Art. 53 – Codice di procedura civile – Giudice competente
Sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace; il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte.
La decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 14348/2025
L'istituto della rimessione in termini per l'introduzione di mezzi istruttori presuppone la presenza di un errore ascrivibile ad un fattore impeditivo - avente carattere assoluto e non di mera difficoltà e contrassegnato da un rapporto di causalità diretta e incolpevole rispetto alla decadenza maturata - estraneo alla volontà della parte nei cui confronti si è verificata una decadenza e richiede l'immediata reazione di questa - entro un "termine ragionevolmente contenuto" - dal momento in cui acquisisce la conoscenza e la disponibilità di elementi probatori prima sconosciuti e inaccessibili, nonché la non imputabilità alla parte stessa. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto immune da vizi la decisione della Corte territoriale che aveva considerato tardiva la richiesta di acquisizione della documentazione formatasi in sede penale, poiché avvenuta a distanza di più di sei mesi dall'effettiva conoscenza degli elaborati peritali del pubblico ministero nei procedimenti penali parallelamente pendenti).
Cass. civ. n. 11877/2025
L'omessa comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza determina la nullità di tutti gli atti successivi del processo per violazione del principio del contraddittorio, che è dettato nell'interesse pubblico al corretto svolgimento del processo e non nell'interesse esclusivo delle parti; in tal caso, il giudice d'appello deve decidere la causa nel merito, previa rinnovazione degli atti nulli e, cioè, ammettendo le parti a svolgere tutte quelle attività che, in conseguenza della nullità, sono state loro precluse nel giudizio di primo grado. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d'appello secondo cui la mancata comunicazione dell'ordinanza di fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado non era di per sé sufficiente a configurare la suddetta nullità, sulla base dell'erronea convinzione circa la necessità di dedurre il pregiudizio concretamente subito).
Cass. civ. n. 11328/2025
In tema di espropriazione presso terzi, qualora l'udienza ex art. 548 c.p.c. indicata nell'atto di pignoramento ricada nel periodo di sospensione delle attività giudiziarie ai sensi del d.l. n. 18 del 2020, il termine di decadenza ex art. 617 c.p.c. per la proposizione dell'opposizione da parte del debitore avverso l'ordinanza di assegnazione del credito, resa durante un'udienza anticipata senza preventiva comunicazione all'esecutato, non decorre dalla data dell'udienza individuata nell'atto, bensì dalla conoscenza dell'emissione del provvedimento.
Cass. civ. n. 10778/2025
In tema di notificazione di un atto processuale, l'invalidità anche della notificazione in rinnovazione non consente di ordinare un'ulteriore rinnovazione ai sensi dell'art. 162 c.p.c., poiché la perentorietà del termine assegnato dal giudice impedisce, ai sensi dell'art. 153 c.p.c., che lo stesso possa essere prorogato o concesso nuovamente, salva la sussistenza dei presupposti per la rimessione in termini ed essendo irrilevante l'esistenza di una notificazione che, seppur correttamente effettuata sul piano formale, in quanto tempestiva, sia inidonea, in ragione della carenza contenutistica, a soddisfare la finalità di dare al destinatario adeguata notizia dell'atto processuale, in modo da metterlo nelle condizioni di esercitare pienamente il suo diritto di difesa.
Cass. civ. n. 25180/2024
Il principio secondo cui l'autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest'ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio.
Cass. civ. n. 22874/2024
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l'estinzione del giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione della sentenza di accoglimento dell'opposizione, comporta, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero procedimento e l'inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, anche ove esso sia stato erroneamente dichiarato esecutivo, trattandosi di un provvedimento meramente dichiarativo privo di carattere decisorio, che, seppur non impugnabile, neanche con il ricorso ex art. 111 Cost., non è sottratto al sindacato del giudice, che può verificarne la legittimità, sia in sede di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., ove l'esecutorietà sia dichiarata per mancata proposizione dell'opposizione o mancata costituzione dell'opponente, sia in sede di opposizione all'esecuzione, ove il decreto ingiuntivo costituisca il titolo dell'azione esecutiva, sia infine in altro giudizio, nel quale se ne faccia valere l'efficacia.
Cass. civ. n. 21860/2024
In ossequio alle istanze di funzionalità ed accelerazione dell'esecuzione forzata sottese alle riforme di cui al d.l. n. 83 del 2015 e al d.l. n. 59 del 2016, al termine per la presentazione dell'istanza di assegnazione, ex art. 588 c.p.c., deve riconoscersi natura perentoria, stante la necessità di contemperare l'interesse del creditore istante con quello contrapposto dei terzi offerenti, che ambiscano ad aggiudicarsi il bene sulla base di offerte "minime" ex art. 572, comma 3, e 573 c.p.c.
