Art. 68 – Codice di procedura civile – Altri ausiliari
Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorge necessità, il giudice, il cancelliere o l'ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sé solo [disp. att. 52, 53, 161, 194].
Il giudice può commettere a un notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge.
Il giudice può sempre richiedere l'assistenza della forza pubblica.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 13838/2025
In tema di appello incidentale, il differimento della udienza indicata nell'atto di citazione, ai sensi dell'art.168-bis, comma 4, c.p.c. per il caso che il giudice in quel giorno non tenga udienza, non incide, a differenza di quello previsto dal comma 5 del medesimo art. 168-bis c.p.c., sul termine per la proposizione del gravame incidentale, anche ove il rinvio sia disposto con provvedimento espresso adottato dal Presidente della Corte d'appello.
Cass. civ. n. 9360/2025
In tema di imparzialità del consulente tecnico d'ufficio, non rappresentano, di per sé, cause di astensione o ricusazione del consulente la mera collaborazione scientifica all'interno di un manuale scritto da più autori o la semplice collaborazione didattica all'interno di un medesimo istituto universitario, attività che non determinano una comunione di interessi da cui l'ausiliario del giudice possa essere condizionato nella stesura della relazione, occorrendo invece la prova di una situazione tale da rendere il c.t.u. interessato a non contraddire il consulente tecnico di parte o ad aderire alle sue tesi. (Nella specie, la S.C. ha escluso la violazione del dovere d'imparzialità del consulente tecnico d'ufficio, incaricato di valutare la capacità di intendere e volere di un soggetto al momento della stipula di un contratto di mandato a gestire investimenti finanziari e pervenuto ad un giudizio concordante col consulente di una delle parti, col quale aveva condiviso un manuale di psichiatria redatto da più autori ed un'esperienza didattica nel medesimo corso universitario).
Cass. civ. n. 24285/2024
Deve escludersi l'ammissibilità dell'accompagnamento coattivo dei testimoni nel procedimento disciplinare dinanzi al consiglio distrettuale forense, in quanto tale organo, avente natura amministrativa, non gode delle speciali prerogative di tipo coercitivo che sono generalmente riconosciute alle autorità giurisdizionali per fini di giustizia.
Cass. civ. n. 12473/2024
La presentazione dell'istanza di estromissione ex art. 109 c.p.c. con richiesta di emanazione di un provvedimento di sequestro liberatorio sottrae il debitore istante dagli effetti della mora debendi, implicando la manifestazione della volontà di corrispondere la sorte capitale in favore della parte che risulterà averne diritto all'esito del giudizio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva fatto arrestare la decorrenza degli interessi moratori dalla data in cui la parte debitrice aveva proposto l'istanza di estromissione dal giudizio, previo deposito della somma dovuta).
Cass. civ. n. 3875/2024
Le statuizioni civili (che non siano già provvisoriamente esecutive) contenute nella sentenza penale di merito acquistano esecutorietà quando la decisione diviene irrevocabile e, cioè, in caso di impugnazione per cassazione, con la lettura del dispositivo di rigetto del ricorso, che equivale alla pubblicazione della decisione; da tale momento, pertanto, decorre il termine perentorio per gli adempimenti ex art. 156 disp. att. c.p.c., prescritti per dare corso all'esecuzione sui beni sequestrati, potendo la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza rilasciarne copia esecutiva.
Cass. civ. n. 3445/2024
Il differimento d'ufficio o per iniziativa del giudice designato previsto dall'art. 168-bis c.p.c. è regola estendibile anche al giudizio d'appello ex art. 359 c.p.c. e suscettibile di escludere che l'udienza di prima comparizione fissata nell'atto di citazione possa essere anticipata. Pertanto, qualora, in violazione della regola in parola, venga comunque disposta l'anticipazione d'ufficio dell'udienza, senza che ne sia effettuata la notifica o la comunicazione ai difensori delle parti o alle parti personalmente quando non ancora costituite, viene leso irreparabilmente il diritto del convenuto a costituirsi entro la data consentitagli, derivandone una nullità insanabile, idonea a travolgere tutti gli atti del processo, compresa la sentenza.
Cass. civ. n. 3238/2024
In caso di intervento in via principale, la domanda autonoma proposta dal terzo interventore comporta il riconoscimento a favore delle parti originarie del diritto di difendersi nel merito, nella qualità di legittimati passivi, non solo con la negazione dei fatti costitutivi del diritto affermato dall'interveniente, ma anche con l'allegazione di fatti impeditivi, modificativi o estintivi dello stesso, posti a fondamento di eccezioni di merito in senso proprio o di domande riconvenzionali, da svolgersi immediatamente nel primo atto successivo alla notizia dell'intervento o alla conoscenza di esso ovvero richiedendo apposito termine o utilizzando le facoltà della fase processuale in corso e, in ogni caso, a pena di decadenza, nel termine di regola fissato per la costituzione del convenuto, dovendosi escludere che la generale applicazione del sistema delle preclusioni produca l'effetto di consentire al terzo di trarre vantaggio dalla scelta di intervenire tardivamente, con pregiudizio del diritto di difesa delle parti originarie.
