superficie, nel preliminare tra costruttore e promissario acquirente, è nulla solo nell'ipotesi in cui ecceda il prezzo stabilito nella convenzione tra lo stesso costruttore e l'ente territoriale, sicché, ove il prezzo contrattuale sia inferiore a quest'ultimo, il contratto è valido e il trasferimento del diritto immobiliare mediante pronuncia ex art. 2932 c.c. deve essere subordinato al pagamento dell'importo residuo tra quello indicato in contratto e quello già corrisposto.
Cass. civ. n. 9960/2024
In tema di responsabilità della pubblica amministrazione, il danno derivante dall'illecito rifiuto dell'amministrazione comunale di addivenire alla stipula della convenzione di lottizzazione, dopo averne approvato il progetto, non va parametrato all'utilità perduta, bensì all'interesse negativo a non essere coinvolti in operazioni rivelatesi inutili, in quanto il carattere ingiustificato del ripensamento integra una violazione del principio dell'"alterum non laedere", sotto forma della lesione della libertà negoziale.
Cass. civ. n. 9708/2024
In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, è vincolato nell'esercizio del suo potere discrezionale alla valutazione dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen., sicché il suo giudizio, se sul punto adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la decisione reiettiva dell'istanza di sostituzione, in quanto fondata esclusivamente sulla sussistenza, a carico dell'imputato, di un unico precedente penale, con omessa valutazione degli altri documentati elementi, rilevanti per l'accertamento della capacità a delinquere).
Cass. civ. n. 9397/2024
In tema di sostituzione di pene detentive brevi, il disposto di cui all'art. 56-quater legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, consentendo al giudice di determinare, in maniera personalizzata, il valore giornaliero della pena pecuniaria sostitutiva, lo obbliga ad acquisire d'ufficio tutte le informazioni sulle condizioni di vita individuale, familiare, sociale ed economica dell'imputato, in quanto l'omessa indicazione delle stesse da parte di quest'ultimo non comporta alcuna decadenza ai fini della conversione, non essendo previsto, al riguardo, un onere di allegazione.
Cass. civ. n. 8794/2024
In tema di sanzioni sostitutive, il giudice di primo grado, in sede di condanna dell'imputato, ovvero il giudice di appello, chiamato a pronunciarsi ex art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sono tenuti a valutare i criteri direttivi di cui all'art. 133 cod. pen. sia i fini della determinazione della pena da infliggere sia, subito dopo, ai fini dell'individuazione della pena sostitutiva ex art. 58 legge 24 novembre 1981, n. 689, come riformato dal d.lgs. n. 150 del 2022, dovendo esservi tra i due giudizi continuità e non contraddittorietà e favorendosi l'applicazione di una delle sanzioni previste dall'art. 20-bis cod. pen. quanto minore risulti la pena in concreto inflitta rispetto ai limiti edittali.
Cass. civ. n. 8215/2024
In tema di contratto di fornitura di gas, le norme contenute nell'art. 10 d.lgs. n. 32 del 1998 sono imperative, cioè inderogabili dall'autonomia privata nell'interesse della parte più debole, impedendo la previsione di un diritto di esclusiva o di una libera durata del contratto; ne deriva che la loro violazione, anziché comportare la nullità dell'intero contratto, produce la nullità della singola clausola in contrasto con esse.
Cass. civ. n. 5829/2024
Ai fini dell'ammissione all'oblazione speciale di cui all'art. 162-bis cod. pen., l'apprezzamento del giudice circa la gravità del fatto, ai sensi dei parametri indicati dall'art. 133 cod. pen., deve essere condotto tenendo conto di tutti gli elementi disponibili, inclusi quelli allegati dalla persona offesa nel contraddittorio predibattimentale.
Cass. civ. n. 5749/2024
In tema di procedura di mobilità ex art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001, la P.A. di appartenenza, una volta prestato il suo consenso al passaggio diretto del dipendente, non può più revocarlo dopo che questo è giunto a conoscenza della P.A. di destinazione, trovando applicazione il disposto dell'art. 1328, comma 2, c.c., salvo che sia diversamente stabilito in maniera espressa dalla legge o dal bando o che, in presenza di sopravvenienze normative, la procedura anzidetta sia divenuta illegittima.
Cass. civ. n. 5596/2024
In tema di ricorso per cassazione avverso la sentenza che definisce il reclamo ai sensi dell'art. 1, comma 62, della l. n. 92 del 2012, applicabile ratione temporis, la comunicazione a cura della cancelleria a mezzo PEC fa decorrere il termine breve di sessanta giorni per l'impugnazione ove risulti allegato il testo integrale della sentenza, non essendo sufficiente il mero avviso del deposito della stessa.
Cass. civ. n. 3755/2024
La cognizione sulla domanda risarcitoria del privato per i danni causati dalla mancata adozione di atti che avrebbero dovuto essere emanati da parte dell'autorità amministrativa competente spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo, poiché si risolve nella contestazione circa l'omesso o cattivo (in tempi e modi non congrui) esercizio di un dato potere da parte dell'Amministrazione, donde la posizione giuridica soggettiva del danneggiato è costituita dall'interesse legittimo al corretto esercizio di tale potere; sussiste, per converso, la giurisdizione del giudice ordinario nell'ipotesi di responsabilità civile della P.A. per lesione del legittimo affidamento del privato da contatto sociale "qualificato", ovvero in quella in cui, sebbene l'inerzia della P.A. sia collegata al mancato esercizio di attività provvedimentale, la stessa assuma natura di attività vincolata. (Nella specie, la S.C. - in relazione a domanda risarcitoria di una società, riferita ai ritardi di un Comune nel completamento di opere viarie, rientranti in quelle di urbanizzazione primaria previste nel P.R.G. e disciplinate da apposita convenzione, nonché nella conclusione del procedimento per l'espropriazione e la demolizione di un rudere di proprietà di terzi ubicato sulla direttrice stradale incompiuta - ha confermato la sentenza impugnata, affermando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione sia all'art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, sia all'art. 133, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 104 del 2010).
Cass. civ. n. 2321/2024
Non integra un accordo integrativo del provvedimento amministrativo, ai sensi dell'art. 11 della l. n. 241 del 1990, il contratto intercorso tra gestore e utente del servizio idrico integrato che, accedendo al provvedimento che autorizzi quest'ultimo allo scarico di acque reflue industriali, regoli il corrispettivo del servizio medesimo.
Cass. civ. n. 1188/2024
In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice d'appello non può disporre la sostituzione "ex officio" nel caso in cui, nell'atto di gravame, non sia stata formulata una specifica e motivata richiesta al riguardo, non rientrando la conversione della pena detentiva nel novero dei benefici e delle diminuenti tassativamente indicati dall'art. 597, comma 5, cod. proc. pen., che costituisce disposizione derogatoria, di natura eccezionale, al principio devolutivo dell'appello. (In motivazione, la Corte ha altresì affermato che è onere dell'appellante supportare la richiesta di sostituzione delle pene detentive brevi con specifiche deduzioni e che il mancato assolvimento di tale onere comporta l'inammissibilità originaria della richiesta).
Cass. civ. n. 48348/2023
E' abnorme, determinando una stasi del procedimento alla luce della disciplina introdotta dall'art. 28 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, a seguito dell'emissione del decreto penale di condanna, rigetti l'istanza di sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9-bis, cod. strada, senza emettere decreto di giudizio immediato. (In motivazione, la Corte ha precisato che la nuova disciplina prevista dall'art. 28 d.lgs. n. 150 del 2022, introduttiva del disposto di cui all'art. 459, comma 1-ter, cod. proc. pen., detta una regola generale di procedura, valida per tutte le ipotesi in cui l'interessato formuli istanza di applicazione di tale sanzione sostitutiva a seguito dell'emissione del decreto penale).
Cass. civ. n. 46502/2023
È inammissibile, per difetto di legittimazione, il ricorso per cassazione proposto dal testimone. (Fattispecie in cui il testimone ha impugnato, con ricorso per cassazione, il provvedimento del giudice di merito con cui era stato ordinato il suo accompagnamento coattivo).
Cass. civ. n. 42847/2023
In tema di sostituzione delle pene detentive brevi previste dall'art. 58 legge 24 novembre 1981, n. 689, come modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150, il giudice che, per i precedenti penali dell'imputato, abbia valutato la pena sostitutiva di cui è richiesta l'applicazione non idonea alla rieducazione del predetto, non è tenuto a compiere anche gli accertamenti sulle condizioni economiche e patrimoniali previsti dall'art. 545-bis cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 41384/2023
In tema di sospensione dei termini di prescrizione per adesione del difensore alla agitazione di categoria, non assume rilievo la concomitante assenza dei testimoni da escutere che, anzi, costituisce l'effetto virtuoso della disciplina del Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze, adottato dall'Avvocatura il 4 aprile 2007 in adempimento dell'obbligo di legge previsto dalla legge 12 giugno 1990, n. 146 e succ. modif. sui servizi pubblici essenziali, con la conseguenza che la mancata comparizione dei testi non può costituire un motivo prevalente sull'adesione al c.d. sciopero degli avvocati ai fini dello scomputo dell'intero periodo di sospensione.
Cass. civ. n. 40433/2023
In tema di sostituzione di pene detentive brevi, ai fini della prognosi negativa di cui all'art. 58, legge 24 novembre 1981, n. 689, è necessario che il giudice di merito non si limiti ad indicare il fattore cui abbia attribuito valenza ostativa alla sostituzione, ma correli tale elemento al contenuto della specifica sanzione sostitutiva invocata o, comunque, presa in considerazione in sentenza, fornendo adeguata motivazione in ordine alla sua negativa incidenza sull'adempimento delle prescrizioni che ad essa ineriscono.
Cass. civ. n. 36369/2023
La decadenza da un termine processuale, incluso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell'omessa comunicazione della data dell'udienza di trattazione e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all'art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte di quest'ultima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa.
