Art. 2094 – Codice civile – Prestatore di lavoro subordinato
È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore [3, 2086, 2095, 2104, 2238, 2239; 36, 46 Cost.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 10995/2025
Il riconoscimento, in favore dei soci di cooperative, di una tutela previdenziale assimilabile a quella propria dei lavoratori subordinati, con il corrispondente obbligo della società, presuppone che venga accertato dal giudice di merito che il lavoro svolto dai soci sia prestato in maniera continuativa e non saltuaria e non si atteggi come prestazione di lavoro autonomo, non comportando l'assoggettamento a contribuzione della società l'automatica configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato tra questa e il socio.
Cass. civ. n. 10969/2025
La conversione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa in rapporto di lavoro subordinato, ai sensi dell'art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003, è un meccanismo di natura sanzionatoria che va coordinato, con riguardo al periodo antecedente alla propria operatività, con il principio di corrispettività tra prestazione lavorativa e retribuzione, con la conseguenza che i compensi economici e le eventuali differenze retributive spettanti in relazione a tale lasso temporale debbono essere commisurati all'orario di lavoro effettivamente osservato.
Cass. civ. n. 1227/2025
In tema di diritto ai permessi ex art. 33, comma 3, l. n. 104 del 1992, l'accertamento dell'abuso del diritto comporta la verifica dell'elisione del nesso causale fra l'assenza dal lavoro e l'assistenza del disabile, da valutarsi non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi, tenendo conto, quindi, di tutte le circostanze del caso concreto, sicché tale abuso può configurarsi solo quando l'assistenza è mancata del tutto, oppure è avvenuta per tempi così irrisori, o con modalità talmente insignificanti, da far ritenere vanificate la salvaguardia degli interessi dell'assistito e le finalità primarie dell'intervento assistenziale voluto dal legislatore, in vista delle quali viene sacrificato il diritto del datore di lavoro all'adempimento della prestazione lavorativa.
Cass. civ. n. 25620/2024
Il rapporto di lavoro dei medici nominati sostituti provvisori e per chiamata diretta presso gli istituti di prevenzione e di pena, ai sensi dell'art. 50 della l. n. 740 del 1970, è di tipo autonomo, come risulta dall'interpretazione letterale e sistematica della disciplina richiamata, atteso che le modalità concrete del relativo svolgimento - in particolare, l'organizzazione del lavoro secondo il modulo dei turni, l'obbligo di attenersi alle direttive impartite dal direttore del carcere e dal dirigente sanitario - non integrano indici della subordinazione, ma sono espressione del necessario coordinamento, che caratterizza il rapporto, con l'attività dell'Amministrazione e con la complessa realtà del carcere.
Cass. civ. n. 23850/2024
Il rappresentante sindacale, nell'esercizio delle proprie funzioni, si trova su un piano paritetico con il datore di lavoro, in quanto l'attività sindacale, tutelata dall'art. 39 Cost. e diretta alla tutela degli interessi collettivi dei lavoratori contrapposti a quelli del datore di lavoro, non può essere subordinata alla volontà di quest'ultimo; ciononostante, l'esercizio da parte del lavoratore sindacalista del diritto di critica, anche aspra, garantito dagli artt. 21 e 39 Cost., non si sottrae ai limiti della correttezza formale, imposti dall'esigenza di tutela della persona umana assicurata dall'art. 2 della Cost., sicché, qualora tali limiti siano superati con l'attribuzione all'impresa datoriale o a suoi dirigenti di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati, il comportamento assume rilevanza disciplinare.
Cass. civ. n. 22509/2024
Il collegamento economico-funzionale tra imprese di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di distinta personalità giuridica e non determina, di per sé, l'estensione degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro con una di esse alle altre imprese del gruppo, mentre la codatorialità - che implica la sussistenza di un unico centro d'imputazione del rapporto - presuppone l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale, nonché la condivisione della prestazione del medesimo, al fine di soddisfare l'interesse di gruppo, da parte delle diverse società, le quali diventano datori di lavoro sostanziali, anche ai fini dell'applicazione delle norme sul rapporto di lavoro del dirigente.
