Art. 211 – Codice civile – Obbligazioni dei coniugi contratte prima del matrimonio
I beni della comunione rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio limitatamente al valore dei beni di proprietà del coniuge stesso prima del matrimonio che, in base a convenzione stipulata a norma dell'articolo 162, sono entrati a far parte della comunione dei beni.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 12293/2025
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, la previsione dell'obbligo datoriale di informare il lavoratore un mese prima della scadenza del termine, contenuta nell'art. 58, lett. b), del c.c.n.l. addetti all'industria delle calzature, conforma - al pari dell'arco temporale massimo di comporto - l'esercizio del potere di licenziamento, dovendosi interpretare il silenzio della norma collettiva per l'ipotesi della tardività di tale comunicazione nel senso della equiparazione del ritardo alla omissione dell'informazione, in quanto il superamento del termine concordemente pattuito dalle parti sociali in relazione all'obbligo di tenere una condotta o compiere un determinato atto deve essere inteso come valutazione di intrinseca inadeguatezza a soddisfare detto obbligo.
Cass. civ. n. 12272/2025
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, il divieto di computo delle assenze stabilito dall'art. 26, comma 1, del d.l. n. 18 del 2020, conv. con modif. dalla l. n. 27 del 2020, opera oggettivamente, a prescindere dalla conoscenza che il datore di lavoro abbia della causa dell'assenza, sia in quanto l'esistenza di una siffatta condizione per l'applicabilità dello scomputo introdurrebbe surrettiziamente un requisito aggiuntivo non previsto dalla legge, sia in quanto il legislatore, tacendo sulla conoscenza soggettiva del datore, ha evidentemente ritenuto - nel bilanciamento degli opposti interessi - di dare prevalenza a quello del lavoratore ammalato per ragioni riconducibili alla situazione eccezionale di emergenza pandemica, considerando, per converso, recessiva la tutela dell'affidamento datoriale.
Cass. civ. n. 11584/2025
Ai fini della validità del licenziamento intimato per ragioni disciplinari non è necessaria la previa affissione del codice disciplinare, in presenza della violazione di norme di legge e comunque di doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la necessità dell'affissione con riguardo alla contestazione, nei confronti del dipendente, di condotte ingiuriose e minacciose nei confronti di colleghi e di ulteriori comportamenti irrispettosi nei confronti della clientela e violativi dell'obbligo di attenersi alle condizioni di vendita stabilite dall'azienda).
Cass. civ. n. 11429/2025
Il divieto di recesso del datore di lavoro nel "periodo Covid" non si applica al licenziamento per superamento del periodo di comporto, in quanto le norme che regolano le due fattispecie sono in rapporto di specialità reciproca, essendo ispirato l'art. 46 del d.l. n. 18 del 2020, conv. con modif. dalla l. n. 27 del 2020, alla specifica ratio di tutela dei lavoratori rispetto alle conseguenze negative sull'occupazione derivanti dal blocco o dalla riduzione dell'attività produttiva conseguente all'emergenza Covid-19, e attenendo, invece, l'art. 2110, comma 2, c.c., ad ipotesi particolari, di modo che quest'ultimo prevale sia sulla disciplina generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione lavorativa sia su quella limitativa dei licenziamenti individuali.
Cass. civ. n. 11154/2025
Lo svolgimento di altre attività da parte del dipendente durante l'assenza per malattia, se da un lato mette in pericolo l'adempimento dell'obbligazione principale del lavoratore, per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia, dall'altro integra violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà e dei doveri di correttezza e buona fede; la relativa valutazione, trattandosi di illecito di pericolo e non di danno, è costituita da un giudizio ex ante, riferito al momento in cui è stato tenuto il comportamento contestato, e ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro. (In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva dichiarato illegittimo - per sproporzione tra la sanzione e l'infrazione disciplinare - il licenziamento comminato, a un lavoratore infortunatosi al braccio, in ragione dello svolgimento di un'attività ludica durante l'assenza per malattia, sulla scorta dell'accertamento che la serie variegata di attività compiute senza alcun tutore o fasciatura ne aveva esposto a rischio di peggioramento le condizioni di salute, tenuto conto delle prescrizioni mediche che indicavano il riposo e l'immobilizzazione dell'arto).
Cass. civ. n. 10404/2025
I compensi dovuti all'avvocatura interna dell'INPS, ai sensi delle pertinenti disposizioni legislative, regolamentari interne e della contrattazione collettiva, in relazione all'attività giudiziale svolta, dopo l'entrata in vigore dell'art. 1, comma 208, della l. n. 166 del 2005, sono comprensivi degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro, ma non dell'IRAP, che grava inderogabilmente sulla P.A., la quale può accantonare tale imposta sul fondo destinato alla retribuzione accessoria dei dipendenti solo se le risorse complessive ivi allocate superano i limiti massimi di spesa eventualmente fissati da norme inderogabili di legge o - se questi non esistono o non sono stati allegati o dimostrati - l'ammontare complessivo del credito vantato dai medesimi dipendenti, come riconosciuto dalla contrattazione collettiva e dai regolamenti interni dell'ente.
