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Art. 699 — Porto abusivo di armi

Art. 699 — Porto abusivo di armi

Chiunque, senza la licenza dell’Autorità , quando la licenza è richiesta, porta un’arma [ 704 ] fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, è punito con l’arresto fino a diciotto mesi.

Soggiace all’arresto da diciotto mesi a tre anni chi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, porta un’arma [ 704 ] per cui non è ammessa licenza.

Se alcuno dei fatti preveduti dalle disposizioni precedenti, è commesso in luogo ove sia concorso o adunanza di persone, o di notte in un luogo abitato, le pene sono aumentate [ 64, 70, 701 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 57624/2017

Integra la contravvenzione di porto abusivo di armi, di cui all’art. 699 cod. pen., il porto in luogo pubblico di una bomboletta contenente “spray”urticante a base di “oleoresin capsicum”che non rispetti le caratteristiche stabilite dal decreto ministeriale 12 maggio 2011 n. 103.

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Cass. pen. n. 10696/2013

Il porto ingiustificato fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa di un coltello marca “Opinel”non integra la contravvenzione di cui all’art. 699 c.p. ma quella prevista dall’art. 4, comma secondo, L. n. 110 del 1975, trattandosi di un coltello di notissima tipologia merceologica, non rientrante nella categoria delle “armi bianche”.

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Cass. pen. n. 5388/2000

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 699, comma 2, c.p., sollevata, in riferimento agli artt. 27, primo e terzo comma, e 3 Cost., sul rilievo della eccessività del minimo edittale della pena fissato in diciotto mesi. Infatti, il legislatore nello stabilire la sanzione prevista dal secondo comma dell’art. 699 c.p. ha evidentemente tenuto ben presente la particolare pericolosità delle «armi» per le quali non è ammessa licenza, mentre l’art. 14 della legge n. 497 del 1974, che ha triplicato le pene stabilite nel codice penale per tutte le contravvenzioni concernenti le armi non contemplate nella detta legge, risponde ad un preciso intendimento del legislatore di inasprire le pene per tutti quei reati che, secondo il suo prudente apprezzamento, rendono maggiormente pericolose per la collettività le condotte criminali.

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Cass. pen. n. 392/2000

Rientra nella categoria delle armi proprie non da sparo, o «bianche», il coltello a serramanico a scatto – detto anche «molletta» – di cui è vietato il porto in modo assoluto, mentre rientra in quella degli strumenti da punta e da taglio atti ad offendere il coltello a serramanico non a scatto, il cui porto fuori della propria abitazione dev’essere sorretto comunque da giustificato motivo. Ne consegue che il porto illegale del primo integra, non già il reato p. e p. dall’art. 4, secondo e terzo comma, legge 110/75, bensì la più grave fattispecie criminosa di cui all’art. 699 secondo comma c.p.

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Cass. pen. n. 3131/1998

La bomboletta contenente gas paralizzante, qualora si tratti di congegno atto all’impiego, e quindi efficiente per essere utilizzato secondo la sua naturale destinazione – in base all’accertamento da compiersi nella sede di merito – deve ritenersi compresa tra gli aggressivi chimici menzionati negli artt. 1, 2 e 4 della legge n. 895 del 1967, il cui porto illegale costituisce reato di competenza del tribunale, e non il reato previsto dall’art. 699 c.p.

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Cass. pen. n. 10431/1997

In tema di reati concernenti le armi, deve escludersi la configurabilità del delitto di porto di arma in luogo pubblico o aperto al pubblico, di cui agli artt. 12 e 14 L. 14 ottobre 1974, n. 497, nonché della contravvenzione di porto di arma in luoghi privati diversi dalla dimora dell’agente e dalle sue appartenenze, di cui all’art. 699 c.p., allorquando il fatto si verifica sul pianerottolo esterno, antistante l’ingresso dell’abitazione, di cui ci si deve necessariamente servire, anche mediante scalini, per entrare ed uscire di casa; ed invero trattasi di struttura che deve considerarsi pertinenza dell’abitazione, vale a dire struttura posta al servizio dell’edificio principale, secondo il regime dell’art. 817 del c.c.