Cass. civ. n. 19395/2024
L'eccezione di compensazione, fondata su un fatto costitutivo verificatosi successivamente alla scadenza delle preclusioni assertive, è ammissibile, e può essere valutata dal giudice, solo ove venga dedotta previa motivata applicazione dell'istituto generale della rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., posto a tutela dei principi costituzionali sulle garanzie difensive e sul giusto processo.
Cass. civ. n. 18435/2024
La rimessione in termini, sia nella norma dettata dall'art. 184-bis c.p.c. che in quella di più ampia portata contenuta nell'art. 153, comma 2, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello, secondo cui l'errore del difensore nella lettura del menu a tendina del PCT e nella selezione di un tribunale diverso da quello competente, determinante la tardiva costituzione in giudizio, non potev integrare gli estremi dell'errore scusabile idoneo a giustificare la rimessione in termini).
Cass. civ. n. 16027/2024
In materia di pignoramento presso terzi, il costo di registrazione dell'ordinanza di assegnazione, in mancanza di espresso addebito all'esecutato, qualora, per l'incapienza del credito assegnato, non possa essere effettivamente recuperato, in tutto o in parte, nei confronti del terzo, fa capo per la differenza al debitore originario, tenuto a rifondere il creditore di tutte le spese occorrenti per l'espropriazione forzata.
Cass. civ. n. 15473/2024
In caso di mancato perfezionamento per trasferimento o irreperibilità del destinatario, la notificazione dell'impugnazione o dell'opposizione deve considerarsi meramente tentata e, quindi, omessa, poiché priva di uno degli esiti positivi previsti dall'ordinamento secondo il modello legale del procedimento prescelto, sicché il diritto di impugnazione deve intendersi consumato, salva la possibilità di un suo nuovo esercizio nel rispetto del termine cui esso è soggetto, nonché, ove ne ricorrano le condizioni, di un'impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c..
Cass. civ. n. 15270/2024
In tema di valutazione della prova, il contrasto tra le dichiarazioni rese dai testimoni escussi impone al giudice di confrontare le deposizioni raccolte e di apprezzarne la credibilità in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, tenendo conto del rapporto di vicinanza alle parti, dell'intrinseca congruenza delle dichiarazioni e della loro convergenza con gli eventuali elementi di prova acquisiti, esponendo poi le ragioni che lo hanno portato a ritenere più attendibile una testimonianza rispetto all'altra o ad escludere la credibilità di entrambe.
Cass. civ. n. 11864/2024
Nel procedimento di espropriazione presso terzi, se l'atto di pignoramento notificato non contiene la specifica quantificazione del credito pignorato, su istanza del creditore (ex art. 486 c.p.c.) si deve procedere all'accertamento endoesecutivo dell'obbligo del terzo, ai sensi dell'art. 549 c.p.c., anche in caso di non contestazione da parte del terzo pignorato rimasto silente, posto che il meccanismo della ficta confessio può operare solo quando l'allegazione del creditore consente la compiuta identificazione del preteso credito nei confronti del debitor debitoris.
Cass. civ. n. 8868/2024
In tema di indennità da occupazione legittima, la Corte di appello, erroneamente adita quale giudice dell'impugnazione, anziché quale giudice competente in unico grado ex art. 20 della l. n. 865 del 1971, ove la domanda di determinazione dell'indennizzo sia stata ritualmente formulata in primo grado, deve comunque decidere nel merito, in ossequio ai principi di ragionevole durata del processo e di economia processuale.
Cass. civ. n. 8793/2024
In caso di espropriazione presso terzi, il decorso del termine triennale di prescrizione per l'incasso dell'assegno circolare emesso da una banca, quale terzo pignorato, per ottemperare all'ordinanza di assegnazione, comporta il venir meno di ogni possibile azione nei riguardi dell'emittente da parte del creditore procedente, beneficiario dell'assegno, il quale non può ottenere, in un autonomo giudizio di cognizione, la condanna dell'istituto di credito alla riemissione dell'assegno o al pagamento della relativa provvista, essendosi estinta ogni obbligazione cartolare, ed essendo, di regola, carente di interesse ad agire sulla base del rapporto causale sottostante l'emissione dell'assegno, salva l'allegazione della specifica utilità, giuridicamente apprezzabile, ottenibile dal giudizio di cognizione e diversa da quella offerta dal titolo esecutivo di cui è già munito, integrato dall'ordinanza di assegnazione.