Cass. civ. n. 10402/2025
I compensi dovuti agli avvocati interni degli enti locali, ai sensi degli artt. 27 del c.c.n.l. del 14 settembre 2000 per il personale delle regioni e delle autonomie locali, 1, comma 208, della l. n. 266 del 2005 e 9 del d.l. n. 90 del 2014 (conv. con modif. dalla l. n. 114 del 2014), hanno natura retributiva e spettano al netto dell'IRAP, che resta a carico della P.A. datrice di lavoro, la quale non può farla gravare sui suoi dipendenti né in via diretta né indiretta, riducendo, in proporzione all'ammontare dell'imposta, le risorse che - in base alla legge, alla contrattazione collettiva o al regolamento dell'ente - sono destinate agli stessi a titolo di compensi professionali.
Cass. civ. n. 10305/2025
Il recesso per mancato superamento del periodo di prova, pur se illegittimo perché esercitato senza osservare l'obbligo di motivazione previsto dalla contrattazione collettiva, in mancanza di una disposizione che ne preveda espressamente l'inefficacia, con conseguente reintegra del lavoratore, è comunque efficace e idoneo a produrre l'effetto estintivo del rapporto, salva la sola tutela risarcitoria. (Fattispecie in tema di recesso intimato in violazione dell'obbligo di motivazione previsto dall'art. 1, comma 5, del c.c.n.l. del 14 febbraio 2001 per il personale non dirigente degli enti pubblici non economici).
Cass. civ. n. 10084/2025
In tema di fallimento del datore di lavoro, in caso di omesso versamento dei contributi, il lavoratore non può insinuarsi al passivo per le quote contributive a carico del predetto, non avendo alcuna legittimazione attiva in relazione all'obbligazione avente ad oggetto il pagamento della contribuzione previdenziale, mentre le quote di contributi a carico del lavoratore, ritenute dal datore e non versate tempestivamente all'INPS, devono essere corrisposte al lavoratore stesso, con collocazione privilegiata a norma dell'art. 2751 bis, n. 1, c.c.
Cass. civ. n. 9952/2025
La contrattazione aziendale può derogare in melius ma non in peius al livello retributivo assunto dall'art. 1 della l. n.389/89 ai fini del calcolo del minimale contributivo (vale a dire quello previsto dalla contrattazione collettiva nazionale), essendo la materia previdenziale indisponibile, come desumibile dall'art. 2115, comma 3 c.c.
Cass. civ. n. 1229/2025
Ricomprensione del termine per le difese del lavoratore - Necessità - Dilazionabilità del termine - Ragioni - Fattispecie. In tema di procedimento disciplinare, l'art. 38 c.c.n.l. chimica industria del 19/07/2018 va interpretato nel senso che il termine complessivo di sedici giorni dalla contestazione disciplinare, assegnato al datore di lavoro per concludere il procedimento e adottare il licenziamento, va calcolato tenendo conto del precedente termine previsto per le deduzioni difensive del lavoratore, necessariamente dilatorio, di otto giorni dalla medesima contestazione, sicché se il datore di lavoro accorda un termine superiore di otto giorni per le difese del dipendente, su sua richiesta o per ragioni organizzative, come nella specie per la chiusura estiva, il predetto termine complessivo è dato dal maggior lasso temporale concesso per tali difese, cui va ad aggiungersi l'ulteriore termine di otto giorni previsto per la parte datoriale.
Cass. civ. n. 24052/2024
In tema licenziamento per superamento del periodo di comporto, la contrattazione collettiva, per sottrarsi al rischio di trattamenti discriminatori a danno dei lavoratori con handicap, deve prendere in specifica considerazione la posizione di svantaggio del disabile, poiché non è sufficiente ad elidere detto rischio una disciplina negoziale che tiene conto solo del profilo oggettivo dell'astratta gravità o particolarità delle patologie senza valorizzare anche l'aspetto soggettivo della disabilità, in relazione al quale vanno adottati gli accorgimenti ragionevoli prescritti dalla direttiva 2000/78/CE e dall'art. 3, comma 3-bis, d.lgs. n. 216 del 2006. (Principio affermato in relazione al c.c.n.l. Associazione nazionale strutture territoriali 2017-2019, che prevede l'esclusione dal computo del comporto solo dei giorni di ricovero ospedaliero, dei day hospital, dei giorni di assenza per malattia dovuti a sclerosi multipla o connessi alla somministrazione di terapie salvavita, non anche dei giorni di assenza per malattie, anche non gravi, ma cagionate dalla disabilità).
Cass. civ. n. 23499/2024
In materia di trasferimento d'azienda, l'accordo sindacale di cui all'art. 47, comma 4-bis, della l. n. 428 del 1990, nella sua formulazione ratione temporis vigente, può prevedere deroghe all'art. 2112 c.c. concernenti le condizioni di lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato l'inopponibilità al Fondo di garanzia gestito dall'INPS di un accordo sindacale, concluso ai sensi del citato art. 47, comma 4-bis, con il quale l'impresa cessionaria era stata esonerata da ogni responsabilità in relazione al TFR maturato presso quella cedente, poiché, nonostante il fallimento di questa intervenuto successivamente alla cessione, il diritto a tale emolumento non era ancora divenuto esigibile per effetto della prosecuzione dei rapporti di lavoro alle dipendenze della cessionaria stessa).
