Art. 936 – Codice civile – Opere fatte da un terzo con materiali propri
Quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo della mano d'opera oppure l'aumento di valore recato al fondo.
Se il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono togliersi a spese di colui che le ha fatte. Questi può inoltre essere condannato al risarcimento dei danni.
Il proprietario non può obbligare il terzo a togliere le piantagioni, costruzioni ed opere, quando sono state fatte a sua scienza e senza opposizione o quando sono state fatte dal terzo in buona fede.
La rimozione non può essere domandata trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14537/2025
In relazione al contratto autonomo di garanzia con clausola che limita la facoltà di opporre eccezioni, una volta accertata la qualità di consumatore del garante, non sussiste alcun impedimento ad applicare la disciplina del codice del consumo sulle clausole vessatorie.
Cass. civ. n. 9673/2025
Nel contratto di fideiussione il termine di efficacia del contratto si distingue da quello di decadenza dai diritti dallo stesso derivanti, in quanto il primo indica il momento entro cui deve verificarsi l'inadempimento per essere coperto dalla garanzia, mentre il secondo individua il tempo entro il quale il creditore, una volta rimasto inadempiente il debitore, deve attivarsi per far valere il diritto nei confronti del garante, pena la sua perdita. (In applicazione di tale principio, la S.C., in riferimento ad una fideiussione prestata a garanzia della stipula di un contratto definitivo, fino alla sottoscrizione del rogito notarile e comunque non oltre una certa data, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva qualificato tale termine come di decadenza, anziché di efficacia).
Cass. civ. n. 9650/2025
Nel contratto autonomo di garanzia l'eccezione di intervenuta cessione del credito sottostante non può essere proposta dal garante, poiché attiene al rapporto principale e, come tale, spetta a chi è parte del predetto rapporto e, solo se la garanzia non è autonoma o a prima richiesta, al garante.
Cass. civ. n. 9328/2025
Le disposizioni sulla prescrizione non possono considerarsi norme di ordine pubblico, tutelando l'interesse sostanzialmente privato, da un lato, del soggetto passivo del rapporto giuridico, a ritenersi libero da vincoli in conseguenza del decorso del tempo stabilito dalla legge e, dall'altro, del soggetto attivo, titolare della facoltà di impedire il realizzarsi dell'effetto estintivo attraverso l'inequivoca manifestazione di volontà dimostrativa dell'intento di esercitare il proprio diritto.
Cass. civ. n. 865/2025
Nel contratto autonomo di garanzia il garante, una volta che abbia pagato nelle mani del creditore beneficiario, non può agire in ripetizione nei confronti di quest'ultimo in caso di successivo venir meno della causa del rapporto principale, potendo esperire azione di regresso ex art. 1950 c.c. unicamente nei confronti del debitore garantito, il quale a sua volta - ove vittoriosamente escusso dal garante - potrà agire in rivalsa nei confronti del garantito, perché al momento dell'escussione della garanzia il garante non avrebbe potuto eccepire la mancanza della causa originaria del rapporto al di fuori dell'ipotesi di escussione fraudolenta della garanzia. (Nella specie, in cui il garante autonomo aveva effettuato un pagamento in favore dell'Agenzia delle Entrate, prima dell'annullamento dell'avviso di accertamento emesso nei confronti del garantito, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello, la quale, pur avendo escluso l'escussione fraudolenta della garanzia da parte del creditore beneficiario, aveva erroneamente ammesso, nei confronti di quest'ultimo, l'esercizio da parte del garante dell'azione di ripetizione ex art. 2033 c.c.).
Cass. civ. n. 16289/2024
La mancata escussione di un fideiussore, in assenza di specifiche contestazioni dell'operato del creditore, non può di per sé essere qualificata come contraria ai principi di correttezza e buona, in mancanza di una norma dell'ordinamento che preveda un tale obbligo, sicché tale circostanza non può neppure essere dedotta come motivo di inadempimento imputabile al creditore, né la parte del debito garantita dal fideiussore non escusso può essere ritenuta un danno ingiusto risarcibile verso il debitore, atteso che quest'ultimo rimane l'unico soggetto a dover rispondere del debito per l'intero, stante la funzione della fideiussione di mera garanzia di un debito altrui.
