Art. 737 – Codice di procedura civile – Forma della domanda e del provvedimento
I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di consiglio, si chiedono con ricorso [125] al giudice competente e hanno forma di decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti [724, 728, 750, 779; c.c. 84 5, 87 6, 89 2, 250 4, 288 4, 305, 314].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1323/2025
In tema di protezione internazionale, nel procedimento ex art. 35 bis del d.lgs. n. 25 del 2008, che disciplina un rito camerale peculiare o sui generis, nel quale non sempre è accolto un modello procedimentale "non partecipato", la revoca improvvisa dell'ordinanza di rinvio ad altra udienza, fissata per l'ascolto del richiedente asilo e per il deposito di documentazione, seguita da immediata decisione, comporta una compressione del diritto di difesa del ricorrente, che non può così dispiegare la propria attività difensiva finale, ed una lesione del principio del contraddittorio.
Cass. civ. n. 17198/2024
Nel caso in cui il testatore ha disposto per testamento delle sue sostanze prevedendo a favore dei legittimari esclusivamente la quota di riserva, senza dispensa dalla collazione, l'obbligo di restituzione alla massa ereditaria di quanto ricevuto in eccedenza, rispetto al valore dei beni donati in vita, è una conseguenza legale della collazione imposta dal testatore ai legittimari e non richiede l'esperimento dell'azione di riduzione per lesione di legittima da parte dei coeredi testamentari.
Cass. civ. n. 10047/2024
In tema di fallimento, l'opposizione allo stato passivo ha natura di procedimento contenzioso a cognizione piena, assimilabile all'appello, e non di volontaria giurisdizione, di talché alle relative spese di lite si applicano i parametri forensi dei giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al Tribunale.
Cass. civ. n. 4004/2024
In tema di procedimento per equa riparazione, la mancata comparizione delle parti alla prima udienza, fissata in sede di opposizione ex art. 5-ter della legge n. 89 del 2001, non può essere considerata, in assenza di una espressa previsione in tal senso ex art. 737 c.p.c., una tacita rinunzia al ricorso e non consente, quindi, la declaratoria di improcedibilità o di inammissibilità, dovendosi applicare in via analogica l'art. 181 c.p.c. in tema di ordinario processo di cognizione, con la conseguente necessità di fissazione di una nuova udienza ai sensi del primo comma dell'art. 181 c.p.c.
Cass. civ. n. 453/2024
Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, anche nel regime processuale di cui all'art. 38 disp. att. c.c., come sostituito dall'art. 3 della l. n. 219 del 2012, nel quale era applicabile, in quanto compatibile, il rito camerale ex artt. 737 e ss. c.p.c., è quello ordinario previsto dagli artt. 325 e 327 c.p.c. e non quello di dieci giorni di cui all'art. 739, comma 2, c.p.c., non valendo le regole idonee ad arrecare un vulnus ai diritti della difesa, tenuto conto della particolare rilevanza dei diritti e degli interessi in gioco, richiedenti una elaborazione di strategie difensive anche di una certa complessità, sicché, in caso di provvedimento notificato, opera il termine di trenta giorni previsto dall'art. 325 c.p.c.
Cass. civ. n. 197/2024
Nell'ambito dei procedimenti minorili, la proposizione del reclamo, per la cui ammissibilità é necessaria la formulazione di specifici motivi di impugnazione, impedisce la formazione del giudicato interno rispetto all'oggetto sostanziale (il bene della vita) del procedimento, che va individuato nell'affidamento e nel collocamento dei minori in modo conforme al loro superiore interesse, indipendentemente dalla circostanza che sia stato proposto altro reclamo incidentale. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato il decreto della corte d'appello che, pur accogliendo il reclamo proposto dalla madre, aveva ritenuto che la mancata proposizione del reclamo da parte del padre avesse dato luogo ad un giudicato rispetto alla statuizione assunta in primo grado nei suoi confronti, rimanendo così preclusa ogni valutazione sul possibile diverso collocamento ed affidamento dei minori anche al padre).