Cass. civ. n. 4667/2024
L'omessa pronuncia sull'istanza di rimessione in termini integra di per sé un vizio del procedimento senza che sia necessaria la deduzione di uno specifico nocumento, atteso che il solo esame della richiesta avrebbe potuto condurre a una diversa decisione del giudice circa la decadenza in cui è incorsa la parte.
Cass. civ. n. 1348/2024
In tema di deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. "quarta PEC", la valutazione della imputabilità della decadenza processuale determinatasi non può fondarsi esclusivamente sulla circostanza costituita dallo stesso messaggio di errore fatale, atteso che quest'ultimo non necessariamente è dovuto a colpa del mittente, ma esprime soltanto l'impossibilità del sistema di caricare l'atto nel fascicolo telematico, e la valutazione circa la tempestività della successiva formulazione dell'istanza di rimessione in termini, ammissibile se presentata entro un lasso di tempo contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo, deve avvenire tenendo altresì conto della necessità di svolgere accertamenti e verifiche presso la cancelleria. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva ritenuto tardiva un'istanza di rimessione in termini presentata a distanza di soli undici giorni dalla definitiva verifica dell'esito negativo del tentativo di deposito).
Cass. civ. n. 36369/2023
La decadenza da un termine processuale, incluso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell'omessa comunicazione della data dell'udienza di trattazione e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all'art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte di quest'ultima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa.
Cass. civ. n. 34272/2023
Ai fini della valutazione della tempestività della rinnovazione della notificazione, inizialmente non andata a buon fine, rispetto al termine per impugnare, occorre distinguere a seconda che l'errore originario sia imputabile al notificante oppure no: nel primo caso, l'impugnazione può ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica interviene entro il termine per impugnare, non potendosi far retroagire i suoi effetti fino al momento della prima notificazione; nel secondo caso, invece, la ripresa del procedimento notificatorio - che la parte deve provare di aver avviato nell'immediatezza dell'appresa notizia circa l'esito negativo della notificazione, non occorrendo una preventiva autorizzazione al giudice - ha effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, essendo irrilevante l'intervenuto spirare del termine per impugnare.
Cass. civ. n. 33345/2023
Nel giudizio di legittimità la dichiarazione della nullità della notifica dell'originaria citazione, non comporta la caducazione del rapporto processuale, in quanto a seguito della tempestiva riassunzione del processo dinnanzi al giudice di primo grado e la conseguente rinnovazione degli atti processuali successivi all'atto invalido, si ha la sanatoria del vizio, con conseguente salvezza degli effetti processuali della domanda originaria.
Cass. civ. n. 31592/2023
Ai fini della valutazione dell'ammissibilità del deposito telematico dell'appello, il giudice può verificare d'ufficio il contenuto della busta telematica e, laddove constati l'illeggibilità dei relativi files, per causa non imputabile all'appellante, è tenuto a rimetterlo in termini per la rinnovazione dell'incombente.
Cass. civ. n. 31438/2023
L'ordine di integrazione del contraddittorio implica e presuppone la notifica di un atto pienamente valido, ossia dotato dei requisiti previsti dall'art. 163, comma 3, c.p.c., giacché la sussistenza di un termine decadenziale è incompatibile con la possibilità di una sanatoria, salvo che la mancata ripresa, immediata e tempestiva, del procedimento notificatorio, onde evitare l'estinzione del giudizio, sia dovuta a causa non imputabile alla parte.
Cass. civ. n. 28452/2023
Il giudice di appello che rilevi la nullità della statuizione della sentenza di primo grado per aver pronunciato su domande nuove, contenute in una comparsa di intervento non notificata personalmente al contumace ex art. 292 c.p.c., deve, dopo aver dichiarato tale nullità, decidere nel merito e non rimettere la causa al primo giudice - attesa la tassatività delle cause di rimessione di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. - trattandosi di nullità relativa che, a differenza di quella afferente alla notificazione della citazione introduttiva, presuppone una valida costituzione del rapporto processuale.
