Art. 533 – Codice civile – Nozione
L'erede può chiedere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi [71, 73, 534, 535, 2652 n. 7 c.c., 22 c.p.c.].
L'azione è imprescrittibile [948, 2934 c.c.], salvi gli effetti dell'usucapione [1158 ss. c.c.] rispetto ai singoli beni.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 8942/2024
Con la petizione ereditaria sono reclamabili soltanto i beni nei quali l'erede è succeduto mortis causa al de cuius e non quelli che, al momento dell'apertura della successione, sono già fuoriusciti dal patrimonio del defunto e che, pertanto, non possono essere considerati beni ereditari. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva distinto le somme presenti su un conto corrente e prelevate dopo la morte del de cuius, da quelle presenti su un conto deposito titoli e prelevate prima della morte, riconoscendo l'esperibilità dell'azione solo nel primo caso).
Cass. civ. n. 34721/2021
In tema di estinzione del rapporto del socio lavoratore di cooperativa, l'impugnazione della delibera di esclusione e del provvedimento di irrogazione del licenziamento, fondati sul medesimo fatto, comporta che l'accertamento della illegittimità della delibera per insussistenza del fatto determina, con efficacia "ex tunc", sia la ricostituzione del rapporto associativo che quella del rapporto di lavoro; tale effetto pienamente ripristinatorio non lascia spazio alla tutela reintegratoria, ma solo a quella risarcitoria secondo gli ordinari criteri - prevista, in presenza dei relativi presupposti e ferma la necessità della costituzione in mora della società, per le ipotesi in cui venga affermata la giuridica continuità del rapporto di lavoro di fatto interrotto -, diversamente dal caso in cui l'atto di licenziamento sia fondato su ragioni autonome e distinte rispetto a quelle della delibera di esclusione, ove per il concreto ripristino del rapporto di lavoro è necessaria la rimozione dell'atto che ne ha determinato la cessazione, con possibilità, quindi, di ricorrere ex art. 18 st.lav. (
Cass. civ. n. 7871/2021
La "petitio hereditatis" si differenzia dalla "rei vindicatio", malgrado l'affinità del "petitum", in quanto si fonda sull'allegazione dello stato di erede, ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'"universum ius" o di una quota parte di esso. Ne consegue, quanto all'onere probatorio, che, mentre l'attore in "rei vindicatio" deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all'usucapione, nella "hereditatis petitio" può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell'apertura della successione, fossero compresi nell'asse ereditario; pertanto, deve ritenersi inammissibile il mutamento in corso di causa dell'azione di petizione ereditaria in azione di rivendicazione, anche quando non sia contestata dal convenuto la qualità di erede dell'attore, in quanto tale mancata contestazione non fa venire meno la funzione prevalentemente recuperatoria dell'azione ereditaria, ma produce effetti solo sul piano probatorio, senza incidere sulla radicale diversità - per natura, presupposti, oggetto e onere della prova - tra le due azioni.
Cass. civ. n. 22605/2021
La validità di una delibera di esclusione dell'associato da una associazione, non presuppone necessariamente la preventiva contestazione dell'addebito all'associato, atteso che essa non è prevista da alcuna disposizione di legge (né, nella specie, dello statuto) e che la fase conteziosa non ha carattere preventivo, ma segue in sede di opposizione; né, ai fini del decorso del termine per proporre l'opposizione medesima, è necessaria la comunicazione di addebiti rigorosamente enunciati, dovendo l'esigenza di specificità della contestazione ritenersi soddisfatta allorquando le indicazioni fornite consentano di individuare le ragioni dell'esclusione, così da porre l'associato in condizione di predisporre la difesa.
Cass. civ. n. 20024/2020
In tema di divisione dell'asse ereditario, qualora l'erede convenuto, in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del "de cuius", chieda l'adempimento dei diritti di credito da questo vantati nei confronti di altro coerede, può esperire l'azione di petizione dell'eredità che, ai sensi dell'art. 533 c.c., consente di chiedere sia la quota dell'asse ereditario sia il suo valore, assumendo natura di azione di accertamento o funzione recuperatoria. (Nella specie, è stato ritenuto che la domanda riconvenzionale con cui si rivendicava la qualità di unico erede, per rappresentazione, della madre del "de cuius", deceduta dopo questo, postulasse l'accertamento, fra l'attivo ereditario, anche di crediti allo stesso appartenuti, giacenti su conti correnti intestati alla ascendente, nei confronti di altro coerede per le somme di cui quest'ultimo si era illegittimamente appropriato prima della sua morte).