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Cass. pen. n. 4331/1997

In tema di reati concernenti le armi, deve escludersi che la balestra possa classificarsi tra le armi proprie, per la ragione che tale strumento, di difficile porto e di ardua maneggevolezza, incompatibile con le esigenze ed i costumi del vivere moderno, non ha più da tempo, quale destinazione naturale, quella di recare offesa agli esseri umani, ma piuttosto funzioni ornamentali, di collezione o, talora, sportive; ne consegue che non vi è obbligo di denuncia, e il porto, fuori dell’abitazione e sue pertinenze, al pari di quello delle relative frecce, se ingiustificato è punito non ai sensi dell’art. 699 c.p., ma dell’art. 4, comma secondo, della legge 18 aprile 1975, n. 110. (Nell’affermare il principio di cui in massima, la Suprema Corte ha altresì evidenziato che tale conclusione è stata fatta propria anche dall’autorità preposta al controllo sulle armi, avendo il Ministero dell’Interno precisato, con circolare del 16 dicembre 1995, che «le balestre moderne ed i relativi dardi vanno considerati nel novero delle armi improprie e sono sottoposte alla disciplina di cui agli artt. 4, comma secondo, della legge n. 110 del 1975 e 45, comma secondo, del regolamento di esecuzione al T.U. delle leggi di pubblica sicurezza»).

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Cass. pen. n. 1730/1996

Il pugnale, in quanto strumento la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, rientra nel novero delle armi bianche propriamente dette, il porto delle quali è punibile ai sensi dell’art. 699, comma 2, c.p., che prevede una figura autonoma di reato e non una forma aggravata dell’ipotesi di cui al comma 1 dello stesso articolo, caratterizzata da una diversa materialità giuridica, con la conseguenza che, con riferimento ad essa, è inammissibile il giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto. (Fattispecie relativa a pena patteggiata, applicata, previo giudizio di comparazione, in misura illegale, perché inferiore al minimo edittale).

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Cass. pen. n. 5213/1996

In materia di armi da punta e taglio, per quanto riguarda in particolare i coltelli, va operata una distinzione tra quelli muniti di lama non fissa, semplicemente azionabili a mano e privi di congegni meccanici che permettano l’irrigidimento della lama aperta sino a contrario comando manuale, e quelli, invece, che dispongono di congegni di quest’ultimo tipo, in grado di consentirne la fruibilità quali pugnali, stiletti e simili. Nella prima categoria rientrano gli arnesi da punta e taglio, il cui porto senza giustificato motivo è punito ai sensi dell’art. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110; nella seconda le armi proprie non da sparo il cui possesso è sanzionato dagli artt. 697 e 699 c.p., a seconda che si tratti di detenzione illegale o di porto abusivo.

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Cass. pen. n. 2208/1995

L’art. 699, comma 2, c.p. contempla una fattispecie autonoma di reato e non una circostanza aggravante della previsione di cui al comma 1, onde rispetto ad essa non è ammesso alcun giudizio di comparazione tra circostanze di opposto segno.

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Cass. pen. n. 11227/1994

È configurabile la contravvenzione di cui all’art. 699 c.p. nel porto abusivo di una balestra. (In motivazione, la S.C. ha ritenuto che l’utilizzabilità della balestra nel campo sportivo non incide sulla sua natura di arma).

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Cass. pen. n. 9372/1994

Il coltello a serramanico con lama di oltre nove centimetri assume le caratteristiche di un pugnale o stiletto e va, quindi, qualificato come arma bianca che, per la sua naturale pericolosità e destinazione all’offesa alle persone, non può in assoluto essere oggetto di licenza da parte della competente autorità. Il porto di tale coltello fuori della propria abitazione integra, pertanto, il reato, di cui all’art. 699, comma 2, c.p.

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Cass. pen. n. 7494/1994

La balestra non è un’arma propria, destinata, cioè, naturalmente all’offesa della persona, bensì uno strumento da punta atto ad offendere. Il relativo porto, dunque, è punito non ai sensi dell’art. 699, comma 2, c.p., ma dell’art. 4, comma 2, L. 18 aprile 1975, n. 110. (Fattispecie in cui la balestra era stata usata per esercitare il bracconaggio).

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Cass. pen. n. 7471/1994

Il coltello a scatto va classificato come arma bianca propria – con conseguente configurabilità del reato di cui all’art. 699, comma 2, c.p. in caso di porto fuori della propria abitazione o delle sue appartenenze – sempreché risulti accertato in fatto che si tratti realmente di coltello con lama azionabile meccanicamente, mediante congegno o molla, così da assumere le caratteristiche di un pugnale, e non di semplice coltello con lama ripiegata nel manico ed estraibile soltanto con manovra manuale.

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Cass. pen. n. 6834/1994

In tema di porto abusivo di armi, la previsione di cui al comma 2 dell’art. 699 c.p. non costituisce un’ipotesi aggravata rispetto a quella prevista dal comma 1 dello stesso articolo ma un’ipotesi autonoma di reato. L’operatività delle disposizioni rispettivamente contemplate nei suddetti commi, la prima riferentesi alle armi per le quali è ammessa licenza e la seconda alle armi per le quali non è ammessa la licenza è, infatti, diversa in quanto il porto senza licenza, essendo del tutto incompatibile con il porto di armi per le quali la licenza non è ammessa è fatto diverso la cui trasgressione incide in un campo diverso.

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Cass. pen. n. 4112/1994

Integra il reato previsto dall’art. 699 c.p., e non quello di cui all’art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110, il porto di un pugnaletto fuori della propria abitazione senza la relativa licenza.

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Cass. pen. n. 2776/1994

In materia di reati concernenti le armi, secondo la nozione data dall’art. 30 del R.D. 18 giugno 1931, n. 733, le armi proprie sono quelle da sparo e non, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona. L’art. 45 del relativo regolamento, R.D. 6 maggio 1940, n. 695, poi, dispone che ai fini della legge sono considerati armi gli strumenti da punta e da taglio, come pugnali, stiletti e simili, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona. Il loro porto, assolutamente vietato, è sanzionato con la pena dell’arresto dal cpv. dell’art. 699 c.p., le cui disposizioni sono fatte salve dall’art. 40 della L. n. 110 del 1975, e non con quella dell’ammenda prevista dal terzo comma dell’art. 4 di questa. Tale più lieve sanzione si riferisce chiaramente al porto delle cosiddette armi improprie, di quelle che pur avendo una specifica diversa destinazione, possono tuttavia servire all’offesa personale, secondo la definizione rinvenuta nello stesso art. 4, notevolmente ampliata rispetto a quella originariamente contenuta nel secondo comma dell’art. 42 — ora abrogato —, nell’art. 45 del D.P.R. 18 giugno 1931, n. 773, e nell’art. 80 del relativo regolamento, approvato con R.D. del 6 maggio 1940, n. 635.
In tema di reati concernenti le armi, il porto di un’arma propria, naturalmente destinata all’offesa personale (quale ad esempio un pugnale con lama lunga 15 cm.) integra il reato di cui al secondo comma, dell’art. 699 c.p., e va punito con la sanzione ivi prevista (arresto da diciotto mesi a tre anni) e non già con quella più lieve (arresto da un mese ad un anno ed ammenda da lire 50.000 a 200.000) stabilita dal terzo comma dell’art. 4 della L. 18 aprile 1975, n. 110 che concerne il porto senza giustificato motivi delle cosiddette armi improprie.

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Cass. pen. n. 14/1994

Il coltello a serramanico, detto anche a scatto o molletta, la cui lama, una volta spiegata con un congegno a molla, rimane fissata nel manico, assumendo le caratteristiche di un pugnale o stiletto, rientra nella categoria delle armi proprie non da sparo. Il porto di tale coltello è vietato in modo assoluto ed è punito, a norma dell’art. 699, comma 2, c.p., con l’arresto da diciotto mesi a tre anni, non essendo stato il minimo di detta pena derogato dall’art. 7, comma 2, ultima parte, L. 2 ottobre 1967, n. 895, come sostituito dall’art. 14 della L. 14 ottobre 1974, n. 497.

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Cass. pen. n. 8852/1993

In materia di armi bianche, un comune coltello con lama pieghevole nel manico rientra nella categoria delle armi improprie, il cui porto deve essere pertanto punito con la sanzione prevista dal terzo comma dell’art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110. Il coltello a serramanico vero e proprio, detto anche «coltello a scatto» o «molletta» — che rientra nel novero delle armi proprie non da sparo, il cui porto è punito a norma dell’art. 699 secondo comma c.p. — è quello la cui lama, una volta spiegata con un congegno a molla, rimane fissata nel manico assumendo le caratteristiche di un pugnale o stiletto.

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Cass. pen. n. 8539/1993

In materia di porto di armi comuni da sparo, l’ipotesi «residuale» tra la originaria prescrizione dell’art. 699 c.p. (concernente il porto «fuori della propria abitazione o della appartenenza di essa») e quella di cui all’art. 10, L. 14 ottobre 1974, n. 497 (relativa al «porto in luogo pubblico o aperto al pubblico»), è costituita dal porto delle armi in quei luoghi, diversi dalla abitazione o dalle sue appartenenze, che non siano né pubblici né aperti al pubblico. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha ritenuto sussistente il reato previsto dall’art. 699 c.p. in relazione al porto di arma comune da sparo in un fondo rustico recintato).

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Cass. pen. n. 7011/1993

Il coltello a serramanico può essere inteso anche in senso più lato, onnicomprensivo pure di quello a scatto, caratterizzato dalla incorporazione della lama all’interno del manico; sicché, ove manchi la speciale strutturazione dello scatto e del fissaggio della lama, il coltello la cui lama è semplicemente ripieghevole nel manico, ancorché chiamato a serramanico, non è esclusivamente destinato all’offesa alla persona, potendo normalmente essere impiegato negli usi più svariati, come quelli domestici, agricoli, sportivi, anche se, occasionalmente, può essere adoperato come arma, in tal senso impropria. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso del P.M. che aveva sostenuto la violazione dell’art. 699 c.p. di contro a quella dell’art. 4, L. n. 110 del 1975 ritenuta dal Gip, la Suprema Corte ha osservato che non risultava da nessun atto come fosse strutturato il coltello portato dall’imputato, senza nessuna spiegazione in ordine alla pieghevolezza e allo scatto della lama, sicché in dubio pro reo.

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Cass. pen. n. 4595/1992

Il coltello a serramanico deve essere considerato arma bianca propria, avente come destinazione naturale l’offesa alla persona, e conseguentemente il porto della stessa fuori della propria abitazione, vietato in modo assoluto dalla legge, ricade nella previsione sanzionatoria dell’art. 699 c.p. e non in quella di cui all’art. 4 L. n. 110 del 1975. (La Cassazione ha anche precisato che con la norma di cui al menzionato art. 4 L. n. 110 del 1975 non si è verificata alcuna equiparazione sotto il profilo sanzionatorio, della disciplina delle armi proprie a quella delle armi improprie, anche perché nella legge suddetta non si rinviene alcuna abrogazione dell’art. 699 c.p. e vengono fatte salve le disposizioni di cui alla L. n. 497 del 1974, la quale, all’art. 14, comma secondo, stabilisce un più severo regime sanzionatorio per le contravvenzioni in materia di armi previste dal codice penale).