Cass. civ. n. 24631/2023
In materia di termini processuali, la disposizione dell'art. 81-bis, comma 3, disp. att. c.c. (introdotta dall'art. 1, comma 465, della l. n. 205 del 2017), nel dare rilevanza, ai fini della fissazione del calendario del processo, al documentato stato di gravidanza del difensore (cui sono equiparati l'adozione nazionale e internazionale nonché l'affidamento del minore), non contempla un generalizzato legittimo impedimento dell'avvocato che si trovi nelle condizioni sopra indicate, ma ha valenza esclusivamente endoprocedimentale, non potendo conseguentemente essere invocata per ottenere la sospensione dei termini per proporre impugnazione, in relazione ai quali opera comunque l'istituto generale di cui all'art. 153, comma 2, c.p.c., ove ne ricorrano i presupposti. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. n. 22095/2023
La notificazione degli atti processuali a mezzo del servizio postale è nulla se il piego viene consegnato al portiere dello stabile in assenza del destinatario e l'agente postale non ne dà notizia a quest'ultimo mediante l'avviso ex art. 7, comma 3, della l. n. 890 del 1982 . (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione notificato, ai sensi della l. n. 53 del 1994, senza che la consegna del piego al portiere dello stabile ove il difensore dell'intimato aveva il domicilio fosse seguita dall'invio dell'avviso ex art. 7, comma 3, della l. n. 890 del 1982, tenuto conto che, a fronte dell'assenza di attività difensiva da parte dell'intimato, il ricorrente non aveva avanzato istanza di rimessione in termini, né si era attivato per rinnovare la notificazione, una volta constatatane l'irritualità).
Cass. civ. n. 20601/2023
Nel rito del lavoro, qualora l'appellante notifichi il ricorso privo del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, il vizio relativo alla "vocatio in ius" è sanato dalla costituzione dell'appellato, che ha diritto alla rimessione in termini per la proposizione dell'appello incidentale dalla quale sia eventualmente decaduto in conseguenza del suddetto vizio.
Cass. civ. n. 19384/2023
L'istituto della rimessione in termini, previsto dall'art. 153, comma 2, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, opera anche con riguardo al termine per proporre impugnazione e richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà che presenti i caratteri dell'assolutezza e non della mera difficoltà. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il malfunzionamento della rete informatica dello studio professionale, addebitata dal ricorrente ad un "virus" informatico che avrebbe criptato tutti i dati ed impedito l'accesso all' "account" di posta elettronica, non consentendo di visionare la notifica della sentenza impugnata, addotto dal difensore a giustificazione dell'istanza di rimessione in termini, fosse riconducibile ad un fattore estraneo alla parte, avente i caratteri dell'assolutezza e idoneo, in via esclusiva, a causare la tardività dell'impugnazione).
Cass. civ. n. 19307/2023
art. 16 bis com. 7 CORTE COST., Decr. Minist. Grazia e Giustizia 21/02/2011 num. 44 art. 13 com. 2
Cass. civ. n. 19296/2023
L'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., se non è richiesta dalla parte intimata la pronuncia della sentenza, produce gli effetti di una sentenza definitiva sull'intero oggetto del giudizio, con la conseguenza che, ove abbia pronunciato solo su alcune domande o capi della domanda, implicitamente rigettando gli altri, le parti che si ritengano insoddisfatte hanno l'onere di impugnarla per evitare che la statuizione passi in giudicato, essendo, invece, inammissibile la prosecuzione del giudizio di primo grado, per essersi il giudice spogliato della relativa potestà decisionale, e nulla la sentenza da questi resa.
Cass. civ. n. 19265/2023
Nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla "vocatio in ius" (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la deduzione della nullità come motivo di gravame non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell'impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di dichiararne la nullità, rinnovando tutti gli atti compiuti in primo grado dall'attore, o su sua richiesta, nella contumacia (involontaria) del convenuto/appellante.
Cass. civ. n. 1086/2022
Il giudice di primo grado, cui il giudice d'appello abbia rimesso la causa ai sensi dell'art. 353 c.p.c. per averne riformato la declinatoria di giurisdizione, non può proporre regolamento di giurisdizione d'ufficio, ma è tenuto a statuire sulla domanda, atteso che soltanto il giudice "ad quem", in presenza di "translatio" a seguito della declinatoria di giurisdizione pronunciata dal primo giudice adito ed appartenente ad un altro plesso giurisdizionale, può rimettere d'ufficio, sino alla prima udienza di trattazione, la questione di giurisdizione alle sezioni unite. (Regola giurisdizione).