Cass. civ. n. 30941/2023
In tema di espropriazione immobiliare, non incide sulla validità dell'ordinanza di vendita la circostanza che il prezzo base sia stato fissato con riferimento ad una stima effettuata da un esperto, verosimilmente inferiore al valore effettivo di mercato, trattandosi di un dato indicativo, che non pregiudica l'esito della vendita e la realizzazione del giusto prezzo attraverso la gara tra più offerenti.
Cass. civ. n. 23931/2023
Anche nel procedimento sommario di cognizione, come in quello ordinario e a maggior ragione in considerazione della sostanziale deformalizzazione del rito, deve escludersi la sussistenza di una preclusione alla formulazione da parte del terzo interveniente di domande nuove ed autonome rispetto a quelle già proposte dalle parti originarie, costituendo la formulazione della domanda l'essenza stessa dell'intervento principale e litisconsortile.
Cass. civ. n. 14398/2023
c.p.c. - Applicabilità - Documentazione comprovante il diritto di surrogazione - Estensione della preclusione.
Cass. civ. n. 13879/2023
L'opposizione tardiva alla convalida di sfratto, dopo la fase rescindente, che deve acclarare il suo presupposto di ammissibilità, ovvero la mancata conoscenza del giudizio da parte dell'intimato, dà luogo allo svolgimento di un ordinario giudizio di cognizione, con la conseguenza che, in presenza di una notificazione inesistente, l'intimato che abbia conoscenza dell'intimazione, se intende sottrarsi all'efficacia del provvedimento di convalida, deve proporre opposizione nel termine di cui al all'art. 668, comma 2, c.p.c., atteso che la previsione della irregolarità della notificazione, come causa della mancata tempestiva conoscenza della stessa, comprende anche le ipotesi di inesistenza.
Cass. civ. n. 10898/2023
In caso di opposizione esecutiva proposta dopo l'inizio dell'esecuzione forzata con atto iscritto direttamente al ruolo generale degli affari contenziosi civili, il provvedimento del giudice in tal guisa adito che dispone la trasmissione dell'atto al giudice dell'esecuzione e la cancellazione della causa dal ruolo contenzioso civile non è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., in quanto avente natura di mera distribuzione dell'affare nell'àmbito del medesimo ufficio giudiziario.
Cass. civ. n. 10202/2023
Nel giudizio di appello, la mancata acquisizione del fascicolo d'ufficio di primo grado non determina un vizio del procedimento o la nullità della sentenza, potendo al più integrare il vizio di difetto di motivazione, ove venga specificamente prospettato che da tale fascicolo il giudice d'appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili "aliunde" ed esplicitati dalla parte interessata, considerato che, in virtù del principio di "non dispersione (o di acquisizione) della prova", l'efficacia probatoria dei documenti prodotti non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e prescinde dalle successive scelte difensive della parte. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva respinto l'appello, nonostante la mancata acquisizione del fascicolo di primo grado, contenente la citazione, dal quale il giudice di appello avrebbe potuto trarre elementi decisivi ai fini della fondatezza del motivo di appello).
Cass. civ. n. 8506/2023
Il giudice d'appello può decidere la causa in assenza del fascicolo d'ufficio di primo grado soltanto quando questo non è indispensabile rispetto ai motivi di gravame; in caso contrario, invece, sussiste un preciso obbligo - dell'ufficio giudiziario e non delegabile alle parti - di disporne l'acquisizione, con la conseguenza che, ove esso rimanga inadempiuto (per carenze organizzative dell'ufficio o anche per errore del funzionario addetto), non può farsene discendere alcuna conseguenza pregiudizievole per le parti del processo, dovendosi perciò ritenere abnorme la sentenza di appello che abbia dichiarato inammissibile l'impugnazione per la mancanza del fascicolo d'ufficio di primo grado.
Cass. civ. n. 7973/2023
In tema di revocazione delle sentenze per errore di fatto ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., la prova del deposito in giudizio del documento della cui erronea affermazione di inesistenza ci si lamenta, non può ritenersi assolta attraverso l'allegazione della nota di deposito e di iscrizione a ruolo recante la sola stampigliatura del timbro di deposito e non anche la sottoscrizione di un funzionario a ciò abilitato, atteso che la mera stampigliatura, essendo facilmente riproducibile, non conferisce alcuna certezza circa l'effettiva provenienza di quell'attestazione di deposito da parte di un membro di quell'ufficio e, di conseguenza, circa l'effettivo avvenuto deposito dei documenti che la sentenza impugnata attesta non presenti tra gli atti del giudizio.