Cass. civ. n. 6685/2024
La nullità delle clausole del contratto di fideiussione contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a), della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, si estende all'intero contratto solo nel caso di interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, con la conseguenza che è precluso al giudice rilevare d'ufficio l'effetto estensivo della nullità, essendo onere della parte che ha interesse alla totale caducazione provare tale interdipendenza. (In applicazione del principio la S.C. ha rigettato il ricorso con cui era dedotta la violazione dell'art. 1421 c.c. per l'omesso rilievo d'ufficio della nullità integrale del contratto derivante dalla pattuizione di clausole di deroga all'art. 1957 c.c. e di "reviviscenza" e di "sopravvivenza", riproduttive di quelle di cui ai nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI del 2003).
Cass. civ. n. 3687/2024
In caso di fideiussioni plurime (vale a dire prestate separatamente da diversi soggetti, senza alcuna reciproca consapevolezza ovvero con l'espressa volontà di tenere distinta la propria obbligazione da quella degli altri fideiussori), l'autonomia dei rapporti di garanzia preclude l'esperibilità dell'azione di regresso ex art. 1954 c.c., la quale, peraltro, non può essere riqualificata d'ufficio dal giudice alla stregua di azione generale ex art. 1299 c.c., trattandosi di domande fondate su diverse causae petendi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, a fronte di due fideiussioni, separatamente stipulate da soggetti diversi a garanzia dei debiti di due società verso un istituto di credito, aveva escluso che il fideiussore che aveva estinto l'intero debito potesse agire in regresso, ai sensi dell'art. 1954 c.c., per il recupero della metà di quanto versato).
Cass. civ. n. 35668/2023
Ai fini della operatività della polizza fideiussoria prevista dall'art. 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, il fallimento del garante - i cui debiti si considerano scaduti ex art. 55, comma 2, l.fall., agli effetti del concorso, alla data della dichiarazione di fallimento - rende irrilevante l'omessa notificazione nei suoi confronti della richiesta di pagamento, in quanto l'esercizio del diritto potestativo di escussione è ravvisabile nella domanda di ammissione al passivo.
Cass. civ. n. 33866/2023
Nel contratto autonomo di garanzia, in cui difetta il carattere dell'accessorietà, spetta al garante, che proponga l'exceptio doli, dare la prova dell'esatto adempimento del debitore al fine di dimostrare la natura fraudolenta o abusiva della richiesta d'immediata escussione della garanzia.
Cass. civ. n. 25833/2023
Il termine perentorio semestrale di cui all'art. 936 c.c. per la scelta tra la demolizione e la ritenzione delle opere decorre dal momento in cui la parte ha notizia dell'avvenuta incorporazione, essendo la norma finalizzata a consentire di effettuare le opportune valutazioni di convenienza e di evitare arricchimenti imposti; a tal fine l'incorporazione si intende realizzata quando l'opera sia stata ultimata (non semplicemente iniziata) o quando ne sia stata definitivamente sospesa la realizzazione.
Cass. civ. n. 22154/2023
Alla società fallita, dichiarata decaduta dalla concessione dei contributi previsti dall'art. 32 della l. n. 219 del 1981 (legati alla industrializzazione delle aree colpite dal sisma del 1980 e 1981 in Campania), che abbia dovuto restituire i lotti di terreno sui quali doveva realizzare un impianto industriale, non può essere riconosciuta né l'indennità prevista dall'art. 936 c.c., né quella ex art. 1150 c.c.; la prima, infatti, presuppone che l'autore delle opere sia effettivamente terzo, ossia non abbia con il proprietario del fondo alcun rapporto giuridico di natura reale o personale che lo legittimi a costruire sul fondo medesimo, mentre la seconda indennità presuppone la qualifica di possessore in capo all'avente diritto, mentre nella specie l'impresa è mero detentore qualificato. (Affermando tale principio la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato le domande di indennizzo della curatela fallimentare, rilevando che la stessa avrebbe, piuttosto, dovuto azionare il meccanismo previsto dall'art. 2, comma 5, del d.l. n 398 del 1993, conv. dalla l. n. 493 del 1993, che prevede la nomina di un perito da parte del presidente del tribunale al fine di stimare i lavori eseguiti e le spese effettivamente sostenute, così da evitare che a fronte dell'effettiva restituzione dei lotti il Ministero possa conseguire un ingiustificato arricchimento).
