Art. 784 – Codice civile – Donazione a nascituri
La donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito [462 c.c.], ovvero a favore dei figli di una determinata persona vivente al tempo della donazione, benché non ancora concepiti [463, 785 c.c.].
L'accettazione della donazione a favore di nascituri benché non concepiti, è regolata dalle disposizioni degli articoli 320 e 321.
Salvo diversa disposizione del donante, l'amministrazione dei beni donati spetta al donante o ai suoi eredi, i quali possono essere obbligati a prestare idonea garanzia [1179 c.c.]. I frutti maturati prima della nascita sono riservati al donatario se la donazione è fatta a favore di un nascituro già concepito. Se è fatta a favore di un non concepito, i frutti sono riservati al donante sino al momento della nascita del donatario [785 comma 3 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 18368/2024
In caso di pegno dato dal terzo, la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene in garanzia assume valore solutorio e il pagamento del creditore garantito comporta l'adempimento del debito altrui da parte del terzo datore di pegno, in capo al quale sorge il diritto di rivalsa verso il debitore principale o la surrogazione di diritto ex art. 1203, n. 3, c.c.
Cass. civ. n. 27501/2023
Il cd. "patto di rotatività" - con cui le parti convengono, "ab origine" la variabilità dei beni costituiti in pegno, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico - si connota come fattispecie a formazione progressiva, nascente da quell'accordo e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell'oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Pertanto, il trasferimento del vincolo pignoratizio così attuato non richiede una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti o che l'indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa, rivelandosi, invece, sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione di quelli sostituiti e dal riferimento all'accordo suddetto, così consentendosi il collegamento con l'originaria pattuizione.
Cass. civ. n. 21510/2019
Il giudizio di divisione "mortis causa" deve svolgersi, ai sensi dell'art. 784 c.c., con la partecipazione di tutti i condividenti, la cui qualità di litisconsorti necessari permane in ogni stato e grado del processo, indipendentemente dall'attività e dal comportamento processuale di ciascuna parte. (Nella specie, la S.C. ha rimesso gli atti al giudice di primo grado, ex art. 354, comma 1, c.p.c., per essersi tale grado di lite, nonché il successivo giudizio di gravame, svolto senza la partecipazione necessaria di due condividenti, illegittimamente estromessi in prime cure a seguito di rinuncia agli atti del giudizio ad opera dell'attore, seguita dall'accettazione degli interessati).
Cass. civ. n. 16618/2016
Il pegno di saldo di conto corrente bancario costituito a favore della banca depositaria si configura come pegno irregolare solo quando sia espressamente conferita alla banca la facoltà di disporre della relativa somma mentre, nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare, ragion per cui la banca garantita non acquisisce la somma portata dal saldo, né ha l'obbligo di restituire al debitore il "tantundem", sicché, difettando i presupposti per la compensazione dell'esposizione passiva del cliente con una corrispondente obbligazione pecuniaria della banca, l'incameramento della somma conseguente all'escussione del pegno rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 67 l.fall. ed è assoggettabile a revocatoria fallimentare.
Cass. civ. n. 24790/2016
In tema di pegno a garanzia di crediti, il principio di accessorietà desumibile dall'art. 2784 c.c. comporta la nullità per difetto di causa dell'atto costitutivo della prelazione stipulato in relazione ad un credito non ancora esistente, ma non esclude, in applicazione analogica dell'art. 2852 c.c., l'ammissibilità della costituzione della garanzia a favore di crediti condizionali o che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente; in quest'ultimo caso, peraltro, è necessaria, ai fini della validità del contratto, la determinazione o la determinabilità del credito, la quale postula l'individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma anche della sua fonte; ferma restando la validità e l'efficacia del contratto "inter partes", comunque, la mera determinabilità del rapporto comporta l'inopponibilità del pegno agli altri creditori (ivi compreso il curatore, in caso di fallimento del soggetto che abbia costituito la garanzia), qualora, dovendo trovare applicazione l'art. 2787, comma 3, c.c., manchi la sufficiente indicazione del credito garantito.
