Art. 88 – Codice di procedura civile – Dovere di lealtà e di probità
Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità [92, 116 2, 395 n. 1, 404].
In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 10814/2025
L'ordinanza con cui è stata rigettata l'istanza di correzione dell'errore materiale è inutilizzabile ai fini dell'integrazione o dell'interpretazione del provvedimento che ne è oggetto, posto che è solo l'ordinanza di accoglimento a divenire parte integrante del provvedimento corretto.
Cass. civ. n. 28050/2024
La richiesta di interrogatorio formulata dall'indagato destinatario dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari non necessita di formule sacramentali, ma, in ossequio al dovere di lealtà che incombe sul difensore e alla necessità che non siano compiute condotte di abuso del processo, dev'essere chiara e agevolmente riconoscibile, pur se contenuta nel corpo di una memoria. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'idoneità dell'istanza di interrogatorio espressa, nello scritto difensivo, con la frase "che chiede l'interrogatorio" inserita, in modo incidentale, in un più ampio periodo, volto a dedurre argomentazioni finalizzate esclusivamente a sollecitare una richiesta di archiviazione o una modifica dell'imputazione).
Cass. civ. n. 23157/2024
Nel rito del lavoro solo il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo; tale insanabilità deve, tuttavia, escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (sì da potersi escludere l'ipotesi di un ripensamento del giudice); in tal caso è configurabile l'ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l'esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall'altro, deve qualificarsi come inammissibile l'eventuale impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asseritamente dipendente dal contrasto tra dispositivo e motivazione.
Cass. civ. n. 21860/2024
In ossequio alle istanze di funzionalità ed accelerazione dell'esecuzione forzata sottese alle riforme di cui al d.l. n. 83 del 2015 e al d.l. n. 59 del 2016, al termine per la presentazione dell'istanza di assegnazione, ex art. 588 c.p.c., deve riconoscersi natura perentoria, stante la necessità di contemperare l'interesse del creditore istante con quello contrapposto dei terzi offerenti, che ambiscano ad aggiudicarsi il bene sulla base di offerte "minime" ex art. 572, comma 3, e 573 c.p.c.
Cass. civ. n. 8217/2024
In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito produttivo di danni a cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente per il risarcimento dei relativi danni, neppure mediante riserva di farne valere ulteriori e diversi in altro procedimento, trattandosi di condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore, ponendosi in contrasto al generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi in un abuso dello strumento processuale, salvo che risulti in capo all'attore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto illegittima la condotta processuale degli attori, i quali, in seguito ad un sinistro stradale nel quale avevano perso la vita entrambi i genitori, avevano agito con due separati giudizi, chiedendo nell'uno il risarcimento per i danni subiti in conseguenza della morte del padre e, nell'altro, i danni conseguenti alla morte della madre).
Cass. civ. n. 5082/2024
In caso di omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un'espressa indicazione legislativa, è costituito non già dagli ordinari mezzi di impugnazione (non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi alla stregua di domanda autonoma), bensì dal procedimento di correzione dell'errore materiale di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., il quale, oltre ad essere in linea con il disposto dell'art. 93, comma 2, c.p.c. (che ad esso si richiama per l'ipotesi in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese), consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo ed è applicabile, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., anche nei confronti delle pronunce della Corte di cassazione.
Cass. civ. n. 33157/2023
In tema di processo tributario, in caso di estinzione del giudizio ex art. 46, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, per cessazione della materia del contendere a seguito di annullamento in autotutela dell'atto impugnato, può essere disposta la compensazione delle spese di lite ex art. 15, comma 1, purché all'esito di una valutazione complessiva da parte del giudice, trattandosi di ipotesi diversa quella prevista nel comma 3 dello stesso art. 46, quale conseguenza automatica di qualsiasi estinzione, e dichiarata costituzionalmente illegittima dalla pronuncia della Corte cost. n. 274 del 2005. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, motivando sul punto, aveva compensato le spese a seguito di cessazione della materia del contendere per annullamento dell'atto impugnato, a cui l'ente locale aveva provveduto appena verificata l'illegittimità, così mostrando una condotta conforme al principio di lealtà ex art. 88 c.p.c.).
