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Articolo 167 Codice di procedura civile — Comparsa di risposta

Articolo 167 Codice di procedura civile — Comparsa di risposta

Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni.

A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio . Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione.

Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 30545/2017

Le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotta dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti. (Nella specie, relativa a giudizio di responsabilità aquiliana per lesioni conseguenti a caduta su marciapiede, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva ritenuto tardiva la contestazione, sollevata per la prima volta in detta fase dal condominio convenuto, sulla titolarità del diritto di proprietà del marciapiede teatro del sinistro).

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Cass. civ. n. 22701/2017

Il convenuto, ai sensi dell’art. 167, comma 1, c.p.c., deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata a una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, ivi inclusa l’interpretazione delle clausole contrattuali, sulla cui valenza deve tempestivamente, integralmente ed irretrattabilmente esprimersi; sicché, se nulla abbia eccepito in relazione al significato di una determinata clausola ovvero, come nella specie, abbia concordato con la controparte sul suo significato, tale interpretazione deve considerarsi come pacifica, esonerando l’attore da qualsiasi prova al riguardo e rendendo inammissibile la contestazione successiva.

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Cass. civ. n. 18963/2017

La mancata indicazione, nella comparsa di costituzione e risposta, della persona fisica che ha la rappresentanza in giudizio della persona giuridica convenuta (nella specie, liquidatore di una società) non ne determina la nullità quando la qualità del soggetto che si costituisce sia specificata nell’epigrafe dell’atto e ivi sia richiamata la procura alle liti, dalla quale risulti identificata la persona fisica che l’ha rilasciata, anche quanto alla carica all’epoca ricoperta.

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Cass. civ. n. 8814/2015

L’inammissibilità della domanda riconvenzionale che non comporti spostamento di competenza non è rilevabile d’ufficio, ma solo su tempestiva eccezione della parte riconvenuta.

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Cass. civ. n. 1064/2014

In tema di prescrizione estintiva, l’elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell’effetto ad essa ricollegato dall’ordinamento, mentre la determinazione della durata di questa configura una “quaestio iuris” sulla identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale applicabile, che, previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione, compete al giudice con la conseguenza che non incorre in preclusioni la parte che, proposta originariamente una prescrizione quinquennale (nella specie, in materia di diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione di direttiva comunitaria a favore dei medici specializzandi), invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa.

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Cass. civ. n. 992/2014

L’eccezione di “compensatio lucri cum damno” è finalizzata ad accertare se il danneggiato abbia conseguito un vantaggio in conseguenza dell’illecito, del quale tener conto ai fini della liquidazione del risarcimento, e non mira, invece, a verificare l’esistenza di contrapposti crediti. Ne consegue che la relativa deduzione non integra una eccezione in senso stretto e non è soggetta alle relative preclusioni.

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Cass. civ. n. 28464/2013

La violazione delle norme sulla notificazione della citazione e la inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto costituiscono eccezioni “de iure tertii”, che non possono essere sollevate da altro convenuto, potendo essere fatte valere soltanto dalla parte direttamente interessata. (Nella specie, i ricorrenti incidentali lamentavano che l’atto di appello non fosse stato notificato personalmente a talune delle parti, minorenni all’atto dell’instaurazione del giudizio di primo grado, ma divenute maggiorenni nel corso del suo svolgimento; la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha escluso che i suddetti ricorrenti fossero legittimati a far valere tale vizio non vertendosi in ipotesi di litisconsorzio necessario).

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Cass. civ. n. 26859/2013

Nel processo di cognizione, l’onere previsto dall’art. 167, primo comma, cod. proc. civ., di proporre nella comparsa di risposta tutte le difese e di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, comporta che, esaurita la fase della trattazione, non è più consentito al convenuto, per il principio di preclusione in senso causale, di rendere controverso un fatto non contestato, né attraverso la revoca espressa della non contestazione, né deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte. Ne consegue che, in grado di appello, non è ammessa la contestazione della titolarità passiva del fatto controverso che debba aversi per non contestata nel giudizio di primo grado.