Cass. civ. n. 36189/2023
Nel caso in cui sia stata depositata una copia autentica della sentenza impugnata, dalla quale non si evinca la data della relativa pubblicazione, il ricorso per cassazione è inammissibile ove sia stato notificato in data che risulti intempestiva in relazione al termine di cui all'art. 327, comma 1, c.p.c., calcolato dal giorno della deliberazione della sentenza medesima. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso, sul presupposto che la data di pubblicazione della sentenza impugnata, non riportata nella copia depositata dal ricorrente, non potesse desumersi dall'indicazione contenuta nell'attestazione di conformità all'originale del provvedimento, e tenuto conto che il ricorso medesimo era stato notificato oltre il termine di cui all'art. 327, comma 1, c.p.c., calcolato dalla data di deliberazione della sentenza suddetta).
Cass. civ. n. 35867/2023
La copia per immagine dell'intero provvedimento giudiziale definitorio (sentenza o, nel giudizio di cassazione, anche ordinanza resa dalla S.C. all'esito di udienza camerale), comunicata dalla cancelleria ai sensi degli artt. 133, comma 2, c.p.c. e 16, comma 4, d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 221 del 2012, costituisce copia autentica del provvedimento stesso, in ragione ell'equivalenza all'originale stabilita dall'art. 16 bis, comma 9 bis, del citato decreto (applicabile ratione temporis), ragion per cui, in sede di riassunzione a seguito di annullamento con rinvio, la produzione di detta copia per immagine soddisfa il requisito della produzione della copia autentica prescritto ex art. 394, comma 1, c.p.c. nonché, espressamente a pena d'inammissibilità, ex art. 63, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992.
Cass. civ. n. 34765/2023
In tema di notificazione a mezzo posta dell'atto impositivo, la prova del perfezionamento è assolta mediante la produzione in giudizio dell'avviso di ricevimento della raccomandata, salvo che il destinatario dimostri di essersi trovato, senza colpa, nell'impossibilità di prenderne cognizione, non essendo invece necessario il deposito dell'originale o della copia autentica dell'avviso di accertamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata secondo cui l'avviso di ricevimento della raccomandata, pur riportando un numero identificativo diverso da quello risultante dall'avviso di accertamento, era a quest'ultimo riconducibile, trattandosi di mero errore materiale, poiché era inverosimile che nello stesso giorno fossero stati notificati due atti impositivi diversi per una sola cifra).
Cass. civ. n. 33967/2023
Qualora la misura delle pene accessorie omogenee, disposta con la sentenza di primo grado, sia stata determinata in relazione ai due reati per i quali è intervenuta condanna, l'assoluzione in appello relativamente a taluno di essi, già ritenuto avvinto dal vincolo della continuazione, obbliga il giudice dell'impugnazione, oltre che a ridurre la pena principale, anche ad eliminare dal cumulo delle pene accessorie omogenee la parte ad esso relativa, posto che la durata di dette pene accessorie deve tenere conto dei principio costituzionali di proporzionalità e necessaria individualizzazione del trattamento sanzionatorio, in relazione agli elementi ex art. 133 cod. pen. (Fattispecie in tema di reati tributari).
Cass. civ. n. 32428/2023
La riduzione del canone prevista dall'art. 3 della l. n. 135 del 2012 non è applicabile agli immobili acquisiti in locazione dagli enti pubblici per far fronte all'esigenza abitativa di nuclei familiari bisognosi, dal momento che il riferimento operato dalla norma alla finalizzazione del contratto di locazione per l'uso istituzionale dell'amministrazione evoca una relazione diretta dell'ente conduttore con l'immobile locato, non configurabile ove quest'ultimo sia affidato a terzi, sebbene per fini di utilità sociale.
Cass. civ. n. 31946/2023
In tema di prelazione agraria, il termine di 30 giorni utile per l'esercizio del diritto decorre dal momento in cui la proposta di vendita, comunicata mediante trasmissione di copia del preliminare, giunge all'indirizzo del destinatario, in conformità con la natura di atto recettizio propria della "denuntiatio".
Cass. civ. n. 30267/2023
contrattuale e precontrattuale, avanzata dal suddetto consorzio in relazione all'illegittimo comportamento della parte pubblica, per non avere assunto gli atti preordinati all'esecuzione di ulteriori lavori alla cui emanazione - secondo la prospettazione dell'attore - essa si era obbligata in seno alla convenzione iniziale).
Cass. civ. n. 29605/2023
In tema di dismissione di immobili appartenenti al patrimonio pubblico, l'accettazione dell'offerta in opzione da parte del conduttore - contenente tutti gli elementi essenziali della compravendita e, in particolare, la determinazione del prezzo – ha valore giuridico equipollente alla conclusione di un contratto preliminare, rispetto al quale, conseguentemente, è ammissibile l'azione ex art. 2932 c.c., volta ad ottenere una sentenza che faccia luogo del contratto definitivo alla cui stipula l'amministrazione offerente risulta obbligata, essendo al riguardo irrilevante una successiva modifica della qualifica dell'immobile.
Cass. civ. n. 28743/2023
In tema di vizio parziale di mente, il riconoscimento, nel giudizio di appello, della diminuente di cui all'art. 89 cod. pen. preclude la possibile valutazione della stessa circostanza anche ai fini della riduzione della misura della pena base, determinandosi, altrimenti, la violazione del limite massimo di riduzione della pena fissato dalla legge. (Conf.: n. 2355 del 03/12/1971, dep. 1972,
Cass. civ. n. 28256/2023
termine per la stipula del definitivo - Inadempimento del promittente venditore - Sussistenza - Esclusione. In tema di vendita di alloggi in regime di edilizia agevolata, la subordinazione dell'effetto traslativo alla definitiva approvazione comunale delle tariffe di determinazione dei prezzi di cessione, secondo le prescrizioni del contratto preliminare che ad esse rinviano, non costituisce inadempimento imputabile al promittente alienante.
Cass. civ. n. 26789/2023
In tema di determinazione della pena, non vi è obbligo di stretta proporzionalità tra quella pecuniaria e quella detentiva, congiuntamente previste dal legislatore, sussistendo, al contrario, un'indipendenza nella loro quantificazione, posto che se la pena detentiva è ugualmente afflittiva per qualsiasi soggetto, quella pecuniaria ha un'efficacia sanzionatoria proporzionata alla capacità economica del destinatario. (Conf.: n. 9361 del 1975,
Cass. civ. n. 25460/2023
In tema di formazione del contratto, l'accettazione non può essere desunta dal mero silenzio serbato su una proposta, pur quando questa faccia seguito a precedenti trattative intercorse tra le parti, delle quali mostri di aver tenuto conto, assumendo il silenzio valore negoziale soltanto se, in date circostanze, il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti, impongano l'onere o il dovere di parlare, ovvero se, in un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità dei contraenti e alle loro relazioni di affari, il tacere di uno possa intendersi come adesione alla volontà dell'altro.
Cass. civ. n. 25324/2023
conclusosi senza l'emanazione del provvedimento ampliativo -, perché il pregiudizio non deriva dalla violazione delle regole di diritto pubblico sull'esercizio della potestà amministrativa, bensì, in una più complessa fattispecie, dalla violazione dei principi di correttezza e buona fede, che devono governare il comportamento dell'amministrazione e si traducono in regole di responsabilità, non di validità dell'atto. (Principio affermato in relaziona a una domanda risarcitoria proposta da un privato nei confronti della parte acquirente di un proprio complesso industriale, sotto condizione del rilascio di titoli abilitativi, alla quale era stato altresì conferito il mandato di curare in sede amministrativa l'avveramento di detta condizione, e nei confronti della stessa p.a., i cui atti prodromici di pianificazione - PUC e PUO - erano stati successivamente annullati).
Cass. civ. n. 24873/2023
In tema di misure di sicurezza, dopo la modifica introdotta dall'art. 31, comma 2, legge 10 ottobre 1986, n. 633, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, la loro applicazione, ivi compresa quella prevista dall'art. 417 cod. pen., può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l'espresso positivo scrutinio dell'effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., globalmente valutati, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di presunzione giuridica, ancorché qualificata come semplice.
Cass. civ. n. 24743/2023
Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usura, come determinata in base alle disposizioni della l. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto.
Cass. civ. n. 24362/2023
In tema di cause di estinzione della pena, il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, concedibile dal giudice esclusivamente sulla base dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen., è diretto a favorire il ravvedimento del condannato, mediante l'eliminazione di conseguenze del reato suscettibili di compromettere o intralciare la sua possibilità di lavoro. (Conf.: n. 560 del 1995,
Cass. civ. n. 22619/2023
In tema di buoni postali fruttiferi, poiché l'interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il senso letterale delle parole alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l'indicazione, per i buoni postali della serie 'Q/P', di rendimenti relativi alla serie 'P' per l'ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie 'P', in cui erano inseriti i detti rendimenti, tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l'assenza di continuità tra le diverse previsioni, di talché, in presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell'art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo.
Cass. civ. n. 22091/2023
della pena per il reato più grave - Automatica riduzione degli aumenti di pena per i reati satellite - Necessità – Esclusione. Non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice di appello che, avendo ridotto la pena per il reato più grave per effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche per motivi soggettivi, non riduca, in maniera corrispondente, gli aumenti sanzionatori praticati, per i reati satellite, ex art. 81, comma secondo, cod. pen., sussistendo il solo obbligo di valutare globalmente gli elementi favorevoli, ai fini dell'individuazione del congruo aumento di pena conseguente alla riconosciuta continuazione.
Cass. civ. n. 21997/2023
Il mutamento della sede legale di una società di capitali, coevo alla spedizione di una comunicazione al suo indirizzo, non è opponibile al mittente in mancanza di prova dell'avvenuta iscrizione di tale variazione nel registro delle imprese prima del compimento delle attività di trasmissione della suddetta comunicazione, potendo egli confidare, ai sensi dell'art. 1335 c.c., sulla stabilizzazione della localizzazione della società per tutto il tempo anteriore al compimento degli oneri di pubblicità imposti dalla legge ai fini dell'opponibilità a terzi della relativa modificazione.