Cass. civ. n. 23439/2024
In tema di illeciti disciplinari del dipendente di istituto di credito, costituisce condotta rilevante la violazione dell'obbligo di identificazione della clientela alla sua presenza fisica previsto dall'art. 19 del d.lgs. n. 231 del 2007, nella formulazione applicabile ratione temporis (prima della novella di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 90 del 2017), né tale obbligo è derogato dall'art. 20 del medesimo d.lgs., il quale disciplina altri aspetti della valutazione del rischio che presuppongono la già compiuta identificazione del cliente.
Cass. civ. n. 23318/2024
In tema di licenziamento disciplinare, l'assenza nella condotta contestata al lavoratore di effettive conseguenze pregiudizievoli per il datore o per terzi, ovvero di concreti vantaggi a favore proprio o di terzi, così come l'eventuale comportamento successivo volto ad eliderne gli effetti dannosi, non valgono di per sé ad escludere la rilevanza disciplinare del fatto, potendo piuttosto concorrere, unitamente ad ogni altro fattore oggettivo e soggettivo palesato dal caso concreto, nella complessa valutazione giudiziale circa l'idoneità della condotta a giustificare la sanzione espulsiva. (Nella specie la S.C. ha annullato la sentenza di appello che, in ragione della ritenuta assenza di offensività, aveva escluso la rilevanza disciplinare di plurime condotte attuate in violazione delle disposizioni aziendali e dei diritti dei clienti da un direttore di filiale di un istituto di credito).
Cass. civ. n. 19740/2024
In tema di licenziamento, la mancata impugnativa dell'atto di recesso nel termine di sessanta giorni dalla sua comunicazione, ex art. 6 l. n. 604 del 1966, determina il consolidamento dell'effetto estintivo del rapporto di lavoro anche quando, in caso di trasferimento d'azienda, l'atto di risoluzione del rapporto sia intimato dal cedente, ma anteriormente alla produzione di effetti di tale trasferimento, dovendosi escludere che il predetto termine decorra dalla cessazione dell'efficacia del rapporto di lavoro.
Cass. civ. n. 18263/2024
La sospensione unilaterale del rapporto disposta dal datore di lavoro durante il periodo di preavviso per dimissioni può integrare un inadempimento di gravità tale da costituire giusta causa di recesso immediato del lavoratore, se - al di là dalla sua durata - è complessivamente realizzata con modalità tali da rendere impossibile, anche in via provvisoria, la prosecuzione del rapporto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che - conferendo rilievo preminente alla breve durata, di cinque giorni lavorativi, della sospensione - aveva escluso la legittimità del recesso immediato del dipendente, consigliere e amministratore delegato di una società di brokeraggio marittimo, sebbene il datore di lavoro, ricevuta la comunicazione delle dimissioni con preavviso di sei mesi, avesse, contestualmente alla sospensione, ritirato computer, telefono, carte di credito e chiavi dell'ufficio, nonché disabilitato l'account di posta elettronica del lavoratore).
Cass. civ. n. 18015/2024
In tema di personale delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, integra una giusta causa di licenziamento, data la proporzionalità della sanzione espulsiva, la condotta del dipendente che consapevolmente riceve sul proprio conto pagamenti non dovuti di somme illecitamente sottratte all'amministrazione datrice di lavoro, così commettendo un atto doloso che, a prescindere dai profili di rilevanza penale, integra l'illecito disciplinare tipizzato dall'art. 56, comma 6, lett. d), del c.c.n.l. AFAM. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto del ricorso di una lavoratrice, dipendente di un istituto musicale, licenziata per avere trattenuto consapevolmente - come desumibile dalla circostanza che le somme accreditate sul suo conto corrente nel volgere di un anno e otto mesi superavano l'ammontare dello stipendio corrisposto in un anno - importi non giustificati da provvedimenti motivati, né risultanti dalle buste-paga).
Cass. civ. n. 17470/2024
In ipotesi di licenziamento intimato dal cedente prima della cessione dell'azienda, la norma di garanzia di cui all'art. 2112 c.c. può trovare applicazione soltanto se c'è stata la dichiarazione di nullità del recesso datoriale o il suo annullamento, unici atti idonei a produrre effetti ripristinatori ex tunc, che presuppongono però l'osservanza da parte del lavoratore del termine di decadenza previsto per impugnare il licenziamento e quindi il tempestivo invio al cedente degli atti impeditivi della stessa.
Cass. civ. n. 17306/2024
In tema di licenziamento disciplinare, in presenza di disposizioni del contratto collettivo che, anche attraverso clausole generali o elastiche, prevedono per la stessa infrazione l'applicazione di una sanzione conservativa e, nei casi di maggiore gravità, della sanzione espulsiva, il giudice di merito deve verificare la sussumibilità del fatto contestato nella previsione collettiva ed individuare gli specifici elementi, di cui dar conto in motivazione, atti ad integrare il dirimente requisito della maggiore gravità.