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Cass. civ. n. 18195/2012

La transazione novativa conclusa nelle more del giudizio non costituisce un’eccezione in senso stretto, perché introduce una questione processuale idonea a chiudere la lite, dichiarando la cessazione della materia del contendere sulla base di un fatto che non attiene al merito della controversia, e, dunque, non soggiace alle regole ed alle preclusioni che governano, nei vari gradi di giudizio, l’allegazione delle circostanze che ad esso si riferiscono.

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Cass. civ. n. 6926/2012

La domanda di risoluzione del contratto non può ritenersi implicitamente contenuta nella richiesta, formulata dalla parte convenuta per l’adempimento del contratto, di rigetto della domanda attorea e di condanna della controparte al risarcimento del danno.

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Cass. civ. n. 10860/2011

L’onere di specifica contestazione, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 167 c.p.c., deve essere inteso nel senso che, qualora i fatti costitutivi del diritto azionato (nella specie, di riscatto agrario) siano individuati dalla legge, il convenuto ha l’onere di contestarli specificamente e non, genericamente, con una clausola di stile, per evitare che gli stessi siano ritenuti incontestati; solo in presenza di tale condizione, l’attore ha l’onere di provarli, restando così assicurato il principio del contradditorio.

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Cass. civ. n. 24856/2010

La parte convenuta, non costituita, nel rapporto processuale originario con l’attore, non è decaduta dalla facoltà di dedurre mezzi istruttori riguardanti la domanda riconvenzionale proposta nei suoi confronti da un convenuto costituito, prima della notificazione della domanda riconvenzionale contro di essa rivolta e della valida instaurazione del rapporto processuale.

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Cass. civ. n. 18207/2010

La questione relativa alla titolarità passiva del rapporto controverso, che attiene al merito della lite, non costituisce un’eccezione in senso stretto – soggetta, come tale, al regime decadenziale sancito, nel sistema processuale di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353, dall’art. 180, secondo comma, c.p.c. e, a seguito delle modifiche recate dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, dall’art. 167 c.p.c. – bensì, involgendo la contestazione di un fatto costitutivo del diritto azionato, integra una mera difesa, sottoposta agli oneri deduttivi e probatori della parte interessata e, segnatamente, ove con essa si introducano nuovi temi di indagine, alle preclusioni connesse alla esatta identificazione del “thema decidendum” e del “thema probandum”, con l’ulteriore conseguenza che l’esclusione dal “thema decidendum” dei fatti tardivamente contestati (e la loro conseguente inopponibilità nelle fasi successive del processo) si verifica solo allorché il giudice non sia in grado, in concreto, di accertarne l’esistenza o l’inesistenza, “ex officio”, in base alle risultanze ritualmente acquisite.

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Cass. civ. n. 12832/2009

A differenza del difetto di legittimazione passiva – rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, salvo il limite del giudicato eventualmente formatosi – l’effettiva titolarità attiva del rapporto giuridico attiene al merito della controversia e il suo difetto, non rilevabile d’ufficio dal giudice, è rimesso al potere dispositivo delle parti, le quali sono tenute a dedurlo nei tempi e modi previsti per le eccezioni di parte; ne consegue che, nel giudizio di risarcimento dei danni, l’eccezione relativa alla titolarità del diritto di comproprietà del bene danneggiato deve essere sollevata – nella vigenza del sistema novellato dalla legge n. 353 del 1990, “ratione temporis” applicabile – nel termine assegnato dal giudice per la proposizione, da parte del convenuto, delle eccezioni non rilevabili d’ufficio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto tardiva, e quindi inammissibile, la menzionata eccezione, sollevata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado e poi ribadita in appello).

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Cass. civ. n. 5356/2009

L’art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti.

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Cass. civ. n. 4381/2009

L’onere di provare la qualità di erede, gravante sul soggetto che agisce in giudizio in tale qualità, viene meno quando la controparte abbia tardivamente sollevato eccezioni in proposito, dopo avere accettato il contraddittorio senza alcuna contestazione al riguardo.