Cass. civ. n. 28665/2020
Nell'ipotesi di "petitio hereditatis" proposta dal successore "ex lege", la domanda di nullità del testamento formulata dall'attore alla prima udienza dopo la produzione in giudizio della scheda testamentaria da parte del convenuto, ponendosi in nesso di consequenzialità con la relativa difesa, è ammissibile ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 183, comma 4, c.p.c.
Cass. civ. n. 19090/2018
Nelle società cooperative, ai fini del decorso del termine per proporre opposizione avverso la deliberazione ai sensi dell'art. 2533 c.c., non è necessaria la comunicazione di addebiti rigorosamente enunciati, dovendo l'esigenza di specificità della contestazione ritenersi soddisfatta allorquando le indicazioni fornite consentano di individuare le ragioni dell'esclusione, così da porre il socio in condizione di predisporre la difesa. (Nella specie, è stata ritenuta idonea a far decorrere il termine per l'opposizione la comunicazione della delibera di esclusione nella quale la condotta, già addebitata in sede disciplinare, era stata individuata attraverso il richiamo ad una disposizione statutaria, conosciuta e sottoscritta dalla socia lavoratrice).
Cass. civ. n. 19304/2018
In tema di esclusione del socio dalla società cooperativa, qualora lo statuto preveda la facoltà del socio di ricorrere ad un collegio di probiviri, nell'ambito di un procedimento non arbitrale ma endosocietario, finalizzato non a decidere la controversia ma a prevenirla, l'esercizio di tale facoltà comporta che il procedimento di esclusione si perfezioni solo con la determinazione del collegio dei probiviri, della cui comunicazione al socio è onerata la società anche quando il collegio non abbia adottato nel termine perentorio assegnato ai probiviri alcun provvedimento. Ne consegue che solo dalla data della comunicazione riprende a decorrere il termine di cui all'art. 2533, comma 3, c.c. per l'impugnazione della delibera di esclusione da parte del socio davanti l'autorità giudiziaria, senza che tale impugnazione gli sia tuttavia preclusa nelle more del predetto procedimento endosocietario.
Cass. civ. n. 24795/2016
In tema di delibera di esclusione del socio da una società cooperativa di produzione e lavoro, qualora non ne sia adempiuto l'onere di comunicazione, in un contenuto minimo necessario a specificarne le ragioni - imposto, a pena d'inefficacia, sia dalla disciplina generale di cui all'art. 2533 c.c., ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, sia, per la gravità degli effetti che ne discendono, dalla disciplina speciale di cui alla l. n. 142 del 2001 ,che la rende idonea ad estinguere contemporaneamente il rapporto associativo e quello lavorativo - ed insuscettibile di essere sostituito da altre forme di conoscenza comunque acquisita, quale la produzione della delibera in giudizio, deve trovare applicazione la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 st. lav..
Cass. civ. n. 22005/2016
L'accoglimento dell'azione di petizione ereditaria comporta non già la semplice restituzione alla massa dei beni oggetto della domanda, ma la reintegrazione delle quote lese, sicché, ove sia ordinata la restituzione di somme di denaro, sul relativo importo deve essere riconosciuta la rivalutazione, trattandosi di credito di valore. (Nella specie, il principio è stato affermato con riguardo al "quantum" in denaro, corrispondente alle somme portate da buoni fruttiferi incassati dal soggetto passivo della domanda di petizione ereditaria, del quale era stata ordinata la restituzione).
Cass. civ. n. 13722/2016
Il termine di decadenza di trenta giorni per l'impugnazione della delibera di esclusione del socio di una società cooperativa previsto dall'art. 2527, comma 3, c.c., nella sua formulazione antecedente alla modifica introdotta dall'art. 8 del d.lgs. n. 6 del 2003, è applicabile anche nel caso in cui il relativo giudizio sia introdotto davanti agli arbitri in ragione della presenza di una clausola compromissoria nello statuto.
Cass. civ. n. 6373/2016
In tema di società cooperativa di produzione e lavoro, l'onere di comunicazione della delibera di esclusione del socio, in un contenuto minimo necessario a specificarne le ragioni, è imposto, come per il licenziamento, a pena d'inefficacia, sia dalla disciplina generale di cui all'art. 2533 c.c., ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, sia, per la gravità degli effetti che ne discendono, dalla disciplina speciale di cui alla l. n. 142 del 2001 che la rende idonea ad estinguere contemporaneamente il rapporto associativo e quello lavorativo sicché, in presenza di un'esclusione non impugnata, non potrebbe essere dichiarata l'illegittimità del licenziamento né ripristinato il solo rapporto di lavoro. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto equipollente alla comunicazione la mera restituzione della quota sociale in busta paga).