Cass. civ. n. 13059/2024
Il rapporto di lavoro degli psicologi carcerari iscritti, previa selezione, in appositi elenchi e chiamati in convenzione dalle amministrazioni penitenziarie, ex art. 80, comma 4, della l. n. 354 del 1975, è - a differenza di quello di natura subordinata degli psicologi carcerari di ruolo - di tipo autonomo, senza che depongano in senso contrario le modalità del rapporto (organizzazione del lavoro in turni, obbligo di attenersi alle direttive del direttore del carcere, nonché di segnalare e giustificare assenze), che non integrano indici di subordinazione, ma sono espressione dell'indispensabile coordinamento dell'attività professionale con la complessa organizzazione carceraria e, quindi, con l'amministrazione penitenziaria.
Cass. civ. n. 6287/2024
Il giudicato formatosi in relazione ad una domanda di pagamento di retribuzioni presuppone l'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro ex art. 2094 c.c., ma non preclude la proposizione di una ulteriore domanda, relativa al medesimo rapporto, che abbia ad oggetto la richiesta di un corrispettivo ai sensi dell'art. 2222 c.c., in quanto si tratta di domande diverse ed incompatibili per la loro evidente alternatività.
Cass. civ. n. 4360/2023
In tema di pubblico impiego privatizzato, in caso di stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa che, in seguito ad accertamento giudiziario, risulti avere la sostanza di contratto di lavoro subordinato, il lavoratore non può conseguire la conversione del rapporto in uno di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la P.A., ma ha diritto ad una tutela risarcitoria, nei limiti di cui all'art. 2126 c.c., nonché alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale ed alla corresponsione del trattamento di fine rapporto per il periodo pregresso.
Cass. civ. n. 22846/2022
La valutazione circa la sussistenza degli elementi dai quali inferire l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato costituisce un accertamento di fatto, rispetto al quale il sindacato della Corte di cassazione è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito; pertanto, il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o autonomo è censurabile ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. solo per ciò che riguarda l'individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, per come tipizzati dall'art. 2094 c.c., mentre è sindacabile nei limiti ammessi dall'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. allorché si proponga di criticare il ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati indici o criteri sussidiari di subordinazione, che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale.
Cass. civ. n. 29973/2022
Ai fini della qualificazione in termini di autonomia o di subordinazione dell'ulteriore rapporto di lavoro che il socio lavoratore di una società cooperativa stabilisca con la propria adesione o successivamente, il "nomen iuris" attribuito in linea generale ed astratta nel regolamento di organizzazione e la peculiarità del rapporto mutualistico connesso a quello di lavoro, pur configurandosi quali elementi necessari di valutazione, non rivestono portata dirimente, dovendosi piuttosto dare prevalenza alle concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro; al riguardo, quando la prestazione lavorativa sia estremamente elementare e ripetitiva, così che l'assoggettamento del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulti, in quel contesto, significativo, è possibile dare rilievo ad elementi sussidiari (ad es. modalità di erogazione del compenso, orario di lavoro, presenza di una sia pure minima organizzazione e l'assunzione di un rischio di impresa), da valutarsi nella loro vicendevole interazione.
Cass. civ. n. 35687/2021
Ai fini della qualificazione del contratto di lavoro come autonomo o subordinato, il "nomen iuris" attribuito dalle parti al rapporto, pur non rivestendo valore assorbente, assume particolare rilievo in tutte quelle fattispecie in cui i caratteri differenziali tra due o più figure negoziali appaiono non agevolmente tracciabili, non potendosi negare che, quando la volontà negoziale si è espressa in modo libero (in ragione della situazione in cui versano le parti al momento della dichiarazione), nonché in forma articolata, sì da concretizzarsi in un documento, ricco di clausole aventi ad oggetto le modalità dei rispettivi diritti ed obblighi, il giudice deve accertare in maniera rigorosa se tutto quanto dichiarato nel documento si sia tradotto nella realtà fattuale attraverso un coerente comportamento delle parti stesse.
Cass. civ. n. 19144/2021
In tema di onere della prova relativo al rapporto di lavoro subordinato, ove la presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative fra persone legate da vincoli di parentela o affinità debba essere esclusa per l'accertato difetto della convivenza degli interessati, non opera "ipso iure" una presunzione di contrario contenuto, indicativa dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; ne consegue che la parte che faccia valere diritti derivanti da tale rapporto ha comunque l'obbligo di dimostrarne, con prova precisa e rigorosa, tutti gli elementi costitutivi e, in particolare, i requisiti indefettibili della onerosità e della subordinazione.
Cass. civ. n. 29646/2018
Ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, occorre avere riguardo al concreto atteggiarsi del potere direttivo del datore di lavoro, il quale, affinché assurga ad indice rivelatore della subordinazione, non può manifestarsi in direttive di carattere generale - le quali sono compatibili con il semplice coordinamento sussistente anche nel rapporto libero professionale –, ma deve esplicarsi in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, stabilmente inserita nell'organizzazione aziendale.
Cass. civ. n. 19596/2016
Le qualità di amministratore e di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali sono cumulabili purché si accerti l'attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale ed è altresì necessario che colui che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato fornisca la prova del vincolo di subordinazione e cioè dell'assoggettamento, nonostante la carica sociale rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell'organo di amministrazione della società.
Cass. civ. n. 9463/2016
Ai fini della qualificazione come lavoro subordinato del rapporto di lavoro del dirigente, quando questi sia titolare di cariche sociali che ne fanno un "alter ego" dell'imprenditore (preposto alla direzione dell'intera organizzazione aziendale o di una branca o settore autonomo di essa), è necessario - ove non sussista alcuna formalizzazione di un contratto di lavoro subordinato di dirigente - verificare se il lavoro dallo stesso svolto possa comunque essere inquadrato all'interno della specifica organizzazione aziendale, individuando la caratterizzazione delle mansioni svolte, e se possa ritenersi assoggettato, anche in forma lieve o attenuata, alle direttive, agli ordini ed ai controlli del datore di lavoro (e, in particolare, dell'organo di amministrazione della società nel suo complesso), nonché al coordinamento dell'attività lavorativa in funzione dell'assetto organizzativo aziendale.
Cass. civ. n. 7024/2015
La qualificazione del rapporto di lavoro, operata dalle parti, come contratto di collaborazione coordinata e continuativa non assume rilievo dirimente in presenza di elementi fattuali - quali la previsione di un compenso fisso, di un orario di lavoro stabile e continuativo, il carattere delle mansioni, nonché il collegamento tecnico organizzativo e produttivo tra la prestazione svolta e le esigenze aziendali - che costituiscono indici rivelatori della natura subordinata del rapporto stesso, anche se svolto per un arco temporale esiguo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, affermando la natura subordinata del rapporto di lavoro di un pizzaiolo, il cui obbligo di lavoro sebbene per un breve periodo di tempo, si articolava su sei giorni alla settimana e per sei ore al giorno, ancorché il "nomen iuris" del contratto sottoscritto tra le parti fosse riferito ad una collaborazione autonoma).
Cass. civ. n. 19199/2013
Ai fini dell'individuazione della natura autonoma o subordinata di un rapporto di lavoro, la formale qualificazione operata dalle parti in sede di conclusione del contratto individuale, seppure rilevante, non è determinante, posto che le parti, pur volendo attuare un rapporto di lavoro subordinato, potrebbero aver simulatamente dichiarato di volere un rapporto autonomo al fine di eludere la disciplina legale in materia. Tale principio non vale invece nell'ipotesi inversa in cui, rispetto ad una situazione lavorativa ritenuta priva dei connotati della subordinazione, le parti stipulino un contratto che, invece, riconosca, a partire da una certa data, la sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, dovendosi ritenere, in tal caso, che la volontà delle parti sia da considerare conforme al concreto assetto del rapporto, non essendovi motivo per ritenere che le parti abbiano adottato un tipo contrattuale che impegni in modo più consistente anche il datore rispetto ad oneri collegati all'anzianità di servizio, al trattamento da riconoscersi al lavoratore in ipotesi di risoluzione del rapporto, al trattamento previdenziale e contributivo, senza che la veste formale corrisponda al contenuto della prestazione.
Cass. civ. n. 10396/2013
Non è configurabile un rapporto di lavoro subordinato del componente del consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata quando - secondo l'accertamento del giudice di merito, insindacabile in cassazione se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici - non sia provato che egli sia assoggettato al potere direttivo, di controllo e disciplinare da parte dell'organo di amministrazione della società.
Cass. civ. n. 5886/2012
In caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato oppure autonomo, sia pure con collaborazione coordinata e continuativa, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto — con accertamento di fatto incensurabile in cassazione, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato — accordando prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha respinto il ricorso proposto dal datore di lavoro avverso la decisione di merito che aveva correttamente riconosciuto la subordinazione cosiddetta attenuata per le prestazioni di un operatore grafico).
Cass. civ. n. 9252/2010
Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l'elemento dell'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell'osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell'attività lavorativa all'assetto organizzativo, dato dal datore di lavoro, dell'assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, elementi che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva qualificato come di lavoro subordinato il rapporto intercorso tra una insegnante di scuola privata e l'istituto ove essa insegnava, attraverso l'individuazione di rilevanti indici sintomatici, quali l'assoggettamento del lavoratore al potere di coordinamento e disciplinare del datore di lavoro, il suo inserimento nell'organizzazione aziendale, la fissazione dell'orario di lavoro e degli orari delle attività ausiliarie da parte del datore di lavoro, l'obbligo del rispetto dei programmi di insegnamento ministeriali, e la svalutazione, invece, dell'importanza della espressione formale della volontà contrattuale, riportata nella sottoscrizione di un modulo a stampa ove il rapporto veniva definito come autonomo).
Cass. civ. n. 2728/2010
Costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato - ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo - il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative. L'esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo. In sede di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto - incensurabile in tale sede, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici - la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale.
Cass. civ. n. 23129/2010
Nelle società di persone è configurabile un rapporto di lavoro subordinato tra la società e uno dei soci purché ricorrano due condizioni: a) che la prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto sociale; b) che il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro, socio munito di poteri di supremazia. Il compimento di atti di gestione o la partecipazione alle scelte più o meno importanti per la vita della società non sono, in linea di principio, incompatibili con la suddetta configurabilità, sicché anche quando esse ricorrano è comunque necessario verificare la sussistenza delle suddette due condizioni. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso poiché il socio si era limitato a dedurre la sua partecipazione ai dividendi e alla gestione della società, circostanza in sé non decisiva, nonché la mancata corresponsione della retribuzione, così richiedendo alla Corte la diretta valutazione dei fatti).
Cass. civ. n. 8346/2010
In tema di cooperative di produzione e lavoro, anche nel regime previgente alla legge 3 aprile 2001, n. 142, spetta al giudice di merito verificare se, accanto al rapporto associativo, sussista un distinto rapporto di lavoro, autonomo o subordinato, dovendo questo escludersi ove i soci si limitino ad espletare prestazioni ed a svolgere attività secondo le prescrizioni del contratto sociale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato tra la cooperativa ed il socio, valorizzando la domanda di adesione del socio alla cooperativa, la sua partecipazione al capitale sociale ed all'attività sociale, nonché la rispondenza dell'attività lavorativa all'oggetto sociale).