Cass. civ. n. 17981/2020
In sede di assunzione della prova testimoniale, il giudice del merito non è un mero registratore passivo di quanto dichiarato dal testimone, ma un soggetto attivo partecipe dell'escussione, al quale l'ordinamento attribuisce il potere-dovere, non solo di sondare con zelo l'attendibilità del testimone, ma anche di acquisire da esso tutte le informazioni indispensabili per una giusta decisione, sicché egli non può, senza contraddirsi, dapprima, astenersi dal rivolgere al testimone domande a chiarimento, e, successivamente, ritenerne lacunosa la deposizione perché carente su circostanze non capitolate, sulle quali nessuno ha chiesto al testimone di riferire; in tale ipotesi, pertanto, la devalutazione della testimonianza fondata sul rilievo che il teste si è limitato a confermare la rispondenza al vero delle circostanze dedotte nei capitoli di prova senza aggiungere dettagli mai richiestigli, riposa su argomentazioni tra loro logicamente inconciliabili, sì da costituire motivazione solo apparente. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO SALERNO, 14/12/2018).
Cass. civ. n. 8114/2020
Qualora la sentenza di merito di accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo sia cassata con rinvio, in caso di mancata riassunzione del processo nel termine prescritto non trova applicazione l'art. 653 c.p.c., secondo cui a seguito dell'estinzione del processo di opposizione il decreto che non ne sia munito acquista efficacia esecutiva, bensì il disposto dell'art. 393 c.p.c., alla stregua del quale all'omessa riassunzione consegue l'estinzione dell'intero procedimento e, quindi, anche l'inefficacia del provvedimento monitorio; in tale ipotesi, l'erroneità della declaratoria di esecutorietà del decreto ingiuntivo inefficace deve essere fatta valere con l'opposizione all'esecuzione e non con la revocazione ex art. 395, comma 1, n. 5, c.p.c., strumento utilizzabile quando il provvedimento revocando sia in contrasto col giudicato precedente e non con quello formatosi successivamente. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 29/08/2017).
Cass. civ. n. 21304/2019
L'istituto della rimessione in termini richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte o al suo difensore, perché cagionata da un fattore estraneo alla volontà degli stessi, tale potendosi considerare anche lo stato di malattia del difensore costituito da un malessere improvviso che determini un totale impedimento a svolgere l'attività professionale. (Fattispecie in tema di definizione agevolata in cui la S.C. ha accolto l'istanza di sospensione del processo tributario ex art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 proposta due giorni oltre il termine di legge dal difensore colpito, nella notte anteriore alla scadenza, da un malore grave, improvviso ed imprevedibile che aveva reso impossibile il deposito tempestivo).
Cass. civ. n. 6102/2019
Nel processo tributario, come in quello civile, il provvedimento di rimessione in termini, reso sia ai sensi dell'art. 184 bis c.p.c., che del vigente art. 153, comma 2, c.p.c., presuppone una tempestiva istanza della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza da un'attività processuale per causa ad essa non imputabile. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione impugnata per avere il giudice, di propria iniziativa, in mancanza di istanza dello stesso, rimesso in termini il contribuente, non costituitosi nel giudizio di appello).
Cass. civ. n. 4135/2019
La rimessione in termini per causa non imputabile, in entrambe le formulazioni che si sono succedute (artt. 184 bis e 153 c.p.c.), ossia per errore cagionato da fatto impeditivo estraneo alla volontà della parte, che presenti i caratteri dell'assolutezza e non della mera difficoltà e si ponga in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza, non è invocabile in caso di errori di diritto nell'interpretazione della legge processuale, pur se determinati da difficoltà interpretative di norme nuove o di complessa decifrazione, in quanto imputabili a scelte difensive rivelatesi sbagliate. (Principio affermato in relazione ad un ipotesi in cui il difensore aveva rinunciato ad impugnare il lodo per errori di diritto, ritenendo tale possibilità esclusa dalla lettera dell'art. 27 del d.l.vo n. 40 del 2006 anche in riferimento a convezione arbitrale risalente, come nella specie, a data anteriore all'entrata in vigore della norma, interpretazione smentita dalla S.C. solo successivamente all'impugnazione del lodo medesimo).
Cass. civ. n. 10504/2019
La sentenza del giudice d'appello che dichiari sussistente la giurisdizione negata dal giudice di primo grado e rimetta l'intera causa dinanzi a lui, a norma dell'art. 353, comma 1, c.p.c., deve intendersi riferita a tutte le domande proposte nel giudizio di primo grado, ma la statuizione sulla giurisdizione, ove passata in giudicato, è vincolante nelle successive fasi del processo, senza possibilità di rimetterla in discussione in sede di impugnazione della sentenza emessa sul merito della controversia dal tribunale innanzi al quale la causa sia stata riassunta.
