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Art. 1158 — Usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari

Art. 1158 — Usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari

La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento [ 957, 978, 1021, 1022, 1031 ] sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 1395/2017

È ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso “ad usucapionem”.

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Cass. civ. n. 11052/2016

Al fine della determinazione del “dies a quo” per l’usucapione del diritto di servitù costituito dal mantenimento di una determinata opera a distanza illegale deve farsi riferimento non al momento di inizio della costruzione bensì a quello nel quale questa sia venuta ad esistenza, mercé la realizzazione di elementi strutturali ed essenziali, idonei a rivelare anche al titolare del fondo servente l’esistenza di uno stato di fatto coincidente con l’esercizio di un diritto reale di servitù.

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Cass. civ. n. 1616/2014

In forza del principio “tantum praescriptum quantum possessum”, la servitù è acquistata per usucapione in esatta corrispondenza con l’utilizzazione delle opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio, protrattasi continuativamente per venti anni, il contenuto del diritto essendo determinato dalle specifiche modalità con cui, di fatto, se ne è concretizzato il possesso. Ne consegue che ogni apprezzabile variazione delle modalità possessorie interrompe il corso dell’usucapione e dà luogo a una nuova decorrenza del relativo termine.

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Cass. civ. n. 25245/2013

L’usucapione richiede solo il possesso, inteso come esercizio di un potere di fatto sulla cosa con la volontà di esercitarlo alla stregua di un proprietario, e non è, quindi, incompatibile con la conoscenza del diritto altrui né con una dichiarazione rivolta ad un terzo relativa al titolo di proprietà del titolare formale intestatario.

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Cass. civ. n. 24675/2013

In tema di servitù di passaggio, l’interesse ad agire per l’accertamento dell’avvenuta usucapione non viene meno in conseguenza del sopravvenuto acquisto, da parte dell’attore, di altro fondo limitrofo, ma non confinante con quello dominante, dotato di analoga servitù sul preteso fondo servente, essendo irrilevante per una servitù non coattiva la sussistenza di un altro passaggio per arrivare alla pubblica via, praticabile sul secondo fondo.

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Cass. civ. n. 18859/2013

La servitù di passaggio costituita per usucapione ha natura di servitù volontaria, sicché, ai fini del relativo acquisto, è irrilevante lo stato di interclusione del fondo, dovendosi prescindere dai requisiti per la costituzione ed il mantenimento della servitù di passaggio coattivo, desumibili dagli artt. 1051, 1052 e 1055 c.c., che regolano detto istituto.

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Cass. civ. n. 18215/2013

Ai fini della prova degli elementi costitutivi dell’usucapione – il cui onere grava su chi invoca la fattispecie acquisitiva – la coltivazione del fondo non è sufficiente, in quanto, di per sé, non esprime, in modo inequivocabile, l’intento del coltivatore di possedere, occorrendo, invece, che tale attività materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, sia accompagnata da indizi, i quali consentano di presumere che essa è svolta “uti dominus”.

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Cass. civ. n. 14902/2013

Non è configurabile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella legale allorché, risulti che, nel corso del tempo necessario ai fini di tale acquisto, l’originario manufatto, consistente, nella specie, in un rudere fatiscente, sia stato demolito e sostituito con un imobile avente una differente altezza ed una diversa localizzazione rispetto alle fondamenta ed all’area di sedime del preesistente, così integrando gli estremi di una nuova costruzione e non di un intervento di ristrutturazione, con consegente venir meno dell’identità del bene occorrente per l’unitarietà del possesso “ad usucapionem”.

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Cass. civ. n. 14115/2013

Ai fini dell’usucapione, il possesso del bene può essere acquisito anche a seguito di atto traslativo della proprietà che sia nullo, anche dopo l’invalido trasferimento della proprietà, l'”accipiens” può possedere il bene “animo domini”, ed anzi proprio la circostanza che la “traditio” sia stata eseguita in virtù di un contratto che, pur invalido (perché non concluso nella necessaria forma scritta), era comunque volto a trasferire la proprietà del bene costituisce elemento idoneo a far ritenere che il rapporto di fatto instauratosi tra l'”accipiens” e la “res tradita” sia sorretto dall'”animus rem sibi habendi”.