Cass. civ. n. 3836/2016
In materia di esclusione da società cooperativa, il socio che intenda contestare la relativa delibera deve impugnarla con l'opposizione di cui all'art. 2533 c.c., e ciò anche qualora la società gli abbia intimato il licenziamento. Ne consegue che qualora il socio-lavoratore, decorsi sessanta giorni dalla comunicazione della delibera, abbia impugnato il solo licenziamento, gli è preclusa la contestazione, anche in via di eccezione, dell'esclusione, anche nel caso di mancanza o incompletezza del verbale in cui doveva essere contenuta, non concretandosi in detta ipotesi un'inesistenza della delibera sociale, bensì una sua nullità, da far valere nei modi e termini di decadenza previsti.
Cass. civ. n. 23628/2015
Nelle società cooperative la comunicazione della deliberazione di esclusione del socio, prevista dall'art. 2527 c.c. ai fini del decorso del termine di trenta giorni per proporre opposizione, non richiede l'adozione di specifiche formalità o di particolari mezzi di trasmissione né la rigorosa enunciazione degli addebiti, dovendosi considerare sufficiente qualsiasi fatto o atto idoneo a rendere edotto il socio delle ragioni e del contenuto del provvedimento per porlo nelle condizioni di articolare le proprie difese, conseguendosi in tal modo le finalità previste dalla legge. Tale principio si applica anche alla comunicazione della preventiva contestazione dei fatti legittimanti l'esclusione, nel caso in cui lo statuto di una società cooperativa la preveda.
Cass. civ. n. 22100/2015
L'imprescrittibilità della petizione di eredità, sancita dall'art. 533 c.c., non altera l'ordinario regime di prescrizione dei singoli diritti compresi nell'asse ereditario. (Principio affermato riguardo alla prescrizione di un credito ereditario).
Cass. civ. n. 2802/2015
La delibera di esclusione del socio da una società cooperativa è sufficiente a determinare l'automatica estinzione del rapporto di lavoro, senza che sia necessario uno specifico atto di licenziamento, trovando la posizione del socio lavoratore adeguata tutela nel disposto dell'art. 2533 c.c., che gli riconosce la facoltà di proporre opposizione al tribunale contro la delibera degli amministratori o, se previsto dall'atto costitutivo, dall'assemblea.
Cass. civ. n. 7877/2014
Nella vigenza dell'art. 2527, terzo comma, cod. civ., il socio escluso di una società cooperativa - il quale, dedotta l'invalidità della clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, non ritenga di dover instaurare il procedimento arbitrale - è tenuto, in ogni caso, a proporre l'opposizione all'esclusione dinanzi al tribunale nel rispetto del termine decadenziale previsto dalla citata norma, facendo valere in tale sede l'invalidità della clausola (in via principale o quale eccezione riconvenzionale, qualora controparte deduca l'incompetenza del giudice adito), dovendosi escludere che possa promuovere, in una data di sua libera scelta, un autonomo giudizio di accertamento della nullità della clausola compromissoria, rinviando al suo esito l'impugnazione della delibera di esclusione poiché la questione che attiene alla competenza del giudice ordinario o degli arbitri è affatto diversa da quella riguardante la decorrenza del termine decadenziale.
Cass. civ. n. 22915/2013
La petizione di eredità ha come presupposto indefettibile che la qualità di erede, al cui riconoscimento è preordinata, sia oggetto di contestazione da parte di chi detiene i beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, poiché, ove tale contestazione manchi, vengono meno le ragioni di specificità dell'azione di petizione rispetto alla comune rivendicazione, che ha, invero, lo stesso "petitum".
Cass. civ. n. 22097/2013
La deliberazione di esclusione del socio per morosità, nonostante la richiesta, da parte di quest'ultimo, di chiarimenti e la manifestata disponibilità a pagare la somma richiesta, una volta accertatane la motivazione, costituisce reazione sproporzionata e lesiva del criterio della buona fede oggettiva.
Cass. civ. n. 14741/2011
In tema di società cooperative, l'inadempimento che giustifica l'esclusione del socio lavoratore ai sensi dell'art. 2533 c.c. deve essere qualificato in termini di specifica gravità e presuppone, pertanto, anche una valutazione del tempo trascorso fra la mancanza addebitata e la reazione da parte della società recedente, dovendosi ritenere non conforme ai criteri legali, anche alla luce delle regole di buona fede e correttezza, l'esclusione disposta a notevole distanza di tempo dai fatti addebitati, mentre resta escluso che nella clausola che sanziona la "violazione dello spirito mutualistico e solidaristico della cooperativa" sia ascrivibile la tutela in giudizio dei diritti del socio, salvo che si dimostri che la tutela giudiziaria fosse strumentale al perseguimento di finalità indebite, del tutto estranee alla legittima (anche se eventualmente infondata nel merito) protezione dei propri interessi giuridici.