Cass. civ. n. 31174/2023
In tema di rapporti giurisdizionali con Autorità straniere, lo strumento convenzionale applicabile alla richiesta proveniente dalla Repubblica di San Marino, avente ad oggetto l'esecuzione di un sequestro preventivo a fini di confisca, è la Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi del reato e sul finanziamento del terrorismo, stipulata a Varsavia il 16 maggio 2005, a termini della quale la trasmissione diretta della richiesta tra le diverse Autorità giudiziarie è consentita solo in presenza del presupposto dell'urgenza, e non la Convenzione bilaterale di amicizia e buon vicinato tra l'Italia e la Repubblica di San Marino, stipulata a Roma il 31 marzo 1939 e ratificata con legge 6 giugno 1939, n. 1320, che disciplina la diversa materia della richiesta di cooperazione giudiziaria a scopo probatorio.
Cass. civ. n. 23036/2023
La rinuncia del coniuge all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio della figlia beneficiata, nominata erede universale, tale da integrare gli estremi di una donazione indiretta, se corra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento.
Cass. civ. n. 22632/2023
In tema di determinazione delle quote di T.F.R. spettanti agli eredi - nella specie, coniuge, ex coniuge e figli - la decisione, nei procedimenti introdotti ex l. n. 898 del 1970, va resa con sentenza, ai sensi dell'art. 9, ultimo comma, della legge citata, come sostituito dall'art. 13 della l. n. 74 del 1987, sicché è suscettibile di impugnazione entro i termini ordinari di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., a prescindere dalle forme o dal rito adottato, poiché le eventuali peculiarità del procedimento non sono idonee, in difetto di specifiche indicazioni legislative, a sottrarre il provvedimento finale all'operatività dei suddetti termini per la proposizione del gravame.
Cass. civ. n. 22559/2023
In tema di separazione consensuale, l'accordo raggiunto dai coniugi in sede di separazione, se non attribuisce direttamente la proprietà di un bene ad uno dei sottoscrittori o ad un figlio, ma ne prevede soltanto il trasferimento, costituisce un contratto a contenuto obbligatorio, non avente contenuto donativo, in quanto la cessione trova la sua causa in relazione alla sistemazione degli aspetti economici della separazione o divorzio e, più in generale, della vicenda familiare, suscettibile di ricevere tutela anche nelle forme dell'art. 2932 c.c., a condizione che il bene che ne costituisce oggetto sia identificato con certezza all'interno dell'accordo, non potendosi integrare il contenuto di quest'ultimo con ricorso a documenti esterni. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda ex art. 2932 c.c. sul presupposto che il verbale di separazione consensuale non conteneva alcuna identificazione catastale degli immobili oggetto degli accordi intervenuti tra i coniugi, senza tenere conto che il giudizio era stato introdotto in forma giudiziale, successivamente trasformato in ricorso consensuale, essendo indicati nel ricorso introduttivo i riferimenti catastali identificativi degli immobili in comproprietà tra i due coniugi).
Cass. civ. n. 18814/2023
Al fine di ravvisare presuntivamente la sussistenza di plurime donazioni di somme di denaro fatte dalla madre alla figlia convivente, soggette all'obbligo di collazione ereditaria ed alla riduzione a tutela della quota di riserva degli altri legittimari, tratte dalla differenza tra i redditi percepiti dalla "de cuius" durante il periodo di convivenza e le spese ritenute adeguate alle condizioni di vita della stessa, occorre considerare altresì in che misura tali elargizioni potessero essere giustificate dall'adempimento di obbligazioni nascenti dalla coabitazione e dal legame parentale, e dunque accertare che ogni dazione fosse stata posta in essere esclusivamente per spirito di liberalità.
Cass. civ. n. 17856/2023
In tema di azione di riduzione, non sussiste l'onere di preventiva collazione da parte dei legittimari, atteso che quest'ultima attribuisce al coerede un concorso sul valore della donazione, di regola realizzato attraverso un incremento della partecipazione sul "relictum", laddove il legittimario, per il valore che esprime la lesione di legittima, ha diritto a ricevere quel valore, in natura, con conseguente ammissibilità del concorso tra le due azioni.