Cass. civ. n. 20279/2023
In tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, la condotta susseguente al reato, per effetto della novellazione dell'art. 131-bis cod. pen. ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, costituisce elemento suscettibile di valutazione nell'ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell'esimente, rilevando ai fini dell'apprezzamento dell'entità del danno, ovvero come possibile spia dell'intensità dell'elemento soggettivo.
Cass. civ. n. 20277/2023
In tema di trattamento sanzionatorio, non viola il principio del "ne bis in idem" la valutazione dell'ingente quantitativo della sostanza stupefacente effettuata anche ai fini della determinazione della pena, ove sia stata ritenuta configurabile la circostanza aggravante di cui all'art. 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 390, e valutata in termini di subvalenza nel giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti. (In motivazione, la Corte ha sottolineato che, diversamente, si farebbe luogo ad una "interpretatio abrogans" del generale criterio di graduazione del trattamento sanzionatorio tra il minimo e il massimo edittale previsto per il reato per cui si procede).
Cass. civ. n. 18029/2023
Ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell'art. 131-bis cod. pen. ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen.
Cass. civ. n. 18001/2023
In tema di concessione cimiteriale, ove il Comune abbia provveduto al rilascio di una concessione perpetua, antecedentemente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 800 del 1975, lo stesso ente territoriale non ne può modificare la disciplina, rideterminando unilateralmente il canone periodico, dal momento che i rapporti patrimoniali tra concedente e concessionario sono regolati dall'atto di concessione e non possono ammettersi interventi successivi dell'Amministrazione, diretti ad incidere negativamente nella sfera giuridica ed economica del destinatario, con l'eccezione della revoca per motivi pubblicistici legati all'insufficienza degli spazi rispetto ai fabbisogni cimiteriali comunali, purchè siano decorsi cinquanta anni dalla tumulazione dell'ultima salma.
Cass. civ. n. 17841/2023
In tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, la prova del relativo perfezionamento è assolta mediante la produzione dell'avviso di ricevimento della raccomandata, la cui riferibilità alla specifica cartella è oggetto di un accertamento di fatto da parte del giudice ed è suscettibile di prova contraria da parte del destinatario, non essendo altresì necessario che sull'avviso di ricevimento venga indicato il numero della cartella medesima. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto provata la notificazione della cartella esattoriale a seguito della rituale produzione in giudizio dell'avviso di ricevimento della raccomandata, valutandone la coerenza del numero e della data di spedizione con le indicazioni riportate nell'estratto di ruolo, senza che il destinatario avesse dimostrato, da parte sua, che la raccomandata non contenesse la cartella in questione).
Cass. civ. n. 16031/2023
In tema di forniture di farmaci ad aziende sanitarie, deve escludersi che il meccanismo introdotto dalla l. n. 296 del 2006 (cd. "payback"), con finalità di salvaguardia dell'autonomia delle case farmaceutiche sulla fissazione del prezzo dei farmaci al pubblico, abbia natura imperativa e sostitutiva delle previsioni negoziali in corso al momento dell'entrata in vigore della predetta legge, giacché tale disciplina non ha affatto previsto la sostituzione delle condizioni di contratto tra società farmaceutiche e aziende ospedaliere, essendosi limitata, invece, a regolare la facoltà delle prime di lasciare immodificato il prezzo dei farmaci così da bloccarne la riduzione disposta dall'Agenzia del farmaco in cambio del versamento, in favore delle Regioni competenti, di una percentuale pari all'importo di tale riduzione.
Cass. civ. n. 14688/2023
In tema di patrocinio a spese dello Stato, la parte soccombente non ammessa al suddetto patrocinio deve essere condannata al pagamento delle spese processuali in favore dello Stato, con statuizione che, ove non disposta dal giudice di primo grado, può essere assunta anche d'ufficio dal giudice dell'impugnazione, senza che si configuri alcuna violazione dell'art. 112 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza appello che aveva disposto d'ufficio il pagamento in favore dello Stato delle spese legali, liquidate dal giudice di primo grado in favore del procuratore antistatario della parte ammessa al relativo patrocinio).
Cass. civ. n. 14392/2023
In tema di locazioni ad uso abitativo, la rinnovazione tacita di un contratto con canone ultralegale, intervenuta successivamente all'entrata in vigore della l. n. 431 del 1998, legittima il conduttore ad esercitare l'azione prevista dall'art. 79 della l. n. 392 del 1978 onde ottenere l'applicazione del canone cd. equo, determinato ai sensi degli artt. 12 e ss. della legge da ultimo citata, a decorrere dal momento iniziale del contratto e fino alla sua naturale scadenza, "ivi" compreso il periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nel vigore della l. n. 431 del 1998, con sostituzione imperativa del canone convenzionale ai sensi dell'art. 1339 c.c..
Cass. civ. n. 13666/2023
La parte non ammessa al patrocinio spese dello Stato che sia stata condannata, all'esito del giudizio, al pagamento delle spese di lite direttamente in favore della parte ammessa al beneficio non può contestarne la quantificazione, sul presupposto che l'Erario erogherebbe alla parte beneficiata un importo inferiore a quello liquidato, giusta la disposizione degli artt. 82 e 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, attesa l'indipendenza dei due rapporti rispettivamente esistenti, il primo, tra le parti del giudizio e regolato dalla sentenza che lo conclude, ed il secondo, tra la parte ammessa al beneficio e lo Stato, disciplinato dal citato decreto e caratterizzato dal diritto di rivalsa, esercitabile dall'Erario nelle forme e nei casi di cui ai successivi artt. 133 e 134.
Cass. civ. n. 12836/2023
Nei contratti di locazione ad uso non abitativo, il patto con il quale le parti concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato è nullo, anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale del rapporto; tale nullità "vitiatur sed non vitiat", con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, e ciò a prescindere dall'avvenuta registrazione.
Cass. civ. n. 10971/2023
In tema di adozione, la comunicazione, da parte del cancelliere, mediante posta elettronica certificata (PEC), del testo integrale della sentenza resa dalla corte d'appello, a norma dell'art. 17 della l. n. 184 del 1983, è idonea a far decorrere il termine "breve" di trenta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, risultando in tal modo soddisfatta la condizione della conoscenza legale del provvedimento suscettibile di impugnazione.
Cass. civ. n. 10739/2023
L'invalidità della notificazione della cartella esclude la sua idoneità a fungere da precetto prodromico alla riscossione coattiva, ma non la sua attitudine, per contenuto e forma, a integrare (sotto il profilo sostanziale) un'intimazione di pagamento, che, se pervenuta in un luogo configurabile come indirizzo del destinatario, è idonea a determinare l'applicazione degli artt. 1334 e 1335 c.c. e, quindi, a produrre l'effetto interruttivo della prescrizione, ferma restando la possibilità di fornire la prova contraria alla presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito, la quale aveva escluso che la notifica della cartella, invalida perché eseguita per tramite di un'agenzia privata, fosse idonea a interrompere la prescrizione).
Cass. civ. n. 9917/2023
Sussistenza - Data di inserimento della sentenza nel registro cronologico - Irrilevanza - Limiti - Mancata apposizione di altra data di deposito - Sussistenza. Il termine per l'impugnazione della sentenza previsto dall'art. 327 c.p.c. decorre dalla data di pubblicazione e non da quella di inserimento della sentenza nel registro cronologico; quest'ultima è irrilevante, a meno che non siano apposte in calce alla sentenza due diverse date e risulti così realizzata una impropria scissione tra i momenti di deposito e pubblicazione, la quale impone di accertare il momento in cui la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il suo deposito in cancelleria e l'inserimento nell'elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo.
Cass. civ. n. 9837/2023
La domanda di risarcimento del danno alla salute nei confronti della P.A., avendo ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo inviolabile (come tale, insuscettibile di affievolimento da parte di provvedimenti amministrativi) appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, a meno che non si verta in un'ipotesi di giurisdizione esclusiva, tornando, peraltro, ad applicarsi la regola generale della giurisdizione del giudice ordinario allorquando, anche nelle materie riservate alla giurisdizione esclusiva, la lesione della salute sia stata provocata non dall'adozione d'un provvedimento amministrativo, bensì da una mera attività materiale della P.A. (Nella specie, la S.C. - con riguardo alla domanda proposta da uno studente nei confronti del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, per il risarcimento del danno psichico subito a seguito dell'esclusione, in virtù di formali provvedimenti del consiglio di classe e del dirigente scolastico, dalla partecipazione a una gita scolastica - ha riconosciuto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, trattandosi di pregiudizio arrecato da un provvedimento adottato nello svolgimento di un pubblico servizio).
Cass. civ. n. 9019/2023
Sussiste l'interesse dell'imputato ad impugnare onde ottenere l'esclusione di un'aggravante anche nel caso in cui con il provvedimento gravato gli siano state concesse attenuanti valutate in termini di equivalenza o di prevalenza, in quanto l'erroneo riconoscimento della sussistenza dell'aggravante, qualificando il fatto in termini di maggiore gravità, incide sulla determinazione della pena ex art. 133 cod. pen.
Cass. civ. n. 7735/2023
revisione del piano economico finanziario della concessione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, poiché non attiene alla procedura di gara, né ad accordi integrativi o sostitutivi di provvedimenti amministrativi, né rientra nell'alveo delle lett. b) e c) dell'art. 133 c.p.a., non essendo in discussione la concessione del bene pubblico o il momento ad essa prodromico, bensì la disciplina del contratto già stipulato, con il quale le opere e i servizi sono stati affidati.