Cass. civ. n. 16740/2024
In caso di cessione di azienda con prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessionario, cui sia poi seguito il fallimento del cedente, non sussiste un obbligo di intervento del Fondo di garanzia istituito presso l'INPS per il TFR maturato dai lavoratori alle dipendenze del cedente stesso, nemmeno se il relativo credito è stato accertato e riconosciuto in sede concorsuale, poiché il presupposto dell'insolvenza non riguarda il datore di lavoro con cui è in essere il rapporto al momento in cui tale credito diviene esigibile, non rilevando in senso contrario l'accordo sindacale raggiunto ex art. 47, comma 5, l. n. 428 del 1990, ratione temporis applicabile, per liberare il cessionario dall'obbligazione solidale di pagare il TFR maturato alle dipendenze del cedente, accordo che non è opponibile all'INPS.
Cass. civ. n. 16064/2024
Il carattere ingiurioso del licenziamento, che, in quanto lesivo della dignità del lavoratore, legittima un autonomo risarcimento del danno, non si identifica con la sua illegittimità, bensì con le particolari forme o modalità offensive del recesso. (Nella specie, la S.C. ha negato che fosse ingiurioso il licenziamento intimato per fatti di reato per i quali il datore aveva anche sporto denunzia all'A.G., in assenza di prova circa l'utilizzo di modalità indebite di comunicazione ed attuazione del procedimento disciplinare).
Cass. civ. n. 15845/2024
In tema di malattia del lavoratore, l'art. 70 del c.c.n.l. Carta Industria del 30.11.2016 deve essere interpretato nel senso che i giorni di accesso al pronto soccorso sono esclusi dal computo nel periodo di comporto.
Cass. civ. n. 15740/2024
In tema di trasferimento di azienda, la revoca dell'autorizzazione, rilasciata all'impresa cedente, allo svolgimento dell'attività bancaria non incide sul requisito dell'autonomia del compendio aziendale, presupposto necessario per l'applicazione dell'art. 2112 c.c., in quanto l'autorizzazione non è un bene immateriale, né un elemento costitutivo dell'attività economica organizzata, bensì l'esito della verifica preliminare sulla sussistenza di tutte le condizioni tecniche e finanziarie per l'esercizio, da parte di un determinato soggetto, dell'impresa bancaria, come tale insuscettibile di cessione.
Cass. civ. n. 15604/2024
Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze del lavoratore per malattia od infortunio, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c., né la riconduzione alla categoria della nullità è impedita dalla collocazione di detta violazione fra quelle a regime reintegratorio attenuato ex art. 18, comma 7, st.lav. (novellato dalla l. n. 92 del 2012), perché, anche in presenza del medesimo vizio di nullità, il legislatore può graduare diversamente il rimedio ripristinatorio in ragione di un giudizio di minore riprovazione; conseguentemente, la previsione del citato comma 7 è speciale rispetto a quella di cui al comma 1 dello stesso art. 18 st.lav., che disciplina le altre ipotesi di nullità previste dalla Legge. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, la quale aveva qualificato come nullo il licenziamento intimato alla lavoratrice che - per evitare il superamento del periodo di comporto - aveva chiesto di fruire di un periodo di ferie, negato senza la sussistenza di ragioni obiettive di carattere organizzativo).
Cass. civ. n. 15568/2024
La richiesta del lavoratore, anteriore alla scadenza del periodo di comporto, di fruire dell'aspettativa senza stipendio di cui all'art. 51 del c.c.n.l. personale servizi di pulizia del 31 maggio 2011 determina il naturale prolungamento del comporto oltre il previsto termine di dodici mesi, con la conseguenza che nessun licenziamento può essere validamente intimato in detto periodo.
Cass. civ. n. 15294/2024
Ai fini del riconoscimento della pensione indiretta al familiare di lavoratore autonomo deceduto, non operando per i lavoratori autonomi la regola dell'automatismo delle prestazioni di cui all'art. 2116 c.c., il coniuge superstite non ha diritto a detta pensione se l'assicurato, al momento del decesso, non poteva far valere il minimo di contribuzione richiesto dalla legge, pur restando impregiudicata la facoltà dei superstiti di versare i contributi omessi dal dante causa, con conseguente maturazione successiva del requisito utile alla pensione stessa.
Cass. civ. n. 14712/2024
Alla cessione di ramo d'azienda, seguita da un appalto tra cedente e cessionario e successivamente dichiarata inefficace nei confronti del lavoratore, sono inapplicabili, anche in via analogica, le norme dettate per l'appalto dichiarato illecito, cosicché i pagamenti effettuati dal cessionario ai lavoratori ceduti non hanno effetto liberatorio nei confronti del cedente per le retribuzioni loro dovute.