Cass. civ. n. 758/2022
Nel procedimento innanzi al giudice di pace, in assenza di una specifica previsione normativa che disponga diversamente, la costituzione della parte che vi provveda per prima non richiede la presentazione di un'apposita nota di iscrizione della causa a ruolo, essendo compito del cancelliere, integrate le condizioni previste dall'art. 319 c.p.c., provvedere agli adempimenti di sua competenza, ai sensi degli artt. 36 e 56 disp. att. c.p.c.. (Rigetta, TRIBUNALE RAVENNA, 24/10/2017).
Cass. civ. n. 24974/2020
L'iscrizione della causa a ruolo avviene, a norma degli artt. 168 c.p.c. e 72 disp. att. (applicabili anche al giudizio dinanzi al giudice di pace), su iniziativa del convenuto solo se questi si costituisce quando non si è costituito l'attore, onde l'iscrizione non può essere effettuata su richiesta della parte convenuta qualora l'attore si sia già costituito ed abbia presentato la nota di iscrizione a ruolo, determinando la formazione del fascicolo di ufficio, al quale va unito il fascicolo del convenuto che si costituisce successivamente. Ne consegue che in caso di duplice iscrizione della causa a ruolo, ove le due udienze di prima comparizione ed il giudice istruttore non vengano a coincidere e i due processi non vengano riuniti, l'unica iscrizione che dà luogo a un processo regolare è quella effettuata dall'attore per prima, in quanto solo rispetto a questa il meccanismo processuale consente una valida instaurazione del contraddittorio e l'esercizio del diritto di difesa. Pertanto, qualora non venga disposta la riunione e il procedimento iscritto per secondo prosegua fino alla sentenza in assenza dell'attore, erroneamente considerato non costituito, sono nulle l'attività processuale compiuta e la sentenza emanata. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato la nullità della sentenza resa nel processo svoltosi, dietro iscrizione a ruolo eseguita dai convenuti e in contumacia di parte attrice, innanzi alla sezione distaccata di Ostia, perché il processo era stato previamente iscritto al ruolo del tribunale di Roma dall'attore). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 16/10/2017).
Cass. civ. n. 19422/2020
In tema di opposizione allo stato passivo, il terzo interveniente volontario, principale o litisconsortile, sottostà al regime delle preclusioni istruttorie di cui agli artt. 98 e 99 l.fall., applicandosi nei suoi confronti il disposto dell'art. 268, comma 2, c.p.c., che interdice all'interveniente - non sul piano assertivo, ma sul piano istruttorio, relativamente sia alle prove costituente che a quelle documentali - il compimento di atti che, al momento dell'intervento, non sono più consentiti ad alcuna parte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, in un giudizio di opposizione allo stato passivo intrapreso dal concessionario per la riscossione, aveva dichiarato ammissibili gli interventi degli enti impositori, salvo dichiararne la decadenza dal potere di proporre eccezioni e mezzi di prova oltre il termine di cui all'art. 98 l.fall.). (Rigetta, TRIBUNALE PALERMO, 20/06/2018).
Cass. civ. n. 31939/2019
Chi interviene volontariamente in un processo ha sempre la facoltà di formulare domande nei confronti delle altre parti, quand'anche sia spirato il termine di cui all'art. 183 c.p.c. per la fissazione del "thema decidendum"; né tale interpretazione dell'art. 268 c.p.c. viola il principio di ragionevole durata del processo od il diritto di difesa delle parti originarie del giudizio, poiché l'interveniente, dovendo accettare il processo nello stato in cui si trova, non può dedurre, ove sia già intervenuta la relativa preclusione, nuove prove e, di conseguenza non vi è né il rischio di riapertura dell'istruzione, né quello che la causa possa essere decisa sulla base di fonti di prova che le parti originarie non abbiano potuto debitamente contrastare.
Cass. civ. n. 10678/2017
Il giudice d’appello, qualora accerti la nullità dell’ordinanza di estinzione del procedimento per convalida di sfratto, adottata in primo grado per effetto dell’avvenuta sanatoria della morosità nel termine di grazia, non può rimettere la causa al primo giudice, ma deve procedere alla decisione nel merito della controversia, non essendo in tal caso applicabile l’art. 354, comma 2, c.p.c., il quale si riferisce alle specifiche ipotesi di estinzione del processo per inattività delle parti previste dall’art. 307 c.p.c., atteso che l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 55, comma 5, della l. n. 392 del 1978 va qualificata, invece, come provvedimento di merito, equiparabile ad una pronuncia di rigetto della domanda di risoluzione del contratto insita nell’intimazione di sfratto per morosità.