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Cass. civ. n. 15707/2008

a formulazione delle conclusioni richiesta dall’art. 167 c.p.c., pur integrando un elemento costitutivo della comparsa di risposta, non implica che il loro difetto sia di per sé causa di nullità dell’atto ove, dal tenore complessivo dello stesso, non risultino genericità o imprecisioni, e dunque sia raggiunto il suo scopo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto ritualmente sollevata nella comparsa di risposta l’eccezione di prescrizione del diritto azionato, benché la stessa non fosse riportata nelle conclusioni dell’atto, ma solo nella narrativa ).

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Cass. civ. n. 13079/2008

Nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto si connoti per la concomitante ricorrenza di più circostanze, occorre che la contestazione del convenuto esplicitamente si appunti su una o più caratteristiche del fatto costitutivo complesso, essendo altrimenti priva della specificità necessaria a radicare, per un verso, l’onere dell’altra parte di offrire la prova, e, per altro verso, il dovere del giudice di procedere ad uno specifico esame. (Nella specie, rilevato che la qualità di affittuario coltivatore diretto di cui all’art. 6 della legge n. 203 del 1982 richiede sia la coltivazione del fondo col lavoro proprio e della propria famiglia sia che la forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, la S.C. ha ritenuto che, a fronte dell’affermazione di chi si dichiari coltivatore diretto, rappresentando anche di essere iscritto alla relativa confederazione e di aver sempre coltivato la terra, l’affermazione del convenuto che l’attore ha l’onere di provare la sua qualità di coltivatore diretto non equivale a contestazione del fatto, risolvendosi nel generico richiamo della regola di cui all’art. 2697 c.c., inidoneo ad integrare la contestazione imposta dall’art. 167 c.p.c., nella lettura ermeneutica datane dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 761 del 2002 ).

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Cass. civ. n. 11657/2008

In applicazione degli artt. 38, secondo comma, 166, 171, secondo comma e 167, secondo comma, c.p.c. (quest’ultimo nel testo vigente a decorrere dal 22 giugno 1995 e fino all’entrata in vigore, in data 1 marzo 2006, delle modifiche introdotte con il decreto legge n. 35 del 14 marzo 2005, conv. con mod. nella legge 14 maggio 2005, n. 80 ), l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile è formulata tempestivamente nella comparsa di costituzione, anche se essa è depositata con la costituzione del convenuto «fino alla prima udienza » mentre, successivamente alla entrata in vigore del D.L. n. 35 del 2005, l’eccezione è tempestivamente proposta soltanto se contenuta nella comparsa di risposta depositata almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione. (Principio enunciato dalle S.U. ai sensi dell’art. 363 c.p.c. nell’ambito di una pronuncia di inammissibilità del ricorso ).

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Cass. civ. n. 12231/2007

L’onere di specifica contestazione, introdotto, per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge n. 353 del 1990, dall’art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, comporta che i suddetti fatti, qualora non siano contestati dal convenuto, debbono essere considerati incontroversi e non richiedenti una specifica dimostrazione. (Nella specie, relativa ad azione di un Comune per il recupero di spese effettuate in luogo di un privato inadempiente ad ordine dell’autorità, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto non controverso l’importo richiesto dall’ente, poiché la contestazione della parte aveva riguardato soltanto la liquidità ed esigibilità del credito, mentre solo in comparsa conclusionale in grado di appello era stato dedotto che la fattura prodotta non costituiva prova sufficiente della spesa sostenuta).

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Cass. civ. n. 10182/2007

La non contestazione della domanda scaturisce dalla non negazione del fatto, fondata sulla volontà della parte, intesa come oggettivo aspetto dell’atto. Deve essere pertanto inequivocabile, di talchè non può ravvisarsi né in caso di contumacia del convenuto, né in ipotesi di contestazione meramente generica e formale, la quale tuttavia costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice di merito. L’accertamento della sussistenza di una (pur generica) contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile solo per vizio di motivazione. (Fattispecie relativa alla richiesta del compenso per prestazioni relative a più rapporti di lavoro successivi).

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Cass. civ. n. 4901/2007

L’art. 167, secondo comma, c.p.c., nel testo introdotto, a far data dal 30 aprile 1995, dall’art. 11 della legge n. 353 del 1990, sanziona con la decadenza l’inosservanza dell’onere di proporre la domanda riconvenzionale con la comparsa di costituzione, e, nel regime delle preclusioni dettato dalla novella per il procedimento ordinario, ispirato alla ratio di garantire la celerità e la concentrazione dei procedimenti civili, la relativa violazione va considerata pregiudizievole non di un mero interesse privato, ma dell’interesse pubblico a scongiurare il protrarsi dei tempi processuali, e come tale è rilevabile d’ufficio dal giudice anche in sede di impugnazione, a meno che sulla tempestività della proposizione della domanda non si sia formato un giudicato anche implicito.

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Cass. civ. n. 10031/2004

L’art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti. (Nella specie, relativa ad azione risarcitoria a seguito di diffamazione, il giudice d’appello, con la sentenza cassata dalla S.C., aveva negato che vi fosse in atti la prova che una lettera di contenuto diffamatorio fosse stata consegnata anche ad un secondo destinatario, sebbene l’attore nell’atto di citazione avesse affermato di averla consegnata a questi, chiedendo l’ammissione di prove orali sul punto, e la circostanza non fosse stata oggetto di contestazione nel corso del primo grado di giudizio).

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Cass. civ. n. 6936/2004

L’art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti. Tuttavia, in tanto può porsi il problema della contestazione del fatto ed assumere rilievo la non contestazione — quale indice, in positivo e di per sé, di una linea difensiva incompatibile con la negazione del fatto — in quanto l’allegazione del fatto, con tutti gli elementi costituenti il suo contenuto variabile e complesso, risulti connotata da precisione e specificità, tali da renderla conforme al modello postulato dalla regola legale o contrattuale per l’attribuzione del diritto; altrimenti, il fatto resta, per ciò stesso, estraneo al potere-dovere di contestazione, atteso il collegamento con quello di allegazione (di cui costituisce riflesso processuale) posto dal citato art. 167 c.p.c., e la sua omessa deduzione (nella estensione dovuta) lo restituisce interamente al thema probandum come disciplinato dall’art. 2697 c.c.

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Cass. civ. n. 16066/2002

Nel giudizio di divorzio l’attribuzione dell’assegno divorzile è subordinata, alla domanda di parte, la quale va conseguentemente formulata — conformemente ai principi della domanda e del contraddittorio — nel rispetto degli istituti processuali che ne sono l’espressione, ivi compresi quelli relativi ai modi e tempi della proposizione delle domande riconvenzionali, di tal che, maturata eventualmente la decadenza prevista dall’art. 167 c.p.c. il convenuto non può più proporre la relativa domanda nel giudizio.

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Cass. civ. n. 4704/2001

L’interruzione della prescrizione — che costituisce una controeccezione all’eccezione di prescrizione in tutto assimilabile alle eccezioni in senso stretto al cui regime processuale soggiace — deve essere proposta dalla parte in modo chiaro e inequivocamente diretto a minifestare l’intento di contrastare l’eccezione avversaria. Ne consegue che non è possibile attribuire effetti ostativi dell’operatività della prescrizione alla mera produzione di documenti pure se idonei a fornire la prova dell’avvenuta interruzione.

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Cass. civ. n. 15941/2000

La mancata proposizione da parte del convenuto, nella comparsa di risposta, della domanda riconvenzionale in via gradata rispetto alla eccezione di incompetenza del giudice adito per essere la controversia devoluta agli arbitri non comporta la decadenza del convenuto stesso dal diritto di proporre l’eccezione di compromesso, poiché, pur dovendo quest’ultima, per il suo carattere relativo e derogabile, essere dedotta in limine litis, tuttavia, in virtù dell’unità inscindibile dell’atto difensivo, il fatto che una domanda o un’eccezione venga proposta prima o dopo di un’altra non assume alcuna rilevanza ove sia comunque possibile desumere, con un semplice procedimento logico, la gradualità delle richieste formulate.