Cass. civ. n. 14626/2024
Per gli infermieri assunti dall'Università degli Studi di Napoli e destinati ai policlinici universitari ex art. 1 della l.r. Campania n. 10 del 1978, ratione temporis vigente, il successivo transito alle dipendenze delle unità sanitarie locali non ha fatto venire meno la continuità del loro rapporto di lavoro, sicché, ai fini della maturazione del trattamento di fine servizio, deve computarsi, ai sensi dell'art. 76 d.P.R. n. 761 del 1979, anche il periodo di servizio fuori ruolo presso i policlinici universitari, in applicazione del principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali di cui all'art. 2116 c.c. (così come interpretato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 374 del 1997), che può essere derogato solo in base a specifiche disposizioni di legge e limitatamente al caso espresso in cui non sia prescritto il diritto dell'ente previdenziale alla percezione dei contributi.
Cass. civ. n. 14316/2024
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, la conoscenza dello stato di disabilità del lavoratore - o la possibilità di conoscerlo secondo l'ordinaria diligenza - da parte del datore di lavoro fa sorgere l'onere datoriale - a cui non può corrispondere un comportamento ostruzionistico del lavoratore - di acquisire, prima di procedere al licenziamento, informazioni circa l'eventualità che le assenze per malattia del dipendente siano connesse allo stato di disabilità, al fine di individuare possibili accorgimenti ragionevoli imposti dall'art. 3, comma 3-bis, d.lgs. n. 216 del 2003, la cui adozione presuppone l'interlocuzione ed il confronto tra le parti, che costituiscono una fase ineludibile della fattispecie complessa del licenziamento de quo.
Cass. civ. n. 5805/2023
In tema di licenziamento per giusta causa, la conoscenza da parte del datore di lavoro, sin dall'atto dell'assunzione, del comportamento del lavoratore invocato come giusta causa di licenziamento rende quest'ultimo illegittimo, sussistendo incompatibilità logico-giuridica tra giusta causa di licenziamento, intesa quale causa che non consente la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto, ai sensi dell'art. 2119 c.c., e la precedente scelta di avviare il rapporto di lavoro pur conoscendo quei fatti; nell'ipotesi di mera conoscibilità del fatto poi valorizzato come giusta causa, tuttavia, in difetto di una norma di diritto che equipari la conoscibilità dei fatti alla loro effettiva conoscenza, il giudice non può creare una presunzione legale relativa, ponendo a carico del datore di lavoro l'onere di provare di non avere conosciuto il fatto conoscibile.
Cass. civ. n. 7029/2023
La "giusta causa" di licenziamento ex art. 2119 c.c. integra una clausola generale che l'interprete deve concretizzare tramite fattori esterni relativi alla coscienza generale e principi tacitamente richiamati dalla norma e, quindi, mediante specificazioni di natura giuridica, la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi integranti il parametro normativo costituisce un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici.
Cass. civ. n. 9160/2022
L'accordo transattivo sottoscritto dal lavoratore, che contenga una dichiarazione di rinuncia, nella specie "all'eventuale risarcimento danni per qualsiasi titolo", può assumere il valore di rinuncia o di transazione, che il lavoratore ha l'onere di impugnare nel termine di cui all'art. 2113 c.c., alla condizione che risulti accertato, sulla base dell'interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili "aliunde", che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi. Il relativo accertamento costituisce giudizio di merito, censurabile, in sede di legittimità, soltanto in caso di violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale o in presenza di vizi della motivazione.
Cass. civ. n. 1887/2022
La disciplina dell'annullabilità degli atti contenenti rinunce del lavoratore a diritti garantiti da norme inderogabili di legge o di contratto collettivo, prevista dall'art. 2113 c.c., riguarda le ipotesi di rinuncia a un diritto già acquisito, mentre non trova applicazione qualora il diritto sia ancora controverso e pertanto non possa dirsi già acquisito nel patrimonio del rinunciante.
Cass. civ. n. 28330/2022
Nell'ipotesi di contratto di lavoro nullo, al lavoratore non spetta l'indennità sostitutiva del preavviso che, per sua natura, presuppone la validità del rapporto e, salvo i casi eccezionali espressamente previsti dagli artt. 2118, comma 3, e 2122 c.c., la possibilità della sua continuazione oltre il periodo di recesso.
Cass. civ. n. 12789/2022
L'art. 2119 c.c. configura una norma elastica, in quanto costituisce una disposizione di contenuto precettivo ampio e polivalente destinato ad essere progressivamente precisato, nell'estrinsecarsi della funzione nomofilattica della Corte di cassazione, fino alla formazione del diritto vivente mediante puntualizzazioni, di carattere generale ed astratto; l'operazione valutativa, compiuta dal giudice di merito nell'applicare tale clausola generale, non sfugge pertanto al sindacato di legittimità, poiché l'operatività in concreto di norme di tale tipo deve rispettare criteri e principi desumibili dall'ordinamento.