Cass. civ. n. 16259/2017
I procedimenti di nunciazione si articolano in due fasi, la prima delle quali, di natura cautelare, si esaurisce con l'emissione di un'ordinanza che concede o nega la tutela interinale, e la seconda, di merito, destinata alla definitiva decisione sull'effettiva titolarità della situazione soggettiva azionata e sulla meritevolezza della tutela possessoria o petitoria invocata: ne consegue che l'ordinanza emessa in sede di reclamo, ex art. 669 terdecies c.p.c., avverso il provvedimento reso all'esito della fase cautelare, condividendo i caratteri di provvisorietà e non decisorietà propri di quest'ultimo, è inidonea ad acquisire, dal punto di vista formale e sostanziale, efficacia di giudicato e non è, pertanto, ricorribile per cassazione, neppure limitatamente al profilo concernente le spese, la cui contestazione - ove il soccombente non intenda iniziare il giudizio di merito - va effettuata in sede di opposizione al precetto intimato su tale titolo ovvero all'esecuzione, ove iniziata sulla base di esso.
Cass. civ. n. 2299/2017
Il rinvio d'ufficio dell'udienza, ex art. 168-bis, comma 4, c.p.c. non determina la riapertura dei termini per il deposito della comparsa né per la proposizione dell'appello incidentale, poiché l'art. 166 c.p.c., coordinato con i successivi artt. 167 e 343, contempla, quale ipotesi utile ad escludere la decadenza dalla proposizione della domanda riconvenzionale o dell'appello incidentale, soltanto quella connessa al termine indicato nell'atto di citazione ovvero, nel caso in cui abbia trovato applicazione l'art. 168-bis, comma 5, c.p.c., quella relativa alla data fissata dal giudice istruttore. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PALERMO, 26/09/2012).
Cass. civ. n. 25901/2016
I vizi di iscrizione della causa a ruolo, ed in particolare quelli che si risolvono in un errore materiale nell’indicazione del nome dell’attore, riportato nel ruolo generale degli affari civili o nella rubrica alfabetica tenuta dal cancelliere, non determinano nullità processuali, ove l’errore sia agevolmente riconoscibile e, per questo, non precluda alla parte destinataria della notificazione dell’atto di citazione di individuare ugualmente, attraverso un esame diligente dei suddetti registri, la causa iscritta a ruolo. I vizi, invece, invalidano l’iscrizione ed il conseguente successivo corso del giudizio quando implichino violazione del diritto di difesa e del correlato principio di effettività del contraddittorio, di rilevanza costituzionale. (Così statuendo, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, con la quale il giudice di merito aveva evidenziato la rilevanza del vizio, consistito nell’invertire la qualità delle parti nella nota di iscrizione a ruolo, di un giudizio ex art. 616 c.p.c., indicando come attori i convenuti e viceversa, sicché la società destinataria dell’atto di citazione - attrice in senso sostanziale nel predetto giudizio, avendo già rivestito la posizione di opponente nella precedente fase sommaria - era stata tratta in inganno sull’avvenuta iscrizione della causa, tanto da iscrivere il medesimo giudizio una seconda volta).
Cass. civ. n. 21481/2016
Posto che il sequestro conservativo sui beni dell'imputato non perde automaticamente efficacia laddove il processo penale si concluda con una sentenza di condanna generica e con la rimessione delle parti davanti al giudice civile ai sensi dell'art. 539, comma 1, c.p.p., dovendo il giudizio ivi proseguire per la determinazione del "quantum" dell'importo dovuto alla parte civile, a maggior ragione esso non perde efficacia in caso di sentenza generica con riconoscimento di una provvisionale ai sensi del comma 2 dell'art. 539 c.p.p.; in tale ipotesi, il sequestro si converte in pignoramento nei limiti della condanna provvisionale, ma conserva i suoi effetti per l'importo residuo.
Cass. civ. n. 13010/2016
Il perito di stima nominato dal giudice dell'esecuzione risponde nei confronti dell'aggiudicatario, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il danno da questi patito in virtù dell'erronea valutazione dell'immobile staggito, solo ove ne sia accertato il comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico, tale da determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea ad incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del perito in relazione ai costi sostenuti dall'aggiudicatario per la regolarizzazione urbanistica dell'immobile acquistato, maggiori rispetto a quelli indicati in perizia, evidenziando come gli stessi fossero ricollegabili ad una disattenzione dell'acquirente, che non aveva considerato la mancanza, pur rappresentata dall'ausiliario nel proprio elaborato, di alcuni documenti importanti ai fini della valutazione di tali oneri).