Cass. civ. n. 25796/2015
Il cd. "patto di rotatività" - con cui le parti convengono, "ab origine" la variabilità dei beni costituiti in pegno, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico - si connota come fattispecie a formazione progressiva, nascente da quell'accordo e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell'oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Pertanto, il trasferimento del vincolo pignoratizio così attuato, non richiede una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti o che l'indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa, rivelandosi, invece, sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione di quelli sostituiti e dal riferimento all'accordo suddetto, così consentendosi il collegamento con l'originaria pattuizione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto il valido permanere di una siffatta garanzia in favore di una banca che aveva venduto, alla scadenza, i titoli originariamente ricevuti in pegno, utilizzandone il controvalore, benchè depositato temporaneamente sul conto corrente ordinario del cliente, per acquistarne, con il suo consenso, altri da immettere in pegno sul conto deposito a garanzia di quest'ultimo). (Rigetta, App. Firenze, 11/09/2008).
Cass. civ. n. 17477/2012
La posizione del debitore e quella del terzo che ha costituito il pegno è differenziata, in quanto la prelazione pignoratizia determina il mero adempimento del debito originario da parte del terzo, restando irrilevante il fatto che quest'ultimo possa poi agire in regresso nei confronti del debitore, posto che a tale rapporto il creditore rimane estraneo.
Cass. civ. n. 1526/2010
In tema di pegno, la forma scritta è prevista dall'art. 2787, terzo comma cod. civ. ai soli fini della prelazione del creditore pignoratizio sulla cosa oggetto della garanzia, mentre la convenzione costitutiva del pegno si perfeziona, ai sensi dell'art. 2786 cod. civ., con la consegna della casa al creditore. (Rigetta, App. Perugia, 01/02/2005).
Cass. civ. n. 7214/2009
In tema di pegno a garanzia di crediti, il principio di accessorietà desumibile dall'art. 2784 cod. civ comporta la nullità per difetto di causa dell'atto costitutivo della prelazione stipulato in relazione ad un credito non ancora esistente, ma non esclude, in applicazione analogica dell'art. 2852 cod. civ., l'ammissibilità della costituzione della garanzia a favore di crediti condizionali o che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente; in quest'ultimo caso, peraltro, è necessaria, ai fini della validità del contratto, la determinazione o la determinabilità del credito, la quale postula l'individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma anche della sua fonte; ferma restando la validità e l'efficacia del contratto "inter partes", comunque, la mera determinabilità del rapporto comporta l'inopponibilità del pegno agli altri creditori (ivi compreso il curatore, in caso di fallimento del soggetto che abbia costituito la garanzia), qualora, dovendo trovare applicazione l'art. 2787, terzo comma, cod. civ., manchi la sufficiente indicazione del credito garantito.
Cass. civ. n. 17094/2006
In un giudizio di rivendicazione che riguardi una quota ideale di un bene in comproprietà "pro indiviso", non può essere ordinato il rilascio della quota, ma il giudice deve limitarsi alla declaratoria della titolarità da parte del rivendicante della predetta comunione per la quota indicata, atteso che è necessario prima procedere alla concretizzazione della quota in una porzione determinata attraverso la divisione del bene stesso, con la partecipazione necessaria di tutti i comproprietari. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 24 aprile 2002).
Cass. civ. n. 15406/2004
La disciplina vigente in tema di garanzie del credito non esclude l'ammissibilità del concorso di una garanzia personale con una garanzia reale rispetto al medesimo credito; pertanto, l'eventuale costituzione di pegno, in linea astratta, non fa venire meno la garanzia fideiussoria eventualmente già assunta a favore dello stesso creditore e per il medesimo credito.
Cass. civ. n. 19769/2003
In tema di responsabilità per le cose portate in albergo, venuta a mancare la restituzione della cosa per fatto imputabile al depositario (nella specie: per furto notturno mediante narcosi indotta da ignoti), sorge, a carico di quest'ultimo, l'obbligazione del risarcimento del danno, intesa — trattandosi di obbligazione di valore — a rimettere il depositante nella stessa condizione economica in cui si sarebbe trovato se la restituzione in natura fosse stata eseguita, il che implica la rivalutazione dell'equivalente pecuniario del bene sottratto fino alla data della decisione definitiva; qualora invece la cosa depositata in albergo costituisca una somma di danaro, l'inadempimento dell'obbligo contrattuale di custodire e restituire la stessa somma di denaro non trasforma una tipica obbligazione pecuniaria in un'obbligazione di valore, sicché il regime del risarcimento dei danni è regolato dall'art. 1224 c.c., a norma del quale sono dovuti i soli interessi legali, mentre il maggior danno rispetto a detti interessi (eventualmente da svalutazione) è dovuto solo se provato e nei limiti in cui eccede quanto coperto dagli interessi legali.
Cass. civ. n. 494/2002
È esperibile l'azione per la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturali anche nelle ipotesi previste dall'art. 251, 1° comma, c.c., per l'illegittimità costituzionale dell'art. 278, 1° comma, c.c., nella parte in cui esclude la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturali e le relative indagini nei casi in cui il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato (art. 251 c.c.).
Cass. civ. n. 1537/1997
Il giudice di merito, onde affermare la responsabilità illimitata dell'albergatore ai sensi dell'art. 1784 c.c. - o dei soggetti ad esso equiparati dall'art. 1786 c.c. - deve accertare se il cliente, indipendentemente da una specifica dichiarazione negoziale, per le modalità e il contesto in cui ha consegnato la cosa al gestore dell'esercizio o ai suoi dipendenti, ha inteso affidarlo alla loro custodia o invece se essi si sono limitati a prestargli una cortesia conforme agli usi, nel qual caso la responsabilità è quella limitata, prevista dall'art. 1783 c.c. (Nella specie il cameriere di un ristorante, sprovvisto di guardaroba, aveva appeso la pelliccia - poi sparita - di una cliente ad un appendiabiti; la Suprema Corte, nel cassare la ritenuta responsabilità ex art. 1784 c.c., ha affermato l'equivocità della circostanza ai fini dell'affidamento del bene in custodia al gestore, potendo invece essa restare nella sfera di controllo e disponibilità del cliente, anche avuto riguardo al luogo ove l'appendiabiti è situato). .
Cass. civ. n. 2475/1991
In tema di responsabilità degli albergatori per le cose portate in albergo dai clienti sia l'art. 1784 c.c., nel testo modificato dalla L. del 15 febbraio 1977, n. 35 sia il vigente art. 1783 nel testo modificato con L. 15 giugno 1978, n. 316, che ha reso esecutiva la Convenzione di Parigi 17 dicembre 1972, assumendo come parametro di riferimento per la limitazione di detta responsabilità il prezzo della locazione dell'alloggio per giornata, intendono con la formulazione anzidetta il corrispettivo del godimento della camera occupata dal cliente temporaneamente e della somministrazione di quei servizi accessori, ma assolutamente indispensabili per usufruire della stessa, in condizioni di normalità. Tuttavia ove l'albergatore pattuisca con il cliente sin dall'origine un prezzo giornaliero nel quale siano comprese indistintamente sia la prestazione della camera, sia quella di ulteriori servizi che, pur potendo essere semplicemente offerti, siano invece assunti negozialmente come imprescindibili condizioni dell'alloggio, venendo perciò ad assumere carattere di obbligatorietà nei confronti del cliente, sì da connaturare il rapporto secondo uno schema concettualmente diverso, il parametro legale deve corrispondere al prezzo globale (nella specie il prezzo globalmente pattuito era comprensivo del corrispettivo dell'alloggio e dei pasti).
Cass. civ. n. 12120/1990
In tema di responsabilità dell'albergatore ex recepto per mancata restituzione di cose consegnategli dal cliente il rinvio fatto dall'art. 1768 c.c., al principio della diligenza del buon padre di famiglia comporta la ricezione dei canoni generali di cui all'art. 1176 c.c. nella loro interezza, nel senso che, avvenendo il deposito della cosa nelle mani dell'albergatore in dipendenza della conclusione del contratto di albergo, la diligenza da lui dovuta deve essere valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata, cioè tenendo presente non soltanto l'ordinaria previgenza e cautela dell'uomo medio ma altresì il comportamento che relativamente alla custodia delle cose ricevute in consegna viene comunemente praticato da parte di coloro che esercitano la medesima professione (albergatori), e così senza potersi prescindere dal valore della res consegnata nonché della categoria, importanza e condizioni di gestione dell'albergo. (Nella specie, la Corte Suprema in base all'enunciato principio ha confermato la decisione del merito che aveva ritenuto non corrispondente a doverosa diligenza nella custodia di gioielli la usuale conservazione delle chiavi della cassaforte nel bancone del portiere).
Cass. civ. n. 213/1988
La consegna della cosa al gestore d'un albergo o di esercizi ad esso equiparati - ovvero ai suoi dipendenti - è qualificabile come consegna in custodia, al fine della responsabilità illimitata verso il cliente per sottrazione o deterioramento, secondo la disciplina degli artt. 1783 e ss. c.c. (nel testo in vigore prima delle modifiche introdotte dall'art. 3 della L. 3 giugno 1978, n. 316) qualora avvenga in un contesto e con modalità che ne dimostrino inequivocabilmente la finalità di custodia, mentre restano, a tal fine, irrilevanti sia la mancata estrinsecazione di tale finalità in un'espressa dichiarazione negoziale sia la mancata consegna delle chiavi. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la C.S. ha confermato la decisione della corte di merito, la quale aveva affermato la responsabilità illimitata del gestore d'un campeggio per il collocamento in esso d'una roulotte, ritenendo che nel caso concreto la finalità di custodia nonché l'avvenuta consegna era obiettivamente dimostrata dalle modalità di conferimento del veicolo e dalla struttura, ubicazione e modalità di esercizio del campeggio.
Cass. civ. n. 3111/1984
Presupposto necessario per la costituzione di un diritto di pegno, avendo questo la funzione di assicurare la prelazione del creditore pignoratizio in sede di espropriazione forzata del bene che ne è oggetto, è l'esistenza di un'obbligazione garantita cui corrisponda un credito di somma di danaro, tale originariamente o comunque suscettibile di acquistare carattere pecuniario, indispensabile per poter promuovere l'esecuzione per espropriazione. Non può pertanto essere configurata come una costituzione di pegno, e se in tal senso intesa dalle parti, deve ritenersi nulla per mancanza di causa, la pattuizione con la quale in un contratto di mutuo fondiario in cartelle, l'istituto mutuante, per l'esistenza sull'immobile concesso in garanzia di ipoteche pozioni che impediscono la necessaria priorità di grado dell'ipoteca che assiste il mutuo, trattiene, ai sensi dell'art. 13, comma secondo, del testo unico delle leggi sul credito fondiario approvato con r.d. 16 luglio 1905 n. 646, una parte delle cartelle, sufficiente a garantire il difetto di primo grado ipotecario, ed assume altresì l'obbligo di vendere le cartelle per conto del mutuatario e, con il ricavato, di pagare i creditori ipotecari poziori; in tale ipotesi, invero, la ritenzione delle cartelle non ha la funzione di garantire il rimborso della somma mutuata, ma costituisce elemento di un meccanismo diretto soltanto, attraverso la soddisfazione di crediti di terzi, ad ottenere il conseguimento della priorità di grado dell'ipoteca, che non corrisponde ad un credito verso il debitore, tanto meno di somma di danaro, ma attiene, invece, ad una qualità della causa di prelazione ipotecaria, unica prevista dalla legge sul credito fondiario.