Cass. civ. n. 7288/2023
In tema di intermediazione finanziaria, l'onere probatorio a carico dell'intermediario di aver adempiuto agli obblighi informativi nei confronti del cliente sussiste indipendentemente dalla valutazione di adeguatezza dell'operazione; la carenza di prova di avere dato adeguate informazioni, peraltro, determina una presunzione in ordine alla esistenza di un danno risarcibile a carico del cliente, posto che l'inosservanza dei doveri informativi da parte dell'intermediario è, in ogni caso, fattore di disorientamento dell'investitore, che condiziona le sue scelte di investimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in contrasto con il suindicato principio, aveva ritenuto inammissibile l'appello sul presupposto che l'invarianza del livello di rischio e il difetto di prova in merito al nesso di causalità tra violazione degli obblighi informativi e danno costituivano autonome "rationes decidendi" rispetto alla dedotta violazione degli obblighi stessi).
Cass. civ. n. 7249/2023
In tema di retratto agrario, il termine trimestrale per il pagamento del prezzo decorre, ai sensi della l. n. 2 del 1979, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto del retrattante e non dalla comunicazione di cancelleria dell'avvenuto deposito della sentenza; né può invocarsi, stante il chiaro disposto normativo, un'interpretazione costituzionalmente orientata che dia rilievo, ai fini della decorrenza del termine, al principio della conoscenza effettiva dell'atto, atteso che la data del deposito è facilmente conoscibile dalla parte attraverso l'acquisizione delle relative informazioni in cancelleria.
Cass. civ. n. 6100/2023
dell'amministrazione medesima. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. - in relazione a vicenda in cui una società aveva agito per il conseguimento del risarcimento del danno prodotto da dedotte illegittime modalità esecutive di un'opera pubblica per effetto delle quali era ostacolato il transito dei mezzi nella sua proprietà - ha evidenziato che, nella fattispecie, era stata lamentata non già l'inesistenza o illegittimità di un provvedimento di approvazione del progetto in variante dell'opera pubblica, quanto l'esecuzione di quest'ultima con modalità tali da risultare lesive dei diritti che competevano alla predetta società quale proprietaria frontista, titolare del diritto di accesso alla via pubblica).
Cass. civ. n. 6010/2023
In tema di "rito Fornero", il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, di cui all'art. 1, comma 62, della l. n. 92 del 2012, decorre dalla comunicazione del contenuto integrale del provvedimento all'interessato che lo pone in condizione di valutare le ragioni sui cui la decisione è fondata e, quindi, l'opportunità di proporre impugnazione; sulla previsione speciale del citato comma 62 non incide la modifica dell'art. 133, comma 2, c.p.c. (nella parte in cui stabilisce che "la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c"), norma di carattere generale riguardante la comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria.
Cass. civ. n. 5492/2023
In tema di servizi idrici integrati, il gestore può richiedere all'utente, a titolo di conguaglio, il recupero dei costi sostenuti "ora per allora" solo in relazione ai costi imprevisti ed imprevedibili al momento dell'erogazione e fatturazione, mentre deve escludersi la legittimità della pretesa di recuperare retroattivamente costi non correlati né correlabili con il servizio offerto e con le voci di costo ammissibili rispetto ad una gestione efficiente, dovendosi, in sostanza, escludere i conguagli destinati a scaricare sull'utenza errori di gestione o di previsione collegati alla generale rischiosità del servizio, atteso che, diversamente, il piano tariffario risulterebbe incoerente rispetto alla "ratio" che permea il quadro regolativo dei servizi economici di interesse generale, rappresentata dall'aderenza delle tariffe praticate ai costi effettivamente sostenuti dall'impresa, dalla pertinenza/corrispettività rispetto ai servizi resi, dalla misurabilità oggettiva, dalla congruità rispetto a valutazioni di mercato e di efficienza economica.
Cass. civ. n. 4795/2023
Nell'ambito del procedimento di irrogazione delle sanzioni disciplinari, la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. non opera nell'ipotesi in cui il datore di lavoro sia a conoscenza dell'allontanamento del lavoratore dal domicilio e dunque dell'impedimento dello stesso a prendere conoscenza della contestazione inviata.
Cass. civ. n. 3496/2023
nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto il pregiudizio individuato non si pone quale diretta e immediata conseguenza dell'illegittimità di un atto o dello stesso esercizio del potere pubblico, bensì come effetto di un comportamento (attivo o omissivo) della pubblica amministrazione in cui il provvedimento amministrativo non rileva in sé (quale elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria), ma come mero fatto che ha dato causa all'evento dannoso.
Cass. civ. n. 2875/2023
In tema di misure di sicurezza, a seguito della modifica introdotta dall'art. 31, comma 2, legge 10 ottobre 1986, n. 633, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, la loro applicazione, ivi compresa quella prevista dall'art. 417 cod. pen., può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l'espresso positivo scrutinio dell'effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., globalmente valutati, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di presunzione giuridica, ancorché qualificata come semplice.
Cass. civ. n. 2341/2023
Il giudice d'appello, che, nel riformare una decisione di proscioglimento, pronuncia sentenza di condanna dell'imputato, è tenuto a valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle pene sostitutive di pene detentive brevi, celebrando, ove necessario, l'udienza prevista dall'art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen. e deve, inoltre, motivare specificamente l'insussistenza delle condizioni per la loro applicabilità, secondo i parametri di cui agli artt. 133 cod. pen., 58 e 59 legge 24 novembre 1981, n. 689, come novellati dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Cass. civ. n. 974/2023
L'Istituto per il credito sportivo (ICS) è qualificabile come organismo pubblico, poiché, oltre alla personalità giuridica ed all'influenza pubblica dominante, è provvisto anche del requisito teleologico, in quanto, pur esercitando l'attività bancaria e finanziaria, settori generalmente aperti alla concorrenza, non osserva esclusivamente criteri di rendimento, efficacia e redditività, ma persegue finalità di interesse generale, gestendo istituzionalmente, a titolo gratuito, l'accesso di terzi richiedenti a fondi speciali, che, pertanto, non possono essere rifiutati per ragioni di convenienza economica; ne consegue che, ai fini dell'affidamento di lavori, servizi o forniture, tale istituto è tenuto al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica nella scelta del contraente.
Cass. civ. n. 396/2023
La condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, rilevante ai fini dell'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., come novellato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è deducibile per la prima volta nel giudizio di legittimità, a condizione che non sia stata prospettata con l'atto di impugnazione o nel corso del giudizio di appello, sicché la Corte di cassazione, apprezzando la circostanza sopravvenuta nell'ambito del complessivo giudizio sull'entità dell'offesa, può ritenere sussistente l'esimente nel solo caso in cui siano immediatamente rilevabili dagli atti i presupposti per la sua applicazione e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali.
Cass. civ. n. 14840/2022
L'istituto dell'ammissione alla prova di cui all'art. 168-bis cod. pen. non si applica con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. (In motivazione la Corte ha affermato che la messa alla prova dei maggiorenni ha natura di "trattamento sanzionatorio" penale, modulato sull'imputato persona fisica e sui reati allo stesso astrattamente riferibili, non estensibile, per il principio della riserva di legge, agli enti, la cui responsabilità amministrativa è riconducibile ad un "tertium genus").
Cass. pen. n. 6596/2023
Il giudizio sulla pericolosità sociale rilevante ai fini dell'applicazione di una misura di sicurezza postula la valutazione congiunta di tutte le circostanze indicate dall'art. 133 cod. pen., come prescritto dall'art. 203, comma secondo, cod. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione che, inferendo il pericolo di recidiva unicamente dalle modalità di commissione del reato e dai disturbi psichiatrici dell'imputato, aveva applicato la misura di sicurezza di cui all'art. 219 cod. pen., senza valutare gli altri parametri indicati dall'art. 133 cod. pen.).
Cass. pen. n. 37346/2022
L'ammissione dell'imputato maggiorenne alla messa alla prova è subordinata al vaglio discrezionale del giudice di merito circa la possibilità di rieducazione e di inserimento dell'interessato nella vita sociale ed è espressione di un giudizio prognostico, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione, condotto sulla scorta dei molteplici indicatori desunti dall'art. 133 cod. pen., inerenti sia alle modalità della condotta che alla personalità del reo, sulla cui base ritenere che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati.
Cass. pen. n. 26257/2022
In tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, il riconoscimento dell'ipotesi del fatto di lieve entità non implica che la pena debba essere determinata in misura corrispondente o prossima al minimo edittale, rientrando nel potere discrezionale del giudice graduarla valorizzando gli stessi indici della lievità del fatto, oltre che gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen..
Cass. pen. n. 5622/2021
In tema di concorso di circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o di circostanze ad effetto speciale, è richiesto al giudice uno specifico dovere di motivazione sia ove egli escluda la rilevanza della circostanza concorrente meno grave, sia ove la ritenga, dovendo essere indicate, in quest'ultimo caso, le ragioni che hanno indotto alla quantificazione dell'aumento.
Cass. pen. n. 36532/2021
È legittima la decisione che determini la pena base nel minimo edittale e contestualmente applichi nella misura minima la diminuzione per le riconosciute circostanze attenuanti generiche, in quanto non sussiste un rapporto di necessaria interdipendenza tra le due statuizioni, le quali - pur richiamandosi entrambe astrattamente ai criteri fissati dall'art. 133 cod. pen. - si fondano su presupposti diversi.
Cass. pen. n. 35534/2021
La rinuncia ai motivi d'appello non costituisce di per sé, anche per via della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, ragione sufficiente per il riconoscimento all'imputato delle circostanze attenuanti generiche, potendo, al più, essere valutata in rapporto alla condotta successiva al reato di cui all'art. 133, comma secondo, n. 3, cod. pen., come espressione di una ridotta capacità a delinquere, sempreché non emergano elementi di segno contrario.
Cass. pen. n. 37533/2021
La sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice ed è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, poiché la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell'art. 58, secondo comma, legge 24 novembre 1981, n. 689, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata.