Cass. civ. n. 122/2016
L'ordinanza di convalida pronunciata nella mancata comparizione dell'intimato, in assenza di prova dell'avvenuta ricezione da parte di quest'ultimo dell' avviso di ricevimento della raccomandata ex art. 140 c.p.c., non costituisce di per sé ipotesi di ammissibilità dell'opposizione tardiva ai sensi dell'art. 668 c.p.c., occorrendo, a tal fine, la prova che il procedimento notificatorio si sia svolto in modo nullo o che si sia perfezionato, con il ricevimento dell'avviso di cui all'art. 140 c.p.c. ovvero con il decorso dei dieci giorni dalla spedizione, in un momento tale da non consentire il rispetto del termine libero di cui al quarto comma dell'art. 668 c.p.c.
Cass. civ. n. 19157/2014
Il sequestro liberatorio previsto dall'art. 687 cod. proc. civ. può essere disposto dal giudice solo su richiesta del debitore, anche nel caso in cui egli abbia dubbi sulla individuazione della persona del creditore, ma voglia evitare di subire gli effetti della mora; a tal fine il debitore, in vista della decisione del giudice, é tenuto ad offrire il pagamento a tutti coloro che ne pretendano l'adempimento, ad ottenere, poi, il sequestro delle somme offerte ed infine ad eseguire il versamento nelle mani del custode, perché sia costui a consegnare la somma a chi, all'esito dell'accertamento processuale, risulti il titolare del credito. (Nella specie, la S.C. ha escluso la liberazione del debitore, con conseguente riconoscimento della mora, nell'ipotesi del locatario che, a fronte di più sedicenti eredi della locatrice deceduta in costanza di rapporto, aveva versato i canoni mensili su un libretto al portatore, acceso a tal fine, ma di cui aveva trattenuto la disponibilità).
Cass. civ. n. 14774/2014
Il potere del giudice dell'esecuzione di disporre, prima della vendita all'incanto dell'immobile espropriato, la rinnovazione della c.t.u. ad esso relativa, in quanto troppo risalente nel tempo nonché palesemente inadeguata a rispecchiare il valore effettivo del bene sottoposto a vendita forzata, rientra tra i poteri discrezionali del giudice il cui esercizio o meno non è sindacabile sotto il profilo della violazione di legge.
Cass. civ. n. 24294/2014
Nel procedimento davanti al giudice di pace il rinvio d'ufficio dell'udienza di comparizione per non esservi udienza nel giorno fissato con l'atto introduttivo va disposto per l'udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato alla trattazione del processo, senza alcun obbligo per il cancelliere di comunicare alla parte costituita il rinvio, sicché è onere delle parti presentarsi all'udienza successiva secondo il calendario ufficiale. Nè osta in senso contrario il carattere speciale del rito di opposizione alle sanzioni amministrative atteso che l'introduzione del giudizio e l'instaurazione del contraddittorio avvengono in una forma comunque equipollente a quella disciplinata dagli artt. 318 e 168 bis cod. proc. civ. (Rigetta,Trib. Roma, 30/12/2011).
Cass. civ. n. 15669/2013
Costituendo il sequestro ex art. 79 disp. att. c.c. una "species" del sequestro liberatorio di cui all'art. 687 c.p.c., ed applicandosi a quest'ultimo - nella vigenza della disciplina di cui agli artt. 669 bis e ss. c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 - il regime proprio del procedimento cautelare uniforme, il rigetto del ricorso proposto ai sensi del predetto art. 79 disp. att. c.c., mentre era suscettibile di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., risultava, invece, impugnabile con la sola opposizione di cui all'art. 645 del medesimo codice (in virtù del richiamo contenuto nell'art. 669 septies) nel caso in cui la contestazione investisse la sola statuizione sulle spese, tale rimedio essendo esperibile anche nei confronti del provvedimento emesso in sede di reclamo, allorché lo stesso avesse statuito solo sulle spese, dichiarando, per il resto, cessata la materia del contendere.
Cass. civ. n. 10871/2012
Il sequestro conservativo, a norma dell'art. 686 c.p.c., si converte automaticamente in pignoramento quando il creditore sequestrante ottenga "sentenza di condanna esecutiva", ma solo nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l'importo, eventualmente maggiore, fino al quale il sequestro è stato autorizzato, perché gli effetti che l'art. 2906 c.c. riconosce in favore del creditore sequestrante sono equiparati a quelli che lo stesso otterrebbe in caso di pignoramento. Né, per l'importo per il quale non è intervenuta condanna esecutiva, il sequestro può conservare efficacia in quanto non ricorre alcuna delle ipotesi di cui all'art. 669-novies c.p.c., atteso che in tema di conversione del sequestro in pignoramento la norma di riferimento è esclusivamente l'art. 686 c.p.c.. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha escluso l'opponibilità ad altro creditore, che aveva successivamente iscritto ipoteca sui medesimi beni, del sequestro ottenuto a tutela di un credito per un importo maggiore rispetto a quello successivamente oggetto di condanna, anche se accertato nella medesima sede come esistente nella misura più ampia, rilevando che, per questa parte, la sentenza non costituisce titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.).
Cass. civ. n. 2152/2012
L'esperto stimatore, nominato dal tribunale nell'ambito del procedimento di determinazione del valore delle azioni del socio recedente, di cui all'art. 2437-ter, sesto comma, c.c., va annoverato fra gli ausiliari del giudice, ai sensi dell'art. 68 c.p.c., mettendo egli a disposizione delle parti il risultato della propria opera di valutazione al fine della regolazione delle loro posizioni. Ne consegue che il relativo compenso deve essere determinato, secondo le modalità stabilite dal d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, in base alla tariffa giudiziale prevista per tutti gli ausiliari del giudice e non, invece, in base alla tariffa professionale.
Cass. civ. n. 1607/2012
In tema di esecuzione forzata, l'immobile, il cui valore deve essere determinato dal giudice, a norma dell'art. 568, terzo comma, c.p.c., coincide con quello che viene offerto in vendita come unico lotto, anche quando la vendita sia fatta in più lotti, non richiedendo né la disposizione in esame, né quelle che regolano la vendita senza incanto e con incanto, o la delega delle operazioni di vendita, che si proceda all'individuazione di un apposito e separato valore per ogni immobile che componga un lotto, qualora in questo vengano incluse più porzioni, a maggior ragione se considerate come un'unica unità immobiliare, senza che neppure rilevi l'attribuzione di dati catastali autonomi ad una o alcuna di tali porzioni. La mancata individuazione di un separato valore per ciascuna delle possibili componenti di un lotto può, piuttosto, rilevare esclusivamente ove si traduca nell'erronea determinazione del giusto prezzo di vendita del lotto unitariamente considerato.
Cass. civ. n. 18564/2011
In tema di intervento da parte del terzo nei giudizi trattati dalle sezioni stralcio dei tribunali ordinari, la disposizione di cui all'art. 268 c.p.c., che non consente, in generale, tale eventualità dopo la rimessione della causa al collegio, va riferita all'udienza fissata per la precisazione delle conclusioni dinanzi al giudice onorario (G.O.A.) nominato ai sensi dell'art. 13 della legge n. 276 del 1997, e non alla precedente udienza fissata dal giudice istruttore, avendo l'assegnazione della causa al predetto giudice onorario riproposto necessariamente la trattazione nelle successive fasi che hanno assorbito, reiterandole, quelle già svolte, con la conseguenza che rispetto ad esse va condotto lo scrutinio su eventuali preclusioni di legge.
Cass. civ. n. 6480/2010
Qualora l'azione nunciatoria non abbia ad oggetto la richiesta di demolizione di un'opera, bensì il ripristino dello stato dei luoghi, la domanda può essere interpretata come richiesta di risarcimento del danno in forma specifica e, pertanto, quando essa sia avanzata contro l'autore del fatto dannoso, non si verifica un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra lo stesso ed il proprietario o comproprietario del fondo sul quale l'opera illegittima è stata eseguita.
Cass. civ. n. 13528/2009
I vizi dell'iscrizione della causa a ruolo, ed in particolare quelli che si risolvano in un errore materiale nell'indicazione del nome dell'attore, riportato nel ruolo generale degli affari civili o nella rubrica alfabetica tenuta dal cancelliere, non determinano nullità processuali, qualora l'errore, essendo agevolmente riconoscibile, non precluda alla parte destinataria della notificazione dell'atto di citazione di individuare ugualmente, attraverso un esame diligente dei suddetti registri, la causa iscritta a ruolo. Tali vizi risultano, invece, idonei a comportare l'invalidità dell'iscrizione stessa e del conseguente successivo corso del giudizio quando implichino violazione del diritto di difesa e del correlato principio di effettività del contraddittorio, di rilevanza costituzionale. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell'enunciato principio, ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza, con cui il giudice di pace aveva deciso la causa nel merito ed escluso la nullità della relativa iscrizione a ruolo, nella cui nota il cognome dell'attore era stato indicato come "Marigliano" anziché "Magliano", malgrado tale errore non potesse essere conosciuto dalla convenuta, avendo il cancelliere, sull'istanza della stessa, certificato che non risultava iscritta a ruolo alcuna causa proposta dal Magliano nei suoi confronti, così determinando la sua scelta di non costituirsi in giudizio).