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Cass. pen. n. 6934/1992

Attesa la evidente natura di reato di pericolo riconoscibile al porto illegale di arma, la maggiore o minore gravità in concreto di detto reato ben può e deve essere valutata anche con riguardo allo scopo per il quale la condotta illecita viene posta in essere, attribuendosi quindi maggiore gravità a quei fatti che risultino finalizzati alla commissione di ulteriori reati, in proporzione anche alla natura e gravità di questi ultimi.

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Cass. pen. n. 8132/1991

Il titolare di licenza di porto di fucile per uso di caccia è abilitato al porto di tale arma anche in periodo di divieto dell’attività venatoria. Ne deriva che non costituisce il reato di cui all’art. 699 c.p. il trasporto del fucile da caccia da parte di titolare della licenza.

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Cass. pen. n. 14852/1990

Il concorso di più persone nel porto o nella detenzione di un’arma non può essere escluso dalla semplice appartenenza di detta arma ad uno solo dei concorrenti e deve ritenersi pienamente sussistente quando l’arma si trovi nella disponibilità di tutti ovvero quando i soggetti viaggiando nella stessa auto, partecipano consapevolmente al porto dell’arma stessa.

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Cass. pen. n. 9326/1990

Il reato di porto illegale di armi assorbe quello di detenzione illegale soltanto nel caso in cui si dimostri che la condotta della detenzione non costituisca, contrariamente all’id quod plerumque accidit, condotta antecedente quella del porto.

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Cass. pen. n. 8572/1990

La diminuente del «fatto di lieve entità», inizialmente prevista dall’art. 5, L. 2 ottobre 1967, n. 895 per le armi da guerra e, poi, estesa dall’art. 14, L. 14 ottobre 1974, n. 497 anche alle armi comuni da sparo, non è applicabile alle contravvenzioni di detenzione e porto abusivo di un’arma da punta e taglio avente, per destinazione naturale, l’offesa alla persona.

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Cass. pen. n. 17812/1989

Il criterio distintivo fra porto e trasporto di arma non è di carattere obiettivo e va ravvisato nella possibilità o meno di utilizzazione immediata della stessa. È, pertanto, configurabile il reato di porto illegale di arma quando questa, pur non essendo addosso al soggetto, si trovi — tuttavia — nella pronta disponibilità dello stesso per un uso quasi immediato. Sussiste, invece, l’ipotesi del trasporto quando l’arma viene presa in considerazione solo come oggetto inerte di una operazione di trasferimento da luogo a luogo e non è, quindi, suscettibile di pronta utilizzazione.

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Cass. pen. n. 13385/1989

In tema di armi, il reato di porto illegale comprende ed assorbe quello di detenzione solo quando le due azioni inizino contestualmente e vi sia la prova che l’arma non sia stata in precedenza detenuta. Ne consegue che qualora venga attribuito ad un imputato il reato di porto illegale d’arma, la sua responsabilità in ordine al commesso reato di detenzione è presunta, fino a prova contraria, dato che questa costituisce il normale antecedente logico e pratico.

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Cass. pen. n. 9068/1989

Colui che venga sorpreso a portare una balestra con frecce risponde della contravvenzione di cui all’art. 699 c.p. (porto abusivo di armi) e non quella di cui all’art. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110.

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Cass. pen. n. 1730/1989

Al fine di escludere la qualificazione di arma è necessario che questa risulti totalmente ed assolutamente inefficiente, giacché soltanto in questo caso viene a mancare quella situazione di pericolo per l’ordine pubblico e per la pubblica incolumità costituenti l’oggetto giuridico delle fattispecie di porto e detenzione illegale di armi. Ne consegue che un semplice difetto di funzionamento dell’arma che interessi solo una parte di essa e sia facilmente riparabile non fa perdere all’oggetto la qualifica di arma.

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Cass. pen. n. 11903/1987

Le guardie giurate possono portare armi solo se munite della relativa licenza e pertanto sottostanno agli stessi diritti e doveri che riguardano tutti i cittadini. Ne consegue che qualora una guardia giurata porti un’arma senza averne fatta denuncia alla competente autorità non può invocare né la scriminante di cui all’art. 51 c.p., perché tale esimente è riferibile solo ai rapporti di subordinazione che nascono dal diritto pubblico e non anche a quelli che sorgono sul terreno del diritto privato, né il convincimento di essere legittimato al possesso di un’arma senza obbligo di denuncia, che finisce per risolversi in ignoranza della legge penale, che non scusa.

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Cass. pen. n. 5549/1987

Quando sussiste la prescritta autorizzazione al porto dell’arma, il porto è sempre legittimo anche se è posto in essere per uno scopo illecito o aggressivo. Non è configurabile, pertanto, il reato di porto abusivo di arma, se il titolare della licenza (nella specie guardia giurata) usa l’arma non già per necessità del suo servizio, bensì per commettere rapine.

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Cass. pen. n. 5205/1987

Ai fini della sussistenza del reato di porto abusivo di armi le «roulottes» ed i «campers» non possono essere assimilati all’abitazione.

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Cass. pen. n. 3865/1987

Deve ritenersi insussistente il reato di porto abusivo di armi, di cui all’art. 699 c.p., nel caso in cui la roulotte, nella quale esse siano detenute, sia l’unica abitazione dell’imputato. Tale precipua destinazione del mezzo ruotato non viene meno nel caso in cui il proprietario lo porti con sé, al traino dell’automobile, nei suoi spostamenti. (Nella specie un evento sismico aveva reso inagibile la casa dell’imputato).

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Cass. pen. n. 1749/1987

L’art. 699 c.p. è rimasto in vigore per il porto senza licenza di armi comuni da sparo fuori della propria abitazione, ma non in luogo pubblico o aperto al pubblico; per il porto d’armi bianche proprie; per il porto d’arma comune da sparo, con licenza valida per la quale non sia stata corrisposta la tassa annuale.

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Cass. pen. n. 950/1987

Perché si possa escludere ad un oggetto la qualifica di «arma» e, quindi, disapplicare la relativa normativa urgente, è necessario che lo stesso oggetto (pistola, fucile ecc.) sia totalmente ed assolutamente inefficiente, giacché soltanto in questo caso manca o è impossibile che si verifichi la situazione di pericolo per l’ordine pubblico e per la pubblica incolumità, che costituiscono l’oggetto giuridico delle fattispecie di porto e detenzione illegale di armi.

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Cass. pen. n. 11564/1986

Il porto di un fucile da caccia, abusivo per mancanza di validità della licenza per uso caccia, conseguente all’omesso pagamento della tassa di concessione governativa, integra gli estremi del combinato disposto degli artt. 699 c.p. e 15 L. n. 497 del 1974, per i quali ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo, è sufficiente la sola colpa.

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Cass. pen. n. 9560/1986

È configurabile il reato di porto illegale di arma, quando quest’ultima, pur non essendo addosso al soggetto, si trovi tuttavia nella sua pronta disponibilità per un uso quasi immediato. Sussiste invece l’ipotesi del trasporto d’arma, allorché la stessa viene presa in considerazione come oggetto «inerte» di un’operazione di trasferimento da luogo a luogo e non è, quindi, suscettibile di pronta utilizzazione.

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Cass. pen. n. 7153/1986

Sussiste il reato di porto illegale di arma comune da sparo in luogo pubblico quando l’arma sia trasportata in una vettura che percorre una pubblica via.

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Cass. pen. n. 6484/1986

Qualora venga attribuito ad un imputato il reato di porto illegale di arma, la sua responsabilità in ordine al connesso reato di detenzione illegale delle stesse è presunta, in quanto tale reato costituisce il normale antecedente logico del primo e può escludersi solo in caso di prova contraria. Ne consegue che, difettando tale prova, è ravvisabile il concorso tra i due reati, in quanto si tratta di condotte diverse che integrano distinte ipotesi delittuose, a meno che non si dimostri, inoltre, che l’inizio della detenzione non coincida cronologicamente con il porto.