Cass. civ. n. 21980/2023
L'omessa dichiarazione di un evento interruttivo relativo alla parte costituita - se integrante violazione dell'obbligo, posto in capo al procuratore, di lealtà e probità previsto dall'art. 88 c.p.c. - può integrare la fattispecie del dolo processuale idoneo a giustificare la revocazione della sentenza d'appello, ai sensi dell'art. 395 c.p.c., ma non costituisce vizio di legittimità della sentenza che definisce il giudizio. (Fattispecie relativa all'omessa dichiarazione, nel corso dell'appello, del sopravvenuto decesso della parte - che aveva agito per il ristoro dei pregiudizi conseguenti a un infortunio sul lavoro -, con conseguente liquidazione del danno alla salute in misura maggiore a quella che sarebbe spettata dall'applicazione dei criteri per il risarcimento del danno cd. da "premorienza").
Cass. civ. n. 19959/2023
Il termine per l'impugnazione di una sentenza di cui è stata chiesta la correzione decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288, ultimo comma, c.p.c., se con essa sono svelati "errores in iudicando" o "in procedendo" evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; diversamente, l'adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione. (Nella specie, la S.C. ha escluso il differimento del termine per l'impugnativa, riguardando il procedimento di correzione l'erronea indicazione, in un capo del dispositivo, del nome di battesimo di una parte processuale, correttamente indicato in altra parte dello stesso dispositivo, oltre che nell'intestazione e nella motivazione).
Cass. civ. n. 17836/2023
Non può essere identificato un nuovo esercizio di potere giurisdizionale nella motivazione dell'ordinanza che rigetta l'istanza di correzione dell'errore materiale, atteso che il principio secondo cui la portata precettiva del provvedimento va individuata tenendo conto anche delle enunciazioni della motivazione trova applicazione solo quando il dispositivo contenga comunque una statuizione positiva, e non quando si limiti al rigetto dell'istanza; in tal caso, infatti, il tenore della motivazione può valere unicamente ad integrare l'interesse ad agire per l'impugnazione della sentenza di cui si è chiesta invano la correzione, ricorrendone gli ulteriori presupposti, mentre resta esclusa l'applicabilità dell'art. 288, comma 4, c.p.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la statuizione di inammissibilità di un'istanza di correzione di errore materiale, sul presupposto che il relativo provvedimento, al di là della motivazione, non fosse impugnabile, nemmeno ex art. 111, comma 7, Cost., siccome preordinato ad emendare errori di redazione non suscettibili di intaccare il contenuto decisionale assunto).
Cass. civ. n. 16508/2023
di improponibilità in sede di opposizione - Doveri del giudice - Eliminazione del pregiudizio in sede di spese - Necessità. In caso di abusivo frazionamento di crediti nascenti dall'esecuzione di incarichi professionali che, pur regolati da un'unica convenzione, siano azionati attraverso la proposizione di plurimi ricorsi d'ingiunzione, il giudice, che rigetti l'opposizione mancando di dichiarare l'improponibilità delle domande separatamente proposte, è tenuto a eliminare tutti gli effetti distorsivi del frazionamento, sicché non è sufficiente, per neutralizzare questi ultimi, che disponga la compensazione delle sole spese dei giudizi di opposizione, riuniti successivamente in un "simultaneus processus", ma occorre che intervenga anche sulle spese liquidate nei plurimi decreti d'ingiunzione, previa eventuale revoca degli stessi.
Cass. civ. n. 15302/2023
Il ricorso per correzione di errore materiale di una sentenza della S.C. per omessa pronuncia sulla distrazione delle spese non deve essere notificato anche alla parte difesa dall'avvocato antistatario, atteso che il difensore agisce, ex art. 287 e ss. c.p.c., in forza della procura rilasciatagli nel giudizio concluso con la pronuncia da correggere, non potendosi distinguere una proposizione "in proprio" dell'istanza di distrazione avanzata dal difensore (tale da imporre la notificazione della richiesta di correzione anche alla parte rappresentata) da una proposizione della domanda in rappresentanza di parte e in base all'originaria procura.
Cass. civ. n. 13997/2023
La domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell'impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti. (Nella specie, la S.C., pur ribadendo il principio, ha cassato la decisione della Corte d'appello che aveva fatto discendere l'asserita condotta abusiva del debitore dalla mera rinuncia ad una prima domanda di concordato, seguita dalla riproposizione della domanda di ammissione alla procedura concordataria a distanza di quindi mesi, senza rilevare che nel caso concreto alcuna richiesta di fallimento era stata avanzata dai creditori e senza motivare sul perché la seconda domanda avesse pregiudicato un credito bancario che nella proposta concordataria figurava tra i creditori privilegiati, categoria cui era stato promesso l'integrale pagamento).