Cass. civ. n. 13359/2023
In tema di accessione, il proprietario che, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 936 c.c., non abbia chiesto, entro sei mesi dal giorno in cui ha avuto notizia dell'incorporazione, la rimozione delle opere fatte sul suo fondo dal terzo con materiali propri, deve corrispondere a quest'ultimo l'indennizzo di cui all'art. 936, comma 2 c.c., senza che possa essere rigettata la domanda volta a conseguirlo per il solo fatto che il terzo non abbia pienamente provato il suo ammontare, essendo sufficiente la prova dei fatti costitutivi del diritto all'indennizzo per attivare, in capo al giudice, i poteri istruttori d'ufficio, quali la consulenza tecnica e il giuramento suppletorio, volti a determinarne il "quantum".
Cass. civ. n. 9613/2023
Solo il proprietario del fondo dominante è legittimato, nel rispetto delle modalità di cui all'art. 1069 c. c., ad effettuare le opere necessarie per la conservazione della servitù; deve, quindi, escludersi che una tale facoltà possa essere esercitata da terzi (locatari, affittuari o comodatari) i quali, pur aventi un interesse alla buona conservazione della servitù, dovranno rappresentare la necessità di un tale intervento al proprietario del fondo dominante loro legato dal rapporto obbligatorio.
Cass. civ. n. 6982/2023
Il rapporto di solidarietà tra debitore principale e fideiussore è improntato alla regola di cui all'art. 1306 c.c., con la conseguenza che tra le cause separatamente instaurate dal creditore nei confronti dei coobbligati non sussiste un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, essendo escluso il rischio di conflitto di giudicati. (Nella specie, pronunciandosi in sede di regolamento di competenza, la S.C. ha cassato il provvedimento con cui il tribunale aveva sospeso la causa instaurata da un Comune per l'escussione di una polizza fideiussoria emessa a garanzia dell'adempimento di una convenzione urbanistica, in attesa della definizione di quella che lo stesso Comune aveva intentato, in via subordinata, nei confronti della società di costruzioni, invocando la risoluzione per inadempimento della suddetta convenzione e il conseguente risarcimento del danno).
Cass. civ. n. 5086/2022
In favore del convivente "more uxorio" che abbia realizzato a sue spese opere sull'immobile di proprietà del partner e che, cessata la convivenza, pretenda di essere indennizzato per le spese sostenute ed il lavoro compiuto, trova applicazione non l'art. 936 c.c., che ha riguardo solo all'autore delle opere che non abbia con il proprietario del fondo alcun rapporto giuridico di natura reale o personale che gli attribuisca la facoltà di costruire sul suolo, bensì la disposizione di cui all'art. 2041 c.c. sull'arricchimento senza causa, purché si accerti, tenuto conto dell'entità delle opere in base alle condizioni personali e patrimoniali dei partners, che le spese erano state sostenute ed il lavoro era stato compiuto senza spirito di liberalità, in vista di un progetto di vita comune, e che, realizzando quelle opere, il convivente non aveva intenzione di adempiere ad alcuna obbligazione naturale.
Cass. civ. n. 26595/2021
In tema di costruzione od opera eseguita dal terzo con materiali propri su suolo altrui, l'art. 936, comma 3, c.c. riconosce il diritto al risarcimento del danno in favore del proprietario del suolo esclusivamente nel caso in cui lo stesso sia legittimato a chiedere la rimozione dell'opera mentre, ove non gli sia o non gli sia più consentito proporre quest'ultima domanda, è il terzo ad avere, viceversa, diritto ad un indennizzo a fronte del vantaggio economico derivato al proprietario del fondo da detta costruzione od opera, vantaggio che è prioritario ed assorbente rispetto al danno dal medesimo eventualmente subito ed incompatibile con la relativa pretesa risarcitoria.
Cass. civ. n. 27088/2021
L'istituto dell'accessione ex art. 936 c.c. presuppone che i soggetti coinvolti non siano legati da un vincolo contrattuale, sicché deve escludersi l'applicabilità della relativa disciplina allorché l'attività costruttiva costituisca non già l'esercizio di un diritto, ma l'adempimento di un'obbligazione. In tale caso, infatti, l'obbligo restitutorio ex art. 1458 c.c., nascente dalla risoluzione del contratto, è incompatibile con il diritto potestativo del proprietario di ritenere la costruzione avvalendosi dell'accessione.