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Cass. pen. n. 6290/1986

In tema di detenzione e porto illegale, l’attuale funzionalità dell’arma non è estremo necessario per la configurabilità del reato, una volta che la stessa possieda, anche solo potenzialmente, le caratteristiche offensive, che la qualificano come tale.

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Cass. pen. n. 5037/1986

Il foglio bollato, aggiunto al libretto contenente la fotografia, le generalità e i connotati del titolare della licenza di porto d’armi per uso di caccia, e attestante il versamento annuale della tassa di concessione governativa, è destinato non solo a documentare l’avvenuto versamento della tassa suddetta, ma anche la permanenza dei requisiti subiettivi richiesti. Ne consegue che l’omesso versamento di tale tassa rende invalida la licenza, per cui il porto di fucile da caccia fuori della propria abitazione con licenza di caccia per la quale non erano stati versati gli oneri fiscali integra il reato di cui all’art. 699 c.p. in relazione all’art. 15 della L. del 1974, n. 497.

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Cass. pen. n. 2559/1986

Le ipotesi normative, di cui ai due commi dell’art. 699 c.p., sono autonome figure di reato e non già una sola fattispecie criminosa, in quanto nel secondo comma della norma su indicata si configura il porto d’arma per la quale non è ammessa licenza, mentre nel primo comma della stessa si ha riguardo al porto d’armi per cui è consentito il rilascio di licenza.

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Cass. pen. n. 2385/1986

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 699, comma secondo c.p. e 5 e 7, L. 2 ottobre 1967, n. 895 in riferimento all’art. 3 della Costituzione per la mancata estensione alle armi da punta e da taglio della diminuente per i fatti di lieve entità prevista dall’art. 7 legge precitata per le armi da guerra o comuni da sparo, posto che la disparità di trattamento sanzionatorio tra le diverse fattispecie risulta giustificata dalla classificazione come contravvenzioni dei reati concernenti le armi da punta e taglio e dalle differenze specifiche inerenti le pene complessivamente comminate.

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Cass. pen. n. 1690/1979

L’art. 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, dispone semplicemente l’aggravamento della pena prevista dall’art. 699 c.p. per il porto d’arma senza licenza, e non modifica in null’altro la fisionomia dell’illecito, che ha e conserva natura contravvenzionale. (Nella specie era stato sostenuto il difetto di correlazione tra la sentenza di condanna, emessa in base alla nuova disposizione di legge e l’imputazione nella quale figurava il richiamo all’art. 699 c.p.).

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Cass. pen. n. 5853/1978

Il concetto di «porto» di un’arma — posto in relazione con l’interesse tutelato dalla norma di cui all’art. 699 del codice penale e con il divieto da essa imposto — altro non è che quello di avere con sé un’arma in modo ed in condizione di poterla eventualmente usare secondo la sua natura specifica. In altri termini, poiché la ratio della disposizione consiste nel solo scopo di impedire la possibilità, anche eventuale, dell’uso immediato di una arma, anche un porto momentaneo fuori dell’abitazione senza licenza, configurando esso sempre una permanenza di pericolo per l’incolumità propria o di altri, integra la predetta ipotesi di reato.

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Cass. pen. n. 2055/1978

L’art. 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, nel raddoppiare le pene previste dal codice penale in tema di contravvenzione alle norme concernenti le armi e nello stabilire che in ogni caso l’arresto non può essere inferiore a quindici giorni [ ora tre mesi ], ha posto un limite minimo alla pena edittale, anche per quei casi in cui la pena risulti, nonostante il raddoppio, inferiore a tale minimo. (Applicazione in tema di porto abusivo di armi ex art. 699 comma primo c.p.).

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