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Cass. civ. n. 13212/2013

Nell’azione di accertamento dell’acquisto per usucapione di una servitù prediale, la proprietà del fondo dominante, la quale costituisce un requisito di legittimazione e non l’oggetto della controversia, può essere provata anche mediante presunzioni, quali, nella specie, l’intestazione catastale del bene conseguente alla trascrizione di un atto di divisione, o la circostanza che l’azione negatoria proposta dal titolare del fondo che si assume servente fosse stata rivolta proprio nei confronti dell’attore per usucapione.

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Cass. civ. n. 12996/2013

Il possesso continuato per venti anni, utile ai fini dell’usucapione delle aree interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, è configurabile solo dalla data dell’acquisto dell’unità immobiliare, non potendosi prima di tale momento considerare distintamente il diritto dominicale trasferito ed il diritto d’uso del parcheggio non trasferito.

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Cass. civ. n. 10894/2013

Non è configurabile quale possesso “ad usucapionem” il comportamento consistente nell’uso di una striscia di terreno ricoperta di ghiaia come parcheggio e spazio di manovra, non essendo detta condotta di per sé espressione di un’attività materiale incompatibile con l’altrui diritto di proprietà e non avendo la relativa esteriorizzazione la valenza inequivoca di una signoria di fatto sul bene, in quanto la copertura dell’area con ghiaia non integra un’opera permanente di trasformazione, idonea a precludere la potestà dominicale del proprietario, mentre l’utilizzo a scopo di parcheggio può risultare transitoriamente consentito per mera tolleranza.

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Cass. civ. n. 6387/2013

Ai fini dell’accertamento dell’acquisto per usucapione di una servitù di scolo, non risulta decisivo che le relative opere apparenti insistano sul solo fondo servente, essendo, per contro, necessario che le stesse siano a servizio e rispondano ad un’effettiva utilità del fondo preteso dominante (nella specie, costituita dall’esigenza di far defluire le acque piovane e di coltura).

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Cass. civ. n. 5769/2013

Il parcheggio di autovetture costituisce manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, del quale difetta la “realitas”, intesa come inerenza al fondo dominante dell’utilità, così come al fondo servente del peso; pertanto, l’acquisto per usucapione della servitù di parcheggio è impedito oltre che dall’eventuale assenza delle opere richieste dall’art. 1061 c.c., anche dalla natura meramente personale dell’utilità.

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Cass. civ. n. 3979/2013

È ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso “ad usucapionem”.

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Cass. civ. n. 16914/2011

Su di un immobile di proprietà esclusiva di un soggetto può ben crearsi una situazione di compossesso “pro indiviso” tra lo stesso soggetto proprietario ed un terzo, con il conseguente possibile acquisto, da parte di quest’ultimo, della comproprietà “pro indiviso” del medesimo bene, una volta trascorso il tempo per l’usucapione, nella misura corrispondente al possesso esercitato. Tale situazione di compossesso non esige l’esclusione del possesso del proprietario (trattandosi in tal caso, altrimenti, di possesso esclusivo), né richiede che il compossessore effettivo ignori l’esistenza del diritto altrui, non valendo la contraria eventualità ad escludere l’ “animus possidendi” che sorregge i comportamenti effettivamente tenuti dal possessore il quale abbia usato della cosa “uti condominus”.

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Cass. civ. n. 14092/2010

Chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del “corpus”, ma anche dell'”animus”; quest’ultimo elemento, tuttavia, può eventualmente essere desunto in via presuntiva dal primo, se vi è stato svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà, sicché è allora il convenuto a dover dimostrare il contrario, provando che la disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale. Pertanto, per stabilire se in conseguenza di una convenzione (anche se nulla per difetto di requisiti di forma) con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile si abbia possesso idoneo all’usucapione, ovvero mera detenzione, occorre fare riferimento all’elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o ad effetti obbligatori, in quanto solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare l'”animus possidendi” nell’indicato soggetto. Chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del “corpus”, ma anche dell”animus”; quest’ultimo elemento, tuttavia, può eventualmente essere desunto in via presuntiva dal primo, se vi è stato svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà, sicché è allora il convenuto a dover dimostrare il contrario, provando che la disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale. Pertanto, per stabilire se in conseguenza di una convenzione (anche se nulla per difetto di requisiti di forma) con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile si abbia possesso idoneo all’usucapione, ovvero mera detenzione, occorre fare riferimento all’elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un, contratto ad effetti reali o ad effetti obbligatori, in quanto solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare l”‘animus possidendi” nell’indicato soggetto.