Cass. civ. n. 742/2020
Nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l'applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, Tarcau, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, Dumitras), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio). (Nella specie, è stata ritenuta operante l'esclusività del foro del consumatore con riferimento al contenzioso tra banca e fideiussore non professionista, ancorché l'obbligato principale avesse assunto il debito garantito per lo svolgimento di attività d'impresa).
Cass. civ. n. 32478/2019
In materia di responsabilità da fideiussione, gli obblighi di buona fede e correttezza contrattuale - da intendersi in senso oggettivo - impongono alla parte garantita di salvaguardare la posizione del proprio fideiussore, con la conseguenza che la loro violazione non consente l'esercizio di pretese nei confronti del garante, nella misura in cui la sua posizione sia stata aggravata dal garantito. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva escluso la violazione delle clausole di correttezza e buona fede sul mero assunto che la scelta dell'appaltante garantito di pagare all'appaltatore il saldo finale, nonostante la presenza di vizi ed a fronte dell'impegno all'eliminazione degli stessi, non fosse censurabile sotto il profilo della colpa - non essendo l'inadempimento ancora divenuto definitivo -, laddove avrebbe dovuto invece considerare - sul piano oggettivo - l'idoneità della condotta a salvaguardare l'interesse del garante ovvero ad aggravarne la posizione).
Cass. civ. n. 10103/2019
In tema di annullamento del contratto concluso in conflitto di interessi, nel caso di fideiussione prestata da una società in favore di un'altra, entrambe aventi il medesimo amministratore e facenti parte di uno stesso gruppo, l'autonomia soggettiva e patrimoniale delle singole società comporta che la strumentalità della fideiussione alla conservazione del valore della partecipazione della garante nel capitale della garantita non può ritenersi "in re ipsa", in ragione della detta partecipazione e della comune appartenenza al gruppo, ma va provata dal creditore che voglia giovarsi della garanzia, soprattutto quando vi siano fondati elementi - nella specie, la manifesta sproporzione dell'ammontare della fideiussione "omnibus" rispetto al capitale sociale della garante e l'operatività di questa in un settore diverso da quello specifico del gruppo - per ritenere che non vi è l'interesse strategico del gruppo a preservare il valore della partecipazione, bensì quello di privilegiare in via esclusiva la garantita, riducendo la garante ad un ruolo di mero asservimento.
Cass. civ. n. 22730/2019
Ove venga proposta domanda di corresponsione di una somma a titolo di indennità per miglioramenti sulla base degli artt. 192 c.c., 2033 c.c. e 936 c.c., il giudice non può qualificare l'azione ai sensi dell'art. 1150 c.c., giacché il riconoscimento del diritto ivi previsto postula l'allegazione e la prova del possesso del bene da parte del creditore. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva riqualificato la domanda di rimborso delle spese sopportate dal coniuge per la ristrutturazione dell'immobile in proprietà dell'altro coniuge, avanzata ai sensi degli artt. 192, 2033 e 936 c.c., in termini di azione ex art. 1150 c.c., sull'erroneo presupposto che l'attore avesse composseduto il bene ristrutturato per il solo fatto che lo stesso era stato adibito a casa familiare). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/11/2016).
Cass. civ. n. 3606/2018
L'obbligazione fideiussoria nella sua configurazione tipica ex art. 1936 c.c. nasce da un contratto risultante dalla proposta del fideiussore non rifiutata dal creditore, non richiedendo quindi per perfezionarsi l’accettazione espressa di quest'ultimo ai sensi dell’art. 1333 c.c., sicché l’eventuale conferma inviata dal creditore costituisce un elemento esecutivo del negozio già concluso.
Cass. civ. n. 30181/2018
A differenza del contratto di fideiussione, il quale garantisce l'adempimento della medesima obbligazione principale altrui, tutelando l'interesse all'esatto adempimento della relativa prestazione, il contratto autonomo di garanzia (cosiddetto "Garantievertrag") ha la funzione di tenere indenne, mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, avendo come causa concreta quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla detta mancata esecuzione.
Cass. civ. n. 9093/2018
L'art. 938 cod. civ., che consente al giudice di attribuire al proprietario della costruzione eseguita su una parte dell'altrui fondo attiguo la proprietà del terreno occupato, presuppone la convinzione del costruttore che la sua proprietà abbia confini diversi da quelli reali, a tal punto da ritenere che gli appartenga anche una porzione del terreno del proprio confinante; la buona fede di cui al quarto comma dell'art. 936 c.c., invece, è rappresentata dalla convinzione del costruttore di essere proprietario del fondo su cui realizza la costruzione e richiede la dimostrazione dell'esistenza di un titolo di proprietà, derivativo o originario.
Cass. civ. n. 24365/2018
L'edificazione da parte del conduttore di nuovi manufatti sul terreno locato non integra una ipotesi di accessione ai sensi dell'art. 936 c.c., ma deve essere qualificata come addizione ex art. 1593 c.c., atteso che la disciplina dell'art. 936 c.c. è applicabile esclusivamente quando l'autore delle nuove opere sia terzo, ossia non abbia con il proprietario del fondo alcun rapporto giuridico di natura reale o personale che lo legittimi a costruire sul suolo, a nulla rilevando che le addizioni apportate dal medesimo conduttore abbiano dato luogo ad un radicale mutamento della struttura del bene e della sua destinazione e che allo stesso non fosse stato concesso lo "ius aedificandi", trattandosi di circostanze che involgono l'operatività o meno della disciplina speciale delle addizioni di cui all'art. 1593 c.c. e non già l'affermazione della configurabilità della posizione del conduttore quale terzo.
Cass. civ. n. 16804/2018
In tema di corresponsione di una somma a titolo di miglioramenti, l'inquadramento della domanda nella fattispecie di cui all'art. 1150 c.c. o in quella di cui all'art. 936 c.c. è rimessa al potere-dovere di qualificazione del giudice di merito; ne discende che una volta proposta la domanda di conseguimento dell'indennità per i miglioramenti ai sensi della prima ipotesi, ben può lo stesso giudice, senza incorrere in una "mutatio libelli" non consentita, accogliere la domanda ai sensi della seconda. (In applicazione del principio, la S.C. ha corretto la motivazione della sentenza d'appello la quale, sebbene avesse correttamente affermato che la domanda ex art. 1150 c.c. presuppone la qualità di possessore e quella ex art. 936 c.c. la qualità di terzo, aveva erroneamente concluso che il giudice di primo grado avesse accolto una domanda diversa da quella originariamente proposta in fattispecie nella quale l'azione era stata esperita da due coniugi promissari acquirenti di un immobile detenuto per un certo tempo in vista della stipulazione del contratto definitivo di acquisto, mai concluso posto che il preliminare fu risolto per inadempimento dei medesimi promissari acquirenti).
Cass. civ. n. 14005/2017
In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, di cui all'art. 1490 c.c., qualora il venditore si impegni ad eliminare i vizi e l'impegno sia accettato dal compratore, sorge un'autonoma obbligazione di "facere", che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna e, quindi, non alterandone la disciplina. Ne consegue che, in tale ipotesi, anche considerato il divieto dei patti modificativi della prescrizione, sancito dall'art. 2936 c.c., l'originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo ed alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all'art. 1495 c.c., mentre l'ulteriore suo diritto all'eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione ordinaria decennale.
Cass. civ. n. 6973/2017
L'indennità dovuta, ai sensi dell'art. 936, comma 2, c.c., dal proprietario del suolo al terzo che ivi abbia realizzato opere e costruzioni con materiali propri costituisce debito di valore, mirando non solo a ricostituire il patrimonio dell’avente diritto, ma anche a ricompensarlo dei potenziali incrementi di valore non documentabili, sicché il giudice, nel liquidarla, è tenuto, anche di ufficio, a riconoscere, sulla corrispondente somma, gli interessi compensativi a far data dalla domanda.
Cass. civ. n. 14021/2017
Non può essere considerato terzo, avente diritto all'indennità di cui all'art. 936 (o 937) c.c., colui che abbia eseguito l'opera sul suolo altrui in adempimento di un contratto con persona diversa dal proprietario, atteso che egli entra in contatto con la cosa in via esclusivamente secondaria, a seguito o in ragione di un incarico conferitogli - non rileva a quale titolo - da diverso soggetto e si limita ad eseguire la sua volontà.
Cass. civ. n. 19270/2016
L'obbligazione fideiussoria, pur derivante da un contratto unilaterale, con obbligazioni a carico di una sola parte, ha natura contrattuale, sicché, ai fini dell'annullabilità per incapacità naturale, si applica l'art. 428, comma 2, c.c..
Cass. civ. n. 16825/2016
La deroga all'art. 1957 c.c. non può ritenersi implicita laddove sia inserita, all'interno del contratto di fideiussione, una clausola di "pagamento a prima richiesta", o altra equivalente, non solo perché la disposizione è espressione di un'esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall'esistenza di un vincolo di accessorietà tra l'obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente, ma anche perché una tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come "contratto autonomo di garanzia" o come "fideiussione", potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell'obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l'estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall'onere di proporre l'azione giudiziaria. Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento "a prima richiesta" incompatibile con l'applicazione dell'art. 1957 c.c., spetta al giudice di merito accertare la volontà in concreto manifestata dalle parti con la sua stipulazione.
Cass. civ. n. 12152/2016
In materia di contratto autonomo di garanzia, la previsione, nel testo contrattuale, della clausola "a prima richiesta e senza eccezioni" fa presumere l'assenza dell'accessorietà della garanzia, che, tuttavia, può derivarsi, in difetto, anche dal tenore dell'accordo (nella specie, in presenza di una clausola che fissava al garante il ristretto termine trenta giorni per provvedere al pagamento dietro richiesta del creditore, insufficiente per l'effettiva opposizione delle eccezioni, e, al contempo, escludeva la possibilità per il debitore principale di eccepire alcunché al garante in merito al pagamento stesso.
Cass. civ. n. 1237/2016
In tema di accessione, ove l'esecuzione delle opere con materiali propri su suolo altrui configuri illecito penale, il terzo non ha diritto all'indennizzo ex art. 936 c.c., salvo che il manufatto sia oggetto di regolarizzazione urbanistica mediante concessione in sanatoria, giacché questa restituisce l'immobile ad uno stato di conformità al diritto, escludendo la sua futura demolizione.
Cass. civ. n. 16213/2015
Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza rispetto alla fideiussione per l'assenza dell'accessorietà della garanzia, derivante dall'esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all'art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest'ultimo.
Cass. civ. n. 15031/2015
Il possesso di buona fede del bene trasferito alla parte acquirente di una compravendita viene meno qualora, nel corso di un giudizio di risoluzione di tale contratto, il venditore diffidi il medesimo compratore a non eseguire lavori edili sul terreno oggetto di alienazione, dovendosi, pertanto, negare, per le opere fatte dopo tale momento, la buona fede del costruttore, agli effetti dell'art. 936, comma 4, c.c., stante la consapevolezza di questi che l'accoglimento della domanda di risoluzione avrebbe determinato l'effetto di dover restituire la cosa acquistata nella situazione in cui essa si trovava all'epoca della vendita.
Cass. civ. n. 24113/2015
La rinuncia alla prescrizione, integrando un'eccezione in senso lato, può essere rilevata anche d'ufficio, purché i fatti su cui essa fonda, anche se non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo.
Cass. civ. n. 26158/2014
Il creditore che escute una polizza fideiussoria é tenuto a provare i presupposti per l'operatività della garanzia ancorché sia stato convenuto in un giudizio di accertamento negativo, poiché, ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., l'onere di provare i fatti costitutivi di un diritto grava sempre su colui che se ne afferma titolare ed intenda farlo valere.
Cass. civ. n. 15108/2013
Al fine della qualificazione del contratto autonomo di garanzia, l'esclusione della legittimazione del debitore principale a chiedere che il garante opponga al garantito le eccezioni scaturenti dal rapporto principale e la rinuncia ad opporre eccezioni da parte del garante che, dopo il pagamento, abbia agito in regresso, costituiscono indici di una deroga alla normale accessorietà della garanzia fideiussoria, nella quale invece il garante ha l'onere di preavvisare il debitore principale della richiesta di pagamento del creditore, ai sensi dell'art. 1952, secondo comma, c.c., all'evidente scopo di porre il debitore in condizione di opporsi al pagamento, qualora esistano eccezioni da far valere nei confronti del creditore. (Nella specie, la Corte ha ritenuto congrua e rispettosa dei criteri di ermeneutica la motivazione della decisione della corte territoriale, che, in mancanza nel contratto di espresso richiamo alla disciplina tipica della fideiussione, l'aveva qualificato come contratto autonomo di garanzia).