Cass. pen. n. 17347/2021
In tema di concorso di circostanze del reato, il giudizio di bilanciamento ha carattere unitario e riguarda tutte le circostanze coinvolte nel procedimento di comparazione, sia quelle comuni che ad effetto speciale, in quanto la disciplina differenziata per queste ultime riguarda solo l'applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena e non il concorso di circostanze attenuanti ed aggravanti. (In motivazione la Corte ha, altresì, precisato che la preclusione al bilanciamento opera solo nei casi in cui vi sia un espresso divieto di comparazione).
Cass. pen. n. 37834/2020
Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, in base ai criteri indicati dall'art. 133, primo comma, cod. pen., che può prendere in considerazione anche le precarie condizioni economiche dell'agente al momento della commissione del reato qualora incidano sull'intensità del dolo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'assoluzione ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen. dell'imputata che, a causa della grave difficoltà economica in cui versava e dell'esigenza di garantire a sé e ai figli minori una stabile situazione abitativa, aveva occupato abusivamente un alloggio di proprietà dello I.A.C.P. che aveva liberato, dopo circa un anno, appena trovato un lavoro).
Cass. pen. n. 3779/2020
In tema di applicazione della pena su richiesta, l'apprezzamento sulla congruità o meno della pena proposta non può essere espressione di un giudizio arbitrario, svincolato da qualsivoglia parametro, non solo di legittimità, ma anche di ragionevolezza, ma deve costituire l'esito di un giudizio complesso che, utilizzando i criteri previsti nell'art. 444, comma 2, cod. proc. pen., tenuto conto delle finalità della pena di cui all'art. 27 Cost., pervenga ad una valutazione di sostanziale adeguatezza del trattamento sanzionatorio concordato rispetto all'oggettiva entità del fatto in contestazione ed alla personalità dell'imputato, secondo i parametri dell'art. 133 cod. pen..
Cass. pen. n. 32381/2020
In tema di sostituzione di pene detentive brevi, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione, ai sensi dell'art. 53, legge 24 novembre 1981 n. 689, di una pena pecuniaria in sostituzione di una detentiva, pur essendo legata ai medesimi criteri previsti dall'art. 133 cod. pen. per la determinazione della pena, non implica necessariamente l'esame di tutti i parametri contemplati nella predetta norma. (Fattispecie di guida sotto l'influenza dell'alcool, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di rigetto dell'istanza di sostituzione sulla sola base di precedente specifico con pena sospesa).
Cass. pen. n. 36256/2020
In tema di reati fallimentari, la durata delle pene accessorie deve essere determinata in concreto dal giudice sulla base dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., da parametrarsi, con specifica ed adeguata motivazione, alla funzione preventiva ed interdittiva delle stesse.
Cass. pen. n. 32511/2020
In tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base, vieppiù quando non è possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo della pena base ex art. 81, comma primo, cod. pen., in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati, e i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee (nella specie plurimi delitti di furto in abitazione e ai danni di capannoni industriali).
Cass. pen. n. 33114/2020
In tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall'art. 133 cod. pen., senza che occorra un'analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati. (Conf. n. 10379/1990, Rv. 184914; n. 3163/1988, Rv. 180654).
Cass. pen. n. 23903/2020
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all'uopo sufficiente.
Cass. pen. n. 16508/2020
In tema di pene accessorie, il giudice è tenuto a determinare la durata dell'interdizione dai pubblici uffici, in caso di condanna per uno dei delitti di cui all'art. 317-bis cod. pen., modulandola in correlazione al disvalore del fatto di reato e alla personalità del responsabile ai sensi dell'art. 133 cod. pen., sicchè la stessa non deve necessariamente essere pari alla durata della pena principale.
Cass. pen. n. 23101/2020
In tema di misure di sicurezza personali, la pericolosità sociale rilevante per l'applicazione della misura facoltativa dell'espulsione dal territorio dello Stato di cui all'art. 235 cod. pen. consiste nel pericolo di commissione di nuovi reati e deve essere valutata tenendo conto dei rilievi peritali sulla personalità, sugli effettivi problemi psichiatrici e sulla capacità criminale dell'imputato, nonché sulla scorta di ogni altro parametro valutativo di cui all'art. 133 cod. pen..
Cass. pen. n. 14704/2020
In tema di misure di sicurezza personali, il giudizio di pericolosità del condannato richiesto per l'applicazione dell'espulsione dal territorio dello Stato deve essere effettuato sulla scorta dei parametri valutativi di cui all'art. 133 cod. pen., tenendo conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo e rimanendo coerente e consequenziale rispetto al tessuto argomentativo su cui il giudice di merito ha fondato la propria decisione, onde esso può trovare implicito ma inequivoco fondamento anche nelle circostanze di fatto e nelle valutazioni personologiche effettuate ai fini del giudizio di responsabilità e della commisurazione della sanzione.
Cass. pen. n. 11992/2020
È legittima la pronuncia di diniego implicito della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, anche nel caso di concessione della sospensione condizionale della pena e di riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, quando il giudice, tenuto conto della gravità delle condotte e degli altri elementi di valutazione indicati dall'art. 133 cod. pen., ritenga che l'imputato non possa usufruire di ulteriori benefici. (Fattispecie in tema di rapina in concorso di quattro pizze e quattro lattine di coca-cola).
Cass. pen. n. 42121/2019
In tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, la discrezionalità del giudice nell'applicare la diminuzione derivante dalla ritenuta ricorrenza di una o più circostanze attenuanti deve trovare giustificazione nella motivazione della sentenza e il relativo onere è tanto più intenso quanto più contenuta è l'incidenza del beneficio rispetto alla pena in concreto stabilita. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna che, riconosciute all'imputato le attenuanti generiche, aveva diminuito di un ottavo la pena detentiva e di un sesto quella pecuniaria, non motivando in ordine al rilevante scostamento dalla misura massima dell'entità di tale beneficio).
Cass. pen. n. 34878/2019
In tema di sospensione del processo con messa alla prova, il giudizio in merito all'adeguatezza del programma presentato dall'imputato va operato sulla base degli elementi evocati dall'art. 133 cod. pen., in relazione non soltanto all'idoneità a favorirne il reinserimento sociale, ma anche all'effettiva corrispondenza alle condizioni di vita dello stesso, avuto riguardo alla previsione di un risarcimento del danno corrispondente, ove possibile, al pregiudizio arrecato alla vittima o che, comunque, sia espressione dello sforzo massimo sostenibile dall'imputato alla luce delle sue condizioni economiche, che possono essere verificate dal giudice ex art. 464-bis, comma 5, cod. proc. pen..
Cass. pen. n. 27964/2019
Ai sensi dell'art. 133, comma secondo, nn. 1) e 3), cod. pen., il giudice, in relazione alla concessione o al diniego delle circostanze attenuanti generiche come - in caso affermativo - alla misura della riduzione di pena, deve tenere conto anche della condotta serbata dall'imputato successivamente alla commissione del reato e nel corso del processo, in quanto rivelatrice della sua personalità e, quindi, della sua capacità a delinquere. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha annullato con rinvio la decisione del giudice di merito che aveva negato la concessione delle attenuanti generiche all'imputato, nonostante questi avesse proceduto, ai fini risarcitori, alla vendita di un immobile di sua proprietà ed avesse proficuamente svolto attività di volontariato a servizio di anziani).
Cass. pen. n. 27547/2019
In tema di circostanze attenuanti generiche, la confessione giudiziale, quale condotta susseguente al reato, ha una "rilevanza mediata" al fine della concessione delle stesse, ex art. 133, comma secondo, n. 3, cod. pen., da ritenersi indicatore utile nei limiti di effettiva incidenza sulla capacità a delinquere e non come mero strumento di semplificazione probatoria. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo relativo al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche in presenza di una prova già granitica della responsabilità, riscontrando la strategia meramente speculativa che aveva determinato la confessione).
Cass. pen. n. 10995/2018
Ritenuta la continuazione tra più reati, il giudice può riconoscere le attenuanti generiche secondo i parametri "oggettivi" o "soggettivi" previsti dall'art. 133 cod. pen., sicché se la concessione richiama elementi di fatto di natura oggettiva l'applicazione sarà riferita allo specifico fatto reato senza estensione del beneficio a tutti i reati avvinti dal vincolo della continuazione, mentre se gli elementi circostanziali siano riferibili all'imputato, sulla base di elementi di fatto di natura soggettiva, l'applicazione deve essere riferita indistintamente a tutti i reati uniti dal vincolo della continuazione.(In applicazione del principio la Corte ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche venivano riconosciute sulla base del "comportamento processuale tenuto dagli imputati, ma le aveva applicate al solo reato satellite e non alla pena base).
Cass. pen. n. 43631/2017
Ai fini dell'applicazione delle misure di sicurezza, la prognosi di pericolosità sociale non può limitarsi all'esame delle sole emergenze di natura medico-psichiatrica, ma implica la verifica globale delle circostanze indicate dall'art. 133 cod. pen., espressamente richiamato dall'art. 203 dello stesso codice, fra cui la gravità del reato commesso e la personalità del soggetto, così da approdare ad un giudizio di pericolosità quanto più possibile esaustivo e completo.
Cass. pen. n. 42737/2016
In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice, nell'esprimere il giudizio prognostico richiesto dalla legge sul comportamento futuro dell'imputato, deve prendere in considerazione tutte le circostanze indicate dall'art. 133 cod. pen., con riguardo alla personalità dell'imputato stesso, e, qualora taluni elementi vengano ritenuti prevalenti in senso ostativo alla concessione del beneficio mentre altri inducano a propendere per un diverso esito, è necessario che dia conto, con adeguata motivazione, di tale prevalenza, al fine di consentire un controllo sull'uso del potere discrezionale esercitato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la sentenza che aveva motivato la mancata concessione del beneficio facendo riferimento all'idoneità della prosecuzione dello stato detentivo a favorire un percorso di revisione critica della pregressa condotta criminale).