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Cass. civ. n. 8888/2010

La legittimazione ad impugnare la sentenza con l’opposizione di terzo ordinaria (art. 404, comma primo, c.p.c.) presuppone, in capo all’opponente, la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra altre parti. Ne consegue che, ove il giudice di merito abbia rigettato la domanda promossa dal datore di lavoro nei confronti dell’ente previdenziale per la ripetizione dei contributi indebitamente versati per la quota riferibile al lavoratore, detta decisione non è suscettibile di impugnazione da parte del lavoratore, per essere il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 8 del d.p.r. n. 818 del 1957, l’unico legittimato a richiederne la restituzione all’ente previdenziale, e dovendosi escludere un pregiudizio a carico del lavoratore al quale permane la possibilità di chiedere direttamente al datore il rimborso dei contributi da quest’ultimo indebitamente trattenuti per effetto del mancato, negligente o negativo esercizio dell’azione di ripetizione nei confronti dell’ente previdenziale.

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Cass. civ. n. 4428/2009

Ai fini del possesso necessario al conseguimento dell’usucapione, va considerata utilmente la signoria esercitata su un fabbricato sebbene in corso di costruzione, posto che anche su un bene “in fieri” possono esercitarsi con pienezza tutte le facoltà dominicali.

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Cass. civ. n. 14936/2008

Ai fini dell’usucapione di una servitù di passaggio, nel caso dell’esistenza di un fondo intermedio, per l’accertamento del diritto sul fondo servente, non occorre alcuna specifica prova della titolarità sul fondo intermedio, una volta che ne sia dimostrata la necessaria utilizzazione, in concreto, essendo sufficiente l’astratta configurabilità del requisito dell’
utilitas eventuale, richiesta dall’articolo 1029, primo comma, c.c., salvo la prova da parte di chi la contesti di un’impossibilità in tal senso.

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Cass. civ. n. 11624/2008

In tema di possesso utile per l’usucapione, ai fini dell’accertamento della mancanza di clandestinità, è necessario che il possesso sia acquistato ed esercitato pubblicamente in modo visibile a tutti o almeno ad un’apprezzabile ed indistinta generalità di soggetti e non solo dal precedente possessore o da una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilità di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto col possessore. (Nel caso di specie, la Corte ha cassato la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto pubblico il possesso in un vano accessibile solo mediante una botola d’ingresso, situata in un retrobottega, visibile solo a chi avesse la possibilità di entrare nel locale).

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Cass. civ. n. 21855/2007

Ai fini dell’usucapione del diritto a tenere alberi a distanza dal confine inferiore a quella di legge, il termine decorre dalla data del piantamento, perché è da tale momento che ha inizio la situazione di fatto idonea a determinare, nel concorso delle altre circostanze richieste, l’acquisto del diritto per decorso del tempo.

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Cass. civ. n. 15446/2007

Ai fini della prova dell’intervenuta usucapione, la coltivazione di un terreno, in modo pubblico, pacifico, continuo ed ininterrotto per i venti anni richiesti dall’art. 1158 c.c. ben può configurare lo jus possessionis mentre la sussistenza dell’
animus
possidendi è desumibile in via presuntiva ed implicita dall’esercizio dell’attività materiale corrispondente al diritto di proprietà.

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Cass. civ. n. 5861/2006

Il possesso di una servitù «atipica» può legittimamente dare luogo all’acquisto per usucapione del corrispondente diritto, il principio essendo coerente con il disposto degli articoli 1031 e 1061 c.c., i quali annoverano l’usucapione tra i possibili modi di acquisto della servitù, senza alcuna limitazione, salvo quella derivante dalla necessità del requisito dell’apparenza. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva accertato l’acquisto per usucapione della servita «di sosta» ai fini della utilizzazione «quale terrazza» di un lastrico solare, rilevando, ancora, che il giudice del merito, con motivazione esaustiva e coerente, come tale non sindacabile in sede di legittimità, giacché si verteva su di accertamenti ed apprezzamenti di fatto, aveva saputo rendere conto della esistenza, sul lastrico, di opere visibili e permanenti destinate al detto fine — recinzione, rete divisoria, porte finestre).

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Cass. civ. n. 27930/2005

Colui che assume di essere titolare di una servitù coattiva apparente (nel caso, di scarico) ha l’onere di fornire la prova del relativo acquisto, non essendo al riguardo sufficiente la mera sussistenza di opere visibili e permanenti, non costituendo l’esistenza di siffatti elementi un autonomo modo di acquisto della servitù stessa, ma solo il presupposto dell’acquisto mediante usucapione o destinazione del padre di famiglia.

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Cass. civ. n. 25922/2005

Ai fini dell’acquisto della proprietà per usucapione, il possessore deve esplicare con pienezza, esclusività e continuità il potere di fatto corrispondente all’esercizio del relativo diritto, manifestando — con il puntuale compimento di atti conformi alla qualità e alla destinazione della cosa secondo la sua specifica natura — un comportamento rivelatore anche all’esterno di una indiscussa e piena signoria di fatto su di essa, contrapposta all’inerzia del titolare; pertanto, la verifica in ordine all’idoneità del possesso a determinare il compiersi dell’usucapione deve essere effettuata dal giudice non in astratto ma con riferimento alla specifica destinazione economica e alle utilità che, secondo un criterio di normalità, il bene è capace di procurare. (Nella specie, con riferimento alla coltivazione di un terreno boschivo, sottoposto al periodico taglio delle piante da effettuare ad intervalli di 35-40 anni, è stato escluso che un solo taglio delle piante compiuto dall’attore oltre trent’anni prima della domanda di usucapione fosse elemento sufficiente per integrare il possesso utile ad usucapionem non essendo al riguardo irrilevante l’inerzia nella coltivazione dei terreni dimostrata dall’attore successivamente al taglio).

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Cass. civ. n. 10460/2003

Tenuto conto che, in virtù del principio tantum
praescriptum quantum possessum, una servitù apparente viene acquistata per usucapione in esatta corrispondenza dell’utilizzazione delle opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio protrattasi continuativamente per il tempo necessario previsto dalla legge, la realizzazione di opere che abbino ridotto l’estensione di una veduta, non incidendo sulla sua identità, non determina l’interruzione dell’usucapione e la decorrenza di un nuovo termine.

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Cass. civ. n. 13082/2002

Su di un immobile di proprietà esclusiva di un soggetto può ben crearsi una situazione di con possesso «pro indiviso» tra lo stesso soggetto proprietario ed un terzo, con il conseguente possibile acquisto, da parte di quest’ultimo, della comproprietà «pro indiviso» dello stesso bene, una volta trascorso il tempo per l’usucapione, nella misura corrispondente al possesso esercitato. Né tale situazione di compossesso, che consiste nell’esercizio del comune potere di fatto sulla cosa, in tota et in qualibet parte della stessa, da parte di due soggetti, esige la esclusione del possesso del proprietario (ché in tal caso si tratterebbe di possesso esclusivo); né richiede che il compossessore effettivo ignori l’esistenza del diritto altrui, non valendo la contraria eventualità ad escludere l’
animus possidendi che sorregge i comportamenti effettivamente tenuti dal possessore il quale abbia usato della cosa uti condominus.

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Cass. civ. n. 6910/2001

Nel giudizio promosso dal possessore nei confronti del proprietario onde fare accertare l’intervenuto acquisto del diritto di proprietà per usucapione, la condizione soggettiva del proprietario convenuto il quale abbia ritenuto di conservare le sue facoltà dominicali pur non avendo alcun rapporto concreto con l’immobile — né diretto, come effettiva materiale disponibilità corpore et animo, né indiretto, come disponibilità solo animo utilmente mediata dal rapporto con un detentore — è del tutto irrilevante, trattandosi di circostanza che non influisce sul alcuno degli elementi — il soggetto, il possesso, il tempo — costitutivi della fattispecie regolata dall’art. 1158 c.c., a meno che si sia manifestata negli atti idonei alla privazione del possesso protratta per un anno, previsti dal primo comma dell’art. 1167 c.c., ovvero all’interruzione della prescrizione, previsti nei primi due commi dell’art. 2943 c.c. applicabili per rinvio recettizio dall’art. 1165 c.c.; non è consentito infatti, attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti nelle citate norme, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacché la tipicità dei modi d’interruzione della prescrizione acquisitiva non ammette equipollenti.

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Cass. civ. n. 15171/2000

In tema di possesso ad usucapionem di una servitù prediale di passaggio, non è necessario che il possesso del passaggio sia esercitato in modo esclusivo, cioè inconciliabile con la possibilità di fatto di un contemporaneo godimento della cosa da parte di altri, purché questo non sia esercitato in forma tale da dissolvere o fortemente stemperare gli elementi (obiettivi e soggettivi) che devono connotare la identità dell’altro possesso. In particolare, in relazione al medesimo fondo servente non esiste alcuna incompatibilità fra il possesso di una servitù di passaggio di uso pubblico, esercitato uti cives da una collettività, ed il possesso di una servitù prediale di passaggio a favore di un fondo determinato, preteso dominante, poiché questa ha il tratto individualizzante per eccellenza dell’essere esercitata dal proprietario fundi nomine, vale a dire per l’utilità del fondo a favore del quale si costituirà la servitù.

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Cass. civ. n. 8120/2000

Affinché possa ritenersi un possesso ad usucapionem
da parte di un coproprietario-copossessore occorrono atti particolarmente qualificati, tali da manifestare inequivocabilmente l’
animus escludendi a carico degli altri comunisti. D’altra parte il possesso, acquisito animo et corpore, ben può conservarsi «solo animo», quando non consti l’
animus dereliquendi e la cosa sia restata nella virtuale disponibilità del copossessore.

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Cass. civ. n. 14368/1999

Ai fini dell’acquisto della proprietà per usucapione, rileva l’
animus
possidendi e non il titolo, di talché è compatibile con la situazione di diritto riportata dall’atto, una diversa situazione di fatto atta a consentire comunque l’esercizio del possesso di un bene uti dominus da parte del fruitore.

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Cass. civ. n. 6942/1999

Gli atti interruttivi dell’usucapione eseguiti nei confronti di uno dei compossessori non hanno effetto interruttivo nei confronti degli altri, in quanto il principio di cui all’art. 1310 c.c., secondo cui gli atti interruttivi contro uno dei debitori in solido interrompono la prescrizione contro il comune creditore con effetto verso gli altri debitori, trova applicazione in materia di diritti di obbligazione e non di diritti reali, per i quali non sussiste vincolo di solidarietà, dovendosi, invece, fare riferimento ai singoli comportamenti dei compossessori, che giovano o pregiudicano solo coloro che li hanno (o nei cui confronti sono stati) posti in essere.

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Cass. civ. n. 815/1999

Ai fini dell’usucapione, il possesso del bene può essere acquisito anche a seguito di atto traslativo della proprietà che sia nullo, in quanto, anche dopo l’invalido trasferimento della proprietà, l’
accipiens può possedere il bene animo domini, ed anzi, proprio la circostanza che la traditio sia stata eseguita in virtù di un contratto che pur invalido, era comunque volto a trasferire la proprietà del bene, costituisce elemento idoneo a far ritenere che il rapporto di fatto instauratosi tra l’
accipiens e la res tradita fosse sorretto dall’
animus
rem sibi habendi.

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Cass. civ. n. 10984/1998

Ai fini dell’acquisto per usucapione di una servitù continua (nella specie: servitù di veduta) è sufficiente l’esistenza della prescritta durata ventennale di opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio, non essendo anche necessaria la continuità dell’utilizzazione delle opere.

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Cass. civ. n. 10481/1998

Per il principio tantum praescriptum quantum
possessum, il termine prescrizionale acquisitivo a titolo originario di un diritto di servitù, nel caso di modifica dell’opera per il suo esercizio rispetto ad altra precedente, decorre dall’effettuata trasformazione. (Nella specie iniziali paratie frangivento ed un tendone di copertura erano stati sostituiti da una veranda, con infissi in ferro, chiusi da vetri, a distanza inferiore da quella legale rispetto ad una soprastante veduta).

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Cass. civ. n. 6997/1998

Ai fini dell’usucapione il requisito della continuità del possesso va desunto dal comportamento del possessore, non dalle contrarie intenzioni del proprietario. Ai fini indicati è irrilevante la violenza esercitata in un momento successivo all’acquisto del possesso. A sua volta la non clandestinità va riferita non agli espedienti che il possessore potrebbe attuare per apparire proprietario, ma al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile e non occulto, così da palesare l’animo del possessore di volere assoggettare la cosa al proprio potere e senza che sia necessaria l’effettiva conoscenza da parte del preteso danneggiato.

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Cass. civ. n. 3081/1998

La continuità della possessio ad usucapionem
va correlata all’utilizzazione del bene che ne costituisce l’oggetto, sì che se è normale, in relazione ad essa, l’intermittenza dei relativi atti di godimento – come nel caso di non utilizzazione di un’area di parcheggio durante la circolazione dei veicoli – non esclude, in sé, la persistenza del potere di fatto sulla cosa.

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Cass. civ. n. 10317/1996

La servitù di passaggio costituita per usucapione ha natura di servitù volontaria ed è perciò irrilevante lo stato di interclusione del fondo, dovendosi prescindere dai requisiti per la costituzione ed il mantenimento della servitù di passaggio coattivo, desumibili dagli artt. 1051, 1052, 1055 c.c., che regolano detto istituto.

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Cass. civ. n. 3405/1996

La portata del principio tantum prescriptum quantum possessum deve essere intesa nel senso che il contenuto delle servitù acquistate per usucapione va determinato in funzione della sola utilità obiettiva cui sono riferibili gli atti di esercizio nei quali si è realizzato il possesso.

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Cass. civ. n. 10652/1994

Il requisito della continuità, necessario per la configurabilità del possesso ad usucapionem (art. 1158 c.c.), si fonda sulla necessità che il possessore esplichi costantemente il potere di fatto corrispondente al diritto reale posseduto e lo manifesti con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità ed alla destinazione della cosa e tali da rivelare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria di fatto sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto. La continuità si distingue, pertanto, dall’interruzione del possesso, giacché la prima si riferisce al comportamento del possessore, mentre la seconda deriva dal fatto del terzo che privi il possessore del possesso (interruzione naturale) o dall’attività del titolare del diritto reale che compia un atto di esercizio del diritto medesimo. (Nella specie, il possessore di una servita di veduta ne aveva dismesso per un certo periodo l’esercizio, eliminando con la schermatura di una terrazza ogni possibilità di inspectio e di prospectio sul fondo limitrofo).

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Cass. civ. n. 2324/1994

Il compossessore o condetentore di una cosa che ne curi la custodia anche nell’interesse degli altri può acquistarne il possesso o la detenzione esclusiva solo dal momento in cui, con atto inequivoco, abbia iniziato a possederla o a detenerla solo nel proprio interesse.

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Cass. civ. n. 3699/1993

Al fine della determinazione del
dies a quo per l’usucapione del diritto di servitù costituito dal mantenimento di una determinata opera a distanza legale, deve farsi riferimento non al momento di inizio della costruzione, ma a quello nel quale questa sia venuta ad esistenza, con la realizzazione di elementi strutturali ed essenziali, i quali rivelino anche al titolare del fondo servente l’esistenza della situazione coincidente con quella del diritto reale di servitù.

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Cass. civ. n. 7742/1990

Al fine dell’acquisto per usucapione della proprietà o di altri diritti reali immobiliari, il possesso ventennale non deve essere viziato né da violenza né da clandestinità, ma non valgono ad infirmarne la legittimità, né ad interromperne l’usucapione, i semplici atti di contestazione e diffida posti in essere da colui che assuma di essere il proprietario della cosa, poiché l’applicazione all’usucapione delle regole generali in materia di prescrizione estintiva presuppone la loro compatibilità con la natura dell’usucapione, che non permette di attribuire efficacia ad atti destinati ad operare soltanto in relazione a diritti di obbligazione e perciò non configurabili in difetto di un debitore.

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Cass. civ. n. 2088/1990

In tema di possesso ad usucapionem, che il codice vigente assoggetta alle stesse condizioni contemplate dal codice del 1865 (con la formula «possesso legittimo»), inclusa quella della pacificità del possesso medesimo, tale requisito non può essere escluso per la sola circostanza che il preteso titolare del diritto manifesti una volontà contraria all’altrui possesso, trattandosi di elemento rilevante al diverso fine di evidenziare la mala fede del possessore (con la conseguente applicabilità del termine ventennale).