Cass. civ. n. 12966/2023
In tema di procedimento di correzione di errori materiali, l'ordinanza che definisce il giudizio, tanto che accolga quanto che respinga la relativa istanza, è impugnabile con il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., qualora si deducano vizi attinenti alla stessa ordinanza ed essi assumano autonomo rilievo, in quanto riguardanti un punto sul quale quest'ultima abbia avuto carattere non solo decisorio, ma anche definitivo, perché funzionalmente estraneo alla correzione della sentenza oggetto dell'originaria istanza. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto ammissibile il ricorso in cassazione nel quale si deduceva l'erronea qualificazione contenuta nell'ordinanza di correzione del mancato esplicito riconoscimento degli accessori relativi al compenso professionale liquidato in favore del difensore come vizio di omessa pronuncia e non già come errore materiale emendabile).
Cass. civ. n. 38730/2021
L'apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all'oggetto della lite, nonché l'emanazione o meno dell'ordine di cancellazione delle medesime, a norma dell'art. 89 c.p.c., integrano esercizio di potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 14/03/2018).
Cass. civ. n. 4315/2020
In tema di patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione a detto patrocinio in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero - per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio - al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest'ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell'art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 136 del d.P.R. n. 115 del 2002 per la revoca dell'ammissione. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE NAPOLI, 21/12/2017).
Cass. civ. n. 26523/2020
In caso di mancata partecipazione del procuratore di una parte all'udienza di precisazione delle conclusioni, debbono intendersi richiamate le richieste precedentemente formulate, ivi comprese le istanze istruttorie che la parte abbia reiterato dopo che ne sia stata rigettata l'ammissione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO GENOVA, 06/07/2017).
Cass. civ. n. 26089/2019
In tema di plurime obbligazioni pecuniarie relative al medesimo rapporto di lavoro, a fronte di un unitario fatto illecito produttivo di danni, è configurabile un abusivo frazionamento della domanda, in contrasto con il generale dovere di correttezza e buona fede, qualora vi sia la proposizione di un'azione per il risarcimento dei danni non patrimoniali successivamente a quella per il risarcimento dei danni patrimoniali, salvo che risulti un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.
Cass. civ. n. 18221/2019
Nel procedimento per correzione di errore materiale, ove la parte non ricorrente si costituisca, resistendo all'istanza di correzione e questa venga disposta, deve provvedersi alla liquidazione delle spese di lite poiché, contrariamente a quel che avviene nel caso contrario, la parte, all'esito del procedimento, è divenuta tecnicamente, parte soccombente.
Cass. civ. n. 3986/2019
L'ordinanza con la quale la corte di merito rigetti l'istanza di correzione di un errore materiale che sia stato precedentemente riscontrato dalla corte di legittimità è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., in quanto il vizio di mancata conformazione è estraneo alla correzione della sentenza da errori od omissioni, non essendo, per l'effetto, impugnabile con il rimedio di cui all'art. 288, comma 4, c.p.c., ma afferisce alla decisione del giudice del rinvio.
Cass. civ. n. 17019/2018
In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito produttivo di danni a cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente per il risarcimento dei relativi danni, neppure mediante riserva di farne valere ulteriori e diversi in altro procedimento, trattandosi di condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore, ponendosi in contrasto al generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi in un abuso dello strumento processuale, salvo che risulti in capo all'attore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. (In applicazione di questo principio la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto illegittima la condotta processuale dell'attore il quale, dopo aver proposto una prima azione di risarcimento per i danni materiali subiti in occasione di un sinistro stradale, ne aveva proposta una seconda per quelli alla persona, nonostante che alla data dell'esercizio della prima azione l'intero panorama delle conseguenze dannose fosse pienamente emerso).
Cass. civ. n. 16259/2017
I procedimenti di nunciazione si articolano in due fasi, la prima delle quali, di natura cautelare, si esaurisce con l'emissione di un'ordinanza che concede o nega la tutela interinale, e la seconda, di merito, destinata alla definitiva decisione sull'effettiva titolarità della situazione soggettiva azionata e sulla meritevolezza della tutela possessoria o petitoria invocata: ne consegue che l'ordinanza emessa in sede di reclamo, ex art. 669 terdecies c.p.c., avverso il provvedimento reso all'esito della fase cautelare, condividendo i caratteri di provvisorietà e non decisorietà propri di quest'ultimo, è inidonea ad acquisire, dal punto di vista formale e sostanziale, efficacia di giudicato e non è, pertanto, ricorribile per cassazione, neppure limitatamente al profilo concernente le spese, la cui contestazione - ove il soccombente non intenda iniziare il giudizio di merito - va effettuata in sede di opposizione al precetto intimato su tale titolo ovvero all'esecuzione, ove iniziata sulla base di esso.
Cass. civ. n. 10067/2017
Non può essere identificato un nuovo esercizio di potere giurisdizionale nella motivazione dell'ordinanza che rigetta l’istanza di correzione materiale, atteso che il principio secondo cui la portata precettiva del provvedimento va individuata tenendo conto anche delle enunciazioni della motivazione trova applicazione solo quando il dispositivo contenga comunque una statuizione positiva, e non quando si limiti al rigetto dell’istanza; in tal caso, infatti, il tenore della motivazione può valere unicamente ad integrare l'interesse ad agire per l'impugnazione della sentenza di cui si è chiesta invano la correzione, ricorrendone gli ulteriori presupposti, mentre resta esclusa l’applicabilità dell’art. 288, comma 4, c.p.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha respinto il ricorso volto a denunziare, in seno all’ordinanza con la quale era stata respinta l’istanza di correzione di errore materiale relativa alla decorrenza degli interessi su un credito pecuniario, il riferimento ad una diversa data contenuto nella motivazione).
Cass. civ. n. 27509/2017
L'ultimo comma dell'art. 288 c.p.c., secondo il quale le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata, a cura del cancelliere (art. 121 disp. att. c.p.c.), l'ordinanza di correzione, dev'essere messo in relazione con l'art. 327 c.p.c. in virtù del quale, indipendentemente dalla notificazione, l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione possono essere proposti entro un anno dalla pubblicazione della sentenza; pertanto è ammissibile, rispetto alle parti corrette, l'impugnazione proposta entro un anno dalla pubblicazione dell'ordinanza di correzione non notificata. (Fattispecie relativa a causa iniziata prima della modifica del termine cd. lungo di impugnazione, operata dall'art. 46, comma 17, della l. n. 69 del 2009, applicabile a, norma dell'art. 58, comma 1, della detta l., ai giudizi instaurati dopo la sua data di entrata in vigore).
Cass. civ. n. 20691/2017
L'impugnazione (principale o incidentale) della sentenza relativamente alla parte corretta in esito al procedimento di correzione di omissioni o errori materiali o di calcolo, che a norma dell'art. 288,comma 3, c.p.c., può essere proposta nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione, può avere ad oggetto solo la verifica della legittimità ed esattezza della disposta correzione e non anche il merito della sentenza impugnata. Per contro, l'impugnazione della sentenza oggetto di correzione relativa al merito della sentenza va proposta, a pena di inammissibilità, nel termine ordinario decorrente dalla data della sentenza stessa e non della correzione.
Cass. civ. n. 4610/2017
Avverso l'ordinanza che dispone la correzione di errore materiale, ai sensi dell'art. 288 c.p.c., è ammesso il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., avente ad oggetto la statuizione di condanna di una delle parti al pagamento delle spese del procedimento di correzione, avendo detta statuizione non soltanto carattere decisorio, ma altresì definitivo, in quanto non impugnabile con il rimedio di cui all'ultimo comma del citato art. 288, preordinato esclusivamente al controllo della legittimità dell'uso del potere di correzione sotto il profilo della intangibilità del contenuto concettuale del provvedimento corretto.
Cass. civ. n. 10090/2015
In tema di responsabilità disciplinare dell'avvocato, il dovere di probità, dignità e decoro, sancito dall'art. 6 del codice deontologico forense, ha riscontro nell'art. 88 cod. proc. civ., che non solo sancisce il dovere delle parti e dei difensori di comportarsi in giudizio con lealtà e probità, ma impone al giudice, ove il patrocinatore lo infranga, di riferirne all'autorità disciplinare. (Nella specie, applicando l'enunciato principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la condanna disciplinare inflitta ad un avvocato che aveva notificato atti di precetto per somme già incassate dall'assistito).
Cass. civ. n. 19284/2014
L'istanza di correzione di errore materiale non è mai oggetto di gravame in senso proprio, anche quando rivolta al giudice dell'impugnazione della sentenza contenente l'errore che si chiede di correggere.
Cass. civ. n. 12642/2014
Il giudizio di opposizione agli atti esecutivi è un ordinario giudizio di cognizione che si conclude con sentenza ed ha per oggetto la valutazione di conformità di un segmento del processo esecutivo alle norme che lo regolano, sicché il giudice ha il potere-dovere di acquisire il fascicolo del processo esecutivo, per prendere diretta conoscenza dello svolgimento di esso e degli atti compiuti dal giudice dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 3827/2013
In tema di correzione di errore materiale, quando sia trascorso oltre un anno dal deposito dell'ordinanza di cui si chiede la correzione, il ricorso deve essere notificato non al difensore, ma alla parte personalmente, in quanto l'art. 288, terzo comma, c.p.c. pone il limite di un anno alla "perpetuatio" dell'ufficio del difensore ed all'efficacia dell'elezione di domicilio compiuta per il giudizio, presumendosi la cessazione dell'incarico difensivo. La notifica al difensore, tuttavia, non è inesistente, in quanto non si traduce nell'impossibilità di riconoscere nell'atto la rispondenza al modello legale della sua categoria, ma si risolve in una mera violazione in tema di forma, che dà luogo ad una nullità sanabile ex art. 160 c.p.c., con conseguente operatività dei rimedi della rinnovazione o della sanatoria.
Cass. civ. n. 3338/2012
Il dovere di lealtà e probità processuale, che grava sulle parti e sui loro difensori, a norma dell'art. 88, primo comma, cod. proc. civ., impone all'avvocato, cui sia stata sollecitata una presa di posizione su di un'istanza chiara e ben definita, non solo di rispondere, ma anche di esprimersi in maniera altrettanto comprensibile e, soprattutto, di attenersi ad una logica di tipo binario, che non ammette formule di dubbia lettura, né ipotesi terze fra l'affermazione e la negazione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la dichiarazione di "rimettersi" alla decisione del giudice, formulata da un difensore in presenza di richiesta di sospensione del giudizio, ai seni dell'art. 279, quarto comma, cod. proc. civ., proveniente da altro procuratore, dovesse intendersi equivalente ad una adesione all'istanza, mostrando una sostanziale non avversità ad essa).
Cass. civ. n. 8857/2011
Nel procedimento esecutivo, il termine di dieci giorni per presentare istanza di assegnazione, di cui all'art. 588 cod. proc. civ., ha natura non perentoria, ma ordinatoria, sicché il giudice dell'esecuzione non può discrezionalmente decretare l'estinzione della procedura esecutiva con provvedimento anticipatorio che prefiguri tale estinzione quale conseguenza del decorso della decade dall'udienza infruttuosa di incanto, in assenza di fissazione di nuova udienza, e perciò al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, giusta disposto dell'art. 630 cod.proc.civ. (Cassa con rinvio, Trib. Salerno, 01/09/2005).
Cass. civ. n. 20596/2010
Nell'espropriazione di crediti presso terzi, il creditore non ha l'obbligo di consegnare materialmente all'ufficiale giudiziario il titolo esecutivo, essendo sufficiente la mera esibizione di esso. Ne consegue che il creditore, dopo avere proceduto ad un primo pignoramento presso terzi, può successivamente pignorare un ulteriore credito del proprio debitore esibendo all'ufficiale giudiziario il medesimo titolo esecutivo, e senza necessità di munirsi di una seconda copia in forma esecutiva di quest'ultimo.
Cass. civ. n. 6480/2010
Qualora l'azione nunciatoria non abbia ad oggetto la richiesta di demolizione di un'opera, bensì il ripristino dello stato dei luoghi, la domanda può essere interpretata come richiesta di risarcimento del danno in forma specifica e, pertanto, quando essa sia avanzata contro l'autore del fatto dannoso, non si verifica un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra lo stesso ed il proprietario o comproprietario del fondo sul quale l'opera illegittima è stata eseguita.
Cass. civ. n. 1199/2010
Gli atti di vendita di immobili a mezzo notaio, posti in essere nell'ambito del procedimento di scioglimento di comunione ereditaria, pur essendo disciplinati dagli artt. 570 e segg. c.p.c., espressamente richiamati dall'art. 788, terzo comma, c.p.c., non sono riconducibili ad una azione esecutiva, avendo solo funzione attuativa dello scioglimento della comunione; ne consegue che il rimedio esperibile avverso tale procedura ed il provvedimento conclusivo di trasferimento del bene non é l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c., bensì un'autonoma azione di nullità. (Nell'affermare l'anzidetto principio, la S.C. ha rigettato il ricorso ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento con cui era stata disattesa l'istanza di revoca del decreto di trasferimento dell'immobile oggetto di divisione, proposta da uno dei coeredi per la mancata effettuazione della pubblicità prevista dall'art. 490 c.p.c., precisando che tale norma non è applicabile alla fattispecie in esame, disciplinata, invece, dall'art. 790 c.p.c.).
Cass. civ. n. 9909/2009
La denuncia di nuova opera, quando sia rivolta in via urgente alla sospensione immediata dei lavori e, successivamente, al ripristino della situazione antecedente alla lesione del diritto reale di cui si invoca la tutela possessoria o petitoria, non può essere oggetto della cognizione arbitrale, né in fase cautelare né in ordine al giudizio a cognizione piena, richiedendo necessariamente l'esercizio giudiziale di poteri coercitivi.
Cass. civ. n. 6426/2009
In tema di esecuzione forzata, il deposito del titolo esecutivo, prescritto dall'art. 557, secondo comma, cod. proc. civ., è volto a consentire al giudice dell'esecuzione di accertare che la parte istante, come affermato nel precetto e nel pignoramento, ha diritto di procedere all'espropriazione immobiliare, ed in mancanza di esso il debitore può far valere, con l'opposizione di cui all'art. 617 cod. proc. civ., la nullità degli atti successivi, entro il termine di decadenza decorrente dalla conoscenza legale di ciascuno di essi; non essendo peraltro previsto un termine per tale adempimento, l'effettuazione del deposito nel corso del giudizio di opposizione impedisce la pronuncia della nullità, in quanto l'intervenuta dimostrazione del possesso del titolo da parte del creditore istante consente di ritenere raggiunto lo scopo perseguito dalla regola violata.
Cass. civ. n. 3487/2009
Il potere del giudice di merito di riferire alle autorità che esercitano il potere disciplinare sui difensori in caso di violazione del dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità, ovvero di ordinare la cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive utilizzate negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati davanti al giudice, costituisce un potere valutativo discrezionale volto alla tutela di interessi diversi da quelli oggetto di contesa tra le parti, ed il suo esercizio d'ufficio, presentando carattere ordinatorio e non decisorio, si sottrae all'obbligo di motivazione e non è sindacabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 16799/2008
Nel procedimento esecutivo, in base alla normativa di cui agli artt. 588 e 590 c.p.c. sia nella formulazione previgente, applicabile, ratione temporis al caso esaminato dalla S.C, sia nell'attuale formulazione, a seguito della novella di cui al D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito, con modificazioni nella legge 14 maggio 2005, n. 80, affinché il giudice possa disporre l'assegnazione del bene, che è onere del creditore richiedere, è necessario che non vi siano offerte all'incanto che, per l'eorato ; pertanto i due detti mezzi di soddisfazione coattiva del credito non sono tra loro sin dall'inizio in concorso alternativo ma successivo, dovendosi tentare la vendita con incanto almeno una volta per poter poi, in caso di insuccesso, procedere al sussidiario mezzo di realizzazione del credito, costituito dall'assegnazione.
Cass. civ. n. 12841/2008
Il rimedio dell'impugnazione delle sentenze relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione, previsto dall'art. 288, quarto comma, c.p.c., giacché preordinato esclusivamente al controllo di legittimità dell'uso del potere di correzione sotto il profilo della intangibilità del contenuto concettuale del provvedimento corretto, non può essere esperito per censurare vizi che non attengono alle parti corrette di una sentenza, ma all'ordinanza di correzione. Tuttavia, detti vizi, ove assumano autonomo rilievo, in quanto riguardanti un punto sul quale l'ordinanza di correzione abbia avuto carattere non solo decisorio, ma anche definitivo, perché funzionalmente estraneo alla correzione della sentenza da errori od omissioni, possono essere fatti valere soltanto con il rimedio esperibile, ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso tutti i provvedimenti contenziosi di natura giurisdizionale non altrimenti impugnabili. (Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto al solo scopo di censurare l'omissione, nell'ordinanza di correzione, della decisione sulle spese del relativo procedimento ).
Cass. civ. n. 8306/2008
Ai sensi dell'art. 479 c.p.c. presupposto processuale specifico dello svolgimento del processo esecutivo (da distinguersi dalla condizione dell'azione esecutiva consistente nell'esistenza del titolo esecutivo, come previsto dall'art. 474 c.p.c.) è che il titolo esecutivo (o copia autorizzata di questo, secondo quanto consentito dal secondo comma dell'art. 488 c.p.c.) sia esibito all'organo esecutivo. La violazione relativa all'adempimento di tale presupposto processuale non può essere rilevata d'ufficio dal giudice dell'esecuzione e, in quanto atto esecutivo, deve essere fatta valere con il rimedio di cui all'art. 617 del codice di rito.
Cass. civ. n. 28985/2008
Nella fase che precede la dichiarazione di fallimento, il diritto di difesa dell'imprenditore insolvente, in considerazione del carattere camerale e sommario del relativo procedimento, può essere garantito non solo, ai sensi dell'art. 15 legge fall. (nel testo "ratione temporis" vigente), mediante l'audizione del debitore da parte dal tribunale o del giudice relatore, ma anche mediante l'attribuzione della facoltà di presentare scritti difensivi e documenti; pertanto, nel caso in cui il tribunale abbia disposto la convocazione dell'imprenditore innanzi al giudice designato per l'istruttoria prefallimentare, non sussiste, all'esito di quest'ultima e tenuto conto delle esigenze di speditezza e dalla natura inquisitoria del predetto procedimento, alcun obbligo a carico del predetto giudice di fissare una precisa ulteriore adunanza avanti al tribunale in camera di consiglio cui rimettere la decisione, non essendo nemmeno prevista una scansione formale precisa,come nel processo ordinario, tra fase istruttoria e fase decisoria. (Applicando tale principio, la S.C. ha rigettato il ricorso con cui il fallito aveva censurato la decisione del giudice delegato all'istruttoria che aveva "riservato la decisione al collegio" per un'udienza diversa da quella, anteriore, in cui il tribunale aveva poi deliberato la dichiarazione di fallimento, negando che tale provvedimento equivalesse ad una anticipazione o rinvio dell'udienza). (Rigetta, App. L'Aquila, 19 dicembre 2003).
Cass. civ. n. 6635/2007
In materia di spese processuali, al criterio della soccombenza può derogarsi solo quando la parte risultata vincitrice sia venuta meno ai doveri di lealtà e probità, imposti dall'art. 88 c.p.c. Tale violazione, inoltre, è rilevante unicamente nel contesto processuale, restando estranee circostanze che, sia pur riconducibili ad un comportamento commendevole della parte, si siano esaurite esclusivamente in un contesto extraprocessuale, le quali circostanze possono, al più, giustificare una compensazione delle spese (in applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, in controversia previdenziale, aveva condannato l'INPS al pagamento delle spese processuali, sul presupposto che l'ente previdenziale avesse concorso a dare origine alla controversia negando, in radice, la sussistenza di una inabilità temporanea assoluta conseguita ad infortunio sul lavoro e sostenendo questa tesi in giudizio).
Cass. civ. n. 5950/2007
In tema di procedimento di correzione di errori materiali, l'art. 288 c.p.c., nel disporre che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione, appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l'impugnabilità per altra via del provvedimento a lume del disposto dell'art. 177, terzo comma, n. 3, c.p.c., a tenore del quale non sono modificabili né revocabili le ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo. Il principio di assoluta inimpugnabilità di tale ordinanza, neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., vale anche per l'ordinanza di rigetto, in quanto il provvedimento comunque reso sull'istanza di correzione di una sentenza all'esito del procedimento regolato dall'art. 288 c.p.c. è sempre privo di natura decisoria, costituendo mera determinazione di natura amministrativa non incidente sui diritti sostanziali e processuali delle parti, in quanto funzionale all'eventuale eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo che non può in alcun modo toccare il contenuto concettuale della decisione. Per questa ragione resta impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta, proprio al fine di verificare se, mercé il surrettizio ricorso al procedimento in esame, sia stato in realtà violato il giudicato ormai formatosi nel caso in cui la correzione sia stata utilizzata per incidere, inammissibilmente, su errori di giudizio.