Cass. pen. n. 26557/2016
In tema di stupefacenti, il giudice dell'esecuzione che procede alla rideterminazione della pena in applicazione della disciplina più favorevole determinatasi per le c.d. "droghe leggere" per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, non può revocare la sanzione accessoria del ritiro della patente di guida inflitta ai sensi dell'art. 85 d.P.R. 309 del 1990, disposizione attualmente in vigore nella sua originaria formulazione, né può modificare la suddetta sanzione accessoria qualora nella sentenza di condanna il giudice della cognizione abbia adeguatamente motivato il proprio convincimento in ordine alla specie e alla durata della sanzione accessoria e questa sia, in relazione alla pena principale rideterminata, conforme al parametro legale.
Cass. pen. n. 3155/2014
Deve ritenersi adempiuto l'obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena, allorché siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell'ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all'art. 133 cod. pen.
Cass. pen. n. 27959/2013
L'irrogazione della pena in una misura prossima al massimo edittale rende necessaria una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, non essendo sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la pronuncia di condanna ad una pena prossima al massimo edittale per aver definito la sanzione in motivazione come "equa e proporzionata" e tale da mantenere un rapporto di "congruità" con la "gravità della condotta").
Cass. pen. n. 24213/2013
In tema di determinazione della pena, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall'art. 133 c.p., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio. (Fattispecie in cui la Corte di Appello aveva confermato la pena irrogata dal primo giudice, assumendo il massimo edittale quale parametro per il computo della diminuente del rito abbreviato, senza dare risposta ai rilievi contenuti nei motivi di appello).
Cass. pen. n. 21294/2013
La determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen.
Cass. pen. n. 3609/2011
Ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso.
Cass. pen. n. 24476/2010
La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell'art. 58, secondo comma, L. 24 novembre 1981 n. 689 ("Modifiche al sistema penale"), si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione. (Nell'enunciare tale principio, la Corte ha affermato che, nell'esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell'art. 133 c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell'imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche).
Cass. pen. n. 11920/2010
Nel giudizio volto alla commisurazione della pena e all'applicazione delle circostanze attenuanti generiche può assumere rilievo, in riferimento al parametro della capacità a delinquere, il fatto che l'imputato abbia violato una misura cautelare.
Cass. pen. n. 36245/2009
La specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere.
Cass. pen. n. 1786/2009
Ai fini della determinazione della pena il giudice, nel valutare la gravità del danno cagionato dal reato, deve fare riferimento non soltanto a quello derivato, con relazione di diretta immediatezza, dalla lesione del bene protetto, ma anche alle conseguenze dannose indirette di tale lesione, senza però prendere in considerazione pregiudizi che si collocano in una dimensione remota rispetto all'atto lesivo. (Fattispecie relativa alla colposa causazione della morte di un arrestato da parte d'agenti di polizia, nella quale la Corte ha escluso possa assumere rilievo, ai fini di commisurazione della pena, il discredito gettato dagli stessi sulle forze dell'ordine).
Nella commisurazione della pena per il reato d'omicidio, non può assumere rilievo, per giustificare la scelta di una sanzione prossima ai limiti massimi edittali, la giovane età della vittima, in quanto il pregiudizio del bene vita non è in alcun modo graduabile in relazione all'età della persona offesa (fattispecie in tema d'omicidio colposo).
Cass. pen. n. 22632/2008
Il grado della colpa, che rileva ex artt. 43, 61, comma primo, n. 3 e 133 c.p. ai fini della personalizzazione del rimprovero che può essere mosso all'agente, e quindi della sua colpevolezza, va determinato considerando: 1 ) la gravità della violazione della regola cautelare ; 2 ) la misura della prevedibilità ed evitabilità dell'evento; 3 ) la condizione personale dell'agente; 4 ) il possesso di qualità personali utili a fronteggiare la situazione pericolosa ; 5 ) le motivazioni della condotta. Nel caso in cui coesistano fattori differenti e di segno contrario, il giudice dovrà valutarli comparativamente.
Cass. pen. n. 3288/2005
Ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche basta che il giudice del merito prenda in esame quello tra gli elementi indicati nell'articolo 133 c.p. che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti stesse.
Cass. pen. n. 36382/2003
La concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, e può ben essere motivato implicitamente attraverso l'esame esplicito di tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p.
Cass. pen. n. 9681/2003
Ai fini dell'applicabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62 bis c.p., è necessario che il giudice, qualora la riconosca in relazione ad uno dei parametri indicati nell'art. 133 c.p., quale ad esempio la mancanza di precedenti penali, effettui una valutazione comparativa con gli altri parametri e indichi le ragioni che ne riconoscano il valore preminente.
Cass. pen. n. 22650/2001
Nell'ipotesi di condanna per reati punibili con pena detentiva congiunta a quella pecuniaria, la diminuzione della pena per l'applicazione di circostanze attenuanti (nella specie, generiche) deve riferirsi a entrambe le pene congiunte, ma bene può adottarsi una diversa misura di aumento o di diminuzione in relazione alla pena base pecuniaria e a quella detentiva.
Cass. pen. n. 1384/2000
In tema di esigenze cautelari la valutazione negativa della personalità dell'indagato può desumersi tenendo presenti i criteri, oggettivi e dettagliati stabiliti dall'art. 133 c.p., fra i quali sono comprese le modalità e la gravità del fatto-reato, sicché non deve essere considerato il tipo di reato o una sua ipotetica gravità, ma devono valutarsi situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità del soggetto con una motivazione fondata sulla concretezza dei fatti e non su criteri generici e/o automatici. (Nella fattispecie la Corte ha rigettato il ricorso contro l'ordinanza del tribunale del riesame dando atto che nel procedimento erano stati individuati gli atti o i comportamenti concretamente sintomatici della pericolosità dell'indagato nelle modalità dei fatti e nelle dichiarazioni della parte offesa apprezzate nella loro credibilità sia in base ad un esame della loro coerenza logica intrinseca sia attraverso riscontri oggettivi).
Cass. pen. n. 2416/1999
La pericolosità sociale dell'indagato, valutata ai sensi dell'art. 133 c.p., si pone come presupposto positivo per la applicazione della misura cautelare restrittiva ed impedisce la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Pertanto, poiché ogni provvedimento cautelare deve essere proporzionato alla entità del fatto ed alla pena che potrebbe essere irrogata, da un lato, è fatto divieto al giudice di disporre la custodia cautelare qualora ritenga possibile la applicazione del beneficio della sospensione condizionale, dall'altro, la ritenuta sussistenza delle esigenze di cui alla lett. c) dell'art. 274 c.p.c. (la necessità di contrastare, appunto, la pericolosità sociale dell'indagato) impedisce qualsiasi prognosi favorevole in ordine al futuro comportamento dello stesso ed esclude la possibilità di concessione del predetto beneficio.
Cass. pen. n. 5583/1999
In materia di sostituzione delle pene detentive brevi, e con riferimento ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p., il giudice non può includere nel criterio di scelta l'eventuale «convenienza», prospettata dalla parte, di vedersi infliggere la pena detentiva, intrinsecamente più grave (nella specie, l'arresto), invece di quella pecuniaria (nella specie, l'ammenda); e ciò in funzione dell'applicabilità del meccanismo di sostituzione ai sensi dell'art. 53 della legge 689/81. Ne deriva che non può configurarsi, nella fattispecie, come «carenza di motivazione» il silenzio della sentenza impugnata in ordine all'anomala richiesta avanzata, in via subordinata, dal difensore, poiché la implicita ma inequivoca risposta negativa a detta istanza si evince, dal corretto riferimento del giudice ai menzionati criteri di cui all'art. 133 c.p., e segnatamente, alla «vita anteatta del reo»: riferimento manifestamente correlato alla funzione rieducativa inerente al genere di sanzione in concreto irrogata.
Cass. pen. n. 150/1999
Nel determinare la pena, il giudice è tenuto a valutare tutti gli elementi previsti dall'art. 133 c.p., ma ciò non comporta che il relativo apprezzamento debba convergere in un'unica direzione, giacché è possibile che alcuno di tali elementi sia ritenuto di valenza tale da sopravanzare quelli di segno opposto pur verificati.
Cass. pen. n. 9120/1998
Deve ritenersi adempiuto l'obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell'ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p.
Cass. pen. n. 9116/1998
La riabilitazione estingue le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna ma non preclude la valutazione dei precedenti penali e giudiziari del riabilitato, e, in genere, della sua condotta e della sua vita, antecedenti al reato, valutazione che l'art. 133, secondo comma, n. 2, rimette al giudice, al fine dell'accertamento della capacità a delinquere del colpevole.
Cass. pen. n. 707/1998
Ai fini dell'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., il giudice deve riferirsi ai parametri di cui all'art. 133 c.p., ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento. Ne consegue che il riferimento, da parte del giudice di appello, ai precedenti penali dell'imputato, indice concreto della sua personalità — in mancanza di specifiche censure o richieste della parte interessata, in sede di impugnazione, in ordine all'esame di altre circostanze di fatto inerenti ai suddetti parametri — adempie all'obbligo di motivare sul punto.
Cass. pen. n. 1455/1998
Ai sensi degli artt. 53, 56 e 58 legge 24 novembre 1981, n. 689, la conversione della pena detentiva e la scelta della sanzione sostitutiva sono rimesse al potere discrezionale del giudice del merito, il quale deve valutare i presupposti legittimanti — idoneità della sostituzione al fine del reinserimento sociale del condannato e prognosi positiva circa l'adempimento delle prescrizioni applicabili — con gli stessi criteri direttivi dettati, in via generale, dall'art. 133 c.p. In tale ambito, lo status di straniero e di disoccupato del condannato non è, di norma, valutabile, potendo essere valorizzato, in via atipica ed eccezionale, soltanto nei limiti di un negativo giudizio prognostico e, quindi, al solo fine di apprezzare il divieto normativo di conversione nell'ipotesi di presunzione di inadempimento delle prescrizioni applicabili.
Cass. pen. n. 978/1997
La determinazione della pena non va rapportata, in relazione al criterio indicato nell'art. 133 c.p., alla quantità del contributo causale della condotta dell'imputato nella produzione dell'evento, bensì al grado della colpa. Infatti, l'entità dell'apporto causale costituisce un aspetto che prescinde, non essendo omogeneo, dal grado della colpa nel suo complesso.
Cass. pen. n. 4884/1997
Nell'ipotesi di patteggiamento, incidente sull'applicazione di una pena pecuniaria, non sussiste violazione della legge penale — denunziata con riferimento all'applicazione della pena in misura superiore al massimo edittale, ma comunque in conformità al consenso raggiunto tra le parti — qualora non risulti la non operatività dell'art. 133 bis c.p. (valutazione delle condizioni economiche del reo) che consenta l'aumento fino al triplo della pena pecuniaria.
Cass. pen. n. 2631/1996
In tema di esigenze cautelari, l'art. 274 lett. c) c.p.p., come modificato dall'art. 3 legge 8 agosto 1995 n. 332 non impedisce di trarre il pericolo concreto di reiterazione dei reati della stessa specie cioè lesivi dell'interesse protetto e dello stesso valore costituzionale anche dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, considerate nella loro obiettività. La valutazione negativa della personalità dell'indagato può desumersi tenendo presenti i criteri, oggettivi e dettagliati stabiliti dall'art. 133 c.p., fra i quali sono comprese le modalità e la gravità del fatto-reato, sicché non deve essere considerato il tipo di reato o una sua ipotetica gravità, ma devono valutarsi situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità del soggetto su una motivazione fondata sulla concretezza dei fatti e non su criteri generici e/o automatici.
Cass. pen. n. 2439/1996
In tema di esigenze cautelari per l'adozione di misure coercitive personali, la prognosi idonea a fondare il giudizio di probabile reiterazione della condotta criminosa risulta correttamente formulata quando il giudice abbia dato rilievo sia alla particolare significazione di dati sintomatici di natura oggettiva, sia alla personalità dell'indagato, enucleando, dalla condotta complessiva dello stesso e da tutti gli altri parametri enunciati nell'art. 133 c.p. rilevanti nel caso specifico, gli elementi concreti di valutazione da porre a fondamento dell'ordinanza che dispone la misura.
Cass. pen. n. 8156/1996
In tema di commisurazione della pena, quando questa venga compresa tra il minimo e il medio edittale, la motivazione non deve necessariamente svilupparsi in un esame dei singoli criteri elencati nell'art. 133 c.p., essendo sufficiente il riferimento alla necessità di adeguamento al caso concreto.
Cass. pen. n. 4790/1996
Ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime.
Cass. pen. n. 4606/1996
La concessione della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è subordinata unicamente alla valutazione positiva delle circostanze indicate nell'art. 133 c.p., restando precluso ogni altro diverso criterio di giudizio. Pertanto, è illegittimo il rifiuto del beneficio detto basato sulla considerazione che la pubblicità insita nella menzione della condanna può costituire un monito per l'imputato, sconsigliandolo in futuro dal commettere ulteriori reati.
Cass. pen. n. 11513/1995
L'adempimento dell'obbligo della motivazione in ordine alla determinazione della pena ed alla scelta della sanzione non può essere assolto con il mero richiamo all'art. 133 c.p. (gravità del reato: valutazione agli effetti della pena) ma è necessario che siano enunciati, seppur sinteticamente, gli elementi giustificativi della scelta. Tale onere, tuttavia, con riguardo al giudizio di appello, deve essere correlato con il principio dell'integrazione delle motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado. Deve peraltro aggiungersi che l'uso di espressioni sintetiche quali «alla luce dei criteri ex art. 133 c.p.» o «pena congrua» è giustificato quando viene irrogata una pena molto vicina al minimo edittale, giacché non essendo, in tale caso, necessaria una analitica enunciazione dei criteri.
Cass. pen. n. 4959/1995
In sede di esecuzione il giudice è tenuto — ai fini dell'applicazione e della revoca del condono in caso di reato continuato — ad individuare il reato più grave, allorché ciò non sia stato fatto in sede di cognizione. Tale individuazione va compiuta sulla base di criteri previsti dall'art. 133 c.p., tra i quali rientra quello della gravità del danno. (Fattispecie in tema di richiesta di revoca di condono concesso ai sensi del D.P.R. n. 394 del 1990. Affermando il principio la Corte di cassazione ha annullato l'ordinanza della corte di appello, in funzione di giudice dell'esecuzione, che aveva ritenuto di non poter individuare — tra i meri reati di ricettazione uniti dal vincolo della continuazione — quello più grave, e di dovere pertanto, in forza del principio del favor rei stabilire che la pena detentiva base si riferisce a uno dei reati di ricettazione commesso prima del 24 dicembre 1990).
Cass. pen. n. 4385/1995
Poiché il comma 2 bis dell'art. 275 c.p.p. nella sua nuova formulazione, a seguito della L. 8 agosto 1995, n. 332, sancisce che la misura della custodia cautelare non può essere disposta ove con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, il Gip, richiesto della misura restrittiva, deve compiere un giudizio prognostico valutando i fatti e la personalità dell'indagato secondo i criteri di cui all'art. 133 c.p. Solo ove tale valutazione sia negativa - e di tutto ciò è necessario dare atto nella motivazione - sarà possibile emettere il provvedimento impositivo.
Cass. pen. n. 9781/1995
I benefici di legge non possono essere negati in considerazione «della assenza di resipiscenza processuale» dell'imputato che non consente una prognosi favorevole. Infatti, l'esercizio del diritto di difendersi — in cui finisce per sostanziarsi l'assenza della resipiscenza processuale — non può essere assunto ai sensi dell'art. 133 c.p. come elemento in base al quale dedurre una futura capacità a delinquere. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio, la Suprema Corte ha altresì ritenuto incomprensibile l'accenno — anch'esso per motivare il diniego — alla qualifica dell'imputato, semplice gestore di un distributore di carburante).
Cass. pen. n. 6034/1995
Il giudice di merito — per adempiere all'obbligo della motivazione nel determinare la misura della diminuzione della pena in conseguenza dell'applicazione di circostanze attenuanti — esercita una tipica facoltà discrezionale e perciò non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione dell'elemento o degli elementi resisi determinanti per la soluzione adottata. Conseguentemente, anche l'uso di espressioni come «pena congrua», «pena equa», «congrua riduzione», «congruo aumento» o il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere dell'imputato sono sufficienti a far ritenere che il giudice abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall'art. 133 c.p. per il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla norma in ordine al quantum della pena.
Cass. pen. n. 560/1995
Il giudizio sulla concedibilità del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è subordinato esclusivamente alla valutazione delle circostanze di cui all'art. 133 c.p., sicché resta precluso ogni altro criterio di valutazione. In particolare, non è giustificato il diniego in base alla considerazione che l'iscrizione può costituire una remora per il compimento di altri reati da parte del colpevole. Tale motivazione, infatti, è erronea perché l'annotazione della condanna non costituisce un fattore dissuasivo da illeciti futuri, mentre la norma dell'art. 175 c.p. è diretta proprio al raggiungimento dell'effetto opposto, che è quello di favorire il ravvedimento del condannato mediante l'eliminazione di talune conseguenze del reato, che possano compromettere o intralciare la sua possibilità di lavoro.
Cass. pen. n. 11355/1994
Ai sensi del comma 2 dell'art. 133 c.p. i precedenti penali e giudiziari del reo rilevano ai fini della determinazione della capacità a delinquere del colpevole e possono essere presi in considerazione per la commisurazione della pena, nel senso che la condotta di vita pregressa, indenne da condanne, si proietta in modo favorevole sulla personalità del soggetto ed orienta in senso positivo, per il colpevole stesso, il potere discrezionale del giudice nella determinazione in concreto della sanzione penale.
Cass. pen. n. 9924/1994
In tema di armi, l'attenuante della lieve entità del fatto di cui all'art. 5 della L. 2 ottobre 1967, n. 895 è facoltativa, come è dato desumere dal verbo «possono» usato dal legislatore in detta norma; ne deriva che la sua concessione non viene legata solo all'esame sulla qualità o quantità delle armi o munizioni ma deve essere commisurata a tutti i parametri dell'art. 133 c.p. cui deve riferirsi il giudice ogni qualvolta fa uso di un potere discrezionale. (Nella fattispecie la Cassazione ha ritenuto corretto l'operato dei giudici di merito che avevano negato la concessione della suddetta attenuante tenuto conto che si trattava di detenzione di arma «clandestina» da parte di soggetto dedito al «traffico di stupefacenti»).
Cass. pen. n. 2692/1994
Quando è remoto nel tempo il fatto delittuoso per il quale viene disposta la misura de libertate, la motivazione del provvedimento cautelare dev'essere svolta anche con riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., valutando la condotta tenuta dall'indagato fra il momento della consumazione del reato e quello dell'adozione del provvedimento stesso, sia ai fini delle esigenze cautelari che della misura da applicare in concreto.
Cass. pen. n. 6329/1994
Il riconoscimento di una o più circostanze attenuanti non comporta la diminuzione della pena nella misura massima possibile, potendo e dovendo il giudice determinare la pena in concreto (compresa la misura della diminuzione per effetto delle attenuanti) secondo i criteri stabiliti nell'art. 133 c.p.
Cass. pen. n. 1154/1994
In materia di misure cautelari personali, l'indagine che il giudice di merito (quello che ha applicato la misura, ed il tribunale del riesame) è tenuto a compiere - che deve necessariamente riflettersi nella motivazione, per formulare il giudizio prognostico in ordine alla pericolosità sociale dell'indagato a norma dell'art. 274 lett. c) c.p.p. - deve tener conto degli elementi enunciati nell'art. 133 c.p. concernenti la gravità del fatto, e la capacità a delinquere. Da tali elementi, a carattere oggettivo, detto giudice deve giungere, con motivazione adeguata e congrua, esente da vizi logici ed errori di diritto, alla formulazione della prognosi di pericolosità sociale dell'indagato o imputato a salvaguardia della collettività, che deve tradursi nella dichiarazione di una concreta probabilità che egli commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale, ovvero delitti di criminalità organizzata, o della stessa specie di quello per cui si procede, qualora il soggetto sia lasciato o restituito in libertà.
