Art. 446 – Codice di procedura penale – Richiesta di applicazione della pena e consenso
1. Le parti possono formulare la richiesta prevista dall'articolo 444, comma 1, fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli articoli 421, comma 3, e 422, comma 3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall'articolo 458, comma 1 o all’udienza prevista dal comma 2-bis dello stesso articolo.
2. La richiesta e il consenso nell'udienza sono formulati oralmente [141]; negli altri casi sono formulati con atto scritto.
3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale [122] e la sottoscrizione [110] è autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore.
4. Il consenso sulla richiesta può essere dato entro i termini previsti dal comma 1, anche se in precedenza era stato negato.
5. Il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell'imputato.
6. Il pubblico ministero, in caso di dissenso, deve enunciarne le ragioni [448].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 22312/2018
Nel caso in cui l'imputato rilasci al difensore procura speciale per procedere al patteggiamento, deve ritenersi che egli implicitamente acconsente che l'udienza (camerale o pubblica) si svolga in sua assenza cosicchè, ove lo stesso sia detenuto e non abbia chiesto espressamente di essere sentito, non deve essere tradotto in udienza né, ove detenuto in luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice, ascoltato dal magistrato di sorveglianza. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto manifestamente infondato il ricorso con cui l'imputato deduceva la nullità della sentenza pronunciata in sua assenza, nonostante lo stesso fosse detenuto per altra causa, ed ha, altresì, rilevato che la previsione contenuta all'art. 446, comma 5, cod. proc. pen. conferma la non indispensabilità della presenza dell'imputato all'udienza fissata per la decisione in merito alla richiesta di patteggiamento).
Cass. civ. n. 5541/2016
In tema di patteggiamento, l'art.446 comma primo cod.proc.pen. prescrive che la richiesta di applicazione della pena conseguente a giudizio immediato deve essere formulata entro il termine di decorrenza di quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato, con la conseguenza che il patteggiamento tardivamente richiesto non deve essere ammesso e, se lo è stato, dà luogo ad una ipotesi di nullità della decisione.
Cass. civ. n. 37879/2015
La richiesta di patteggiamento preannunciata nel corso dell'udienza preliminare ma mai formalizzata è inesistente, in quanto inidonea ad integrare una proposta negoziale, nè può essere rinnovata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, in quanto la sua proposizione "in limine litis" equivarrebbe alla presentazione di essa per la prima volta, in un momento in cui il suo compimento è ormai precluso (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione che aveva giudicato tardiva la richiesta di patteggiamento formulata in dibattimento dall'imputato che aveva ripetutamente preannunciato in sede di udienza preliminare la volontà di patteggiare, ottenendo a tal fine più volte un rinvio per acquisire il consenso del pubblico ministero, ma non aveva poi mai articolato la richiesta, nè aveva mai domandato che il pubblico ministero si pronunciasse su di essa).
Cass. civ. n. 795/2013
È inammissibile la richiesta di applicazione della pena formulata dall'imputato dinanzi al giudice del dibattimento, instaurato in virtù di decreto che dispone il giudizio emesso all'esito dell'udienza preliminare, nella quale nessuna analoga richiesta sia stata avanzata, in quanto l'art. 448, comma primo, c.p.p. riconosce all'imputato la facoltà di rinnovare detta richiesta in caso di dissenso del P.M. o di rigetto da parte del giudice per le indagini preliminari, ma non quella di presentarla per la prima volta in "limine iudicii".
Cass. civ. n. 16838/2007
Il difensore nominato procuratore speciale per proporre richiesta di pena patteggiata, ex articolo 446, comma 3, del c.p.p., in mancanza di volontà dell'imputato espressa nelle stesse forme previste per la procura speciale, non può farsi validamente sostituire, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima la sentenza di applicazione della pena emessa sulla base di richiesta proveniente da soggetti diversi dall'imputato o dai soggetti da questo indicati con procura speciale. In particolare, da ciò derivando che, in mancanza della volontà dell'imputato espressa nei termini suindicati, è nullo l'accordo per l'applicazione della pena concluso con il pubblico ministero dal sostituto processuale nominato dal difensore al quale sia stata conferita la procura speciale per la scelta del rito, giacché i poteri che derivano da tale procura, per la natura del particolarissimo atto dispositivo in vista del quale sono conferiti, si caratterizzano per l'intuitus personae ed esulano da quelli tipici inerenti allo svolgimento del mandato difensivo, sicché non possono essere ricompresi tra quelli esercitabili dal sostituto del difensore, ai sensi del comma 2 dell'articolo 102 del c.p.p, né possono essere espressamente subdelegati. (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 11981/2007
La richiesta di «patteggiamento» può essere proposta, oltre che dall'imputato personalmente, anche a mezzo di procuratore speciale; pertanto essa può essere presentata dal difensore soltanto se vi è abilitato a mezzo di procura speciale (articolo 446, comma 3, del c.p.p.). Al procuratore speciale, peraltro, non è consentito delegare altra persona, a meno che tale facoltà non sia stata conferita espressamente dall'imputato con le forme previste per la procura speciale dall'articolo 446, comma 3, del c.p.p. Da ciò deriva che, in difetto di attribuzione di tale facoltà, il sostituto del difensore nominato ex articolo 102 del c.p.p., pur esercitando i diritti e assumendo i doveri del difensore, non è legittimato a presentare la richiesta di «patteggiamento», perché questa in tale evenienza non è in alcun modo riferibile all'imputato. (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 6609/2000
Nell'ipotesi del c.d. «patteggiamento in appello» (previsto dagli artt. 599 e 602 c.p.p., e caratterizzato dalla medesima natura pattizia dell'ipotesi regolamentata dall'art. 444 c.p.p.), non è consentito all'imputato rimettere in discussione la descrizione del fatto e la sua qualificazione giuridica una volta che, sulla base di esse, si sia raggiunto un accordo con il pubblico ministero; ne consegue che deve dichiararsi l'inammissibilità del ricorso per cassazione, proposto avverso la sentenza pronunciata in appello in esito all'accordo raggiunto ai sensi del citato art. 599 e fondato sull'inesattezza della qualificazione giuridica del fatto (prospettata come nullità di carattere generale ed insanabile, riconducibile all'attività del P.M. e all'esercizio dell'azione penale), atteso che, in tal modo, l'imputato tende a conseguire l'effetto, incompatibile con l'irrevocabilità e immodificabilità del consenso prestato, di rimettere in discussione l'accordo già raggiunto.
Cass. civ. n. 4585/2000
In tema di patteggiamento, la sentenza che applichi la pena richiesta dall'imputato a seguito di dibattimento celebrato per il mancato consenso del P.M., ritenuto dal giudice ingiustificato, è appellabile anche dall'imputato, atteso che la rinunzia a contestare l'accusa, implicita nella richiesta di patteggiamento, ha effetto solo e unicamente nel caso in cui sia stato raggiunto l'accordo tra le parti sulla pena da applicare.
Cass. civ. n. 1445/2000
In tema di patteggiamento la procedura dettata dagli artt. 444 e ss. c.p.p. è tale per cui la stipulazione del patto fra l'imputato, personalmente (o a mezzo di procuratore speciale), e il pubblico ministero, comporta implicitamente la rinuncia a qualsivoglia eccezione di natura processuale, vertendo il patto esclusivamente in ordine alla entità della pena e alla considerazione delle eventuali circostanze. (Nella fattispecie, relativa a ricorso per cassazione proposto dal difensore cui non sarebbe stato dato alcun avviso della data dell'udienza di convalida dell'arresto, la Corte, alla stregua dell'enunziato principio, ha chiarito che l'omessa citazione rituale del difensore di fiducia diviene irrilevante a fronte della volontà libera e dichiarata di patteggiare la pena purché sia assicurata la presenza di un difensore (anche di ufficio) che garantisca la conformità del patto alla legge. Ciò in quanto la volontà di stipulare il patto medesimo è prerogativa esclusiva dell'imputato rispetto alla quale (salvo il caso di procura speciale) il difensore non può surrogarsi).
Cass. civ. n. 1369/2000
In tema di patteggiamento, la richiesta di applicazione della pena è atto dispositivo personalissimo dell'imputato, che deve essere manifestato con forme vincolate e predefinite; pertanto, la volontà dell'interessato deve essere necessariamente espressa personalmente o, in mancanza, tramite procuratore speciale. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di patteggiamento impugnata dall'imputato, rilevando che l'atto di nomina del difensore, pur contenendo la dicitura “conferisce procura speciale”, non recava alcuna espressione che legittimasse il professionista alla definizione del procedimento con pena concordata, mentre, ai sensi dell'art. 122 c.p.p., la procura deve contenere la determinazione dell'oggetto per cui è conferita e deve, dunque, far riferimento al potere di richiedere la applicazione di pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p.).
Cass. civ. n. 6245/1999
In tema di patteggiamento, la procura speciale con la quale viene conferito al procuratore anche il potere di richiedere l'applicazione della pena si caratterizza per la discrezionalità riconosciuta allo stesso procuratore anche in questa materia, giacché l'indicazione di un limite di pena trasformerebbe quest'ultimo in semplice “nuncius”.
Cass. civ. n. 1167/1999
La richiesta di patteggiamento è ripetibile fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, dato che da nessuna norma di legge può desumersi la non riproponibilità di detta richiesta, dovendosi, al contrario, ricavare la possibilità di riproporla dal disposto dell'art. 446, comma quarto, c.p.p. che consente la prestazione del consenso alla parte che in precedenza lo aveva negato. L'unico limite è dato dal fatto che la richiesta abbia un contenuto diverso dalla precedente, dato che il potere di proporre utilmente una determinata richiesta si esaurisce con la pronuncia su di essa.
Cass. civ. n. 11076/1998
La volontà dell'imputato rivolta al patteggiamento deve essere espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale: in quest'ultimo caso è consentito al procuratore speciale delegare altra persona qualora tale facoltà gli sia stata attribuita dall'imputato con le stesse forme previste per la procura speciale dall'art. 446, terzo comma, c.p.p.
Cass. civ. n. 6545/1998
In tema di patteggiamento, una volta che le parti abbiano sottoposto all'organo giudicante le loro richieste, queste non possono essere più revocate; il che implica che ogni questione concernente la prova in ordine alla sussistenza del fatto e alla sua soggettiva attribuzione, le eventuali nullità verificatesi nella fase procedimentale, l'entità e le modalità di determinazione della pena non possono costituire motivo di impugnazione della sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p. Tale conclusione vale sia per l'imputato, sia per il pubblico ministero, per il quale, salva l'impugnazione per erronea applicazione formale di norma di diritto, non sussiste alcun concreto interesse che possa rendere ammissibile una doglianza concernente l'inadeguatezza della determinazione di pena. Ed invero, anche per la parte pubblica l'interesse ad impugnare deve essere collegato alla condotta processuale prefigurata dalle norme relative allo speciale rito del patteggiamento, sicché esso va correlato non solo agli interessi coordinati allo scopo del processo, ma anche a che detto scopo si realizzi con il minimo impiego di attività e di tempo per ridurre al massimo il costo del processo. Ne consegue che, nell'ottica della pena patteggiata, ciascuna delle parti deve, preventivamente all'accordo da sottoporre all'organo giudicante, operare una scelta con coerente rinuncia ad alcune delle facoltà esercitabili nel rito previsto come normale dall'ordinamento processuale, di guisa che, costituendo la concorde richiesta presentata alla valutazione del giudice l'espressione dell'interesse delle parti come sopra specificato, ogni successivo ripensamento sul suo contenuto non soltanto non può costituire motivo di impugnazione, ma anche qualifica il gravame come privo di interesse, avendo la parte già rinunciato, partecipando all'accordo con la controparte, a tale sua facoltà.
Cass. civ. n. 4199/1998
La richiesta di applicazione di pena patteggiata deve essere considerata irrevocabile, una volta che su di essa sia stato manifestato il consenso dell'altra parte, in quanto le dichiarazioni congiunte di volontà determinano effetti non reversibili nel procedimento che, avviato verso un epilogo anticipato, con l'assunzione, da parte dell'indagato, della qualità di imputato e l'esercizio dell'azione penale, non può tornare nella fase delle indagini preliminari e richiede l'intervento del giudice, valutativo delle richieste formulate. Invero, la richiesta di applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell'altra parte, non può essere né revocato, né modificato unilateralmente ed è sottoposto solo al controllo giudiziale.
Cass. civ. n. 5543/1997
È nullo l'accordo per l'applicazione della pena a richiesta delle parti concluso con il pubblico ministero dal sostituto processuale nominato dal difensore al quale sia stata conferita la procura speciale per la scelta del rito. I poteri che derivano da tale procura, infatti, per la natura del particolarissimo atto dispositivo in vista del quale sono conferiti, si caratterizzano per l'intuitus personae ed esulano da quelli tipici inerenti allo svolgimento del mandato difensivo, sicché non possono essere ricompresi tra quelli esercitabili dal sostituto del difensore ai sensi del secondo comma dell'art. 102 c.p.p., né possono essere espressamente sub-delegati.
Cass. civ. n. 4675/1997
La richiesta di patteggiamento può essere accolta dal giudice ancorché la procura speciale rilasciata al difensore non contenga la specifica indicazione della pena di cui concordare l'applicazione. (Nell'affermare detto principio la Corte ha osservato che alla procura speciale viene attribuita, sostanzialmente, anche la discrezionalità che è necessaria, in relazione alla fattispecie concreta ed alle contingenti richieste della parte pubblica, per contemperare l'interesse del rappresentato con le prospettazioni, quoad poenam, della controparte e per stipulare l'accordo nella misura che risulti essere l'unica possibile in bonam partem. Il presupposto pattizio dell'istituto postula infatti una preliminare incertezza sia sull'an e che sul quantum, con la conseguenza che la predeterminazione nella procura, da parte dell'interessato, della pena da concordare è di norma inconciliabile con la finalità e la struttura della transazione che riduce ad unità giuridica ed irretrattabile negozio processuale i rapporti ed i contrasti, anche dialettici, delle parti e, in definitiva, la preparatoria trattativa che si instaura tra il procuratore speciale ed il pubblico ministero.
Cass. civ. n. 3892/1997
In tema di termine entro il quale deve essere effettuata la richiesta di pena patteggiata, dato il limite stabilito perentoriamente dall'art. 446, comma primo, c.p.p., deve ritenersi fuori del sistema delineato dal legislatore un accordo tra le parti intervenuto solo all'esito del dibattimento. Ove ciò si verifichi, le convergenti richieste delle parti, formulate in sede di discussione finale, vanno considerate alla stregua di conclusioni rassegnate ex art. 523 c.p.p., e come tali possono essere valutate dal giudice.
Cass. civ. n. 2158/1997
A mente dell'art. 446, comma 1, c.p.p. la richiesta di applicazione di pena patteggiata può essere formulata fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Tale termine è previsto a pena di decadenza, con la conseguenza che il patteggiamento tardivamente richiesto non deve essere ammesso e, se lo è stato, dà luogo ad una ipotesi di nullità della decisione. (Fattispecie relativa ad annullamento senza rinvio di sentenza, essendo stato richiesto il patteggiamento, e ritenuto legittimo dal pretore, in un'udienza cui il processo era stato rinviato da altra udienza di rinvio rispetto a quella in cui era stato dichiarato aperto il dibattimento).
Cass. civ. n. 699/1997
In tema di patteggiamento, la sentenza con la quale il giudice, ai sensi dell'art. 448, primo comma, seconda parte, c.p.p., applica all'imputato la pena da lui richiesta, a seguito di dibattimento per il dissenso del pubblico ministero, non può prescindere dalla valutazione degli elementi di giudizio propri della cognizione piena, quasi che quel giudizio si sia svolto al solo fine di apprezzare la congruità della pena proposta dall'imputato: questa verrà quindi applicata solo nel caso in cui il giudice ritenga, motivatamente, di dover pronunciare una sentenza di condanna. (Nella specie lo svolgimento del dibattimento era stato ritenuto funzionale al solo fine di «consentire al giudice di potere rettamente valutare la legittimità o meno del dissenso del P.M.»: la Cassazione ha annullato la sentenza in quanto veniva così ipotizzato un giudizio a cognizione semipiena).
Cass. civ. n. 2247/1996
In caso di opposizione a decreto penale di condanna la richiesta di patteggiamento non deve essere contenuta inderogabilmente nella dichiarazione di opposizione, ma può essere presentata entro il termine generalmente indicato dall'art. 446 c.p.p. per il giudizio alternativo ivi contemplato. Infatti la diversa formulazione adoperata nell'art. 565 comma 2 stesso codice per il giudizio dinanzi alla pretura rispetto a quella contenuta nell'art. 461 comma 2 per l'opposizione dinanzi al tribunale non presenta alcuna importanza, dovendosi ad essa attribuire significato identico in assenza di qualsiasi elemento per dedursi che nel primo caso, a differenza del secondo, si sia voluta introdurre una preclusione sia pure ammissibile attese le caratteristiche di maggiore semplificazione del giudizio pretorile. Le cause di inammissibilità dell'opposizione, che costituisce un'impugnazione, devono essere tipizzate ed espressamente indicate, sicché tra esse non rientra l'omessa indicazione del rito prescelto, poiché non è stabilita. Pertanto, in assenza di un'espressa indicazione del rito prescelto, il giudice, nel procedimento davanti al pretore, dovrà dar corso al giudizio ordinario, mentre in quello dinnanzi al tribunale, al giudizio immediato. Infatti la formulazione del comma 1 dell'art. 464 c.p.p. non può essere ritenuta indicativa di un'esclusione anche nel procedimento davanti al tribunale della possibilità di scelta dei riti, giacché si riferisce soltanto all'ipotesi di scelta del giudizio immediato e non alle conseguenze derivanti dall'omessa indicazione del rito stabilite dalla seconda parte del comma 1 della stessa disposizione, mentre proprio all'art. 461 al comma 3 il legislatore utilizza la formula «può chiedere», espressione di una facoltà e non di un onere, al cui inadempimento non può conseguire alcuna decadenza o inammissibilità.
Cass. civ. n. 6193/1995
La richiesta di applicazione della pena è atto riservato personalmente all'imputato; essa non compete al difensore, il quale può proporla soltanto se vi è specificamente abilitato a mezzo di procura speciale. Al procuratore speciale non è però consentito delegare altra persona, a meno che tale facoltà non gli venga conferita espressamente dall'imputato con le stesse forme previste per la procura speciale dell'art. 446 comma terzo c.p.p. L'atto di delega da parte del difensore ad altro collega non è in alcun modo riferibile all'imputato, il quale non può quindi essere considerato autore o coautore del vizio che invalida la conseguente sentenza: questa, pertanto, non rientra nella ipotesi di non deducibilità di cui all'art. 182 comma primo c.p.p.
Cass. civ. n. 2947/1995
Qualora la richiesta ed il consenso all'applicazione della pena concordata dalle parti sia espresso dal difensore in presenza dell'imputato, non è necessaria alcuna procura speciale, poiché in tale fattispecie il difensore funge da semplice portavoce ed interprete delle volontà dell'interessato, immediatamente riscontrabile dal giudice.
Cass. civ. n. 2113/1995
In tema di patteggiamento, la necessità di sottoscrizione della richiesta dell'imputato, autenticata nelle forme previste dall'art. 583, comma 3, c.p.p., sorge nelle ipotesi di richiesta formulata per iscritto fuori del rapporto diretto e personale tra parte e giudice, istituzionalizzato in un atto del procedimento, formalizzato in un verbale, in cui sono gli stessi verbalizzanti che «autenticano» richiesta e sottoscrizione. (Nella specie, è stata ritenuta valida la richiesta formulata dalla parte personalmente nel corso dell'interrogatorio reso al Gip e verbalizzata dal giudice).
Cass. civ. n. 10097/1994
La parte che richiede l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 c.p.p. è tenuta ad attribuire al fatto-reato la sua corretta qualificazione giuridica, indipendentemente dal nomen juris indicato nel libello dell'accusa, non essendo lo stesso in alcun modo vincolante. Ne consegue che, in caso di dissenso del P.M. su tale richiesta e di conseguente instaurazione del dibattimento, qualora in questa sede intervenga (in caso di istruttoria od al momento delle conclusioni) modifica del solo titolo del reato, l'imputato non ha diritto ad ottenere un termine a difesa, specie per riproporre la richiesta di applicazione della pena.
Cass. civ. n. 8494/1994
In tema di patteggiamento, quando la richiesta sia stata formulata antecedentemente alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e l'altra parte abbia dato il suo consenso, il giudice, se ne ricorrono le condizioni, pronuncia immediatamente sentenza. Nell'ipotesi in cui vi sia stato invece il dissenso del P.M., «dopo la chiusura del dibattimento di primo grado» può ritenerlo ingiustificato ed accogliere l'istanza dell'imputato ovvero decidere nel merito. Ne consegue che, qualora il P.M. abbia dissentito, il giudice ha comunque l'obbligo di procedere all'intero dibattimento ed all'esito o applicare il patteggiamento o condannare l'imputato secondo il rito ordinario. Nella motivazione della sentenza dovrà inoltre spiegare le ragioni dell'accoglimento ovvero del rigetto della richiesta di patteggiamento ed esprimere il suo convincimento sulla correttezza della contrarietà, espressa dall'accusa. Non dovrà invece emettere ordinanza preliminare, per dichiarare esatto il dissenso stesso, poiché soltanto dopo il dibattimento potrà formulare un giudizio completo. Qualora tuttavia preliminarmente pronunci il predetto provvedimento, dovrà poi, al termine del dibattimento medesimo, trasfonderlo o rinnovarlo adeguatamente nella sentenza. La eventuale mancanza si profila come carenza di motivazione, alla quale, in caso di impugnazione, deve porre rimedio la corte d'appello. (La Cassazione ha annullato la sentenza della corte d'appello per difetto di motivazione).
Cass. civ. n. 5169/1994
La ricettazione di un'arma clandestina, utilizzata per commettere un reato, non può essere ritenuta fatto di particolare tenuità. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato la sentenza con la quale, sulla base del mero riferimento alla ritenuta correttezza della qualificazione giuridica del fatto, sussunto dalle parti sotto la previsione di cui all'art. 648 cpv. c.p., il giudice aveva applicato, ai sensi dell'art. 444 c.p.p., la pena che le parti stesse avevano concordemente richiesto).
Cass. civ. n. 4828/1994
In presenza dell'applicazione di una pena illegale su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., la Cassazione deve pronunciare l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza e deve disporre la trasmissione degli atti al giudice di merito per un nuovo giudizio, nel quale le parti dovranno rivalutare i termini dell'accordo e l'interesse ad un nuovo patteggiamento determinativo di una pena conforme alle prescrizioni di legge. (Fattispecie in cui il giudice di merito, a seguito di richiesta di patteggiamento, aveva fatto luogo alla sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, nonostante ricorresse un'ipotesi in cui la sostituzione non era consentita a norma dell'art. 60 della L. n. 689 del 1981; la Cassazione in luogo di determinare essa la pena ha annullato senza rinvio la decisione impugnata disponendo la trasmissione degli atti al giudice di merito ed ha enunciato il principio di cui in massima).
Cass. civ. n. 3678/1994
Poiché nessuna formula sacramentale è prevista per il conferimento della procura speciale di cui all'art. 446 c.p.p. per la richiesta di applicazione della pena concordata, la nomina del difensore di fiducia e la contestuale istanza dell'imputato di applicazione della pena, con autenticazione della sottoscrizione da parte dello stesso difensore, integrano la procura speciale prescritta dalla disposizione suddetta.
Cass. civ. n. 2417/1994
La richiesta di applicazione di pena e l'adesione alla pena proposta dall'altra parte integrano un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente.