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Art. 320 — Rappresentanza e amministrazione

Art. 320 — Rappresentanza e amministrazione

I genitori congiuntamente [ 316 ], o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, rappresentano i figli nati e nascituri, fino alla maggiore età o all’emancipazione, in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento [ 1380 ], possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.

Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell’articolo 316.

I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare [ 471 ] o rinunziare ad eredità o legati [ 519, 649, 650 ], accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri [ 806 c.p.c. ] giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare [ disp. att. 43, 45; 747 c.p.c. ].

I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l’impiego.

L’esercizio di una impresa commerciale non può essere continuato [ 2195 ] se non con l’autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare . Questi può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza [ 2294 ].

Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa responsabilità genitoriale, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale [ 78 c.p.c. ]. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all’altro genitore [ disp. att. 45 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 12953/2014

E configurabile, e opponibile al minore rappresentato, la simulazione assoluta di un atto, eccedente i limiti dell’ordinaria amministrazione, compiuto dal legale rappresentante, preventivamente e regolarmente autorizzato dal giudice tutelare.

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Cass. civ. n. 13520/2012

La competenza ad autorizzare la vendita di immobili ereditati dal minore soggetto alla potestà dei genitori appartiene al giudice tutelare del luogo di residenza del primo, a norma dell’art. 320, terzo comma, c.c., unicamente per quei beni che, provenendo da una successione ereditaria, si possono considerare acquisiti al suo patrimonio. Ne consegue che, ai sensi del primo comma dell’art. 747 c.p.c., la competenza spetta, sentito il giudice tutelare, al tribunale del luogo di apertura della successione, ove il procedimento dell’acquisto “iure hereditario” non si sia ancora esaurito per essere pendente la procedura di accettazione con beneficio di inventario, in quanto, in tale ipotesi, l’indagine del giudice non è circoscritta soltanto alla tutela del minore, ai sensi dell’art. 320 c.c., ma si estende a quella degli altri soggetti interessati alla liquidazione dell’eredità, così evitandosi una disparità di trattamento fra minori “in potestate” e minori sotto tutela, con riguardo alla diversa competenza a provvedere per i primi (giudice tutelare ai sensi dell’art. 320 c.c.) e i secondi (tribunale quale giudice delle successioni, in base all’art. 747 c.p.c.).

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Cass. civ. n. 743/2012

In tema di rappresentanza processuale del minore, l’autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320 c.c. è necessaria per promuovere giudizi relativi ad atti di amministrazione straordinaria, che possono cioè arrecare pregiudizio o diminuzione del patrimonio e non anche per gli atti diretti al miglioramento e alla conservazione dei beni che fanno già parte del patrimonio del soggetto incapace. Ne consegue che si atteggiano ad atti di ordinaria amministrazione, per i quali non è necessaria la predetta autorizzazione, tanto l’azione di rivendica finalizzata ad accrescere o a tutelare in senso migliorativo il patrimonio dell’incapace, quanto l’assunzione di una posizione processuale assimilabile a quella di un convenuto, come l’intervento volontario in giudizio per contrastare la domanda dell’attore di riconoscimento di un diritto di proprietà, giacché il provvedimento del giudice tutelare è richiesto solo quando il minore assuma la veste di attore in primo grado, ma non per le difese e gli atti diretti a resistere all’azione avversaria.

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Cass. civ. n. 10654/2011

Il genitore, autorizzato dal tribunale ai sensi dell’art. 320, Quinto comma, c.c., alla continuazione dell’esercizio dell’impresa commerciale del minore, può compiere, senza necessità di specifica autorizzazione del giudice tutelare, anche i singoli atti strettamente collegati a tale esercizio, stante il carattere dinamico dell’impresa e la necessità di assumere decisioni pronte e tempestive, le quali sarebbero gravemente ostacolate, o addirittura paralizzate qualora, per ogni singolo atto, occorresse rivolgersi all’autorità giudiziaria; pertanto, non necessita di previa autorizzazione la stipula del contratto di apertura di credito bancario, essendo strumento fondamentale e presupposto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale, la quale non potrebbe svolgersi senza i fondi necessari. E, inoltre, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 320, Quinto comma, c.c., sollevata con riferimento all’art. 3 Cost., per violazione del principio di uguaglianza tra minore esercente e minore non esercente un’attività commerciale, dal momento che nel primo caso è prevista dalla legge una duplice autorizzazione (provvisoria da parte del giudice tutelare, definitiva da parte dei tribunale in composizione collegiale che, in detta sede, può controllare e valutare l’attività svolta dopo la prima autorizzazione) e che, in forza dell’art. 334 c.c., in ipotesi di cattiva amministrazione del patrimonio del minore, il tribunale per i minorenni può stabilire condizioni e prescrizioni ai genitori e, nei casi più gravi, rimuovere entrambi o uno di essi dall’amministrazione, come pure il curatore speciale esercente l’impresa.