Cass. civ. n. 12880/2009
L'opposizione tardiva alla convalida prevista dall'art. 668 c.p.c., che introduce un procedimento con carattere ibrido al quale, ricorrendo i presupposti di legge, è assegnata la funzione di rimessione in termini nell'opposizione all'intimazione con l'insorgenza di una situazione processuale analoga a quella conseguente alla proposizione dell'opposizione tempestiva nel corso del procedimento per convalida, deve essere inclusa a pieno titolo nell'ambito dei "procedimenti di sfratto" di cui all'art. 92 del R.D. n. 12 del 1941 (come richiamato dall'art. 3 della legge n. 742 del 1969), con la conseguenza che fa eccezione, al pari dell'opposizione tempestiva, al principio generale della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, sia pure solo con riguardo alla prima fase, finalizzata alla sospensione dell'esecuzione della convalida e caratterizzata da peculiari ragioni di urgenza. È peraltro manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione all'art. 24 Cost, dell'art. 1 della citata legge n. 742 del 1969 nella parte in cui non si applica al termine previsto per l'opposizione alla convalida di cui all'art. 668 c.p.c., poiché l'eccezione alla sospensione dei termini introdotta dall'art. 3 della medesima legge n. 742 del 1969, siccome diretta a favorire la rapida emissione dei provvedimenti di rilascio, si rivela funzionale - nel caso dell'opposizione tardiva - proprio alle esigenze di difesa della parte intimata, consentendole di ottenere, anche nel corso del periodo feriale, la sospensione dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 9909/2009
La denuncia di nuova opera, quando sia rivolta in via urgente alla sospensione immediata dei lavori e, successivamente, al ripristino della situazione antecedente alla lesione del diritto reale di cui si invoca la tutela possessoria o petitoria, non può essere oggetto della cognizione arbitrale, né in fase cautelare né in ordine al giudizio a cognizione piena, richiedendo necessariamente l'esercizio giudiziale di poteri coercitivi.
Cass. civ. n. 17032/2008
Il rinvio d'ufficio dell'udienza, a norma dell'art. 168 bis, quarto comma, c.p.c. non determina la riapertura dei termini per il deposito della comparsa e per la proposizione dell'appello incidentale, poiché l'art. 166 c.p.c., coordinato con il successivo art. 167, contempla, quali ipotesi utili ad escludere la decadenza dalla proposizione della domanda riconvenzionale o dell'appello incidentale, a norma dell'art. 343 c.p.c., soltanto quella connessa al termine indicato nell'atto di citazione, ovvero, nel caso in cui abbia trovato applicazione l'art. 168 bis, quinto comma, quella relativa alla data fissata dal giudice istruttore ; conseguentemente è inammissibile, perché tardivo, l'appello incidentale, quando sia stato proposto con comparsa di risposta depositata successivamente all'udienza fissata nell'atto di citazione in appello, anche se questa sia stata rinviata d'ufficio ai sensi dell'art. 168 bis, quarto comma, c.p.c.
Cass. civ. n. 10594/2008
Con riguardo ad opposizione proposta dopo la convalida di licenza o di sfratto ai sensi dell'art. 668 c.p.c., la impossibilità a comparire dell'intimato (o, se questo si sia costituito, del suo difensore ) per forza maggiore può anche dipendere da un malore purché il giudice di merito (con valutazione di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata ) accerti, anche avvalendosi delle nozioni di comune esperienza, adeguate per valutare la gravità e gli effetti delle malattie comuni, che tale malore sia stato improvviso ed imprevedibile e che sussista un effettivo nesso di causalità tra lo stato di malattia e la mancata comparizione della parte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che il malore denunciato sindrome diarroica integrasse un impedimento idoneo a giustificare la impossibilità per il ricorrente di partecipare all'udienza di convalida della licenza di finita locazione, non essendo la mera invocazione di un malore sufficiente per ritenere dimostrata tale impossibilità e non risultando provato il nesso causale tra il documentato malore e la mancata comparizione, anche in virtù del comportamento successivo dell'opponente ).