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Cass. civ. n. 3472/1989

Ai fini dell’acquisto per usucapione di una servitù si richiede che le opere visibili e permanenti, obiettivamente destinate al suo esercizio, siano esistite ed abbiano avuto tale destinazione per tutto il tempo prescritto dalla legge per usucapire, e quando, come in tema di servitù di passaggio, oltre alle opere visibili, sia richiesta una determinata attività, è altresì necessario che le opere siano strumentalmente utilizzate per l’esercizio del possesso della servitù per lo stesso periodo di tempo, che prende inizio dal giorno in cui le opere strumentali all’esercizio della servitù siano venute ad esistenza, quando con tale giorno coincide quello del primo atto di esercizio, e dal giorno del primo di tali atti quando questi vengano posti in essere in un periodo successivo.

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Cass. civ. n. 6818/1988

L’acquisto per usucapione richiede il possesso effettivo dell’usucapiente per il periodo prescritto dalla legge, ma non anche il possesso esclusivo, con la conseguenza che un’eventuale situazione di compossesso può incidere solo sulla misura dell’acquisto, ma è del tutto irrilevante nei confronti del proprietario non possessore, il quale può impedire l’acquisto per usucapione solo provando l’esistenza di atti di esercizio del suo diritto incompatibili con il possesso animo domini dell’usucapiente.

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Cass. civ. n. 4206/1987

Anche al fine dell’usucapione, il possesso si deve esteriorizzare in un comportamento univocamente corrispondente all’esercizio della proprietà od altro diritto reale, e, pertanto, specie a fronte di atti del proprietario, che, pur se privi di efficacia interruttiva, indichino una persistenza della titolarità del diritto dominicale (come la presentazione di denuncia di successione, la partecipazione a divisione ereditaria, il promuovimento nei confronti di un terzo di giudizio di affrancazione), il possesso medesimo non è ravvisabile nel mero godimento della cosa, ove questo non si traduca in una attività materiale incompatibile con l’altrui diritto (e quindi non giustificabile da un titolo diverso, ad esempio, la locazione od il comodato).

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Cass. civ. n. 284/1984

L’acquisto di una servitù di uso pubblico, per possesso immemorabile, su di un fondo privato presuppone l’esistenza dei seguenti elementi da accertare dal giudice del merito, il quale deve sugli stessi motivare in modo congruo e giuridicamente corretto: a) la generalità di uso del bene da parte di una collettività indeterminata di individui considerati uti cives, ossia quali titolari di interessi di carattere generale — e non uti singuli, ossia quali persone che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene che si pretende gravato; b) l’oggettiva idoneità di quel bene all’attuazione di un fine di pubblico interesse configurabile in senso ampio, così da comprendere ogni utilizzazione, anche di mera comodità, purché rivolta al soddisfacimento di un’esigenza comune della collettività medesima; c) l’esistenza di una situazione di fatto le cui origini si perdono nel passato.

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Cass. civ. n. 2289/1976

Nell’ordinamento giuridico attuale l’istituto dell’immemorabile opera soltanto nell’ambito dei rapporti di diritto pubblico con l’amministrazione dello Stato ed, in particolare, per quanto concerne i rapporti reali, è applicabile a quelli che hanno ad oggetto beni demaniali. Per contro, nei rapporti di diritto privato, ivi compresi quelli relativi a beni patrimoniali disponibili dello Stato, il suddetto istituto venne abrogato dal codice civile del 1865 e non è stato, poi, richiamato in vigore dal nuovo codice civile. Caratteristica fondamentale dell’immemorabile è che sia stato smarrito il ricordo del momento in cui è nata la situazione di possesso che si pretende di affermare come legittima: esso pertanto non può essere invocato quando sia nota la data di inizio della situazione in contestazione.

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Cass. civ. n. 1314/1976

Sebbene il vigente diritto positivo non disciplini espressamente il compossesso pro indiviso, nulla impedisce la possibilità di un esercizio di fatto dell’attività corrispondente alla comunione del diritto di proprietà e, quindi, anche la possibilità di pervenire, sussistendo gli altri presupposti indispensabili, all’acquisto della comproprietà a titolo di usucapione.

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Cass. civ. n. 1019/1974

Perché si abbia possesso ad usucapionem della proprietà di beni immobili o di altri diritti reali di godimento sui beni medesimi, è necessaria la sussistenza di un possesso continuato, ininterrotto, pacifico e pubblico, esercitato coscientemente, nel senso previsto dall’art. 1140 c.c., cioè concretantesi in un potere che si manifesti in un’attività intenzionale del possessore corrispondente all’esercizio di un diritto dominicale sull’immobile o di altro diritto reale di godimento sullo stesso.

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