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Cass. civ. n. 7546/2003

In tema di amministrazione dei beni dei figli ex art. 320 c.c., al di fuori dei casi specificamente individuati ed inquadrati nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione dal legislatore, vanno considerati di ordinaria amministrazione gli atti che presentino tutte e tre le seguenti caratteristiche: 1) siano oggettivamente utili alla conservazione del valore e dei caratteri oggettivi essenziali del patrimonio in questione; 2) abbiano un valore economico non particolarmente elevato in senso assoluto e soprattutto in relazione al valore totale del patrimonio medesimo; 3) comportino un margine di rischio modesto in relazione alle caratteristiche del patrimonio predetto, vanno invece considerati di straordinaria amministrazione gli atti che non presentino tutte e tre queste caratteristiche.

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Cass. civ. n. 2430/1994

La distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione prevista dal codice civile in relazione ai beni degli incapaci (artt. 320, 374 e 394 c.c.) non coincide con quella applicabile in tema di determinazione dei poteri attribuiti agli amministratori delle società, i quali vanno individuati con riferimento agli atti che rientrano nell’«oggetto sociale» – qualunque sia la loro rilevanza economica e natura giuridica – pur se eccedano i limiti della cosiddetta ordinaria amministrazione, con la conseguenza che, salvo le limitazioni specificamente previste nello statuto sociale, devono ritenersi rientranti nella competenza dell’amministratore tutti gli atti che ineriscono alla gestione della società ed eccedenti i suoi poteri, invece, quelli di disposizione o di alienazione, suscettibili di modificare la struttura dell’ente e, perciò esorbitanti (e contrastanti con) l’oggetto sociale. (Ribadendo tali principi, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito, la quale ha ritenuto rientrante nell’oggetto sociale – e, pertanto, vincolante per una Sas anche se stipulato senza la firma congiunta degli amministratori, prevista dallo statuto per gli atti di straordinaria amministrazione – la conclusione di un contratto di leasing cosiddetto «di trasferimento», comportante, alla sua scadenza, la possibilità del passaggio in proprietà, alla società utilizzatrice, dei beni strumentali impiegati per l’attività di gestione del gabinetto odontoiatrico, esercitata dalla società medesima).

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Cass. civ. n. 2235/1990

L’autorizzazione del giudice tutelare richiesta dall’art. 320 c.c. per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione riguardanti i minori di età, non è diretta a conferire efficacia ad un negozio giuridico già formato, ma rappresenta un elemento costitutivo dello stesso, e pertanto deve sussistere al momento della sua conclusione e non può essere supplito da un’autorizzazione successiva, ancorché il negozio sfornito di quel requisito di validità sia affetto da sola annullabilità, che può essere fatta valere solamente dal genitore o dal figlio o dai suoi eredi o aventi causa.

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Cass. civ. n. 599/1982

L’art. 320, primo comma, c.c. (come modificato dall’art. 143 della L. 19 maggio 1975, n. 143) — ove stabilisce la rappresentanza congiunta di entrambi i genitori per la stipulazione di atti con cui si concedono o si acquistano diritti personali di godimento — in quanto introduttivo di un’eccezione alla regola che gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti da ciascun genitore disgiuntamente, non può interpretarsi estensivamente, così da ritenerlo riferibile alla domanda di rilascio di un immobile del minore (nella specie: ex art. 4 della L. 23 maggio 1950, n. 253), la quale non integra concessione (a terzi) o acquisto (da terzi) di diritti personali di godimento; ciò, tenuto conto altresì del silenzio della norma citata in tema di legitimatio ad processum, a differenza dell’espressa previsione al riguardo contenuta nel successivo terzo comma, in relazione agli atti negoziali di amministrazione straordinaria.

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