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Art. 424 — Danneggiamento seguito da incendio

Art. 424 — Danneggiamento seguito da incendio

Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 423 bis al solo scopo di danneggiare [ 635 ] la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito, se dal fatto sorge il pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni.

Se segue l’incendio, si applicano le disposizioni dell’articolo 423, ma la pena è ridotta da un terzo alla metà [ 425, 449 ].

Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall’articolo 423 bis.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 37196/2017

In tema di danneggiamento seguito da incendio, il giudizio sulla ricorrenza del pericolo di incendio va formulato sulla base di una prognosi postuma, “ex ante”e a base parziale, avuto riguardo alle circostanze esistenti al momento della condotta, senza alcuna rilevanza dei fattori eccezionali e sopravvenuti, quale l’intervento tempestivo della persona offesa nello spegnimento delle fiamme.

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Cass. pen. n. 17558/2017

Non è configurabile il tentativo nel delitto di danneggiamento seguito da incendio, previsto dall’art. 424 cod. pen., trattandosi di fattispecie di pericolo per la cui punibilità è necessario che sia sorto quanto meno il pericolo di un incendio, condizione quest’ultima sufficiente per integrare la consumazione del delitto, in assenza della quale, invece, il fatto è qualificabile come danneggiamento, nella forma consumata o tentata.

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Cass. pen. n. 35769/2010

Ai fini della sussistenza del reato di danneggiamento seguito da incendio è necessario che la condotta dell’agente determini un pericolo di incendio e, cioè, la probabilità che il fuoco evolva in un vero e proprio incendio, la quale deve essere desunta dalla situazione di fatto con riferimento alle dimensioni del fuoco in relazione all’oggetto del danneggiamento.

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Cass. pen. n. 16295/2010

Il reato di danneggiamento seguito da incendio richiede, come elemento costitutivo, il sorgere di un pericolo di incendio, sicché non è ravvisabile qualora il fuoco appiccato abbia caratteristiche tali che da esso non possa sorgere detto pericolo; in questa eventualità o in quella nella quale chi, nell’appiccare il fuoco alla cosa altrui al solo scopo di danneggiarla, raggiunge l’intento senza cagionare né un incendio né il pericolo di un incendio, è configurabile il reato di danneggiamento. Se, per contro, detto pericolo sorge o se segue l’incendio, il delitto contro il patrimonio diventa più propriamente un delitto contro la pubblica incolumità, e trovano applicazione, rispettivamente, gli articoli 423 e 424 c.p. (Nella specie, in cui l’agente aveva dato fuoco a sterpaglie e a una tenda da sole posta sul balcone di casa altrui e risultava dai verbali d’intervento dei VV.FF., che le fiamme avevano dato luogo a modeste bruciature e che l’evento non rientrava tra quelli soggetti al controllo del Corpo, la Corte ha qualificato il fatto come danneggiamento).

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Cass. pen. n. 2252/1996

Ai fini dell’applicazione dell’art. 424, comma 1, c.p., è richiesto non il verificarsi di un incendio, ma soltanto il pericolo, inteso come rilevante probabilità che l’evento in questione si verifichi.

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Cass. pen. n. 2098/1994

Per incendio deve intendersi un fuoco distruggitore in atto di notevoli proporzioni e virulenza, che tende a diffondersi e non è agevole estinguere. Allorché tali condizioni ricorrano e l’incendio riguardi la cosa altrui, il pericolo per l’incolumità pubblica è presunto juris et de jure. (Fattispecie in tema di danneggiamento seguito da incendio).

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Cass. pen. n. 11648/1989

Il concorso formale tra il delitto di danneggiamento, di cui all’art. 635 c.p., e quello di danneggiamento seguito da incendio, di cui all’art. 424 stesso codice, è giuridicamente impossibile, elidendo quest’ultimo reato il primo, qualora il danneggiamento mediante accensione del fuoco si trasformi in pericolo di incendio o in incendio vero e proprio.

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Cass. pen. n. 11688/1986

Il primo comma dell’art. 424 c.p. prevede, rispetto al capoverso, un’ipotesi meno grave che esclude l’evento incendio, cioè esclude l’evento in cui il fuoco assuma i caratteri propri dell’incendio per le proporzioni, la diffusività, la difficoltà di estinzione, ecc., sì da costituire motivo di pericolo per la sicurezza e per l’integrità fisica delle persone.

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Cass. pen. n. 11960/1985

Commette il reato di danneggiamento previsto e punito dall’art. 635 c.p. colui che, nell’appiccare il fuoco alla cosa altrui al solo scopo di danneggiarla, raggiunge l’intento senza cagionare un incendio od il pericolo d’incendio, mentre se tale pericolo sorge o se segue l’incendio, il delitto contro il patrimonio diventa più propriamente un delitto contro la pubblica incolumità, secondo le ipotesi di cui all’art. 424 c.p. Ne consegue che se l’agente, infiammando un carburante, appicca il fuoco ad un locale e determini all’interno della serranda metallica, con cui era chiuso, delle fiamme, risponde di danneggiamento seguito da incendio e non già di mero danneggiamento della cosa altrui.

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Cass. pen. n. 6313/1984

Perché si realizzi il pericolo per la pubblica incolumità, tutelato dai delitti di incendio doloso o colposo, necessita un incendio di vaste proporzioni che abbia tendenze a diffondersi e sia difficile a spegnersi. Ne consegue che un fuoco che venga domato sul nascere o quando non ha ancora assunto le caratteristiche anzidette può solo dar luogo, se poteva progredire o diffondersi, a reato tentato, configurabile per l’ipotesi dolosa.

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Cass. pen. n. 4232/1980

In caso di incendio, sia doloso sia colposo, il pericolo per la pubblica incolumità è presunto quando il fuoco venga a svilupparsi su cosa che non sia di esclusiva proprietà dell’agente. Tale presunzione sussiste anche quando l’autore del fatto agisca in cooperazione con il proprietario del bene rispetto al quale si sia sviluppato l’incendio.

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