Cass. civ. n. 22800/2019
In tema di esecuzione mobiliare, qualora la vendita delegata all'Istituto Vendite Giudiziarie non sia stata eseguita, per la declaratoria di improcedibilità della procedura esecutiva conseguente all'intervenuto fallimento del debitore, ex art. 51 del r.d. n. 267 del 1942 (e, quindi, per cause non dipendenti dall'istituto delegato), il Giudice dell'esecuzione, nell'individuare il soggetto da onerare della liquidazione del compenso dovuto all'ausiliario, ex art. 33 del d.m. n. 109 del 1997, non può derogare ai principi generali posti dall'art. 8 del d.P.R n. 115 del 2002 e dall'art. 95 c.p.c.. Ne consegue che le competenze dell'ausiliario vanno poste a carico del creditore procedente e, cioè, del soggetto tenuto ad anticipare le spese per gli atti del procedimento da lui avviato, in quanto il vincolo del pignoramento permane sino a che i beni non siano venduti nell'ambito della procedura fallimentare o questa non sia altrimenti chiusa, con la conseguenza che la procedura esecutiva, esistendo ancora i beni, può nuovamente liberamente svolgersi.
Cass. civ. n. 11765/2019
L'esigenza di specificazione dei fatti sui quali i testimoni devono deporre è soddisfatta se, ancorché non precisati in tutti i loro minuti dettagli, tali fatti siano esposti nei loro elementi essenziali, per consentire al giudice di controllarne l'influenza e la pertinenza e mettere in grado la parte, contro la quale essa è diretta, di formulare un'adeguata prova contraria, giacché la verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli formulati va condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni delle parti, nonché tenendo conto della facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni ai testi da parte del giudice e dei difensori.
Cass. civ. n. 30512/2018
L'istituto della rimessione in termini, astrattamente applicabile anche al giudizio di cassazione, presuppone, tuttavia, la sussistenza in concreto di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere dell'assolutezza - e non già un'impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà - e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione. (Nel caso di specie, non sono stati ravvisate le condizioni per la rimessione in termini invocata dalla ricorrente, che, nell'impugnare tardivamente per cassazione la sentenza che aveva dichiarato lo stato di adottabilità delle figlie minori - benché la decisione fosse stata regolarmente comunicata all'indirizzo pec del suo difensore - allegava la difficoltà a conoscerla, in ragione del proprio stato di detenzione, del suo essere apolide di fatto e della scarsa dimestichezza con la lingua italiana).
Cass. civ. n. 30862/2018
In tema di espropriazione presso terzi, l'assegnazione in pagamento del credito, ex art. 553 c.p.c., in quanto disposta "salvo esazione", non opera anche l'immediata estinzione del credito per cui si è proceduto in via esecutiva, essendo quest'ultima assoggettata alla condizione sospensiva del pagamento che il terzo assegnato esegua al creditore assegnatario, evento con il quale si realizza il duplice effetto estintivo dell'obbligazione del "debitor debitoris" nei confronti del soggetto esecutato e del debito di quest'ultimo verso il creditore assegnatario.
Cass. civ. n. 6664/2017
L’incapacità di intendere e di volere della parte non è causa di sospensione del processo (nella specie, il procedimento di opposizione alla dichiarazione dello stato di adottabilità), con la conseguenza che, in caso di tardività dell’impugnazione, l’unico rimedio è costituito dalla richiesta di rimessione in termini ai sensi dell’art. 153, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 14495/2017
Il giudice d’appello, qualora rinvii la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c. per integrare il contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario, deve provvedere in ordine alle spese del processo di secondo grado, condannando al loro pagamento la parte riconosciuta soccombente per aver dato causa alla nullità che ha determinato il rinvio.
Cass. civ. n. 4098/2017
In tema di ricusazione, ove la relativa istanza sia proposta nei confronti di un consigliere della Corte di cassazione, il conseguente procedimento camerale è regolato dall'art. 53, comma 2, c.p.c., con le formalità partecipative ivi previste, quale disciplina speciale, applicabile "ratione materiae", rispetto a quella di cui al d.l. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla l. n. 197 del 2016.
Cass. civ. n. 18719/2017
In tema di espropriazione presso terzi, l'ordinanza di assegnazione al creditore del credito spettante verso il terzo al debitore esecutato, in quanto disposta in pagamento "pro solvendo" e non "pro soluto", ai sensi dell’art. 553 c.p.c., non è immediatamente estintiva del credito del debitore verso il terzo pignorato, all'uopo occorrendo che quest’ultimo proceda al pagamento in favore del creditore assegnatario.
Cass. civ. n. 7706/2017
In tema di espropriazione presso terzi, il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi è l'unico esperibile avverso l'ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c., anche quando la stessa risolve questioni relative alla partecipazione dei creditori alla distribuzione della somma di cui il terzo si è dichiarato debitore.
