Art. 339 – Codice penale – Circostanze aggravanti
Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate [64] se la violenza o la minaccia è commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero con armi [585], o da persona travisata , o da più persone riunite [112 n.1], o con scritto anonimo , o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.
Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi [585 comma 2] anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti dalla prima parte dell'articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni, e, nel caso preveduto dal capoverso dell'articolo 336, della reclusione da due a otto anni.
Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche, salvo che il fatto costituisca più grave reato, nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l'utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 9870/2024
L'appello a motivi limitati, previsto dall'art. 339, comma 3, c.p.c., costituisce l'unico rimedio impugnatorio ammesso (oltre alla revocazione per motivi ordinari) avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace nell'ambito della sua giurisdizione equitativa necessaria, non essendo configurabile altra impugnazione ordinaria per i motivi esclusi e, segnatamente, il ricorso per cassazione per il motivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., poiché dette sentenze sfuggono all'applicazione dell'art. 111, comma 7, Cost., che riguarda i provvedimenti aventi natura decisoria in senso c.d. sostanziale, per i quali non è previsto alcun mezzo di impugnazione, e non i casi in cui un mezzo di impugnazione è previsto, seppure limitato a taluni motivi, e la conseguente decisione può poi essere assoggettata a ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 6844/2024
L'impugnazione dell'iscrizione ipotecaria e del fermo di beni mobili registrati non può essere ricondotta nella categoria delle opposizioni ex art. 617 c.p.c., trattandosi di ordinaria azione di accertamento negativo della pretesa dell'esattore di eseguire il fermo o di iscrivere l'ipoteca, sia nel caso in cui l'accertamento si estenda al merito della pretesa creditoria, sia che riguardi l'esistenza del diritto dell'agente di procedere alla iscrizione, sia che si contesti l'iscrizione di fermo o di ipoteca sotto il profilo della regolarità formale dell'atto, con la conseguenza che la sentenza resa all'esito del giudizio è impugnabile con l'appello e non col ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 1517/2024
Nei giudizi previsti dall'art. 113, comma 2, c.p.c., il giudice di pace decide secondo equità anche in ordine alla quantificazione delle spese processuali, con la conseguenza che è inammissibile l'appello volto a far valere la violazione delle disposizioni tariffarie in materia di onorari di avvocato, le quali hanno natura sostanziale e non costituiscono "norme sul procedimento" né "principi regolatori della materia".
Cass. civ. n. 45506/2023
La circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 339 cod. pen. non si applica al delitto tentato di violenza o minaccia a un corpo dello Stato di cui all'art. 338 cod. pen. (In motivazione la Corte ha precisato che, quando il legislatore, nel prevedere un'aggravante speciale, indica nominativamente un determinato delitto, intende riferirsi solo alla fattispecie consumata, mentre, ove richiama una categoria di delitti non specificati, si riferisce sia a quelli consumati che a quelli tentati).
Cass. civ. n. 22010/2023
In tema di esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che decida in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva non è appellabile, ma reclamabile ex art. 624 c.p.c. ove tale decisione sia stata presa solo in vista della mera sospensione della procedura (che resta pendente) in attesa dell'esito del giudizio di merito da instaurare, mentre è opponibile ai sensi dell'art. 617 c.p.c. ove abbia dichiarato la definitiva chiusura del processo esecutivo, con esclusione, in ogni caso, della proponibilità dell'appello.
Cass. civ. n. 12128/2023
dalla fusione di quella presente in primo grado (o incorporante la stessa) - Prova del predetto adempimento - Necessità. Gli effetti giuridici della fusione o dell'incorporazione si producono dal momento dell'adempimento delle formalità pubblicitarie concernenti il deposito, per l'iscrizione nel registro delle imprese, dell'atto di fusione; ne consegue che - ai fini del riconoscimento della legittimazione all'impugnazione della società incorporante o risultante dalla fusione, in qualità di successore della società soccombente nel grado precedente - è necessaria la prova del predetto adempimento.
Cass. civ. n. 9224/2023
All'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale è applicabile, in forza del rinvio operato dall'art. 50-quater c.p.c., il regime della nullità di cui all'art. 161, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che il relativo vizio (che non comporta la nullità degli atti precedenti) si converte in motivo di impugnazione, senza che quest'ultima produca l'effetto della rimessione degli atti al primo giudice, ove il giudice dell'impugnazione sia anche giudice del merito, essendo egli chiamato a rinnovare la decisione come se fosse nella posizione del giudice di primo grado, e non potendo, pertanto, sindacare il mancato rispetto, nell'atto di appello, dei requisiti di ammissibilità di cui all'art. 342 c.p.c.