Cass. civ. n. 14182/2011
L'azione di petizione di eredità non esige l'integrale contraddittorio di tutti i coeredi, sicché il possessore dei beni ereditari, convenuto in giudizio da uno solo degli eredi, nulla può opporre al riguardo, essendo sempre tenuto alla restituzione dei beni per intero, in quanto appartenenti all'eredità, mentre nei rapporti interni tra i coeredi la rivendicazione vale per la quota spettante a ciascuno di essi; con la conseguenza che, ove uno dei coeredi sia rimasto contumace nel giudizio di primo grado promosso dall'altro coerede, gli eredi di entrambi hanno facoltà di intervenire, anche in appello, nel relativo giudizio, chiedendo l'estensione degli effetti della domanda originaria, senza che possa configurarsi novità della domanda.
Cass. civ. n. 3181/2011
Con l'azione di petizione ereditaria l'erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto "mortis causa" al defunto, ossia i beni che, al tempo dell'apertura della successione, erano compresi nell'asse ereditario; ne consegue che tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il "de cuius" abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un'apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del "de cuius".
Cass. civ. n. 11558/2008
In tema di società cooperative, la comunicazione al socio della delibera di esclusione adottata ai sensi dell'art. 2533 c.c. svolge la funzione d'informarlo non tanto di ciò di cui si è discusso nel corso del procedimento, bensì delle ragioni in concreto ritenute giustificative dell'esclusione dall'organo deliberante, dal momento che su di esse egli dovrà articolare le proprie difese; la sua incompletezza non comporta pertanto l'invalidità dell'atto, ma incide esclusivamente sulla decorrenza del termine per l'opposizione, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la conoscenza da parte del socio degli addebiti contestatigli nel corso del procedimento, in quanto gli stessi possono anche non coincidere con quelli posti a base dell'esclusione come deliberata dal competente organo societario, ben potendo accadere che gli iniziali addebiti siano ridimensionati o riconfigurati nella decisione finale, ovvero che quest'ultima, in caso di pluralità di addebiti, si basi soltanto su alcuni di essi.
Cass. civ. n. 26318/2006
In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, la clausola staturaria che devolve ad un collegio di probiviri nominato dall'assemblea la risoluzione delle controversie che insorgano tra il socio e la società, senza richiedere l'unanimità o almeno il voto favorevole di detto socio, è inidonea a radicare una competenza arbitrale, per contrasto con il principio inderogabile secondo cui l'attribuzione agli arbitri, siano essi rituali o irrituali, del potere di definire la controversia postula necessariamente, a tutela del requisito dell'imparzialità, che la loro designazione abbia luogo con il contributo di entrambe le parti, dalle quali soltanto essi traggono la loro legittimazione. Tale invalidità non comporta peraltro la totale inefficacia della clausola, la quale conserva la propria operatività sul piano endosocietario, nel senso che all'intervento del collegio viene attribuito il valore di un atto volto a prevenire la lite, che completa il procedimento di esclusione, ed è quindi soggetto all'impugnazione prevista dall'art. 2527, terzo comma, c.c.
Cass. civ. n. 24034/2004
Qualora il convenuto non contesti la qualità di erede dell'attore, la petizione dell'eredità che, ai sensi dell'art. 533 c.c.,consente di chiedere sia la quota dell'asse ereditario sia il suo valore, può assumere natura di azione di accertamento o funzione recuperatoria. (Nella specie, è stato ritenuto che la domanda di divisione dell'asse ereditario, configurando l'azione di cui all'art. 533 c.c., postulava l'accertamento, fra l'attivo ereditario,anche del credito di cui il de cuius era titolare nei confronti di altro coerede perle somme da questi illegittimamente prelevate dal conto cointestato prima della sua morte).
Cass. civ. n. 13122/2004
In tema di società cooperative ed in ipotesi di esclusione del socio, l'opposizione di cui al terzo comma dell'art. 2527 c.c. costituisce l'unico rimedio accordato al socio escluso per fare valere l'illegittimità del provvedimento, anche nel caso in cui se ne contesti regolarità; ed una volta decorso tale termine (trenta giorni dalla comunicazione) stabilito a pena di decadenza per la proposizione di tale impugnazione, deve escludersi che eventuali vizi del provvedimento possano essere dedotti dalla parte interessata o rilevati dal giudice.
Cass. civ. n. 5722/2004
In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, il termine di trenta giorni, stabilito dall'art. 2527 c.c. per l'opposizione avverso la relativa delibera, è frutto di una scelta del legislatore; e, non risultando quel termine oggettivamente irrisorio, al punto da porre in discussione l'esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito, nessuna doglianza sulla sua congruità può trovare ingresso in sede giurisdizionale, neppure accampando difficoltà di notificazione dell'atto di opposizione alla sede legale della società.
Cass. civ. n. 17245/2002
In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, ove lo statuto preveda la facoltà di ricorrere ad collegio di probiviri, va distinta l'ipotesi in cui la norma statutaria attribuisca a tale organo la funzione di un vero e proprio collegio arbitrale cui devolvere la decisione delle controversie tra soci (ovvero tra questi ultimi e la società) da quella in cui esso rivesta la più limitata funzione di organo interno alla società stessa, con compiti di riesame e controllo delle deliberazioni adottate da altri organi sociali. Nella prima ipotesi, la delibera di esclusione non è direttamente impugnabile dinanzi all'autorità giudiziaria, impugnabili essendo le. sole determinazioni del collegio dei probiviri, destinate, per l'effetto ad assumere il valore di decisioni arbitrali assoggettate, a seconda dei casi, al regime del lodo rituale ovvero irrituale; nella seconda, avendo l'attività dell'organo di controllo carattere meramente endosocietario, le sue deliberazioni hanno il solo effetto di rendere definitive (e, come tali, impugnabili) quelle adottate dagli altri organi societari, senza precludere in alcun modo il ricorso all'autorità giudiziaria, essendo il collegio dei probiviri a differenza di quello arbitrale chiamato non a decidere di una controversia, ma a prevenirla.
Cass. civ. n. 14655/2002
In tema di espulsione del socio dalla cooperativa, l'apprezzamento della sussistenza dei gravi motivi non è rimesso alla esclusiva discrezionalità degli organi associativi, giacché rientra tra i compiti del giudice del merito, adito in sede di opposizione avverso la deliberazione di esclusione, riscontrare l'effettiva sussistenza della causa di esclusione, posta a fondamento della detta deliberazione, e la sua inclusione fra quelle previste dalla legge o dallo statuto, nonché accertare la congruità della motivazione adottata a sostegno della ritenuta gravità. (Sulla base dell'enunciato principio, la Corte ha annullato, per vizio di motivazione, la sentenza impugnata, che aveva negato che ricorresse una grave inadempienza, legittimante il provvedimento di esclusione ai sensi degli artt. 2527 e 2286 c.c., nel comportamento del socio di una cooperativa edilizia, avente quale scopo sociale la costruzione di alloggi per i soci, il quale non aveva effettuato il pagamento delle quote di spesa su di lui gravanti, deliberate dall'organo assembleare).
Cass. civ. n. 8088/2002
In tema di cooperative impegnate nell'attuazione dei programmi per lavori socialmente utili nel comune e nella provincia di Napoli, sottoposte a gestione commissariale, disciplinate dal decreto legge 4 settembre 1987, n. 366 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452), l'impugnazione avverso il provvedimento di espulsione adottato dal commissario governativo nei confronti del socio risultato assente dal posto di lavoro senza giustificato motivo (ex art. 12, terzo comma, del medesimo decreto legge), è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, in conformità a quanto disposto dall'art. 2527 c.c., non essendo a ciò di ostacolo né la particolare natura del commissario governativo e delle funzioni ad esso attribuite, non suscettibili di modificare il regime giuridico degli atti da lui posti in essere, né il silenzio del citato decreto legge, atteso che, ai sensi dell'art. 2517 c.c., anche le società cooperative regolate da leggi speciali sono soggette alle disposizioni, in quanto compatibili, previste per le imprese cooperative dalla disciplina di carattere generale.
Cass. civ. n. 10557/2001
La petitio hereditatis ha natura di azione reale, volta a conseguire il rilascio dei beni ereditari da colui che li possegga, vantando un titolo successorio che non gli compete, ovvero senza alcun titolo, e presuppone l'accertamento della sola qualità ereditaria dell'attore o di diritti che a costui spettano iure hereditatis, qualora siano contestati dalla controparte; la petitio hereditatis, pertanto, si differenzia dalla rei vindicatio malgrado l'affinità del petitum, in quanto si fonda sull'allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'universum ius o di una quota parte di esso. Ne consegue, quanto all'onere probatorio che, mentre l'attore in rei vindicatio deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all'usucapione, nella petizione di eredità può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell'apertura della successione, fossero compresi nell'asse ereditario.