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Articolo 14 Codice di procedura civile — Cause relative a somme di danaro e a beni mobili

Articolo 14 Codice di procedura civile — Cause relative a somme di danaro e a beni mobili

Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili [ 812 c.c. ], il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di competenza del giudice adito.

Il convenuto può contestare, ma soltanto nella prima difesa [ art. 38 del c.p.c.art. 167 del c.p.c. c.p.c. ], il valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il giudice decide, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione.

Se il convenuto non contesta il valore dichiarato o presunto, questo rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 16318/2011

In una causa nella quale l’attore indica con precisione l’ammontare del suo credito e chiede che quell’ammontare gli sia attribuito dal giudice, la formula che nel gergo forense si suole aggiungere “o quell’altra maggiore o minore somma che risulterà in corso di causa” ha natura di un clausola di stile ed è inidonea ad influire sulla determinazione della competenza per valore, sicché quest’ultima resta delimitata dalla somma specificata, non potendo la controversia essere considerata di valore indeterminabile.

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Cass. civ. n. 17457/2007

L’art. 14, primo comma, c.p.c. distingue fra le cause relative a somme di denaro per le quali il valore si determina in base alla somma «indicata» e le cause relative a beni mobili per le quali esso si determina in base al valore «dichiarato» dall’attore, e soggiunge che solo in mancanza di indicazione o di dichiarazione la causa si presume di Competenza del giudice adito. Pertanto, quando il secondo comma attribuisce al convenuto la facoltà di contestare nella prima udienza il valore dichiarato o presunto e precisa che in tal caso il giudice decide ex actis la possibilità di contestazione deve ritenersi riferita soltanto alle due ipotesi espressamente considerate dalle norme, vale a dire alla dichiarazione o alla presunzione, e non anche a quella della indicazione, rimasta estranea alla previsione legislativa.

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Cass. civ. n. 1752/2005

Ove l’attore abbia quantificato la pretesa risarcitoria in un importo determinato, così ponendo un preciso limite all’ammontare del quantum richiesto, incorre in ultrapetizione il giudice che condanni il convenuto al pagamento di una somma maggiore di quella risultante dalla quantificazione operata dall’istante. (Fattispecie relativa alla liquidazione di una somma maggiore a quella richiesta per danno da diminuzione della capacità lavorativa sotto il profilo della diminuzione di chances).

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Cass. civ. n. 10981/2003

Ai sensi dell’art. 14, primo comma, c.p.c., qualora con un ricorso per decreto ingiuntivo proposto dinanzi al pretore venga proposta una domanda di pagamento dei canoni di leasing scaduti e al contempo la domanda di riconsegna di determinati beni mobili, tale seconda domanda deve presumersi di valore pari al limite massimo di competenza del giudice adito; dovendosi effettuare, ai sensi dell’art. 10, comma secondo c.p.c., il cumulo tra detta domanda e quella di pagamento dei canoni, ne consegue l’incompetenza per valore del giudice adito.

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Cass. civ. n. 5679/2001

In caso di omessa espressa indicazione, da parte dell’attore, della somma richiesta con la domanda di risarcimento dei danni, la possibilità di contestare la presunzione prevista dal comma primo dell’art. 14 c.p.c. non può limitarsi alla formulazione da parte del convenuto di obiezioni generiche o immotivate, ma occorre una specifica impugnativa diretta a dimostrare che il valore del petitum non rientra nella competenza del giudice adito.

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Cass. civ. n. 3398/2001

In tema di competenza per valore, qualora l’attore non abbia indicato espressamente la somma richiesta a titolo risarcitorio, agli effetti di una valida contestazione della presunzione che il valore della causa rientri nei limiti della competenza del giudice adito ex art. 14 c.p.c. non è sufficiente, da parte del convenuto, la mera eccezione di incompetenza del giudice adito o la formulazione di obiezioni generiche od immotivate, ma occorre una specifica impugnativa diretta a dimostrare che il valore del petitum non rientra nella competenza del giudice adito, non limitata pertanto alla contestazione del controvalore monetario di solo alcune tra le varie voci di danno di cui l’attore abbia chiesto il ristoro mediante l’attribuzione di un’unica somma complessiva indeterminata, poiché in questo caso manca quella simmetria delle contrapposte valutazioni che ne consente la delibazione, ai soli fini della competenza, da parte del giudice.