Cass. pen. n. 549/1994
In mancanza di elementi macroscopicamente rivelatori di incongruità, per eccesso o per difetto, il giudizio in ordine alla ritenuta congruità della pena patteggiata nei limiti di cui all'art. 27 terzo comma della Costituzione può dirsi adeguatamente motivato, quando il giudice si limiti ad esplicitare la propria valutazione in tal senso, allorché risulti dal contesto dell'intera decisione che, nella valutazione complessiva, egli ha tenuto presenti quegli elementi che possono assumere rilevanza determinante, come le circostanze del reato e la condizione personale dell'imputato.
Cass. pen. n. 1305/1994
Allorquando la determinazione della pena da infliggere al condannato è quantificata a livelli che si discostano dai minimi edittali, sia per la quantificazione della pena per il reato base, che per quella per l'aumento per continuazione, in presenza di unificazione dei fatti di reato ex art. 81 c.p., il giudice deve specificare dettagliatamente le ragioni che lo hanno indotto a tale decisione, al fine di rendere possibile il controllo della motivazione sottesa alla deliberazione sul punto.
Cass. pen. n. 1121/1993
Il giudizio sulla congruità della pena richiesta dalle parti va riferito alle peculiarità oggettive e soggettive della fattispecie contestata, in base ai criteri indicati dagli artt. 133 e 133 bis c.p., e non già alla gravità, in astratto, del reato contestato, la cui valutazione è rimessa al legislatore e alla disciplina sanzionatoria, minima e massima, da questi ritenuta adeguata.
Cass. pen. n. 5787/1993
Il giudice non è tenuto a dar conto di tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. nell'ambito della valutazione della fattispecie criminosa sottoposta al suo esame, al fine del giudizio di valenza tra attenuanti ed aggravanti e della gradazione della pena, bensì unicamente di quelli, tra essi, cui specificamente si riferisce.
Cass. pen. n. 2280/1993
Ai fini della determinazione dei criteri di irrogazione della pena, non occorre nella motivazione una «parte spaziale autonoma» essendo sufficiente che i relativi criteri siano indicati nell'intero corpo della decisione.
Tra i criteri direttivi per la determinazione della pena il giudice deve tener conto della necessità della rieducazione: è quindi necessario valutare la personalità dell'imputato e le sue inclinazioni soggettive con riferimento alla capacità a delinquere, intesa come l'attitudine del soggetto a commettere nuovi reati (definizione prognostica).
Cass. pen. n. 15/1993
Ai fini del puntuale adempimento dell'obbligo di motivazione, anche in ordine alla scelta e al dosaggio della sanzione, non è sufficiente il mero richiamo all'art. 133 c.p., senza l'indicazione degli elementi giustificativi, con particolare riguardo a quello psicologico e alla condotta, durante e dopo la commissione del reato, la cui valutazione è essenziale per l'equa commisurazione della pena al caso concreto, in conformità all'art. 3 della Costituzione. (Fattispecie in tema di incauto acquisto: la Suprema Corte ha ritenuto viziata da illogicità e contraddittorietà la sentenza con la quale il pretore, pur avendo riconosciuto la gravità del fatto e la pericolosità dell'imputato, e malgrado la richiesta del pubblico ministero di infliggere la sanzione detentiva, aveva applicato la pena pecuniaria, senza motivare adeguatamente il trattamento sanzionatorio particolarmente lieve).
Cass. pen. n. 2501/1992
Qualora il giudice, esercitando il potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, ritenga di dover apportare alla pena fissata per il reato più grave un notevole aumento a titolo di continuazione, nel caso in cui all'imputato siano state concesse le attenuanti generiche in riferimento all'art. 133 c.p., è necessaria una specifica motivazione sul punto.
Cass. pen. n. 2240/1991
Il principio costituzionale delle finalità rieducative della pena (art. 27, terzo comma Cost.), che informa tutto il sistema penale e non soltanto la fase dell'esecuzione, si riflette sul meccanismo delineato nell'art. 133 c.p., orientando il potere discrezionale del giudice. Ne consegue che la commisurazione della pena non può prescindere dalle «necessità rieducative» da determinare in relazione alla gravità del reato e alla personalità dell'imputato.
Cass. pen. n. 15811/1990
Ai fini della determinazione della pena il giudice deve procedere ad una valutazione complessiva del fatto e della personalità dell'autore, categorie di elementi che, se pure sono indicate in due parti separate della stessa disposizione, (art. 133 c.p.), molto spesso si integrano. Nell'ipotesi in cui gli elementi negativi di valutazione siano particolarmente rilevanti è superfluo procedere ad un esame dettagliato di quelli positivi, specialmente quando taluni di questi presentino scarso significato.
Cass. pen. n. 2696/1990
I criteri legali ai quali il giudice deve attenersi nella scelta tra minimo e massimo della pena edittale sono quelli della retribuzione (gravità complessiva del fatto) e della prevenzione sociale (capacità a delinquere in termini di attitudine del reo a commettere crimini).
Cass. pen. n. 14414/1990
La regola per cui non può tenersi conto due volte dello stesso elemento a favore o contro il colpevole non si applica quando tale elemento non è l'unico rilevabile dagli atti oppure non sia ritenuto dal giudice il solo prevalente e lecito e venga in considerazione per fini diversi, come, ad esempio, al fine di determinare la pena base e di stabilire se concedere o negare una circostanza attenuante. Legittimamente, pertanto, il giudice può valutare gli stessi elementi (nella specie gravità del fatto e precedenti penali dell'imputato) una prima volta per negare le attenuanti generiche e una seconda volta per determinare la misura della pena.
Cass. pen. n. 12488/1990
Nella determinazione del trattamento sanzionatorio il giudice gode di una discrezionalità vincolata, per cui deve dar ragione dei criteri legali che sono sintetizzabili nella retribuzione (gravità complessiva del fatto) e nella prevenzione sociale (capacità a delinquere in termine di attitudine del reo a commettere crimini). (Nella fattispecie il giudice del merito ai fini della quantificazione della pena teneva conto soltanto della gravità del fatto, senza valutare gli elementi soggettivi che concorrono alla valutazione della capacità a delinquere in riferimento all'esigenza di difesa della società. La S.C. in applicazione del detto principio annullava per vizio di motivazione).
Cass. pen. n. 11402/1990
La valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione di una misura sostitutiva è legata agli stessi criteri già previsti dalla legge per la determinazione della pena e cioè non può prescindere da quelli individuati dall'art. 133 c.p., dai quali va tratto il giudizio prognostico positivo cui la legge subordina la stessa possibilità della sostituzione. Ne consegue che è legittimo il diniego, operato dal giudice del merito, di sostituire la pena detentiva con quella pecuniaria della specie corrispondente, a colui che per le condizioni soggettive, quali i precedenti penali, non ne è ritenuto meritevole dal predetto giudice.
Cass. pen. n. 6790/1990
Per condotta successiva al reato, rilevante ai fini dell'art. 133 c.p., va considerato qualcosa di ulteriore e diverso rispetto alla mera cessazione della continuazione, che può essere dipesa anche da cause diverse dalla ridotta pericolosità del soggetto.
Cass. civ. n. 1546/1990
In tema di sanzioni amministrative, i criteri di determinazione della sanzione, stabiliti dall'art. 11 della L. 24 novembre 1981 n. 689, pur non identificandosi interamente con quelli previsti dall'art. 133 c.p., rispecchiano, tuttavia, anch'essi la natura essenzialmente punitiva della sanzione stessa e sono, quindi, affidati, nell'applicazione ai casi singoli, alla valutazione discrezionale dell'autorità amministrativa, ancorché soggetta al controllo del giudice (art. 23 legge cit.). Nell'esercizio di tale potere di controllo, il giudice può fare riferimento — in mancanza di elementi tali da determinare un giudizio particolarmente favorevole per il trasgressore — al criterio adottato dall'art. 16 legge cit. (che prevede il pagamento in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale), che può essere legittimamente utilizzato ove l'infrazione non abbia caratterizzazioni specifiche che possano indurre ad apprezzarla con maggior o minor rigore.
Cass. pen. n. 2218/1990
In tema di determinazione della pena, il giudice, in osservanza al disposto di cui all'art. 133 c.p., trae elementi di valutazione anche dalla considerazione della personalità del giudicabile, quale si manifesta nel tempo posteriore alla consumazione del reato e durante il processo. Ne consegue che, se l'imputato non ha il dovere di rispondere alle domande postegli e di confessarsi autore del reato contestatogli, pure l'esercizio di tale diritto non può risolversi in un divieto per il giudice di trarre conclusioni da quell'atteggiamento, sia al fine della quantificazione della pena (base), che a quello della (eventuale) concessione delle attenuanti generiche; le quali, come possono essere accordate per ravvedimento del reo, allo stesso modo possono essere negate a causa del comportamento processuale del giudicabile, che manifesti una personalità negativa.
Cass. pen. n. 10276/1989
Nel determinare l'entità della pena si deve tener conto della capacità a delinquere del colpevole, desunta dai precedenti penali e giudiziari, e della condotta del reo antecedente, contemporanea e susseguente al reato. Pertanto, qualunque sentenza di condanna, anche relativa ad un fatto successivo rispetto a quello in decisione, è idonea a qualificare la personalità e la pericolosità del soggetto, rivelandone la sua persistenza nel delitto.
Cass. pen. n. 56/1989
In tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell'art. 133 c.p., assolve adeguatamente all'obbligo della motivazione, infatti, tale valutazione rientra nella sua discrezionalità e non postula un'analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto.