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Art. 581 — Percosse

Art. 581 — Percosse

Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente è punito, a querela della persona offesa [ 120 ], con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a trecentonove euro [ c. nav. 1151 ].

Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato [ 294, 336, 337, 338, 341, 342, 343, 353, 385, 386, 393, 405, 507, 584, 610, 611, 614 4, 628, 629, 634, 635 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 38392/2017

Ai fini della configurabilità del reato di percosse è sufficiente, trattandosi di reato di mera condotta, l’idoneità della condotta di violenta manomissione dell’altrui persona fisica a produrre un’apprezzabile sensazione dolorifica, non essendo, invece, necessario che tale sensazione di dolore si verifichi, fermo il “discrimen”rispetto al reato di lesione personale, configurabile quando il soggetto attivo cagioni una lesione dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente.

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Cass. pen. n. 47905/2016

In tema di delitto di rapina, nell’ipotesi in cui venga sottratta una cosa mobile alla presenza del possessore subito dopo che questi abbia subito un tentativo di estorsione e percosse, l’estremo della minaccia, come modalità dell’azione della sottrazione è “in re ipsa”, senza che vi sia bisogno di un’ulteriore attività minacciosa da parte dell’agente, direttamente collegata all’azione di apprensione del bene. (La S.C., in motivazione, ha precisato che, in tal caso, deve aversi riguardo alla complessiva attività del colpevole, globalmente volta alla sopraffazione del soggetto passivo, il quale non può non risentire della precedente costrizione nell’assistere impotente all’apprensione della cosa di sua proprietà da parte dell’agente).

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Cass. pen. n. 35843/2008

Il reato di percosse non è assorbito in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni di cui all’art. 392 c.p., con la conseguenza che l’assoluzione dal primo reato non può comportare automaticamente l’insussistenza anche di quest’ultimo. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha escluso che la condotta consistita nel mettere le mani in faccia ad una persona e strappargli la maglia configuri il reato di percosse, che richiede invece che l’azione violenta produca al soggetto passivo una sensazione fisica di dolore )

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Cass. pen. n. 33091/2003

Il delitto di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce, anche gravi, sempre che tali comportamenti siano stati contestati come finalizzati al maltrattamento; tali reati, infatti, costituiscono elementi essenziali della violenza fisica o morale propria della fattispecie prevista dall’art. 572 c.p.

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Cass. pen. n. 714/1999

Il delitto di cui all’art. 581 c.p. è configurabile allorquando la violenza produce al soggetto passivo soltanto una sensazione fisica di dolore, senza postumi di alcun genere, mentre il delitto di cui all’art. 582 c.p., che può essere commesso con qualsiasi mezzo, sussiste quando il soggetto attivo cagioni al soggetto passivo una lesione dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente. Il concetto clinico di malattia richiede il concorso del requisito essenziale di una riduzione apprezzabile di funzionalità, a cui può anche non corrispondere una lesione anatomica, e di quello di un fatto morboso in evoluzione a breve o lunga scadenza, verso un esito che potrà essere la guarigione perfetta, l’adattamento a nuove condizioni di vita oppure la morte. Ne deriva che non costituiscono malattia e quindi non possono integrare il reato di lesioni personali, le alterazioni anatomiche, a cui non si accompagni una riduzione apprezzabile della funzionalità. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto sussistenti le lesioni per difficoltà respiratorie, durate alcuni minuti, a seguito di stretta al collo e scuotimento della vittima).

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Cass. pen. n. 4669/1995

Non è configurabile il concorso formale tra i delitti di cui agli artt. 610 e 581 c.p., dal momento che la violenza privata assorbe la materialità delle percosse, che consistono in atti di violenza alla persona di qualsiasi genere, che non producono effetti morbosi, ma solo sensazioni dolorifiche.

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Cass. pen. n. 3764/1988

Ai fini della sussistenza della ipotesi criminosa dell’omicidio preterintenzionale, prevista dall’art. 584 c.p., è sufficiente che l’autore dell’aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o a ledere e che esista un rapporto di causa ad effetto tra i predetti atti e l’evento letale. A tal proposito, deve essere sottolineato che il termine percuotere non è assunto nell’art. 581 c.p. nel suo significato di battere, colpire, picchiare, bensì in quello più lato, comprensivo di ogni violenta manomissione dell’altrui persona fisica, sicché anche la spinta, concretandosi in un’energia fisica esercitata con violenza e direttamente sulla persona, integra il percuotere o, quanto meno, ai fini del delitto di omicidio preterintenzionale, l’atto diretto a percuotere.

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Cass. pen. n. 800/1984

Il calcio, al pari della spinta e dello schiaffo, integra di per sé un’azione violenta concretandosi in un’energia fisica esercitata direttamente sulla persona e, nella generalità dei casi, costituisce il reato di percosse o di lesioni dolose; perché possa considerarsi, in casi del tutto eccezionali, come reato d’ingiuria è necessaria la prova rigorosa, da un lato, che l’intenzione dell’autore del fatto fu esclusivamente quella di arrecare un’offesa morale e, dall’altro, che la violenza ebbe carattere solo apparente giacché la condotta dell’agente, diretta solo ad avvilire la vittima con un gesto di disprezzo, contenne tale gesto in misura così ben calcolata da evitarle qualunque sofferenza fisica anche di tenuissima entità.

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Cass. pen. n. 8617/1982

Nel caso in cui la percossa assuma la particolare forma dello schiaffo, l’intenzione di offendere la personalità morale del soggetto passivo essendo insita nella stessa azione prevista dall’art. 581 c.p. non vale a qualificare il fatto come ingiuria anziché come percossa, salvo il caso eccezionale in cui, per le particolari condizioni personali dell’offensore e dell’offeso, per l’atteggiamento assunto dal primo e soprattutto per il modo in cui il medesimo ha avvicinato la mano al viso dell’altro, risulti palese che si è voluto escludere la produzione di qualunque sofferenza fisica ed infliggere una sofferenza esclusivamente morale.

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Cass. pen. n. 2269/1982

Gli «sculaccioni», cagionando al soggetto passivo una sensazione fisica di dolore, pur in assenza di postumi, integrano gli estremi del reato di percosse. (Fattispecie relativa a minori nei cui confronti l’agente non aveva alcun potere educativo).

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Cass. pen. n. 3223/1981

La differenza tra lesioni personali e percosse dipende esclusivamente dalle conseguenze cagionate al soggetto passivo dall’azione del reo: si configura il delitto di percosse se dal fatto deriva al soggetto passivo soltanto una sensazione fisica di dolore, quello di lesioni se ne deriva una malattia, ancorché l’intenzione dell’agente sia stata soltanto quello di percuotere.

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Cass. pen. n. 37/1981

Ad integrare il delitto di percosse è sufficiente la produzione, con qualunque mezzo, di sensazioni dolorose. (Nella specie tali sensazioni sono state ravvisate nell’impatto prodotto da un violento getto d’acqua prima e dal secchio che la conteneva dopo).

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