Art. 230 – Codice penale – Casi nei quali deve essere ordinata la libertà vigilata
La libertà vigilata è sempre ordinata:
1) se è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni: e non può, in tal caso, avere durata inferiore a tre anni;
2) quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale;
3) se il contravventore abituale o professionale, non essendo più sottoposto a misure di sicurezza, commette un nuovo reato, il quale sia nuova manifestazione di abitualità o professionalità;
4) negli altri casi determinati dalla legge [210, 223, 225, 238, 417].
Nel caso in cui sia stata disposta l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, il giudice, al termine dell'assegnazione, può ordinare che la persona da dimettere sia posta in liberà vigilata, ovvero può obbligarla a cauzione di buona condotta.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 15810/2024
In tema di impresa familiare, i diritti di partecipazione del collaboratore sui beni acquistati dal titolare con gli utili non ripartiti hanno natura obbligatoria e non reale, in coerenza: a) con la natura individuale dell'impresa e, quindi, con l'alterità del soggetto collaboratore rispetto alla stessa; b) con l'autonomia operativa dell'azienda familiare, non armonizzabile con l'assoggettamento alle normali regole della comunione; c) con le esigenze di tutela dei terzi, in quanto la contitolarità comporterebbe la sottrazione di detti beni al rischio imprenditoriale.
Cass. civ. n. 15026/2024
In tema di impresa familiare, il partecipante che agisce per ottenere la propria quota di utili ha l'onere di provare la consistenza del patrimonio aziendale e la quota astratta della propria partecipazione, potendo a tal fine ricorrere anche a presunzioni semplici, tra cui la predeterminazione delle quote operata a fini fiscali; sul familiare esercente l'impresa grava invece l'onere di fornire la prova contraria rispetto alle eventuali presunzioni semplici, nonché di dimostrare il pagamento degli utili spettanti pro quota a ciascun partecipante.
Cass. civ. n. 13379/2024
In tema di procedimento in appello, il giudice che perviene a una decisione di condanna, diversamente apprezzando le dichiarazioni dibattimentali rese da un perito o da un consulente tecnico, è tenuto, nel caso si tratti di prove decisive, alla rinnovazione istruttoria dibattimentale mediante l'esame del predetto perito o consulente.
Cass. civ. n. 3060/2024
Integra il reato di cui all'art. 388, comma quinto, cod. pen. la condotta del socio accomandatario di una s.a.s. che trasferisce a sé stesso la proprietà di un bene della società pignorato affidato alla sua custodia, trattandosi di un atto dispositivo che incide sui tempi della procedura esecutiva e potenzialmente pregiudizievole per l'interesse del creditore, senza che rilevi la responsabilità dell'agente per le obbligazioni sociali che, sebbene illimitata e solidale, opera solo in via sussidiaria.
Cass. civ. n. 39832/2023
In tema di prova scientifica, il diritto al contraddittorio deve essere tutelato in tutte le fasi che ne caratterizzano la formazione, con la conseguenza che i tecnici di parte: a) devono avere la possibilità di presenziare al conferimento dell'incarico e alla formulazione del quesito; b) devono essere posti in condizione di partecipare alle operazioni tecniche; c) ove la parte lo richieda, devono essere esaminati in contraddittorio nel dibattimento (o nell'incidente probatorio), senza che a tal fine sia necessario che la partecipazione dei medesimi allo svolgimento delle operazioni peritali sia stata "reattiva", in quanto caratterizzata dalla proposizione di specifiche critiche avverso il metodo utilizzato dal tecnico d'ufficio.
Cass. civ. n. 33149/2023
In materia di impresa familiare, il reddito percepito dal titolare, che è pari al reddito conseguito dall'impresa al netto delle quote di competenza dei familiari collaboratori, costituisce un reddito d'impresa, mentre le quote spettanti ai collaboratori - che non sono contitolari dell'impresa familiare - costituiscono redditi di puro lavoro, non assimilabili a quello di impresa, e devono essere assoggettati all'imposizione nei limiti dei redditi dichiarati dall'imprenditore; ne consegue che, dal punto di vista fiscale, in caso di accertamento di un maggior reddito imprenditoriale, lo stesso deve essere riferito soltanto al titolare dell'impresa, rimanendo escluso che possa essere attribuito pro quota agli altri familiari collaboratori aventi diritto alla partecipazione agli utili d'impresa.
