Art. 457 – Codice civile – Delazione dell’eredità
L'eredità si devolve per legge [565 c.c.] o per testamento [587 c.c.].
Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.
Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari [536 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14668/2025
In caso di rapporto processuale originariamente sorto tra defunto e terzo, ove quest'ultimo convenga in giudizio il chiamato all'eredità della parte deceduta, spetta a tale chiamato dimostrare di non aver assunto la qualità di erede e, dunque, di non aver accettato l'eredità, in base al principio di vicinanza della prova, giacché, prima dell'accettazione, il chiamato all'eredità è titolare di una facoltà che può incidere sull'evoluzione del rapporto successorio e, conseguentemente, su quello processuale sorto in origine tra defunto e terzo.
Cass. civ. n. 14288/2025
Nel caso di azione proposta da un soggetto che si qualifichi erede del de cuius in virtù di un determinato rapporto parentale o di coniugio, la produzione del certificato dello stato di famiglia è idonea a dimostrare l'allegata relazione familiare e, dunque, la qualità di soggetto che deve ritenersi chiamato all'eredità, ma non anche la qualità di erede, posto che essa deriva dall'accettazione espressa o tacita, non evincibile dal certificato; tuttavia, tale produzione, unitamente alla allegazione della qualità di erede, costituisce una presunzione iuris tantum dell'intervenuta accettazione tacita dell'eredità, atteso che l'esercizio dell'azione giudiziale da parte di un soggetto che si deve considerare chiamato all'eredità, e che si proclami erede, va considerato come atto espressivo di siffatta accettazione e, quindi, idoneo a considerare dimostrata la qualità di erede.
Cass. civ. n. 9529/2025
Il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata.(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale i giudici di merito avevano escluso l'inadempimento della promittente venditrice, atteso che la condotta dei promissari acquirenti - che non si erano opposti ai diversi rinvii e avevano poi effettivamente stipulato il contratto definitivo in data successiva - evidenziava comunque che essi non avevano considerato perduta l'utilità economica derivante dal contratto preliminare oggetto di causa).
Cass. civ. n. 390/2025
La parte che ha un titolo legale che le conferisce il diritto di successione ereditaria non è tenuta a dimostrare di avere accettato l'eredità ove proponga in giudizio domande che, di per sé, manifestano la volontà di accettare, qual è quella diretta a ricostituire l'integrità del patrimonio ereditario, gravando su chi contesta la qualità di erede, l'onere di eccepire la mancata accettazione dell'eredità ed, eventualmente, provare l'esistenza di fatti idonei ad escludere l'accettazione tacita, che appare implicita nel comportamento dell'erede.
Cass. civ. n. 25860/2024
Colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, propone impugnazione, deve fornire la prova, ex art. 2697 c.c., di tale sua qualità, posto che la titolarità, attiva o passiva, della posizione soggettiva vantata in giudizio è elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento da parte del convenuto o lo svolgimento di difese incompatibili con la sua negazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito di inammissibilità dell'appello, avendo gli appellanti offerto la prova della loro qualità di eredi solo in sede di comparsa conclusionale e, quindi, tardivamente).
Cass. civ. n. 9904/2024
In caso di apertura della successione, i diritti vantati a titolo ereditario hanno carattere generalmente disponibile, anche in ipotesi di verifica circa la validità del testamento ex art. 591, comma 1, n. 3), c.c., in quanto le decisioni che ne derivano non incidono sulla capacità di agire di un soggetto (peraltro non più in vita), ma si limitano ad accertare l'eventuale condizione di minorata capacità di intendere e volere, alla data di redazione del testamento, cosicché esse non rientrano tra le azioni concernenti lo stato o la capacità delle persone.
Cass. civ. n. 8038/2024
Nei contratti di durata (come la locazione), in cui sono stabilite prestazioni di pagamento secondo scadenze mensili e non in un'unica soluzione, l'essenzialità del termine di ciascuna prestazione di pagamento deve essere espressamente prevista, in ossequio ai criteri di ermenuetica contrattuale sanciti dagli artt. 1362 e 1366 c.c. (Nella specie, la S.C., decidendo nel merito, ha affermato - esaminando il tenore letterale della clausola di un contratto di locazione secondo cui il ritardo o il mancato pagamento di una sola mensilità era da individuare come causa immediata di risoluzione del contratto - che si trattava di clausola risolutiva espressa e non di termine essenziale).
Cass. civ. n. 5487/2024
Nell'interpretazione del testamento, il giudice di merito deve accertare, secondo il principio generale ex art. 1362 c.c., l'effettiva volontà del testatore, comunque espressa, valutando congiuntamente e in modo coordinato l'elemento letterale e quello logico dell'atto mortis causa, nel rispetto del principio di conservazione, sicché viola l'art. 1367 c.c. il giudice che opti immotivatamente per l'interpretazione invalidante di una disposizione testamentaria in realtà suscettibile di interpretazioni alternative. (Nella specie, con riguardo a un testamento con cui la de cuius aveva istituito erede il marito, prevedendo a suo carico l'obbligo morale di riscrivere l'atto, dopo la sua morte, e di istituire eredi i cognati, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che, all'esito della premorienza del coniuge istituito, aveva escluso la configurabilità del meccanismo della sostituzione ex art. 688 c.c., in favore dei cognati).
Cass. civ. n. 32277/2023
Le fattispecie previste rispettivamente dagli artt. 1456 c.c. (clausola risolutiva espressa) e 1457 c.c. (termine essenziale per una delle parti), ancorché riguardanti entrambe la risoluzione del contratto con prestazioni corrispettive, hanno propri e differenti presupposti di fatto, tra cui il diverso atteggiarsi della volontà della parte interessata al momento dell'inadempimento dell'altra, verificandosi l'effetto risolutivo, ai sensi dell'art. 1456 c.c., con la dichiarazione dell'intenzione di avvalersi della facoltà potestativa attribuita dalla legge e, ai sensi dell'art. 1457 c.c., con lo spirare del terzo giorno successivo alla scadenza del termine essenziale di adempimento senza che la parte non inadempiente abbia dichiarato all'altra di volere l'esecuzione del contratto.
Cass. civ. n. 28256/2023
termine per la stipula del definitivo - Inadempimento del promittente venditore - Sussistenza - Esclusione. In tema di vendita di alloggi in regime di edilizia agevolata, la subordinazione dell'effetto traslativo alla definitiva approvazione comunale delle tariffe di determinazione dei prezzi di cessione, secondo le prescrizioni del contratto preliminare che ad esse rinviano, non costituisce inadempimento imputabile al promittente alienante.
Cass. civ. n. 28221/2023
In tema di successione mortis causa, è inefficace la disposizione testamentaria a favore di successibili non identificabili, in quanto essa consentirebbe al testatore di porre, incondizionatamente e senza limitazioni di tempo, un vincolo alla destinazione e alla circolazione dei beni, in contrasto con le esigenze di ordine pubblico. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la devoluzione allo Stato dell'eredità, dal momento che il ricorrente era figlio di un parente della disponente non ancora in vita al momento dell'apertura della successione).
Cass. civ. n. 11101/2023
Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuoia al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo. (Nella specie, in un caso in cui erano pervenuti alla successione legittima della stipulante, insieme alla sorella di costei, gli eredi dell'altro fratello premorto, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ripartito l'indennizzo assicurativo in parti uguali tra tutti gli aventi diritto, anziché riconoscere a coloro che erano succeduti all'originario beneficiario premorto la sola quota di metà che a quest'ultimo sarebbe spettata).
Cass. civ. n. 10682/2023
La domanda di risoluzione del contratto per inosservanza del termine essenziale richiede la verifica dell'esistenza, nel contratto, di tale termine e del suo mancato rispetto, mentre quella di risoluzione per inadempimento consistente nell'inosservanza di un termine non essenziale implica un apprezzamento complessivo del sinallagma contrattuale, al fine di verificare quale fosse l'intenzione delle parti e quale di esse, con la sua condotta, si sia resa responsabile del mancato raggiungimento dello scopo negoziale che era stato originariamente prefisso, così incorrendo in un inadempimento di non scarsa importanza (art. 1455 c.c.), con la conseguenza che incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice del merito che, richiesto di una pronunzia di risoluzione contrattuale a norma degli artt. 1453 e 1454 c.c., accolga invece una domanda di risoluzione di diritto per avvenuta scadenza del termine essenziale (ex art. 1457 c.c.) non ritualmente proposta, trattandosi di ipotesi legislative nettamente distinte per requisiti formali e sostanziali.
Cass. civ. n. 5987/2023
Nel contratto estimatorio, la fissazione di un termine per la facoltà di restituzione delle cose mobili consegnate non è un elemento essenziale del contratto; tuttavia, ove tale termine venga stabilito dalle parti, esso ha natura di termine essenziale per l'esercizio della detta facoltà e va fissato dal giudice in mancanza di determinazione convenzionale o di usi.
Cass. civ. n. 5987/2023
Nel contratto estimatorio, la fissazione di un termine per la facoltà di restituzione delle cose mobili consegnate non è un elemento essenziale del contratto; tuttavia, ove tale termine venga stabilito dalle parti, esso ha natura di termine essenziale per l'esercizio della detta facoltà e va fissato dal giudice in mancanza di determinazione convenzionale o di usi.
Cass. civ. n. 24310/2022
Il connotato essenziale della istituzione di erede "ex re certa" non va ricercato nell'implicita volontà del testatore di attribuire all'istituito la totalità dei beni di cui egli avrebbe potuto disporre al momento della confezione del testamento, ma nell'assegnazione di un bene determinato, o di un complesso di beni determinati, come quota del suo patrimonio; risolta la questione interpretativa nel senso della istituzione "ex re", l'erede in tal modo istituito può partecipare anche all'acquisto di altri beni, se del caso in concorso con l'erede legittimo e, quindi, raccoglierli in proporzione della sua quota, da determinarsi in concreto mediante il rapporto proporzionale tra il valore delle "res certae" attribuitegli ed il valore dell'intero asse ereditario.
Cass. civ. n. 24836/2022
In caso di apertura della successione legittima, il legittimario, sebbene non possa ritenersi diseredato in senso formale, poiché chiamato "ex lege" all'eredità, è considerato pretermesso qualora il "de cuius" abbia distribuito tutto il suo patrimonio mediante disposizioni a titolo particolare "inter vivos"; ne deriva che l'azione di riduzione non è soggetta all'onere dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario e che, ove il legittimario non abbia già compiuto atti di accettazione, egli diviene necessariamente erede nel momento stesso in cui esercita tale azione di riduzione, che comporta, quindi, tacita accettazione di eredità.
Cass. civ. n. 19031/2022
Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam", la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, "res", "pretium"), con la conseguenza che, in caso di preliminare di vendita che preveda un termine per la stipula del definitivo, la modifica di tale elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiede la forma scritta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva omesso di valutare la rinuncia alla condizione unilaterale risultante dalla dichiarazione rilasciata a verbale dal ricorrente personalmente, da apprezzarsi in uno alla citazione).
Cass. civ. n. 11421/2021
Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo.
Cass. civ. n. 22730/2021
L'erede che intenda esercitare un diritto riconducibile al "de cuius" deve allegare la propria legittimazione per essere subentrato nella medesima posizione di quello, fornendo la prova, mediante la produzione in giudizio di idonea documentazione, del decesso della parte originaria e della propria qualità di erede; solo successivamente acquisisce rilievo l'accettazione dell'eredità, la quale può anche avvenire tacitamente, attraverso l'esercizio di un'azione petitoria. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in un giudizio di rivendicazione, ai fini della dimostrazione del trasferimento della proprietà del bene oggetto di causa, aveva ritenuto sufficiente la tacita accettazione dell'eredità da parte degli aventi causa della parte attrice, senza dare rilievo all'imprescindibile necessità di acquisire anche la prova della loro qualità di eredi).
Cass. civ. n. 36918/2021
La pronuncia di risoluzione del contratto può avere natura costitutiva o meramente dichiarativa, in conseguenza della causa di scioglimento del rapporto prospettata ed accolta; in particolare, l'azione di risoluzione del contratto per inadempimento ex art. 1453 c.c., è volta ad ottenere una pronuncia costitutiva diretta a sciogliere il vincolo contrattuale, previo accertamento da parte del giudice della gravità dell'inadempimento, e differisce perciò sostanzialmente dall'azione di risoluzione di cui agli artt. 1454, 1456 e 1457 c.c., poiché in tali ipotesi l'azione intende conseguire una pronuncia dichiarativa dell'avvenuta risoluzione di diritto del contratto, a seguito del verificarsi di un fatto obiettivo previsto dalle parti come determinante lo scioglimento del rapporto.
Cass. civ. n. 10353/2020
L'accertamento dell'essenzialità del termine per l'adempimento, ex art. 1457 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito - la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da una motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici - da condurre, oltre che alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti (quale, ad esempio, "entro e non oltre"), tenendo soprattutto conto della natura e dell'oggetto del contratto.
Cass. civ. n. 17868/2019
L'"institutio ex re certa", quando non comprende la totalità dei beni, non importa attribuzione anche dei beni che non formarono oggetto di disposizione, i quali si devolvono secondo le norme della successione legittima, destinata ad aprirsi ai sensi dell'art. 457, comma 2, c.c. ogni qual volta le disposizioni a titolo universale, sia ai sensi del comma 1, sia ai sensi del comma 2 dell'art. 588 c.c., non ricostituiscono l'unità. Invero il principio che la forza espansiva della vocazione a titolo universale opera anche in favore dell'istituito "ex re certa", va inteso nel senso che l'acquisto di costui non è limitato in ogni caso alla singola cosa attribuita come quota, ma si estende proporzionalmente ai beni ignorati dal testatore o sopravvenuti.
Cass. civ. n. 24184/2019
Una volta proposta in primo grado la domanda di divisione dell'eredità basata sulla prospettazione di una successione legittima, non costituisce domanda nuova ed è, pertanto, ammissibile in appello, quella diretta a ottenere la divisione in forza di un testamento olografo successivamente ritrovato, atteso che il titolo regolatore della successione prevale sulla disciplina legale in materia ed, inoltre, la sua deduzione non altera gli elementi essenziali del "petitum", relativo ai beni ereditari da dividere, e della "causa petendi", fondata sull'esistenza della comunione del diritto di proprietà in dipendenza della successione "mortis causa". Ne consegue che è possibile la modifica della domanda di divisione, poiché le diverse modalità di delazione dell'eredità configurano, comunque, un unico istituto e nel procedimento di scioglimento della comunione ereditaria esse non costituiscono una domanda, cosicché la parte può sempre adattarle alle evenienze e alle sopravvenienze di causa.
Cass. civ. n. 32238/2019
L'essenzialità del termine per l'adempimento, ex art. 1457 c.c., non può essere desunta solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre", riferita al tempo di esecuzione della prestazione, ma implica un accertamento da cui emerga inequivocabilmente, alla stregua dell'oggetto del negozio o di specifiche indicazioni delle parti, che queste abbiano inteso considerare perduta, decorso quel lasso di tempo, l'utilità prefissatasi; in ogni caso, la previsione di un termine essenziale per l'adempimento del contratto, essendo posta nell'interesse di uno o di entrambi i contraenti, non preclude alla parte interessata di rinunciare, seppur tacitamente, ad avvalersene, anche dopo la scadenza del termine, in particolare accettando un adempimento tardivo.
Cass. civ. n. 16814/2018
Nel caso di azione proposta da un soggetto che si qualifichi erede del "de cuius" in virtù di un determinato rapporto parentale o di coniugio, la produzione del certificato dello stato di famiglia è idonea a dimostrare l'allegata relazione familiare e, dunque, la qualità di soggetto che deve ritenersi chiamato all'eredità, ma non anche la qualità di erede, posto che essa deriva dall'accettazione espressa o tacita, non evincibile dal certificato; tuttavia, tale produzione, unitamente alla allegazione della qualità di erede, costituisce una presunzione "iuris tantum" dell'intervenuta accettazione tacita dell'eredità, atteso che l'esercizio dell'azione giudiziale da parte di un soggetto che si deve considerare chiamato all'eredità, e che si proclami erede, va considerato come atto espressivo di siffatta accettazione e, quindi, idoneo a considerare dimostrata la qualità di erede.
Cass. civ. n. 17122/2018
In tema di delazione dell'eredità, non vi è luogo alla successione legittima agli effetti dell'art. 457, comma 2, c.c., in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in forma di istituzione "ex re certa", tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'erede testamentario fosse succeduto nella proprietà della cappella realizzata in esecuzione di un onere apposto all'istituzione di erede ed al legato, essendo indifferente chi, tra erede e legatario, l'avesse concretamente realizzata).
Cass. civ. n. 21436/2018
In tema di successioni "mortis causa", la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è da sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo necessaria l'accettazione da parte del chiamato, mediante "aditio" o per effetto di una "pro herede gestio", oppure la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c.; nell'ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non operando alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto provata l'assunzione della qualità di erede del convenuto in forza della mancata risposta all'invito di pagare il debito ovvero della mancata allegazione da parte di quest'ultimo della rinuncia all'eredità).
Cass. civ. n. 15239/2017
La successione legittima può coesistere con quella testamentaria nell'ipotesi in cui il "de cuius" non abbia disposto con il testamento della totalità del suo patrimonio ed in particolare, nel caso di testamento che, senza recare istituzione di erede, contenga soltanto attribuzione di legati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in applicazione di detto principio ed in mancanza di formale istituzione di erede, aveva qualificato come legatario il beneficiario "mortis causa" di una specifica consistenza immobiliare, non rilevando, in senso contrario, che lo stesso fosse stato altresì onerato di partecipare alle spese funerarie del "de cuius" né, tantomeno, la mancata menzione, nel testamento, di altri soggetti o di altri beni, la cui inesistenza non era stata dimostrata).
Cass. civ. n. 25441/2017
Il legittimario pretermesso è privo di una vocazione ereditaria, e pertanto gli è preclusa la possibilità di poter accettare l'eredita, in quanta l'unico modo di adizione della stessa è la sola proposizione dell'azione di riduzione, il cui positive accoglimento determina l'acquisto della qualità di erede. Ne consegue che anche la presentazione dell'azione di riduzione non può determinare immediatamente l'acquisto della qualità di erede, in assenza appunto di una vocazione, occorrendo in ogni caso attendere il passaggio in giudicato della decisione che accolga la relativa domanda, e che l'impossibilità di poter validamente compiere atti di accettazione, sia pure tacita, di un'eredità che non risulta devoluta, in ragione della pretermissione, esonera il legittimario pretermesso dal dover far precedere l'azione di riduzione, anche intentata nei confronti del terzo, dalla previa accettazione beneficiata ovvero dalla sola redazione dell'inventario.
Cass. civ. n. 14426/2016
L'accertamento in ordine alla essenzialità del termine per l'adempimento, ex art. 1457 c.c., è riservato al giudice di merito e va condotto alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, di modo che risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo, che non può essere desunta solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre", riferita al tempo di esecuzione della prestazione, se non emerga, dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti, che queste hanno inteso considerare perduta, decorso quel lasso di tempo, l'utilità prefissatasi. (Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di considerare essenziale, in mancanza di ulteriori elementi che ne attestassero l'improrogabilità, la data di consegna di un plico, convenuta in un contratto di trasporto con la dicitura "entro il", negando al mittente il risarcimento dei danni correlati alla perdita di contributi comunitari, quale conseguenza della mancata esecuzione della prestazione nel rispetto del termine pattuito).
Cass. civ. n. 12158/2015
In tema di delazione dell'eredità, non ha luogo la successione legittima (nella specie, per la somma risultante da un credito su un conto corrente intestato al "de cuius", non oggetto di legato) agli effetti dell'art. 457, secondo comma, cod. civ., in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in forma di istituzione "ex re certa", tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti.
Cass. civ. n. 16880/2013
La previsione di un termine essenziale per l'adempimento del contratto, essendo posta nell'interesse di uno o di entrambi i contraenti, non preclude alla parte interessata di rinunciare, seppur tacitamente, ad avvalersene, anche dopo la scadenza del termine, così rinunciando altresì alla dichiarazione di risoluzione contrattuale.
Cass. civ. n. 10525/2010
In tema di successioni "mortis causa", la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione, mediante "aditio" oppure per effetto di "pro herede gestio" oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c. Ne consegue che, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità.
Cass. civ. n. 16096/2003
In tema di risoluzione contrattuale ed in ipotesi di contratto preliminare, anche quando l'accordo negoziale preveda un termine specifico per l'adempimento, esso non è da intendersi di carattere essenziale ogni qualvolta il ritardo, anche di alcuni mesi, non faccia venire meno l'interesse alla conclusione dell'affare.
Cass. civ. n. 3696/2003
La semplice delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sè sufficiente per l'acquisto della qualità di erede, ma diventa operativa soltanto se il chiamato alla successione accetta di essere erede o mediante una dichiarazione di volontà (aditio), oppure in dipendenza di un comportamento obiettivamente acquiescente (pro herede gestio), laddove, in ipotesi di chiamato che sia nel possesso dei beni, l'accettazione ex lege dell'eredità è determinata dall'apertura della successione, dalla delazione ereditaria, dal possesso dei beni e dalla mancata tempestiva redazione dell'inventario. (Nella specie, il giudice di merito aveva ritenuto provata la qualità di eredi in capo agli attori, e non necessaria da parte loro una accettazione dell'eredità, né formale né implicita, in quanto essi erano eredi legittimi, e l'accettazione sarebbe stata necessaria solo nell'ipotesi di successione testamentaria).
Cass. civ. n. 6697/2002
In materia di successione a causa di morte, nell'ipotesi in cui il de cuius abbia disposto con il testamento della totalità del suo patrimonio, la successione legittima non può coesistere con quella testamentaria (Nell'affermare il suindicato principio la S.C. ha affermato che, nel caso, l'espresso richiamo del giudice di merito all'art. 582 c.c. andasse correttamente inteso come operato al limitato fine di individuare i soggetti della disposizione testamentaria, e non anche per determinare il contenuto del diritto attribuito).
Cass. civ. n. 8881/2000
In presenza di un termine essenziale la risoluzione di diritto del contratto prescinde ad una indagine sulla rilevanza dell'inadempimento (essendo stata tale importanza valutata anticipatamente dai contraenti) postulando solo la sussistenza e l'imputabilità dell'inadempimento stesso.
Cass. civ. n. 5918/1999
Il principio fissato dall'art. 457 c.c. (secondo cui, per la parte dell'asse ereditario della quale il de cuius non abbia disposto per testamento, si apre la successione legittima) trova applicazione anche nel caso in cui ad un erede legittimo, con il testamento, sia stato attribuito un legato.
Cass. civ. n. 1045/1998
Il termine per la stipulazione del contratto definitivo non è di per sé essenziale, ma lo diviene solo per volontà dei contraenti o per la natura e l'oggetto del contratto, quando l'utilità economica avuta presente dalle parti possa essere perduta per effetto dell'inutile decorso di quel termine.
Cass. civ. n. 8233/1997
Il termine per l'inadempimento indicato nel contratto deve ritenersi essenziale quando la sua improrogabilità risulti dalle espressioni adoperate dai contraenti anche senza l'uso di formule sacramentali ovvero dalla natura e dall'oggetto del contratto, la cui utilità economica avuta presente dai contraenti sarebbe perduta per effetto dell'inutile decorso del termine pattuito.
Cass. civ. n. 10751/1996
(...) ne consegue che, ove le parti abbiano fatto uso di espressioni specifiche e inequivoche, non è necessario un accertamento ulteriore teso ad escludere (anche sulla base di altri elementi) un interesse all'adempimento oltre il termine previsto. (Nella specie l'essenzialità del termine era stata espressamente convenuta dalle parti che avevano altresì esplicitamente previsto la risoluzione del contratto in caso di inosservanza del termine).
Cass. civ. n. 2347/1995
Il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione «entro e non oltre» quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (nella specie i giudici di merito avevano ritenuto non essenziale il termine che le parti, adoperando l'espressione «entro e non oltre», avevano fissato per formalizzare in atto pubblico una scrittura privata di compravendita immobiliare, ed avevano rigettato la domanda di risoluzione proposta dal venditore, osservando che il termine era stato fissato nel preminente interesse del venditore medesimo e che gli ostacoli da lui frapposti alla stipula del rogito notarile, in occasione del quale gli sarebbe stato corrisposto il residuo prezzo della compravendita, dimostravano la mancanza di un suo pressante interesse a conseguire il pagamento nel termine previsto. La S.C. ritenendo congruamente motivata e quindi incensurabile tale decisione ha ribadito il principio di cui alla massima).
Cass. civ. n. 1674/1995
Nei contratti a prestazioni corrispettive, lo stabilire se il termine convenuto per l'esecuzione delle prestazioni di una delle parti sia fissato nell'interesse esclusivo della stessa, della controparte o di entrambe, è accertamento che non può essere svolto sulla base del solo dato formale ed estrinseco dell'essere stato il termine previsto per la prestazione di quella determinata parte, ma che deve necessariamente estendersi alla funzione che i contraenti, avuto riguardo alla natura ed oggetto di detta prestazione, nonché al suo rapporto di sinallagmaticità con la controprestazione, abbiano in concreto voluto assegnare al termine medesimo, nel quadro dell'attuato regolamento negoziale dei reciproci interessi. Nell'espletamento di questa indagine, non può giovare alla configurazione del termine di adempimento convenuto per la prestazione di una parte come di un termine stabilito nell'interesse ed a favore esclusivo dell'altra, salvo che con valenza puramente indiziaria, la circostanza che — come nella specie — a carico della sola parte debitrice di quella prestazione sia stato previsto, per l'ipotesi di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una «penale».