Cass. civ. n. 15123/2007
Come rivelano sia la stessa previsione alternativa dell'iscrizione ad iniziativa dell'attore o del convenuto, sia il disposto del secondo comma della norma, là dove fa riferimento alla formazione di un unico fascicolo d'ufficio, nel quale devono essere inseriti gli atti processuali, l'art. 168 c.p.c. consente che, in relazione ad una determinata controversia, abbia luogo una sola volta l'iscrizione a ruolo, quale atto con cui si determina la presa di contatto con l'ufficio presso il quale viene incardinata. Ne consegue che, qualora dopo una prima iscrizione a ruolo ne sia seguita una seconda, per non avere la cancelleria del giudice adìto rilevato l'esistenza della prima iscrizione, e la parte che vi ha proceduto, non essendovi stata riunione, sia stata considerata contumace nel procedimento conseguito alla prima iscrizione, si verifica in quest'ultimo procedimento una nullità che si comunica allo svolgimento successivo del procedimento ed alla sentenza, senza che in contrario rilevi che la nullità sia stata provocata dall'omessa attività di controllo del cancelliere, sia stata essa scusabile o meno (posto che una nullità può dipedere anche dal comportamento dell'ufficio) e sia stata o meno indotta in qualche modo da un comportamento di chi abbia proceduto alla prima iscrizione, poiché anche in quest'ultimo caso la nullità è pur sempre da ascrivere alla detta attività del cancelliere (Sulla base di tale principio la Suprema Corte, in un caso in cui era impugnata la sentenza di un giudice di pace su un'opposizione a decreto ingiuntivo iscritta a ruolo dall'opposto e dichiarata improcedibile per mancata costituzione dell'opponente, che aveva proceduto ad una seconda iscrizione a ruolo, senza che la cancelleria rilevasse la pregressa iscrizione dell'opposto, ha cassato con rinvio la sentenza rilevando la nullità del procedimento ed ha disposto che il giudice di rinvio procedesse alla rinnovazione del giudizio considerando l'opponente costituito e prescrivendo: a) che al procedimento fosse riunito ai sensi dell'art. 273 c.p.c l'altro originato dalla seconda iscrizione a ruolo e di esso fosse dichiarata la nullità, ove ancora pendente dinanzi al giudice di rinvio; b) che, ove il procedimento insorto per effetto della seconda iscrizione a ruolo fosse già stato definito con sentenza passata in cosa giudicata, il giudice di rinvio dovesse rilevare il giudicato; c) che, ove il secondo procedimento pendesse in grado di impugnazione, il giudice dell'impugnazione dovesse dichiararne la nullità, ove gli fosse stata fatta constare la prima iscrizione a ruolo).
Cass. civ. n. 13163/2007
L'applicazione del principio secondo cui i vizi della iscrizione a ruolo non determinano alcuna nullità del procedimento e sono in ogni caso sanati per raggiungimento dello scopo dell'atto allorquando le altre parti abbiano comunque avuto la possibilità di attuare le loro difese postula che dette parti si siano tutte costituite tempestivamente senza lamentare di aver risentito alcun pregiudizio nei loro diritti e limitandosi, se mai, solo a rilevare l'esistenza del vizio dell'iscrizione medesima.
Cass. civ. n. 10029/2006
La conversione del sequestro conservativo in pignoramento si opera ipso iure nel momento in cui il sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva, iniziando in quello stesso momento il processo esecutivo, di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto, mentre l'attività imposta al sequestrante dall'art. 156 delle disposizioni di attuazione al c.p.c., da eseguirsi nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna esecutiva, è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l'onere di compiere nel detto termine perentorio e la cui mancanza comporta l'inefficacia del pignoramento. In tal caso l'estinzione del processo esecutivo deve esser fatta valere dalla parte proponendo al giudice dell'esecuzione la relativa eccezione, con la conseguenza che essendo tale istanza di parte un atto giudiziario che introduce una specifica fase incidentale del processo, si applicano le norme sul patrocinio (art. 83 comma terzo c.p.c.), restando giuridicamente inesistente l'istanza presentata dal sequestrato personalmente, in quanto proveniente da soggetto privo dello jus postulandi.
Cass. civ. n. 3186/2006
La preclusione sancita dall'art. 268 c.p.c., nel nuovo testo introdotto dalla legge 26 novembre 1990 n. 353, non si estende all'attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non è operante il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento «fino all'udienza di precisazione delle conclusioni» configurandosi solo l'obbligo, per l'interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie.
Cass. civ. n. 16252/2005
Con riguardo ad opposizione proposta dopo la convalida di licenza o di sfratto ai sensi dell'art. 668 c.p.c., la impossibilità a comparire dell'intimato (o, se questo si sia costituito, del suo difensore) per forza maggiore può anche dipendere da un malore purché il giudice di merito (con valutazione di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata) accerti, anche avvalendosi delle nozioni di comune esperienza, adeguate per valutare la gravità e gli effetti delle malattie comuni, che tale malore sia stato improvviso ed imprevedibile e che sussista un effettivo nesso di causalità tra lo stato di malattia e la mancata comparizione della parte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva escluso la configurabilità sia della forza maggiore che del nesso causale in presenza di una denunciata colica renale verificatasi due giorni prima dell'udienza, ovvero in un lasso di tempo idoneo affinché il difensore della ricorrente potesse provvedere alla propria sostituzione).