Cass. civ. n. 32569/2023
In tema di libertà vigilata, il combinato disposto di cui agli artt. 230, comma primo, e 417 cod. pen. impone, in caso di condanna per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen. a pena non inferiore a dieci anni di reclusione, l'applicazione di tale misura per la durata di tre anni, sicché il giudice non è onerato di uno specifico obbligo di motivazione in relazione alla pericolosità sociale del condannato.
Cass. civ. n. 32353/2023
In caso di continuazione dell'attività di impresa del de cuius da parte degli eredi non si configura una mera comunione di godimento, ma, fino all'iscrizione nel registro delle imprese, una società di fatto o irregolare, con conseguente responsabilità solidale ed illimitata di tutti i soci ex art. 2297 c.c.; conseguentemente, se l'erede è convenuto in giudizio per il pagamento dei debiti sociali non quale socio di fatto, ma quale mero successore mortis causa del de cuius, va dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva, perché - evocato in tale veste - egli nemmeno potrebbe far valere il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale.
Cass. civ. n. 29863/2023
In tema di liberazione condizionale, la revoca del beneficio per la violazione degli obblighi inerenti alla libertà vigilata presuppone il mancato ravvedimento del condannato, desumibile da trasgressioni che, se costituite da illeciti penali non oggetto di sentenze irrevocabili, possono essere valutate incidentalmente dal tribunale di sorveglianza, fermo restando, in caso di proscioglimento in sede di cognizione, l'esame della rilevanza delle violazioni sulla partecipazione dell'interessato al trattamento rieducativo.
Cass. civ. n. 12348/2023
In materia di esame contabile, ai sensi dell'art. 198 c.p.c., il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, anche prescindendo dall'attività di allegazione delle parti, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato - tenuto anche conto della peculiarità del rito del lavoro, caratterizzato da pregnanti poteri istruttori d'ufficio, che si riflettono sull'ampiezza delle prerogative del c.t.u. incaricato di coadiuvare il giudice - la sentenza impugnata che, nel motivare il rigetto delle censure di nullità della consulenza tecnica d'ufficio, definita di tipo percipiente, aveva rilevato come il consulente fosse stato autorizzato dal giudice ad acquisire documenti ed effettuare accertamenti presso soggetti privati e pubblici, svolgendo tali compiti nei limiti dei fatti allegati dalle parti a fondamento delle domande e delle eccezioni).
Cass. civ. n. 4302/2023
Non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice di appello che, anche nel caso di impugnazione proposta dal solo imputato, aggravi le modalità di esecuzione della misura di sicurezza applicata dal primo giudice, dovendo le prescrizioni essere idonee ad evitare l'occasione di nuovi reati e potendo le stesse essere, pertanto, suscettibili di successive modifiche o limitazioni.
Cass. civ. n. 3856/2023
Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa in favore del titolare di un'impresa familiare, dall'utile prodotto dalla stessa va detratta la quota spettante al familiare collaboratore, non potendo quest'ultima qualificarsi come costo nella determinazione del reddito dell'impresa medesima.
Cass. pen. n. 867/1992
L'applicazione del condono di due anni sulla maggior pena inflitta, effettuata ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394, non incide sulla quantità della pena prevista dall'art. 230 c.p. per farsi luogo alla libertà vigilata e ciò sia perché, in generale, l'applicazione dell'indulto non si riflette (salve le ipotesi di cui all'art. 210 c.p. in caso di totale estinzione della pena) sull'applicabilità delle misure di sicurezza e sulle questioni ad essa inerenti, sia perché in particolare, il condono di che trattasi è revocabile ai sensi dell'art. 4 del citato decreto.
Cass. pen. n. 10527/1988
Il giudice di cognizione, quando è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni, può, previo accertamento che colui che ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa, irrogargli la misura di sicurezza della libertà vigilata per una durata anche superiore a quella minima di tre anni prevista dalla legge. Decorso però il detto termine minimo il magistrato di sorveglianza, ove la pericolosità sia cessata, è funzionalmente competente a revocare la misura di sicurezza prima della scadenza del maggior termine per essa fissato dal giudice di cognizione.
Cass. pen. n. 2177/1987
La liberazione condizionale, così come disciplinata dagli artt. 8 e 9 della legge n. 304 del 1982, è istituto che presenta caratteristiche eccezionali rispetto alle disposizioni corrispondenti (artt. 176 e 177 c.p.) della legge ordinaria, essendo espressamente regolamentato per quanto attiene sia alle condizioni di ammissione al beneficio sia alle cause di revoca, sia alla competenza per la concessione. Pertanto in caso di liberazione condizionale prevista dalla legge n. 304, più sopra indicata, non può essere applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata, secondo il disposto dell'art. 230, primo comma n. 2 c.p.