Art. 584 – Codice penale – Omicidio preterintenzionale
Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582 , cagiona la morte di un uomo , è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni [585, 586; c. nav. 1151].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 10865/2025
L'elemento psicologico del delitto di omicidio preterintenzionale è una combinazione di dolo, per il reato di percosse o di lesioni, e di prevedibilità in concreto, per l'evento mortale.
Cass. civ. n. 23926/2024
L'elemento psicologico del delitto di omicidio preterintenzionale è una combinazione di dolo, per il reato di percosse o di lesioni, e di prevedibilità in concreto, per l'evento mortale. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto sussistente il coefficiente psicologico della prevedibilità in concreto alla luce sia delle modalità dell'aggressione subita dalla vittima, quindici anni più anziana dell'agente, con struttura fisica più esile, e reiteratamente colpita con calci e pugni anche mentre era a terra, sia delle lesioni riportate, con la frattura di una costola, la lacerazione di un polmone, contusioni sparse per tutto il corpo, la fuoriuscita di sangue da un orecchio e la compressione della zona perifaringea e periesofagea conseguente ad un'azione di strozzamento).
Cass. civ. n. 624/2024
In tema di delitto preterintenzionale, rientra nella nozione di atti diretti a percuotere di cui all'art. 584 cod. pen. qualsiasi esercizio di una violenta energia fisica idonea a realizzare una manomissione del corpo della vittima e a provocare una sensazione dolorosa ai danni di quest'ultima, senza che sia necessario che tale sensazione si verifichi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il delitto di omicidio preterintenzionale in relazione alla morte verificatasi a seguito di una condotta di strattonamento e trattenimento della vittima, ritenuta idonea, per le modalità di realizzazione, a produrre una sensazione dolorosa ai danni della stessa).
Cass. civ. n. 49667/2023
L'elemento psicologico del delitto di omicidio preterintenzionale è una combinazione di dolo, per il reato di percosse o di lesioni, e di colpa in concreto, per l'evento mortale.
Cass. civ. n. 4564/2023
L'elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non è costituito da dolo e responsabilità oggettiva, né dal dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 cod. pen. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell'intenzione di risultato. (In motivazione la Corte ha sottolineato che, quanto all'elemento psicologico, il delitto di omicidio preterintenzionale si differenzia da quello previsto dall'art. 586 cod. pen. nel quale l'attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali).
Cass. civ. n. 890/2023
Ai fini della configurabilità del delitto di omicidio preterintenzionale, è necessario che il soggetto agente abbia posto in essere atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l'evento letale, senza che sia necessario che la serie causale produttiva della morte costituisca lo sviluppo immediato e diretto dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto. (Fattispecie relativa a rapina in danno di un'anziana donna, immobilizzata ed imbavagliata, in cui la morte della predetta era sopraggiunta per insufficienza cardiaca acuta, ritenuta conseguenza indiretta della descritta azione violenta).
Cass. civ. n. 21869/2023
Sussiste l'interesse della parte civile a impugnare la riqualificazione giuridica del delitto di omicidio preterintenzionale in quello di rissa aggravata dalle lesioni del soggetto coinvolto, successivamente deceduto senza che la morte sia stata riconosciuta come collegata causalmente alla condotta di reato, in quanto, anche in assenza di una qualsiasi allegazione formale e specifica della parte civile dell'interesse concreto alla diversa qualificazione giuridica del fatto, quest'ultima determina inevitabili effetti sulla quantificazione del danno morale o del danno biologico già riconosciuti.
Cass. civ. n. 15269/2022
In tema di omicidio preterintenzionale, l'evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal "reo" con la condotta intenzionale volta a ledere una persona, sicché esso non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall'evento di lesioni dolose, ove sia del tutto estraneo all'area di rischio attivato con la condotta iniziale - intenzionalmente diretta a provocare lesioni - e sia, invece, conseguenza di un comportamento successivo.
Cass. civ. n. 46467/2022
In tema di reati contro la persona, l'omicidio preterintenzionale si configura allorquando la morte della vittima sia eziologicamente legata alla condotta diretta soltanto a percuotere o a ledere e costituisca l'evento non voluto e non previsto, pur se in concreto ragionevolmente prevedibile, che concretizza la specifica situazione di rischio generata dal reo con il suo illecito.
Cass. civ. n. 25272/2021
Il canone dell' "oltre ogni ragionevole dubbio" descrive un atteggiamento valutativo imprescindibile che deve guidare il giudice nell'analisi degli indizi secondo un obiettivo di lettura finale e unitaria, vivificato dalla soglia di convincimento richiesto e, per la sua immediata derivazione dal principio di presunzione di innocenza, esplica i sui effetti conformativi non solo sull'applicazione delle regole di giudizio, ma anche, e più in generale, sui metodi di accertamento del fatto. (In applicazione del principio la Corte ha annullato la sentenza che aveva utilizzato il parametro della "consistente verosimiglianza" o forte plausibilità per l'affermazione della responsabilità dell'imputato per il delitto di omicidio, qualificato come preterintenzionale, di un familiare scomparso di cui non era stato ritrovato il cadavere).
Cass. civ. n. 1363/2021
Non contrasta con il principio del "ne bis in idem" - non ricorrendo l'identità del fatto considerato in tutti i suoi elementi costitutivi - la condanna per il delitto di omicidio preterintenzionale nei confronti di un soggetto già condannato per lesioni personali con sentenza divenuta irrevocabile in relazione alla medesima condotta, ma il giudice del secondo procedimento, in ossequio al principio di detrazione, deve assicurare, mediante un meccanismo di compensazione, che le sanzioni complessivamente applicate siano proporzionate alla gravità dei reati considerati.
Cass. civ. n. 25940/2020
La circostanza aggravante dei futili motivi sussiste ove la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento. (Fattispecie relativa all'omicidio preterintenzionale del coniuge determinato dalla reazione ad una lite provocata dalla gelosia della vittima). (Dichiara inammissibile, CORTE ASSISE APPELLO SALERNO, 10/06/2019)
Cass. pen. n. 37216 del 24 settembre 2020
Il delitto di omicidio preterintenzionale, in quanto caratterizzato dal verificarsi di un evento non voluto (omicidio) più grave di quello cui gli atti erano diretti (percosse o lesioni), è strutturalmente incompatibile con il tentativo, che presuppone, invece, un evento voluto e, tuttavia, non verificatosi per circostanze indipendenti dall'agente.
Cass. civ. n. 11946/2020
Si configura il delitto di omicidio volontario - e non quello di omicidio preterintenzionale, caratterizzato dalla totale assenza di volontà omicida - quando la condotta, alla stregua delle regole di comune esperienza, dimostri la consapevole accettazione da parte dell'agente anche solo dell'eventualità che dal suo comportamento possa derivare la morte del soggetto passivo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza del giudice di merito che aveva ravvisato il delitto di omicidio preterintenzionale nella condotta dell'agente che, eseguendo una presa al collo da dietro della vittima, aveva premuto con forza eccessiva, o comunque per un tempo superiore ai sette secondi, le ghiandole barocettoriali della stessa, così interrompendo l'afflusso di sangue al cervello e provocando l'arresto cardiaco).
Cass. civ. n. 4715/2019
In tema di concorso di persone nel reato di omicidio preterintenzionale, quando le aggressioni siano multiple e contestuali, nel tempo e nello spazio, ai danni di più vittime (una soltanto delle quali deceda per effetto delle percosse e/o lesioni subite), configurandosi in concreto un "fatto collettivo unitario", il contributo rilevante ai sensi dell'art. 110 cod. pen., può consistere sia nell'agevolazione dell'aggressione contro la vittima, in ragione della superiorità numerica e della concomitante condotta dei concorrenti di neutralizzazione delle difese altrui (concorso materiale), che nel rafforzamento del proposito criminoso dell'esecutore, che si senta spalleggiato ed incoraggiato dalla concomitante azione degli altri (concorso morale); in tale situazione, il dolo dei singoli concorrenti ha ad oggetto, nella dimensione monosoggettiva, le sole percosse o lesioni, e non già la prevedibilità dell'evento letale, che nel delitto preterintenzionale non è voluto da alcuno, e, nella dimensione plurisoggettiva, la volontà di concorrere nel reato altrui, che può manifestarsi anche come intesa istantanea, o conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui, o, infine, semplice adesione all'opera di un altro che ne rimanga ignaro. (Rigetta, CORTE ASSISE APPELLO VENEZIA, 06/10/2017)
Cass. civ. n. 51233/2019
L'accertamento del nesso di causalità tra condotta ed evento deve essere condotto su base totalmente oggettiva, con un giudizio "ex post", mediante il procedimento cd. di eliminazione mentale e va tenuto ben distinto rispetto alla diversa e successiva indagine sull'elemento soggettivo del reato che deve essere valutato, invece, con giudizio "ex ante", alla stregua delle conoscenze del soggetto agente. (Fattispecie in cui l'imputato aveva colpito con più schiaffi la vittima che, nella caduta, si era fratturata le ossa nasali con conseguente ostruzione delle vie respiratorie e decesso per asfissia, in cui la Corte ha confermato la condanna per omicidio preterintenzionale, ritenendo che l'evento morte fosse oggettivamente conseguenza dell'azione e l'imprevedibilità dello stesso, collegata alle fratture nasali, dovesse essere valutata "ex ante" ai soli fini dell'elemento psicologico). (Rigetta, CORTE ASSISE APPELLO BOLOGNA, 31/10/2018)
Cass. civ. n. 3017/2019
La dichiarazione dell'imputato non può costituire da sola la prova incompleta o il principio di prova di una causa di giustificazione che, ai sensi dell'art. 530 comma 3 cod. proc. pen., impone la pronuncia di una sentenza assolutoria. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna per omicidio preterintenzionale di un soggetto che aveva esploso colpi di arma fuoco contro l'autore di un furto a suo danno giustificandosi con il possesso da parte della vittima di un'arma, circostanza quest'ultima non confermata da alcun elemento processuale). (Rigetta, CORTE ASSISE APPELLO CATANIA, 03/10/2018)
Cass. civ. n. 50505/2018
La circostanza aggravante della premeditazione è compatibile con il delitto di omicidio preterintenzionale, tuttavia il giudice è tenuto a rendere specifica motivazione circa gli indicatori della stessa, al fine evitare ricadute di illogicità nella coniugazione tra l'evento non voluto e l'intensità del dolo afferente la condotta volontaria di lesioni. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di merito che si era limitata a ricondurre l'aggravante ai rapporti deteriorati tra le parti e ad un precedente alterco tra le stesse).
Cass. civ. n. 23606/2018
Il delitto previsto dall'art. 586 cod. pen., (morte come conseguenza di altro delitto) si differenzia dall'omicidio preterintenzionale perché nel primo reato l'attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre nel secondo l'attività è finalizzata a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe reato di percosse o lesioni. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione di omicidio preterintenzionale in relazione alla morte causata da un'azione violenta consistita in strattoni e spintoni nei confronti della vittima, che, a causa di tale condotta, era caduta dal pianerottolo riportando gravissime lesioni craniche, alle quali era seguito il decesso).
Cass. civ. n. 791/2013
L'elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non è costituito da dolo e responsabilità oggettiva né dal dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 c.p. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell'intenzione di risultato. Pertanto, la valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto "de quo" è nella stessa legge, essendo assolutamente probabile che da una azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità dell'imputato, per avere nel corso di una colluttazione colpito la vittima, la quale cadeva a terra e decedeva per "un accidente cardiovascolare acuto in soggetto cardiopatico").
Cass. civ. n. 41017/2012
Ai fini dell'integrazione dell'omicidio preterintenzionale è necessario che l'autore dell'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l'evento letale, senza necessità che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall'agente. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha confermato l'affermazione di responsabilità, in ordine al reato di cui all'art. 584 c.p., nei confronti degli imputati che avevano sottoposto a percosse e calci la vittima, la quale nel disperato tentativo di sottrarsi all'inseguimento degli aggressori urlanti e manifestamente animati dalla volontà di sottoporla ad ulteriori atti di violenza, era precipitata da un parapetto che aveva scavalcato nella fuga).
Cass. civ. n. 16285/2010
Ai fini della sussistenza dell'ipotesi criminosa del delitto di omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.), è sufficiente che l'agente abbia posto in essere atti diretti a percuotere o ledere una persona e che esista un rapporto di causa ed effetto tra i predetti atti e l'evento morte, mentre proprio l'azione violenta (che può essere costituita anche da una spinta) - estrinsecandosi in un'energia fisica, più o meno rilevante, esercitata direttamente nei confronti della persona - ove consapevole e volontaria, è rivelatrice della sussistenza del dolo di percosse e di lesioni, per cui quando da essa derivi la morte, dà luogo a responsabilità a titolo di omicidio preterintenzionale. *.
Cass. civ. n. 4237/2009
L'integrazione dell'omicidio preterintenzionale richiede l'accertamento di una condotta dolosa (atti diretti a percuotere o a ledere) e di un evento (morte) legato eziologicamente a tale condotta; l'elemento soggettivo del delitto in questione va identificato nell'inosservanza del precetto di non porre in essere atti lesivi dell'altrui incolumità mentre il riferimento normativo ad "atti diretti a percuotere o a ledere" non esclude che tali atti possano essere sorretti da un dolo eventuale poiché la direzione degli atti va intesa come requisito strutturale oggettivo dell'azione comprendente anche quelli costituenti semplice tentativo (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha affermato, la responsabilità a titolo di omicidio preterintenzionale, nei confronti dell'imputato che, guidando un autocarro in condizioni di alterazione psichica correlata all'uso di stupefacenti, aveva investito la vittima, cagionandone la morte, ritenendo sulla base di una serie di elementi - ripartenza lenta, aumento di giri del motore, andatura a singhiozzo, l'uso dell'avvisatore acustico - che egli si era avveduto della presenza di quest'ultimo ed aveva sospinto in avanti la vittima anche a costo di toccarla con la motrice e di provocargli possibili lesioni).
Cass. civ. n. 13673/2006
In tema di omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.), l'elemento soggettivo è costituito, non già da dolo e responsabilità oggettiva né da dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 c.p. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell'intenzione di risultato.
Cass. civ. n. 1751/2005
È configurabile il concorso di persone nell'omicidio preterintenzionale quando vi è la partecipazione materiale o morale di più soggetti attivi nell'attività diretta a percuotere o ledere una persona senza la volontà di ucciderla e vi sia un evidente rapporto di causalità tra tale attività e l'evento mortale. (Fattispecie relativa al violento pestaggio con calci, pugni ed oggetti contundenti di un soggetto, tratto in arresto e già ammanettato, da parte di numerosi agenti di polizia).
Cass. civ. n. 41095/2004
Il delitto preterintenzionale di cui all'art. 584 c.p., come quello aggravato dall'evento di cui all'art. 586 c.p., è caratterizzato dal verificarsi di un evento non voluto, che comporta un più severo trattamento sanzionatorio; pertanto, esso è incompatibile con il tentativo e con la desistenza volontaria, che presuppongono, invece, un evento voluto, e non verificatosi, per circostanze indipendenti o, nella desistenza, per resipiscenza dell'agente, con la conseguenza che non è possibile configurare un'ipotesi di omicidio preterintenzionale tentato.
Cass. civ. n. 15004/2004
Ai fini della sussistenza della ipotesi criminosa dell'omicidio preterintenzionale, prevista dall'art. 584 c.p., è sufficiente che l'autore dell'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra i predetti atti e l'evento morte. Infatti nell'art. 581 c.p. il termine “percuotere” non è utilizzato solo nel significato di battere, colpire o picchiare, ma anche in un significato più ampio, comprensivo di ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica. Anche la spinta integra un'azione violenta, estrinsecandosi in un'energia fisica, più o meno rilevante, esercitata direttamente nei confronti della persona; tale condotta, ove consapevole e volontaria, rivela la sussistenza del dolo di percosse o di lesioni, per cui, quando da essa derivi la morte, dà luogo a responsabilità a titolo di omicidio preterintenzionale.
Cass. civ. n. 21056/2004
In tema di omicidio preterintenzionale, anche la spinta volontariamente inferta, costituendo attiva applicazione di forza fisica rivolta contro un avversario, costituisce atto volto quanto meno a percuotere, per cui, quando da essa derivi, come conseguenza non voluta, ancorché imprevedibile, la morte, correttamente viene ritenuta sussistente la suddetta figura di reato.
Cass. civ. n. 19838/2003
Sussistendo il delitto di lesioni volontarie nella condotta di colui che inietta sostanza stupefacente nelle vene di un'altra persona in quanto ne determina uno stato di alterazione fisio-psichica, deve rispondere del delitto di omicidio preterintenzionale qualora come conseguenza non voluta ne determini la morte, a nulla rilevando l'eventuale consenso della vittima.
Cass. civ. n. 2146/2000
Nel caso di uccisione di persona diversa da quella che si intendeva solo percuotere o ferire, si configura l'omicidio preterintenzionale. Ciò ai sensi dell'art. 82 c.p., poiché l'agente deve rispondere a titolo di dolo come se avesse commesso l'atto di lesioni in danno di persona diversa e quindi - in applicazione dell'art. 584 c.p. - è chiamato a rispondere dell'evento morte derivato dall'atto violento.
Cass. civ. n. 3349/1996
L'ipotesi prevista dal comma 2 dell'art. 116 c.p. non è applicabile all'omicidio preterintenzionale, in quanto trattasi di una forma attenuata di concorso configurabile solo nell'ipotesi in cui il concorrente che si vuole anomalo abbia voluto un reato diverso da quello voluto dagli autori materiali e concretamente attuato. Nell'omicidio preterintenzionale, invece, l'evento mortale non è voluto da nessuno dei concorrenti; mentre tutti vogliono le lesioni o come nel caso in esame — le percosse — onde tutti devono rispondere della morte che eventualmente consegua all'aggressione voluta.
Cass. civ. n. 5139/1995
In virtù del principio sancito dall'art. 40, cpv. c.p. può essere chiamato a rispondere di omicidio preterintenzionale il funzionario di polizia che sia assente dal luogo ove il fatto si è verificato, violando l'obbligo di impedire che la condotta degli agenti sottoposti trasmodasse in ulteriori e gravi violenze nei confronti dell'indagato. (Fattispecie ex art. 584 c.p., nella quale il dirigente della squadra mobile della questura aveva schiaffeggiato l'indagato dell'omicidio di un commissario, che era stato quindi portato in altro locale e sottoposto a violenze ed al trattamento con acqua e sale da parte degli agenti ed era deceduto per l'accidentale penetrazione nelle vie aeree del tubo per l'immissione dell'acqua).