Cass. civ. n. 438/2021
In caso di trasferimento di azienda o di un suo ramo, nel giudizio promosso dal lavoratore per affermare l'esistenza del rapporto lavorativo con il datore di lavoro cedente, e negare quello con il cessionario, non sussiste litisconsorzio necessario tra cedente e cessionario, in quanto il lavoratore non deduce in giudizio un rapporto plurisoggettivo, né alcuna situazione di contitolarità, ma tende a conseguire un'utilità rivolgendosi ad una sola persona, ossia il vero datore di lavoro; in tal caso, l'accertamento negativo dell'altro rapporto avviene senza efficacia di giudicato e l'eventuale contrasto tra giudicati è bilanciato dalle esigenze di economia e speditezza processuale, ostacolate dalla presenza di un'altra parte nel giudizio. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 23/05/2016).
Cass. civ. n. 10883/2021
Per impugnare il licenziamento non si richiedono formule particolari, essendo sufficiente, come testualmente specificato dall'art. 6 della l. n. 604 del 1966, qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore di impugnare il licenziamento.(Nella specie, la sentenza confermata dalla S.C. aveva ritenuto idonea la comunicazione a mezzo PEC, inviata dal difensore del lavoratore, cui era allegato un file formato "pdf" contenente la scansione dell'impugnazione del licenziamento sottoscritta da entrambi). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 05/08/2019).
Cass. civ. n. 28368/2021
La condotta illecita extralavorativa è suscettibile di rilievo disciplinare poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o compromettere il rapporto fiduciario con lo stesso; tali condotte, ove connotate da caratteri di gravità, possono anche determinare l'irrogazione della sanzione espulsiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva reputato legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore - condannato, sia pure con sentenza non passata in giudicato, per produzione e detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti -, sul rilievo che tale contegno, presupponendo l'inevitabile contatto con ambienti criminali, pregiudicasse l'immagine dell'azienda, aggiudicataria di pubblici appalti). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 30/05/2019).
Cass. civ. n. 16382/2021
Il trattamento di cassa integrazione guadagni - sia ordinario che straordinario - non è escluso rispetto ai lavoratori assenti per malattia od infortunio con diritto alla conservazione del posto (art. 2110 c.c.), ma il loro credito, in deroga all'art. 2110 citato (che prevede la liberazione del datore di lavoro dalla obbligazione di corrispondere anche a tali lavoratori la retribuzione solo ove siano predisposte equivalenti forme previdenziali, con conseguente permanenza di un'obbligazione integrativa nel caso che forme siffatte diano luogo a trattamenti di minore entità rispetto al tetto massimo della retribuzione stessa), si riduce nei limiti del suddetto trattamento, con la conseguenza che la legittima ammissione alla cassa integrazione comporta il subingresso dell'ente erogatore delle relative prestazioni in tali obbligazioni del datore di lavoro (il quale rimane tenuto alle anticipazioni quale "adiectus solutionis causa"), previa corrispondente riduzione delle medesime, nel senso che quest'ultimo è tenuto ad anticipare anche ai menzionati lavoratori o l'intero trattamento di cassa integrazione o l'importo pari alla differenza fra questo e l'inferiore trattamento di natura previdenziale o assistenziale.
Cass. civ. n. 7364/2021
In tema di trasferimento di ramo d'azienda, la verifica della sussistenza dei presupposti dell'autonomia funzionale e della preesistenza, rilevanti ai sensi dell'art. 2112, comma 5, c.c., integra un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile per cassazione alla stregua dell'art. 360, n. 3, c.p.c., laddove alla fattispecie, così come accertata dal giudice di merito, sia stata applicata una norma dettata per disciplinare ipotesi diverse (cd. vizio di sussunzione), ovvero sulla base dell'art. 360, n. 5, c.p.c., nell'ipotesi in cui sia stato omesso l'esame di un fatto decisivo per il giudizio, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che sia stato oggetto di discussione tra le parti.
Cass. civ. n. 22249/2021
Ai fini del trasferimento di ramo d'azienda previsto dall'art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dall'art. 32 del d.lgs. n. 276 del 2003, costituisce elemento costitutivo della cessione l'autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere - autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario - il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell'ambito dell'impresa cedente al momento della cessione. L'elemento costitutivo dell'autonomia funzionale va quindi letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza, e ciò anche in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo la quale l'impiego del termine "conservi" nell'art. 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva 2001/23/CE, "implica che l'autonomia dell'entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento"
Cass. civ. n. 22353/2021
Ai fini dell'accertamento della validità della cessione di un ramo d'azienda, ai sensi dell'art. 2112 c.c., l'esistenza di un collegamento negoziale con un accordo conciliativo intervenuto tra il cedente e i lavoratori ceduti è oggetto di un apprezzamento di fatto, il quale si sottrae al sindacato di legittimità, ove sorretto da adeguata motivazione ed immune da vizi logici e giuridici.