Cass. civ. n. 4415/2009
Nel regime anteriore a quello dettato dalla legge 3 aprile 2001, n. 142, i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro possono prestare la loro opera nell'ambito della cooperativa sia come lavoratori autonomi, sia come lavoratori subordinati e, in quest'ultimo caso, non è dagli elementi caratteristici della subordinazione in senso materiale che può dedursi la costituzione di un rapporto di siffatto tipo occorrendo, a tal fine, che lo statuto della società contempli, o comunque non escluda, la possibilità di costituire con i soci distinti rapporti lavorativi inerenti all'oggetto sociale; ne consegue che, solo ove sia provato un distinto rapporto di lavoro subordinato a lato del rapporto societario, potrà trovare applicazione la disciplina di garanzia recata dall'art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
Cass. civ. n. 26986/2009
In tema di distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo, l'organizzazione del lavoro attraverso disposizioni o direttive - ove le stesse non siano assolutamente pregnanti ed assidue, traducendosi in un'attività di direzione costante e cogente atta a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia - costituisce una modalità di coordinamento e di eterodirezione propria di qualsiasi organizzazione aziendale e si configura quale semplice potere di sovraordinazione e di coordinamento, di per sé compatibile con altri tipi di rapporto, e non già quale potere direttivo e disciplinare, dovendosi ritenere che quest'ultimo debba manifestarsi con ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e non in mere direttive di carattere generale, mentre, a sua volta, la potestà organizzativa deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale e non in un mero coordinamento della sua attività.
Cass. civ. n. 14868/2009
Il lavoro subordinato è caratterizzato dall'obbligo del lavoratore di eseguire personalmente la prestazione e soltanto in via eccezionale, per la natura della prestazione stessa e con il consenso del datore di lavoro, è possibile che il lavoratore medesimo si faccia sostituire in caso di assenza. Ne consegue la legittimità della decisione di merito che ravvisi, in tale possibilità, uno degli elementi del lavoro autonomo, unitamente all'assenza di un orario di lavoro predeterminato, all'inesistenza del diritto alle ferie, alla previsione di un compenso non fisso ma a percentuale ed all'uso di un veicolo proprio.
Cass. civ. n. 11207/2009
Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l'elemento dell'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiare struttura organizzativa del datore di lavoro e del relativo atteggiarsi del rapporto (prestato, nella specie, a favore di gruppi parlamentari della Camera dei deputati), occorre fare completo riferimento a criteri sintomatici e sussidiari - quali la qualificazione della ricorrente come dipendente del gruppo parlamentare, il pagamento con cadenza mensile di un corrispettivo, la corresponsione della tredicesima mensilità e del compenso per le ferie non godute, l'inserimento della stessa nell'organizzazione del gruppo parlamentare al fine di assicurare la presenza di un addetto alla segreteria anche in giorni festivi, la qualificazione della cessazione del rapporto come licenziamento, la costituzione di una posizione assicurativa-previdenziale quale impiegata, nonché, ove il rapporto nel suo concreto esplicarsi presenti elementi tali da essere compatibile sia con l'autonomia che con la subordinazione del lavoratore, la volontà delle parti come espressasi sia nel momento genetico che, eventualmente, nei momenti successivi - che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione, assumendo il giudizio relativo alla qualificazione del rapporto carattere sintetico in relazione all'insieme degli indici significativi e alle specificità del caso concreto.
Cass. civ. n. 1536/2009
Nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione e, allo scopo della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, il criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulti, in quel particolare contesto, significativo, occorre, a detti fini, far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore, desunto anche dalla eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione della corte territoriale che aveva escluso l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in relazione all'attività di sorveglianza, custodia e pulizia delle scuole elementari svolta in esecuzione di un contratto di appalto stipulato tra la lavoratrice ed il Comune apprezzando esclusivamente, ai fini della qualificazione del rapporto, l'esercizio del potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro e trascurando, nel contenuto e nelle sue specifiche previsioni, la qualifica di "appalto" data dalle parti al contratto).
Cass. civ. n. 4261/2009
Il rapporto tra l'amministratore di una società di capitali e la società medesima va ricondotto - in ragione della natura continuativa, coordinata e prevalentemente personale della prestazione resa - nell'ambito del rapporto di lavoro parasubordinato, senza che l'immedesimazione organica tra società di capitali ed amministratore giustifichi l'esclusione del compenso a favore di quest'ultimo, dovendo accertarsi, a tal fine, la sussistenza di una rinunzia espressa o tacita. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha rilevato che la Corte territoriale aveva correttamente ritenuto la gratuità dell'incarico, attesa l'assenza di ogni richiesta di compenso per oltre un decennio, quale circostanza peraltro formalizzata nel verbale dell'assemblea generale ordinaria che, per la prima volta, aveva attribuito un corrispettivo per l'attività futura).
Cass. civ. n. 10240/2009
In materia di società cooperative di lavoro, l'art. 1 della legge 3 aprile 2001, n. 142, entrato in vigore in data 8 maggio 2001, nel prevedere espressamente la possibilità per il socio lavoratore di instaurare, a fianco del rapporto associativo, un ulteriore e diverso rapporto di lavoro, in forma autonoma o subordinata, con cui contribuire al raggiungimento degli scopi sociali, ha fatto venire meno la ritenuta incompatibilità tra la qualità (reale e non simulata) di socio di una cooperativa di produzione lavoro e quella di lavoratore subordinato ovvero autonomo con vincolo di parasubordinazione. Ove, peraltro, il socio deduca l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, incombe sul medesimo l'onere di provare l'esistenza della sottoposizione al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro, non potendosi considerare sufficiente, a tale scopo, la mera indicazione dei fatti contenuta nella parte espositiva del ricorso introduttivo, occorrendo, invece, la specifica richiesta di esperimento probatorio sulle singole circostanze, con formulazione dei capitoli di prova ed indicazione dei testi da escutere.
Cass. civ. n. 29000/2008
Un rapporto di lavoro subordinato può essere sostituito da uno di lavoro autonomo, ma a tal fine è necessario che all'univoca volontà delle parti di mutare il regime giuridico del rapporto si accompagni un effettivo mutamento delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, pur potendo restare immutato il contenuto della stessa, quale conseguenza del venir meno del vincolo di assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro, dovendosi altrimenti presumere, con presunzione semplice, che il rapporto sia proseguito col regime precedente.
Cass. civ. n. 21380/2008
Ai fini dell'individuazione delle caratteristiche strutturali del rapporto di lavoro subordinato è necessario che il giudice di merito accerti che siano a carico del datore di lavoro il rischio economico, l'onere dell'acquisto dei materiali necessari al lavoratore nonché l'instaurazione e la gestione del rapporto con gli utenti. In tale contesto l'obbligo di giustificare le assenze da parte del lavoratore è in genere indice di subordinazione solo se soggetto ad una verifica in concreto e conduca, in caso di accertamento dell'assenza ingiustificata, a conseguenze disciplinari ascrivibili al lavoratore. (Nella specie, la S.C. ha accolto il ricorso del lavoratore, autista di ambulanze che instava per l'accertamento della subordinazione, sostenendo che la corte di merito, nell'escludere il rapporto subordinato, non avesse sufficientemente verificato chi avesse la proprietà delle autovetture, chi fosse il soggetto onerato alle spese di gestione, se l'autista prendesse o meno contatto diretto con gli utenti e se avesse o meno l'obbligo di giustificare le assenze).
Cass. civ. n. 23557/2008
Il rapporto di immedesimazione organica fra l'amministratore ed una società di capitali esclude che le funzioni connesse alla carica, siano riconducibili ad un rapporto di lavoro subordinato ovvero di collaborazione coordinata e continuativa; ne consegue che in caso di revoca senza giusta causa, per la liquidazione dei relativi danni, deve procedersi secondo i criteri generali di cui agli artt. 1223 e 2697 c.c., trattandosi di vicenda non equiparabile alla risoluzione di un contratto di lavoro subordinato.
Cass. civ. n. 4500/2007
Elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato — e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo — è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esempio, la collaborazione, l'osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa, l'inserimento della prestazione medesima nell'organizzazione aziendale e il coordinamento con l'attività imprenditoriale, l'assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione), i quali — lungi dal surrogare la subordinazione o, comunque, dall'assumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione del rapporto — possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto, come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non ne sia agevole l'apprezzamento diretto a causa di peculiarità delle mansioni, che incidano sull'atteggiarsi del rapporto. Inoltre, non è idoneo a surrogare il criterio della subordinazione nei precisati termini neanche il nomen iuris che al rapporto di lavoro sia dato dalle sue stesse parti (cosiddetta «autoqualificazione»), il quale, pur costituendo un elemento dal quale non si può in generale prescindere, assume rilievo decisivo ove l'autoqualificazione non risulti in contrasto con le concrete modalità di svolgimento del rapporto medesimo.
Cass. civ. n. 13935/2006
L'elemento della subordinazione (che si connota, soprattutto, per l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro), che consente di distinguere il rapporto di lavoro di cui all'art. 2094 c.c. dal lavoro autonomo, non costituisce un dato di fatto elementare, quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto, potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze, richiedenti una complessiva valutazione (e ciò, in particolare, nei rapporti di lavoro, come quello giornalistico, aventi natura professionale ed intellettuale) che è rimessa al giudice del merito, il quale, perciò, a tal fine, non può esimersi, nella qualificazione del rapporto di lavoro, da un concreto riferimento alle sue modalità di espletamento ed ai principi di diritto ispiratori della valutazione compiuta allo scopo della sussunzione della fattispecie nell'ambito di una specifica tipologia contrattuale. Pertanto, se tale apprezzamento di fatto non è immune da vizi giuridici e non è supportato da un'adeguata motivazione, non si sottrae al sindacato di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito impugnata che, in tema di opposizione avverso un'ordinanza-ingiunzione emessa dall'I.N.P.G.I. per l'irrogazione di sanzioni in materia contributiva, aveva rilevato l'insussistenza del rapporto di lavoro subordinato con riguardo ad alcuni giornalisti sul presupposto del mero richiamo delle risultane emergenti dal verbale ispettivo, sicché la relativa motivazione appariva del tutto apodittica e, quindi, inidonea a sorreggere la predetta conclusione).
Cass. civ. n. 7966/2006
La subordinazione o meno del rapporto prescinde, di norma, dalla natura dell'attività lavorativa, attenendo, piuttosto, specificamente alla soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro.
Cass. civ. n. 2622/2004
Ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento. L'elemento tipico che contraddistingue il primo dei suddetti tipi di rapporto è costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalità di esecuzione dell'attività lavorativa; altri elementi - come l'osservanza di un orario, l'assenza di rischio economico, la forma di retribuzione e la stessa collaborazione - possono avere, invece, valore indicativo, ma mai determinante. L'esistenza del suddetto vincolo va concretamente apprezzata dal giudice di merito con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che, in sede di legittimità, è censurabile soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto - come tale incensurabile in tale sede se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici - la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso il carattere subordinato di un rapporto di lavoro di guardia medica presso una casa di cura).
Cass. civ. n. 5508/2004
Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l'elemento dell'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari — come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell'osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell'attività lavorativa all'assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell'assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale — che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione. L'apprezzamento in concreto circa la riconducibilità di determinate prestazioni all'uno o all'altro tipo di rapporto costituisce accertamento di merito devoluto al giudice del merito, come tale incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto il carattere subordinato del rapporto dedotto in giudizio, avente ad oggetto prestazioni didattiche presso un istituto professionale parificato, desumendolo da una serie di indici sintomatici, quali: l'assoggettamento del lavoratore, al potere di coordinamento e disciplinare del datore di lavoro, il suo inserimento nella organizzazione aziendale, lo svolgimento di controlli da parte del datore di lavoro, funzionali all'esercizio del potere direttivo, del sistema retributivo, commisurato alle ore di insegnamento effettivamente svolte, l'assoggettamento all'orario delle cosiddette attività ausiliarie, come i colloqui con le famiglie, la partecipazione a riunioni con gli altri docenti, gli scrutini, nonché l'inserimento funzionale dell'insegnante nell'impresa scolastica dove il rischio della gestione gravava esclusivamente sul titolare, che aveva messo a disposizione i mezzi strumentali, didattici e non, necessari all'espletamento dell'attività del docente, senza alcuna conseguente assunzione di rischio da parte di quest'ultimo e senza la benché minima partecipazione del predetto all'acquisto di tali mezzi).