Cass. civ. n. 1329/1995
Nell'omicidio preterintenzionale, sotto il profilo soggettivo concorrono un dato positivo ed uno negativo: la volontà di offendere (con percosse o lesioni) e la mancanza dell'intenzione di uccidere; mentre invece l'elemento psicologico che connota l'omicidio volontario è proprio l'intenzione di cagionare la morte della vittima. Quando il complesso delle circostanze non evidenzia ictu oculi l'animus necandi, per le difficoltà di riconoscere per via diretta il proposito dell'agente, sorreggono il ragionamento fatti certi che consentono di provare l'esistenza o meno di altri fatti (ignoti) attraverso un procedimento logico d'induzione. Fatti tesi ad individuare la volontà omicida sono precipuamente i mezzi usati, la direzione, l'intensità e la reiterazione dei colpi, la distanza dal bersaglio, la parte del corpo colpita, le situazioni di tempo e di luogo che favoriscono l'azione cruenta.
Cass. civ. n. 3819/1994
Il criterio distintivo tra omicidio volontario e omicidio preterintenzionale consiste nell'elemento psicologico nel senso che nell'ipotesi della preterintenzione la volontà dell'agente è diretta a percuotere o a ferire la vittima con esclusione assoluta di ogni previsione dell'evento morte, mentre nell'omicidio volontario la volontà dell'agente è quella di uccidere la vittima. Tale volontà deve ritenersi sussistente non soltanto quando l'agente abbia agito con l'intenzione di uccidere, ma anche quando egli si è rappresentato l'evento morte come conseguenza altamente probabile della sua condotta che, ciò nonostante, ha posto in essere. (Nella specie si è ritenuto corretta la decisione di merito che aveva escluso la preterintenzione e ritenuto il dolo sulla base di precise risultanze processuali, quali la micidialità dell'arma e del proiettile adoperati, la breve distanza tra sparatore e vittima, la parte del corpo attinta, il comportamento tenuto dall'imputato prima e dopo l'episodio delittuoso).
Cass. civ. n. 2634/1993
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 584 c.p., in quanto previsione normativa di un'ipotesi di responsabilità obiettiva, in contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto a fattispecie che presenterebbero identica connotazione (evento non voluto posto a carico dell'agente: artt. 83, 116, 586 c.p.) e con l'art. 27, primo comma, Cost., in forza del quale l'imputazione dell'illecito penale si concreta nella rapportabilità (o riferibilità) psichica del fatto all'agente sotto il profilo minimale della prevedibilità, intesa quale capacità di prevedere le conseguenze della propria condotta e di esercitare su questa il dovuto controllo finalistico. Da un lato, infatti, non è invocabile il principio di uguaglianza, quando si pongono a raffronto situazioni come quelle richiamate dagli artt. 584, 83, 116 e 586 c.p., che sono sostanzialmente dissimili tra loro, al di là del dato formale comune dell'imputazione di un evento non voluto o non avuto di mira direttamente dall'agente. Dall'altro, poi, va considerato che la giurisprudenza configura la preterintenzione come dolo misto a colpa, i cui profili non confliggono, ma sono in linea con le pronunce nn. 364 e 1085/1988 della Corte costituzionale, in tema di personalizzazione dell'illecito penale.
Cass. civ. n. 5639/1992
Il chirurgo che, in assenza di necessità ed urgenza terapeutiche, sottopone il paziente ad un intervento operatorio di più grave entità rispetto a quello meno cruento e comunque di più lieve entità del quale lo abbia informato preventivamente e che solo sia stato da quegli consentito, commette il reato di lesioni volontarie, irrilevante essendo sotto il profilo psichico la finalità pur sempre curativa della sua condotta, sicché egli risponde del reato di omicidio preterintenzionale se da quelle lesioni derivi la morte. (Nella fattispecie la parte offesa era stata sottoposta ad intervento chirurgico di amputazione totale addominoperineale di retto, anziché a quello preventivo di asportazione transanale di un adenoma villoso benigno in completa assenza di necessità ed urgenza terapeutiche che giustificassero un tale tipo di intervento e soprattutto senza preventivamente notiziare la paziente o i suoi familiari che non erano stati interpellati in proposito né minimamente informati dall'entità e dei concreti rischi del più grave atto operatorio eseguito, sul quale non vi era stata espressa alcuna forma di consenso).