Cass. civ. n. 37291/2021
In materia di trasferimento d'azienda, il collegamento societario esistente tra cedente e cessionario non è ostativo all'applicazione della disciplina di cui all'art. 2112 c.c. in quanto non è idoneo, di per sé, a far venire meno l'alterità dei soggetti giuridici e a configurare un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro, occorrendo a tal fine altri requisiti, individuati in indici di simulazione o preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale
Cass. civ. n. 24078/2021
In tema di rapporto di lavoro, la categoria dei diritti indisponibili - cui si applica, qualora abbiano formato oggetto di rinunzie o transazioni, l'art. 2113 c.c. - comprende non soltanto i diritti di natura retributiva o risarcitoria correlati alla lesione di diritti fondamentali della persona, ma, alla luce della "ratio" sottesa alla disposizione codicistica, posta a tutela del lavoratore, quale parte più debole del rapporto di lavoro, ogni altra posizione regolata in via ordinaria attraverso norme inderogabili, salvo che vi sia espressa previsione contraria.
Cass. civ. n. 29626/2021
L'impugnazione del lavoratore avverso rinunce e transazioni aventi ad oggetto propri diritti, prevista dall'art. 2113 c.c., può essere effettuata anche con atto sottoscritto da un legale per conto del prestatore d'opera, in quanto la possibilità dell'intervento di terzi per conto del lavoratore, prevista dall'art. 6 della l. n. 604 del 1966, trova applicazione anche con riguardo alla fattispecie di cui al menzionato art. 2113, mentre la necessità della forma scritta richiesta da tale articolo non comporta, ai sensi dell'art. 1392 c.c., che l'atto del legale debba essere preceduto da procura scritta, integrando detta impugnativa un atto unilaterale non avente contenuto patrimoniale.
Cass. civ. n. 15947/2021
In tema di omissioni contributive, l'azione attribuita al lavoratore dall'art. 2116 c.c. per il conseguimento del risarcimento del danno patrimoniale - consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante - presuppone che siano maturati i requisiti per l'accesso alla prestazione previdenziale e postula l'intervenuta prescrizione del credito contributivo; ne consegue che prima del perfezionamento dell'età pensionabile, in presenza di diritti non ancora entrati nel patrimonio del creditore, sussiste l'impossibilità di disporre validamente della posizione giuridica soggettiva inerente al diritto al risarcimento del danno pensionistico.
Cass. civ. n. 17606/2021
In caso di recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il periodo di preavviso non lavorato, per il quale sia corrisposta l'indennità sostitutiva del preavviso, sebbene il preavviso abbia natura obbligatoria ed il rapporto lavorativo cessi immediatamente, assume rilevanza in ambito previdenziale e va computato ai fini del raggiungimento del requisito dei due anni d'iscrizione nell'AGO contro la disoccupazione involontaria per la corresponsione dell'indennità ordinaria di disoccupazione, in quanto l'indennità corrisposta in tale periodo è assoggettata a contribuzione, che concorre a formare la base imponibile e pensionabile maturata durante il rapporto di lavoro.
Cass. civ. n. 31202/2021
In tema di licenziamento per giusta causa, nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia compromesso la fiducia necessaria ai fini della conservazione del rapporto di lavoro e, quindi, costituisca giusta causa di licenziamento, rilevano la natura e la qualità del singolo rapporto, la posizione delle parti, l'oggetto delle mansioni e il grado di affidamento che queste richiedono, occorrendo altresì valutare il fatto concreto nella sua portata oggettiva e soggettiva, attribuendo rilievo determinante, ai fini in esame, alla potenzialità del fatto medesimo di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento.
Cass. civ. n. 33811/2021
In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva non è vincolante, spettando al giudice la valutazione di gravità del fatto e della sua proporzionalità rispetto alla sanzione irrogata dal datore di lavoro, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie
Cass. civ. n. 27934/2021
In tema di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la rinuncia del datore di lavoro al periodo di preavviso, a fronte delle dimissioni del lavoratore, non fa sorgere il diritto di quest'ultimo al conseguimento dell'indennità sostitutiva, attesa la natura obbligatoria del preavviso, dovendo peraltro escludersi che alla libera rinunziabilità del preavviso possano connettersi a carico della parte rinunziante effetti obbligatori in contrasto con la disciplina delle fonti delle obbligazioni di cui all'art. 1173 c.c.
Cass. civ. n. 11697/2020
In tema di licenziamento per giusta causa, le disposizioni dell'art. 5 st.lav., che vietano al datore di lavoro di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e lo autorizzano a effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato d'incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificare l'assenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che, all'esito di un'indagine demandata dal datore di lavoro a un'agenzia investigativa, risultava aver svolto con assiduità, durante il periodo di riposo per malattia, attività sportiva e ludica attestante l'intervenuta guarigione non comunicata al datore). (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 08/06/2018).
Cass. civ. n. 10414/2020
In caso di trasferimento che riguardi aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi dell'articolo 2, quinto comma, lett. c), della l. n. 675 del 1977, ovvero per le quali sia stata disposta l'amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell'attività, ai sensi del d.lgs. n. 270 del 1999, l'accordo sindacale di cui all'art. 47, comma 4-bis, della l. n. 428 del 1990, inserito dal d.l. n. 135 del 2009, conv. in l. n. 166 del 2009, può prevedere deroghe all'art. 2112 c.c. concernenti le condizioni di lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario, in quanto la locuzione - contenuta del predetto comma 4-bis - "Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell'occupazione, l'articolo 2112 del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall'accordo medesimo", va letta in conformità al diritto dell'Unione europea ed alla interpretazione che dello stesso ha fornito la Corte di giustizia, 11 giugno 2009, in causa C-561/07 (all'esito della procedura di infrazione avviata nei confronti della Repubblica italiana per violazione della direttiva 2001/23/CE), nel senso che gli accordi sindacali, nell'ambito di procedure di insolvenza aperte nei confronti del cedente sebbene non "in vista della liquidazione dei beni", non possono disporre dell'occupazione preesistente al trasferimento di impresa. (Fattispecie relativa a cessione di compendio aziendale da Alitalia CAI ad Alitalia SAI). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 13/02/2018).
Cass. civ. n. 27427/2020
Il principio dell'automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c., così come interpretato dalla Corte costituzionale con la n. 374 del 1997, trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale e può essere derogato solo in base a specifiche disposizioni di legge, le quali devono espressamente prevedere anche la eventuale limitazione dell'automatismo al solo caso in cui non sia prescritto il diritto dell'ente previdenziale alla percezione dei contributi.
Cass. civ. n. 15411/2020
La transazione è estranea al rapporto di lavoro ed agli obblighi contributivi, perché alla base del calcolo degli oneri previdenziali deve sempre essere posta la retribuzione prevista per legge o per contratto, individuale o collettivo; ne consegue che le somme pagate a titolo di transazione dipendono da quest'ultimo contratto e non dal diverso contratto di lavoro, sicché l'assoggettabilità a contribuzione delle poste contenute nell'accordo transattivo è conseguenza dell'accertata natura retributiva delle stesse. (Nella specie, è stato esclusa l'assoggettabilità a contribuzione dell'incentivo all'esodo previsto in una transazione novativa che definiva una lite concernente esclusivamente la risoluzione del rapporto di lavoro).
Cass. civ. n. 3822/2019
Il lavoratore che impugni il licenziamento allegandone l'intimazione senza l'osservanza della forma scritta ha l'onere di provare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è ascrivibile alla volontà datoriale, seppure manifestata con comportamenti concludenti, non essendo sufficiente la prova della mera cessazione dell'esecuzione della prestazione lavorativa; nell'ipotesi in cui il datore eccepisca che il rapporto si è risolto per le dimissioni del lavoratore e all'esito dell'istruttoria - da condurre anche tramite i poteri officiosi ex art. 421 c.p.c. - perduri l'incertezza probatoria, la domanda del lavoratore andrà respinta in applicazione della regola residuale desumibile dall'art. 2697 c.c.. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 28/02/2017).
Cass. civ. n. 9665/2019
Nell'ipotesi di licenziamento individuale del dirigente d'azienda, cui, ai sensi dell'art. 10 della l. n. 604 del 1966, non trova applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti, la nozione di giustificatezza del recesso si discosta da quella di giustificato motivo ed è ravvisabile ove sussista l'esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario e non emerga, in base ad elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione; il giudice deve limitarsi al controllo sull'effettività delle scelte imprenditoriali poste a base del licenziamento, non potendo sindacare il merito di tali scelte, garantite dal precetto di cui all'art. 41 Cost. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, senza entrare nel merito delle scelte datoriali, aveva ritenuto insussistente il nesso di causalità tra la situazione rappresentata nella lettera di licenziamento e la soppressione del posto di responsabile "marketing"). (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 07/02/2017).
Cass. civ. n. 14853/2019
L'interesse del lavoratore al versamento dei contributi previdenziali di cui sia stato omesso il pagamento integra un diritto soggettivo alla posizione assicurativa, che non si identifica con il diritto spettante all'Istituto previdenziale di riscuotere il proprio credito, ma è tutelabile mediante la regolarizzazione della propria posizione. Ne consegue che il lavoratore ha la facoltà di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo contributivo del datore di lavoro e sentirlo condannare al versamento dei contributi (che sia ancora possibile giuridicamente versare) nei confronti dell'ente previdenziale, purché entrambi siano stati convenuti in giudizio, atteso il carattere eccezionale della condanna a favore di terzo, che postula una espressa previsione, restando altrimenti preclusa la possibilità della condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi previdenziali a favore dell'ente previdenziale che non sia stato chiamato in causa.
Cass. civ. n. 12568/2018
Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c..
Cass. civ. n. 6184/2018
La validità della cessione dell'azienda non è condizionata alla prognosi della continuazione dell'attività produttiva e, di conseguenza, all'onere del cedente di verificare le capacità e potenzialità imprenditoriali del cessionario, poiché, se il legislatore ha predisposto, a garanzia dei lavoratori, una serie di cautele che vanno dalla previsione della responsabilità solidale del cedente e del concessionario in relazione ai crediti maturati dai dipendenti all'intervento delle organizzazioni sindacali, nondimeno, nessun limite, neppure implicito, sanzionato con l'invalidità e inefficacia dell'atto, è stato posto alla libertà dell'imprenditore di dismettere l'azienda, nel rispetto dell'art. 41 Cost..