Cass. civ. n. 9052/2012
L'art. 936, ultimo comma, c.c., il quale prevede che il proprietario del suolo, su cui un terzo abbia realizzato un'opera, non può più domandarne la rimozione trascorsi sei mesi dalla notizia dell'incorporazione, trova applicazione esclusivamente nell'ambito della particolare disciplina dell'accessione, nel senso che lo stesso proprietario, privato della scelta fra ritenzione e rimozione della costruzione, resta obbligato al pagamento del valore dei materiali e del prezzo della mano d'opera (oppure dell'aumento del valore del fondo), ma non interferisce sulla facoltà del proprietario medesimo di agire in rivendicazione, al fine di recuperare la porzione del bene della quale sia stato spossessato con l'esecuzione di quell'opera, e, quindi, di conseguirne la demolizione (fermo restando il suddetto obbligo di pagamento).
Cass. civ. n. 4148/2012
In tema di accessione, è terzo, ai sensi dell'art. 936 c.c., il soggetto che abbia eseguito l'opera senza essere vincolato al proprietario del fondo da alcun rapporto contrattuale, che gli consentisse di costruire sul suolo. Tale è pertanto anche l'Amministrazione che abbia occupato in via d'urgenza, con atto di imperio, un terreno e vi abbia realizzato una costruzione, successivamente riconsegnati al proprietario del suolo per il venir meno delle esigenze che avevano reso necessario il provvedimento di occupazione.
Cass. civ. n. 1378/2012
La disciplina dell'accessione di cui all'art. 936 c.c. è applicabile esclusivamente quando le opere siano state realizzate da un soggetto che non abbia con il proprietario del fondo nessun rapporto giuridico, di natura reale o personale, che gli conferisca la facoltà di costruire sul suolo, mirando la norma a regolare la ricaduta patrimoniale di un'attività di costruzione su suolo altrui che coinvolga soggetti fra loro terzi; tale requisito non sussiste, invece, quando l'attività costruttiva esprima non già l'esercizio di un diritto, bensì l'adempimento di un'obbligazione - nella specie, assunta dall'acquirente di un'area edificabile ceduta ad un prezzo simbolico, con il vincolo, però, di erigervi un impianto industriale - il cui mancato assolvimento, determinando la conseguente risoluzione, implica l'insorgenza di un obbligo restitutorio, ai sensi dell'art. 1458 c.c., da soddisfare in natura, ove possibile, o per equivalente monetario, così da attuare il ripristino delle posizioni economiche rispettive, che vanno ricondotte tendenzialmente alla situazione preesistente alla stipula del contratto.
Cass. civ. n. 26853/2011
Nessun indennizzo può essere preteso, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1150 e 936 c.c., dal terzo possessore che, sul fondo altrui, abbia costruito un'opera in violazione della normativa edilizia, commettendo i reati previsti e puniti dagli artt. 31 e 41 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e 10 e 13 della legge 6 agosto 1967, n. 765, essenzialmente perché quell'indennizzo sarebbe in contrasto con i principi generali dell'ordinamento ed in particolare con la funzione dell'amministrazione della giustizia, in quanto l'agente verrebbe a conseguire indirettamente, ma pur sempre per via giudiziaria, quel vantaggio che si era ripromesso di ottenere nel porre in essere l'attività penalmente illecita e che, in via diretta, gli è precluso dagli artt. 1346 e 1418 c.c..
Cass. civ. n. 17895/2011
Il termine di sei mesi, trascorso il quale, il proprietario del suolo non può, a norma dell'art 936, quinto comma, c.c., chiedere al terzo la rimozione delle costruzioni da questi eseguite con materiali propri sul detto fondo, integra un termine di decadenza disposto in materia non sottratta alla disponibilità delle parti. Pertanto, il decorso di questo termine non può essere rilevato dal giudice d'ufficio, ma deve essere eccepito dall'interessato mediante conclusioni specifiche, formulate in modo chiaro ed univoco.
Cass. civ. n. 5420/2011
In tema di accessione, a norma dell'art. 936, secondo comma, c.c., ove il proprietario eserciti il diritto di ritenzione delle opere fatte dal terzo sul fondo, sorge automaticamente, a suo carico, l'obbligo di pagamento della relativa indennità, e ciò indipendentemente dalla prova degli esborsi per eventuali miglioramenti.