Cass. civ. n. 8981/2023
In tema di liquidazione delle spese processuali, l'applicazione del principio di soccombenza postula l'apprezzamento di una situazione giuridica, sicché la sua violazione o cattiva applicazione integra un errore di giudizio, impugnabile con gli ordinari mezzi di gravame, e non già un errore percettivo, sindacabile con il mezzo della revocazione.
Cass. civ. n. 2331/2023
L'utilizzo del metodo mafioso nella riscossione di un preteso credito non è incompatibile con il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, non comportando il raggiungimento di una finalità ulteriore rispetto alla riscossione, pur se è possibile valorizzare tale aggravante, in uno ad altri elementi, quale dato sintomatico del dolo di estorsione.
Cass. pen. n. 19374/2023
Il delitto di minaccia è aggravato dall'uso di modalità simbolica quando si estrinsechi attraverso immagini, segni, oggetti o azioni che abbiano insiti in sé non solo la capacità di evocare ciò che si è inteso minacciare, ma anche un "surplus" intimidatorio derivante proprio dalla modalità simbolica utilizzata.
Nel delitto di minaccia, per la configurabilità dell'aggravante delle "più persone riunite" è sufficiente che il soggetto passivo percepisca la simultanea presenza, sia pure ideale, di più persone.
Cass. pen. n. 25303/2021
In tema di resistenza a pubblico ufficiale, ricorre la circostanza aggravante della violenza o minaccia commessa da più persone riunite nel caso in cui un numero elevato di abitanti del quartiere intervenga, su sollecitazione del reo, per impedire, con modalità aggressive e violente, l'espletamento dell'attività di servizio da parte dei pubblici ufficiali.
Cass. pen. n. 17942/2020
In tema di minaccia, ricorre la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi una roncola, trattandosi di arma impropria, ai sensi dell'art. 4, comma secondo, della legge 18 aprile 1975, n. 110, per il quale rientra in questa categoria qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona.
Cass. pen. n. 10179/2013
Sussiste l'aggravante dell'uso dell'arma nel delitto di minaccia, ancorché la minaccia sia proferita con l'uso di un'arma giocattolo, in quanto, in unione con le ulteriori modalità con cui è attuata la minaccia (nella specie consistita nella affermazione 'ti sparò) determina un maggior effetto intimidatorio sull'animo del minacciato.
Cass. pen. n. 1872/2009
In tema di resistenza a pubblico ufficiale, perché ricorra la circostanza aggravante della minaccia o violenza commessa da più persone riunite, di cui all'art. 339 c.p., è sufficiente che il reato sia commesso da due persone.
Cass. pen. n. 31473/2007
L'efficacia intimidatoria di una pistola scacciacani sia per la somiglianza con una vera arma da fuoco, sia per l'effetto sonoro prodotto è tale da configurare, in ipotesi di violenza privata commessa con la minaccia della scacciacani, l'aggravante dell'uso dell'arma.
Cass. pen. n. 15546/1989
Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante della violenza o minaccia commessa da più di dieci persone, di cui all'art. 339, secondo comma, c.p., non rileva che alcune di esse siano rimaste non identificate. (Fattispecie in tema di resistenza a un pubblico ufficiale).
Cass. pen. n. 13611/1989
Perché ricorra la circostanza aggravante della minaccia commessa da più persone riunite, di cui all'art. 339 c.p., richiamato dall'art. 611 cpv. c.p. per la sussistenza dell'ipotesi aggravata della violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, occorre che la partecipazione di più persone sia percepita dalla vittima al momento della consumazione del reato.
Cass. pen. n. 10941/1986
In tema di resistenza, minaccia o violenza a pubblico ufficiale, non possono ritenersi mancanti gli elementi individualizzanti della «associazione segreta», ai fini della sussistenza dell'aggravante relativa all'avvalersi «della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni esistenti o supposte» di cui al primo comma dell'art. 339 c.p., qualora l'imputato stesso abbia rivendicato, in precedenza, l'appartenenza a specifici gruppi eversivi, e a nulla rilevando il fatto che si sia poi successivamente «dissociato». Essenziale è, infatti, che il comportamento dell'agente, comunque manifestato, abbia ingenerato nel soggetto passivo un timore di rappresaglia da parte dell'associazione segreta, creduta esistente, di cui l'agente possa o lasci credere di poter determinare l'intervento.
Cass. pen. n. 2034/1982
In tema di resistenza a pubblico ufficiale l'omessa menzione dell'estremo delle «più persone riunite» ai fini della contestazione dell'aggravante ex art. 339 c.p. nell'ordinanza di rinvio a giudizio non è causa di nullità allorquando sia richiamato il concetto d'una «collettività», come nel caso di un equipaggio della nave. (Nella specie si è osservato che il risalto dato ad un gruppo omogeneo di persone, costituente una «collettività», caratterizzata dalla comune e contestuale presenza a bordo di una nave in navigazione, implica l'emersione del concetto di «più persone riunite» ancorché non espressamente menzionato).