Cass. civ. n. 17409/2023
In tema di divisione ereditaria, spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell'immobile donato in natura, con la conseguenza che se non esercita tale scelta, la collazione deve farsi per imputazione del relativo valore alla quota di sua spettanza.
Cass. civ. n. 15763/2023
In tema di procedimento di equa riparazione per durata irragionevole del processo, in caso di opposizione al decreto di rigetto ex art. 5-ter, l. n. 89 del 2001, il termine concesso all'opponente per notificare il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza non è perentorio, di talché, in caso di omessa o inesistente notifica, può concedersi un nuovo termine che, diversamente dal primo, ha natura perentoria e la cui violazione determina l'estinzione del processo ex art. 307, comma 3, c.p.c..
Cass. civ. n. 9066/2023
OGGETTO - IN GENERE Collazione - Obbligo - In capo all’erede del soggetto tenuto a collazione - Sussistenza. L'obbligo di collazione sussiste anche a carico di colui che subentra come erede all'originario coerede tenuto a collazione, anche in assenza dei presupposti della rappresentazione ovvero della "transmissio delationis".
Cass. civ. n. 2588/2023
Nella imposizione di registro della divisione ereditaria ex art. 34 del d.P.R. 131 del 1986, al fine di stabilire la massa comune e, di conseguenza, al fine di accertare la eventuale divergenza tra quota di fatto-quota di diritto e la presenza di eccedenze-conguagli tra coeredi tassabili come vendita-trasferimento, si deve tenere conto del valore del bene donato in vita dal "de cuius" ad uno dei coeredi condividenti e come tale oggetto di collazione ex artt. 724 e 737 c.c.
Cass. civ. n. 388/2023
I provvedimenti resi sulla denunzia di irregolarità nella gestione di una società ex art. 2409 c.c., ancorché comportino la nomina di un ispettore o di un amministratore con la revoca di quello prescelto dall'assemblea, ovvero risolvano questioni inerenti alla regolarità del relativo procedimento, sono privi di decisorietà; ne consegue che la decisione resa dalla Corte d'appello sul reclamo nei confronti di detti provvedimenti non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., tranne che per la parte in cui rechi condanna alle spese.
Cass. civ. n. 17717/2018
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 1, del d.l. n. 13 del 2017, conv. con modifiche in legge n. 46 del 2017, per difetto dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza poiché la disposizione transitoria - che differisce di 180 giorni dall'emanazione del decreto l'entrata in vigore del nuovo rito - è connaturata all'esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime.
Cass. civ. n. 16821/2010
In tema di procedimento camerale per equa riparazione ai sensi della legge n.89 del 2001, la mancata comparizione delle parti non può essere considerata, in assenza di un'indicazione in tal senso da parte dell'art. 737 c.p.c., una tacita rinunzia al ricorso e non consente, quindi, la declaratoria d'improcedibilità. Una sanzione di tal tipo cagionerebbe, infatti, conseguenze ben più rigorose di quelle previste per l'appellante nel procedimento di cognizione, in ordine al quale, ai sensi dell'art. 348, secondo comma, c.p.c., l'improcedibilità viene dichiarata quando l'appellante ometta di comparire non solo alla prima udienza, ma pure a quella successiva fissata dal giudice.
Cass. civ. n. 18201/2006
Qualora una controversia sia stata trattata in primo grado con rito camerale, nonostante la previsione legislativa imponesse il rito ordinario, l'impugnazione, per il principio di ultrattività del rito, deve seguire le forme del giudizio camerale. Ne consegue l'ammissibilità del reclamo, proposto con ricorso, nei confronti del decreto di improcedibilità della domanda di riduzione del contributo per il mantenimento di figlio naturale ove il relativo giudizio di primo grado si sia svolto nelle forme del rito camerale anziché dell'ordinario giudizio di cognizione.
Cass. civ. n. 6272/2004
In tutti i procedimenti riguardanti le pretese del coniuge divorziato sulla pensione di reversibilità si applica il rito camerale; tuttavia, l'adozione del rito ordinario non costituisce motivo di nullità, sia perché questa non è sancita da alcuna norma, sia — in osservanza del principio di conservazione degli atti — perché il rito ordinario consente di raggiungere il medesimo risultato con maggiori garanzie per la difesa e per il contraddittorio.
Cass. civ. n. 2776/2004
La motivazione del decreto che conclude il procedimento camerale è necessaria, ai sensi dell'art. 737 c.p.c. e dell'art. 111 Cost., affinché possano essere individuati il thema decidendum e le ragioni della decisione, ma può essere sommaria e, qualora il decreto sia inserito nel processo verbale d'udienza — come consente l'art. 135 c.p.c. —, può desumersi dal complesso di quanto è stato verbalizzato, sotto la direzione del giudice, e dal dispositivo che conclude il verbale stesso (fattispecie in tema di decreto emesso all'esito di procedimento di opposizione a provvedimento prefettizio di espulsione di straniero, ex art. 13 del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286).
Cass. civ. n. 16935/2002
La domanda di risarcimento ai sensi della legge 13 aprile 1988, n. 117, sulla responsabilità civile dei magistrati, va proposta con ricorso, e non con citazione, atteso che, dalle caratteristiche della fase iniziale del processo, regolata dall'art. 5 legge cit. e relativa al giudizio di ammissibilità della domanda, si desume che detta fase è improntata alla sommarietà e caratterizzata dalle forme del procedimento camerale, il che lascia trasparire all'evidenza che intenzione del legislatore era quella di prevedere, anche senza espressa indicazione, l'uso del ricorso, come è confermato, altresì, dal principio generale contenuto nell'art. 737 c.p.c., che espressamente stabilisce che i provvedimenti che debbono essere pronunziati in camera di consiglio (come quello che definisce il giudizio di ammissibilità ex art. 5 cit.) si chiedono con ricorso al giudice competente, che pronunzia con decreto.
Cass. civ. n. 8513/2002
In tema di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, il decreto del Tribunale, emesso a seguito di opposizione al decreto prefettizio, essendo provvedimento giurisdizionale di natura decisoria, deve essere, ai sensi dell'art. 111 Cost. e dell'art. 737 c.p.c. (richiamato dall'art. 13, nono comma, D.L.vo n. 286 del 1998 sia nella formulazione originaria che in quella novellata con l'art. 3 del D.L.vo n. 113 del 1999), motivato e contenere una sufficiente esposizione delle circostanze di fatto che hanno dato luogo all'adozione del provvedimento amministrativo, nonché l'indicazione delle norme che si ritengono violate onde permettere alla parte la possibilità di predisporre un'adeguata difesa in sede di impugnazione ed alla Corte di cassazione, giudice competente per l'impugnazione, di individuare a quale delle ipotesi previste dal citato art. 13 il Prefetto ha fatto riferimento nel disporre l'espulsione e di valutare le ragioni della decisione.
Cass. civ. n. 2381/2000
Il provvedimento emesso dal tribunale nella forma del decreto, alla stregua di quanto previsto per i procedimenti in camera di consiglio, anche se di natura contenziosa (nella specie, rigetto del ricorso per la revisione della sentenza di divorzio relativamente all'obbligo di corresponsione di assegno per il mantenimento di figlio divenuto maggiorenne) legittimamente è sottoscritto dal solo presidente, non essendo necessaria la firma del relatore.
Cass. civ. n. 1608/1997
Il giudizio di merito relativo alla dichiarazione di paternità o maternità naturale di minori, innanzi al tribunale, a norma dell'art. 38 att. c.c. (come modificato dall'art. 221 della legge 18 maggio 1975 e dall'art. 68 della legge 4 maggio 1983, n. 184) ove attivato con citazione invece che con ricorso (a mezzo del quale deve essere introdotto, a norma dell'art. 737 c.p.c., trattandosi di giudizio soggetto al rito camerale anziché al rito contenzioso ordinario) non è viziato da nullità quando l'atto introduttivo contenga tutti gli elementi necessari a farlo considerare come ricorso e siano stati adottati dal giudice i conseguenti provvedimenti di legge ai fini della instaurazione del contraddittorio.