Cass. civ. n. 24007/2017
L'ordinanza di rigetto dell'istanza di ricusazione dello “iudex suspectus” segna automaticamente il "dies ad quem" dell'effetto sospensivo, ricollegato alla proposizione di quell'istanza dall'ultimo comma dell'art. 52 c.p.c., sicché, entro sei mesi dalla conoscenza di tale evento, la parte interessata, per evitare l’estinzione dello stesso, è tenuta a riassumere il processo sospeso, senza che la proposizione di un ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso detta ordinanza possa essere ritenuta equipollente alla riassunzione, in ragione della diversa finalità di tale strumento impugnatorio rispetto a quella di riattivare il giudizio.
Cass. civ. n. 23430/2016
La rimessione in termini, disciplinata dall'art. 153 c.p.c., non può essere riferita ad un evento esterno al processo, impeditivo della costituzione della parte, quale la circostanza dell'infedeltà del legale che non abbia dato esecuzione al mandato difensivo, giacché attinente esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte sostanziale e il professionista incaricato ai sensi dell'art. 83 c.p.c., che può assumere rilevanza soltanto ai fini di un'azione di responsabilità promossa contro quest'ultimo, e non già, quindi, spiegare effetti restitutori al fine del compimento di attività precluse alla parte dichiarata contumace, o, addirittura, comportare la revoca, in grado d'appello, di tale dichiarazione.
Cass. civ. n. 20965/2016
Nel caso di declinatoria parziale di giurisdizione pronunciata dal giudice ordinario a fronte di una domanda risarcitoria, non incorre nel vizio di omessa pronuncia il giudice di appello che, riformando la decisione in ragione della sussistenza della giurisdizione su tutta la controversia, rimetta quest'ultima al giudice di prime cure onde consentirne una cognizione unitaria. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la rimessione al primo giudice, operata dalla corte territoriale in riforma della decisione di primo grado, che aveva declinato la giurisdizione ordinaria per il periodo antecedente al 30 giugno 1998 in merito ad una richiesta di risarcimento dei danni conseguenti al tardivo inquadramento di un dipendente pubblico come dirigente).
Cass. civ. n. 15793/2016
La facoltà del giudice di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c. incontra quale unico limite quello di non introdurre fatti nuovi o circostanze che, pur rilevanti sul piano probatorio, non siano state oggetto di capitoli di prova o siano state dedotte in capitoli non ammessi; l'osservanza di tale limite è desumibile non solo dalla domanda, ma anche dal tenore della risposta, sicché è irrilevante l'omessa trascrizione della prima nel verbale d'udienza, atteso che la verbalizzazione della seconda è sufficiente a dare conto della decisione del giudice di ammettere la domanda ed a consentirne il controllo in ordine all'ammissibilità dei fatti che ne sono stati oggetto.
Cass. civ. n. 9390/2016
In tema di esecuzione mobiliare presso terzi, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 553 c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell'assegnatario, ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portata a conoscenza del terzo assegnatario o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell'ordinanza di assegnazione.
Cass. civ. n. 3712/2016
In tema di pignoramento presso terzi, la contestazione del credito oggetto di assegnazione per fatti anteriori alla pronuncia dell'ordinanza ex art. 553 c.p.c., fondata sull'erroneità della qualificazione come positiva della dichiarazione del terzo, può essere fatta valere soltanto con l'impugnazione dell'ordinanza stessa ai sensi dell'art. 617 c.p.c., da proporsi entro il termine di decadenza che decorre dalla conoscenza legale del provvedimento di assegnazione. (Rigetta, Trib. Treviso, 04/05/2012).
Cass. civ. n. 20595/2015
Nel caso in cui il debitore alieni un immobile di sua proprietà in pregiudizio del diritto del creditore, costui può cumulativamente agire sia con l'azione revocatoria dell'atto traslativo, sia con il pignoramento, presso il terzo acquirente, del credito spettante all'alienante in relazione al pagamento del prezzo di acquisto, trattandosi di strumenti di tutela alternativi, riconosciuti al creditore e tra loro non confliggenti, che gli consentono, rispettivamente, di aggredire - nel primo caso - il bene con una azione esecutiva immobiliare ex art. 602 c.p.c. nei confronti del terzo acquirente, ovvero di conseguire - nel secondo - una ordinanza di assegnazione del corrispettivo ancora da pagare, ex art. 553 c.p.c.
Cass. civ. n. 18481/2015
Nel raccogliere la prova orale il giudice non è tenuto ad una riproduzione meccanica ed integrale delle dichiarazioni rese dal teste o dalla parte, ma deve riportarne l'effettivo contenuto, anche mediante una verbalizzazione sintetica, che riproduca, senza sommarietà e sciatteria, le parti rilevanti, così da assicurare la comprensibilità, la contestualizzazione e l'incisività delle dichiarazioni, nonché le eventuali contraddittorietà. Quanto alla facoltà di porre domande a chiarimenti, essa va circoscritta a meglio dettagliare lo svolgimento di un fatto, allegato e oggetto di prova con il capitolo ammesso, e non ad introdurre fatti nuovi o circostanze che, pur rilevanti sul piano probatorio, non siano state oggetto di capitoli di prova oppure appartengano a capitoli non ammessi per come formulati, non potendo l'intervento del giudice assumere una funzione di supplenza rispetto all'onere probatorio della parte.
Cass. civ. n. 12544/2015
In tema di contenzioso tributario, l'istituto della rimessione in termini, previsto dall'art. 184 bis c.p.c. (abrogato dall'art. 46 della l. n. 69 del 2009, e sostituito dalla norma generale di cui all'art. 153, comma 2, c.p.c.), è applicabile al rito tributario, operando sia con riferimento alle decadenze relative ai poteri processuali "interni" al giudizio, sia a quelle correlate alle facoltà esterne e strumentali al processo, quali l'impugnazione dei provvedimenti sostanziali. (Nel caso in esame, la S.C. ha, tuttavia, rigettato il ricorso, escludendo che lo stato di malattia sopravvenuta ed il successivo decesso del difensore, incaricato della riassunzione del giudizio dieci mesi prima rispetto alla scadenza del termine, potessero integrare causa di non imputabilità della decadenza).
Cass. civ. n. 12405/2015
Nel procedimento civile, l'istanza di rimessione in termini può essere contestuale all'atto scaduto, nessuna disposizione imponendo alla parte di avanzare la richiesta separatamente ed anteriormente. (Principio enunciato circa un ricorso in opposizione ex art. 5 ter della legge 24 marzo 2001, n. 89, recante contestuale istanza di rimessione nel termine di impugnazione).
Cass. civ. n. 12192/2015
In tema di prova per testimoni, il giudice, nell'avvalersi della facoltà di cui all'art. 253, primo comma, cod. proc. civ., rivolgendo al teste le domande utili a chiarire i fatti oggetto della sua deposizione, non può, in ogni caso, supplire alle deficienze del mezzo istruttorio proposto ed ammesso, senza, peraltro che, ove detto limite sia stato valicato, la conseguente nullità possa essere rilevata d'ufficio, sicché la parte, ove abbia rinunciato, implicitamente, con il proprio contegno processuale, o esplicitamente, a dolersi dell'inosservanza delle regole relative alla deduzione ed escussione della prova, non può in seguito elevare tale inosservanza a motivo di impugnazione verso la sentenza, che resta sanata per effetto di acquiescenza.
Cass. civ. n. 3025/2015
Il giudice di primo grado, cui il giudice d'appello abbia rimesso la causa ai sensi dell'art. 353 cod. proc. civ. per averne riformato la declinatoria di giurisdizione, non può proporre regolamento di giurisdizione d'ufficio, essendo tenuto a statuire sulla domanda.
Cass. civ. n. 2474/2015
In tema di espropriazione forzata, non incide sulla validità dell'ordinanza di vendita all'incanto la circostanza che il prezzo base sia stato fissato con riferimento ad una stima effettuata da un esperto, verosimilmente inferiore al valore effettivo di mercato, trattandosi di un dato indicativo, che non pregiudica l'esito della vendita e la realizzazione del giusto prezzo attraverso la gara tra più offerenti.
Cass. civ. n. 24637/2014
Qualora gli effetti di un provvedimento giudiziale decorrano dalla data della pubblicazione, essa deve essere individuata con riferimento all'intero arco temporale del relativo giorno, cioè dalle ore 00.00 del giorno medesimo, poiché, in assenza di diversa ed espressa previsione di legge, non può essere rapportata ad unità temporali inferiori. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato, in quanto non più sorretta da idoneo titolo esecutivo, l'ordinanza ex art. 553 cod. proc. civ., resa all'esito di procedura espropriativa intentata in forza di titolo giudiziale, depositata lo stesso giorno del deposito dell'ordinanza di sospensione dell'efficacia esecutiva di detto titolo, emessa ex art. 283 cod. proc. civ. dal giudice dell'impugnazione).