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Cass. civ. n. 11410/1998

La comparsa di risposta non sottoscritta dal difensore, mancando la certezza della sua provenienza, è nulla, essendo l’atto privo di un requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo. Tuttavia, allorquando la parte convenuta non si sia limitata a depositare in cancelleria una comparsa priva della sottoscrizione del difensore, ma abbia partecipato attivamente al giudizio senza che siano sorte contestazioni in ordine all’individuazione del procuratore costituito, la nullità non può essere pronunciata, ostandovi la sanatoria generale che il terzo comma dell’art. 157 c.p.c. fa derivare dal raggiungimento dello scopo dell’atto viziato.

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Cass. civ. n. 4965/1998

Ai sensi dell’art. 167 c.p.c., così come introdotto dall’art. 3 del D.L. 21 giugno 1995, n. 238, reiterato e convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534, coordinato con il secondo comma dell’art. 171 c.p.c., il convenuto che non si costituisce nel termine assegnatogli dall’art. 166 c.p.c. — e cioè, salva l’abbreviazione dei termini, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione — ma tardivamente, decade dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali, ma non le eccezioni — diversamente invece dalla formulazione dell’art. 11 legge 26 novembre 1990, n. 353, applicabile soltanto dal 30 aprile al 21 giugno 1995, in base alla quale il convenuto che si costituiva tardivamente decadeva altresì dalle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, e perciò il giudice deve esaminare la questione di competenza territoriale semplice, ancorché rilevata in comparsa di risposta dal convenuto tardivamente costituitosi.

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Cass. civ. n. 7592/1995

Il convenuto che si costituisce tardivamente in corso di giudizio non può proporre domanda riconvenzionale perché questa, anche quando è collegata alla causa petendi della domanda dell’attore, contiene, comunque, un nuovo petitum ed introduce, quindi, una domanda nuova soggetta alle preclusioni degli artt. 183-184 c.p.c. al generale principio che consente di proporre più domande solo entro il limite della tempestiva costituzione in giudizio.

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Cass. civ. n. 3116/1990

Le domande riconvenzionali — anche se tardivamente proposte (nella specie, in sede di precisazione dalle conclusioni), anziché con la comparsa di risposta, come richiede l’art. 167 c.p.c. — sono tuttavia ammissibili qualora la controparte non ne eccepisca immediatamente la tardività ed anzi accetti il contraddittorio su di esse, atteso che, il divieto di mutamento della domanda in primo grado, cui va ricondotto anche quello di tardiva proposizione della riconvenzionale, risponde ad un interesse privato onde la sua violazione non è rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione di parte, ed ove questa non abbia viceversa accettato il contraddittorio al riguardo, con la conseguenza che così la detta domanda rimane acquisita al processo ed il giudice ha l’obbligo di pronunciarsi su di essa.

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Cass. civ. n. 7924/1987

La compensazione, comportando un ampliamento della controversia, può assumere o il carattere di una eccezione riconvenzionale proponibile anche in un momento successivo a quello della presentazione della comparsa di risposta nel giudizio di primo grado qualora la deduzione di un controcredito abbia il solo scopo di paralizzare la pretesa avversaria, ovvero la natura di domanda riconvenzionale, allorché tenda ad un fine più ampio di quello della semplice difesa, quando cioè mira ad ottenere una pronuncia di condanna nei confronti dell’altra parte.

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Cass. civ. n. 4805/1983

La domanda riconvenzionale deve ritenersi implicitamente abbandonata qualora il convenuto che l’abbia formulata si limiti, in sede di precisazione delle conclusioni, a chiedere il rigetto della domanda attrice.

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