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Cass. civ. n. 4589/2000

Nel caso in cui nello stesso processo e contro la medesima persona siano proposte più domande, ciascuna di valore indeterminato, la dichiarazione dell’istante di volerle mantenere nei limiti della competenza del giudice adito esclude la competenza del giudice superiore, in deroga alla presunzione ricavabile dall’art. 14 c.p.c. (per la quale ciascuna domanda dovrebbe ritenersi pari al limite massimo di competenza del giudice adito, onde tutte insieme, sommate a norma dell’art. 10 c.p.c., dovrebbero superare tale limite), giacché la suddetta dichiarazione comporta la proporzionale riduzione dei petita inerenti alle domande di valore indeterminato.

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Cass. civ. n. 4700/1999

La domanda di rilascio di un immobile che si assume occupato “sine titulo” si risolve in caso di mancata contestazione da parte del convenuto del diritto dominicale dell’attore, in una azione personale di risarcimento del danno in forma specifica comunque implicante un bene immobile, onde, allorché dagli atti non risulti il reddito dominicale o la rendita catastale, opera la presunzione di competenza del giudice adito, per cui grava sul convenuto che eccepisce l’incompetenza per valore provare i dati su cui fonda l’eccezione, in modo da consentire al giudice di accertare il valore della causa secondo i parametri indicati dall’art. 15 c.p.c. o che questa, non risultando dagli atti altri elementi di valutazione, deve considerarsi di valore indeterminabile.

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Cass. civ. n. 12187/1998

In caso di domanda di risarcimento dei danni da circolazione stradale proposta davanti al giudice di pace, qualora l’attore in sede di atto introduttivo del giudizio e di precisazione delle conclusioni abbia chiesto la condanna del convenuto al risarcimento dei danni patiti «da determinare e liquidare nei limiti della competenza del giudice adito, ovvero in quella diversa somma superiore o inferiore ritenuta di giustizia», il valore della causa, in forza del principio stabilito dall’art. 14 c.p.c., si deve presumere, in difetto di tempestiva contestazione, nei limiti della competenza del giudice adito e, quindi, atteso lo specifico petitum, pari a lire 30 milioni, con la conseguenza che la sentenza emessa dal giudice di pace è impugnabile, per il combinato disposto degli artt. 113 (come sostituito dall’art. 21 della legge 21 novembre 1991, n. 374), 339, 341, 360 c.p.c., con l’appello e non con il ricorso per cassazione, che se proposto deve essere dichiarato inammissibile.

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Cass. civ. n. 13006/1997

Al fine di stabilire la competenza per valore del giudice adito (art. 14 c.p.c.) in sede monitoria, la rivalutazione monetaria, per sua natura determinabile, concessa fino alla data del deposito del ricorso a titolo di «danni anteriori» – nella specie in base agli indici Istat – si cumula, ai sensi dell’art. 10, secondo comma, c.p.c., con il capitale e gli interessi.

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Cass. civ. n. 5815/1996

La disposizione dell’art. 14, secondo comma, c.p.c. — la quale, in ipotesi di contestazione proposta dal convenuto circa il valore della domanda, come dichiarato o presunto ai sensi del primo comma dello stesso art. 14, consente al giudice di decidere al riguardo ai soli fini della competenza — opera esclusivamente nei casi di controversie aventi ad oggetto cose mobili diverse dal denaro, mentre nessuna utile contestazione è ammessa relativamente alle cause aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, dovendo in queste tenersi unicamente conto della somma indicata dalla parte con specificazione numerica ovvero con parametri di riferimento. Pertanto, qualora la domanda di pagamento di somma di denaro sia proposta a titolo di risarcimento del danno e vengano indicate distinte componenti di questo, una delle quali indeterminata, deve ritenersi che la somma richiesta, ancorché parzialmente indicata, sia stata contenuta dall’attore, tanto nel limite minimo quanto in quello massimo, nella competenza per valore del giudice adito (nella specie, pretore).

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Cass. civ. n. 3702/1995

La domanda di risarcimento del danno non precisata nel quantum deve presumersi, ai sensi dell’art. 14 c.p.c., di valore eguale al limite massimo della competenza del giudice adito, sicché il cumulo di detta domanda con altra ex art. 10 c.p.c. comporta il superamento della competenza per valore di detto giudice.

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Cass. civ. n. 4319/1986

Quando nel procedimento davanti al pretore siano proposte contro la medesima persona più domande aventi per oggetto beni mobili o una domanda relativa a beni mobili e l’altra di natura reale, la mancata indicazione o dichiarazione del valore per una o più delle domande mobiliari, implica, a norma dell’art. 14 primo comma c.p.c., che ciascuna domanda mobiliare deve presumersi di valore uguale al limite massimo della competenza del giudice adito, con la conseguenza che, per effetto del cumulo previsto dall’art. 10 secondo comma c.p.c., l’intera controversia resta devoluta al giudice superiore, salvo che l’attore, fin dalla citazione introduttiva del giudizio, non abbia dichiarato di volere contenere il petitum nei limiti della competenza per valore del giudice adito.

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Cass. civ. n. 4840/1984

Ai fini della determinazione della competenza per valore, la domanda di risarcimento realizza una pretesa autonoma e distinta da quella di rimozione della causa di danno. Ne consegue, da un lato, la configurabilità del cumulo fra le due domande anzidette e, dall’altro, l’inapplicabilità alle medesime del principio stabilito dall’ultimo comma dell’art. 14 c.p.c., circa la indiscutibilità del valore dichiarato o presunto che non sia stato contestato dal convenuto nella prima difesa, poiché tale principio si riferisce alla singola domanda in sé e per sé considerata e non preclude al giudice, nell’ipotesi di più domande cumulabili ex art. 10 c.p.c., di rilevare di ufficio, in ogni momento del giudizio di primo grado, la propria incompetenza per valore ove dal cumulo risulti superato il limite massimo della competenza attribuitagli.

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Cass. civ. n. 5556/1983

Il principio che la domanda di risarcimento dei danni non determinati nell’ammontare deve ritenersi proposta, in conseguenza della presunzione posta dal primo comma dell’art. 14 c.p.c. per una somma pari al limite massimo della competenza del giudice adito, non trova applicazione nel caso in cui l’attore abbia dichiarato espressamente di contenere la domanda risarcitoria indeterminata (cumulativa con altra di valore determinato) nei limiti di quella competenza, poiché, in tale ipotesi, il valore della prima domanda (risarcitoria) viene ad essere rappresentato dalla differenza tra il valore della seconda domanda ed il limite massimo della competenza di detto giudice.

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Cass. civ. n. 3785/1981

La determinazione della competenza per valore ex art. 14 c.p.c. va effettuata unicamente alla stregua degli elementi esistenti negli atti al momento in cui il convenuto ha proposto l’eccezione di incompetenza, ossia solo con riferimento alla situazione di fatto indicata dalla norma citata e con riguardo all’effettivo oggetto del giudizio, quale risulta individuato e delimitato dalla domanda originaria, prescindendo, quindi, da ogni ulteriore indagine. Qualora siano proposte innanzi al pretore due domande, dirette rispettivamente all’esecuzione di un facere ed al pagamento di una somma di danaro, senza dichiarazione del valore per la prima ed indicazione della somma per la seconda, ciascuna di esse — salva la dichiarazione dell’attore di contenimento del loro complessivo petitum nei limiti della competenza del pretore adito — deve presumersi, ai sensi dell’art. 14, primo comma, c.p.c., di valore uguale al limite massimo della competenza del giudice adito, con la conseguenza che, per effetto del cumulo ex art. 10, secondo comma, dello stesso codice, la cognizione di tutte le domande è devoluta al tribunale.

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