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Articolo 737 Codice di procedura civile — Forma della domanda e del provvedimento

Articolo 737 Codice di procedura civile — Forma della domanda e del provvedimento

I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di consiglio, si chiedono con ricorso [ 125 ] al giudice competente e hanno forma di decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti [ 724, 728, 750, 779; c.c. 84 5, 87 6, 89 2, 250 4, 288 4, 305, 314 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 17717/2018

E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 21, comma 1, del d.l. n. 13 del 2017, conv. con modifiche in legge n. 46 del 2017, per difetto dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza poiché la disposizione transitoria – che differisce di 180 giorni dall’emanazione del decreto l’entrata in vigore del nuovo rito – è connaturata all’esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime.

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Cass. civ. n. 16821/2010

In tema di procedimento camerale per equa riparazione ai sensi della legge n.89 del 2001, la mancata comparizione delle parti non può essere considerata, in assenza di un’indicazione in tal senso da parte dell’art. 737 c.p.c., una tacita rinunzia al ricorso e non consente, quindi, la declaratoria d’improcedibilità. Una sanzione di tal tipo cagionerebbe, infatti, conseguenze ben più rigorose di quelle previste per l’appellante nel procedimento di cognizione, in ordine al quale, ai sensi dell’art. 348, secondo comma, c.p.c., l’improcedibilità viene dichiarata quando l’appellante ometta di comparire non solo alla prima udienza, ma pure a quella successiva fissata dal giudice

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Cass. civ. n. 18201/2006

Qualora una controversia sia stata trattata in primo grado con rito camerale, nonostante la previsione legislativa imponesse il rito ordinario, l’impugnazione, per il principio di ultrattività del rito, deve seguire le forme del giudizio camerale. Ne consegue l’ammissibilità del reclamo, proposto con ricorso, nei confronti del decreto di improcedibilità della domanda di riduzione del contributo per il mantenimento di figlio naturale ove il relativo giudizio di primo grado si sia svolto nelle forme del rito camerale anziché dell’ordinario giudizio di cognizione.

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Cass. civ. n. 6272/2004

In tutti i procedimenti riguardanti le pretese del coniuge divorziato sulla pensione di reversibilità si applica il rito camerale; tuttavia, l’adozione del rito ordinario non costituisce motivo di nullità, sia perchè questa non è sancita da alcuna norma, sia — in osservanza del principio di conservazione degli atti — perchè il rito ordinario consente di raggiungere il medesimo risultato con maggiori garanzie per la difesa e per il contraddittorio.

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Cass. civ. n. 2776/2004

La motivazione del decreto che conclude il procedimento camerale è necessaria, ai sensi dell’art. 737 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., affinchè possano essere individuati il thema decidendum e le ragioni della decisione, ma può essere sommaria e, qualora il decreto sia inserito nel processo verbale d’udienza — come consente l’art. 135 c.p.c. —, può desumersi dal complesso di quanto è stato verbalizzato, sotto la direzione del giudice, e dal dispositivo che conclude il verbale stesso (fattispecie in tema di decreto emesso all’esito di procedimento di opposizione a provvedimento prefettizio di espulsione di straniero, ex art. 13 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286).

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Cass. civ. n. 16935/2002

La domanda di risarcimento ai sensi della legge 13 aprile 1988, n. 117, sulla responsabilità civile dei magistrati, va proposta con ricorso, e non con citazione, atteso che, dalle caratteristiche della fase iniziale del processo, regolata dall’art. 5 legge cit. e relativa al giudizio di ammissibilità della domanda, si desume che detta fase è improntata alla sommarietà e caratterizzata dalle forme del procedimento camerale, il che lascia trasparire all’evidenza che intenzione del legislatore era quella di prevedere, anche senza espressa indicazione, l’uso del ricorso, come è confermato, altresì, dal principio generale contenuto nell’art. 737 c.p.c., che espressamente stabilisce che i provvedimenti che debbono essere pronunziati in camera di consiglio (come quello che definisce il giudizio di ammissibilità ex art. 5 cit.) si chiedono con ricorso al giudice competente, che pronunzia con decreto.

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Cass. civ. n. 8513/2002

In tema di espulsione dello straniero dal teritorio dello Stato, il decreto del Tribunale, emesso a seguito di opposizione al decreto prefettizio, essendo provvedimento giurisdizionale di natura decisoria, deve essere, ai sensi dell’art. 111 Cost. e dell’art. 737 c.p.c. (richiamato dall’art. 13, nono comma, D.Lgs. n. 286 del 1998 sia nella formulazione originaria che in quella novellata con l’art. 3 del D.Lgs. n. 113 del 1999), motivato e contenere una sufficiente esposizione delle circostanze di fatto che hanno dato luogo all’adozione del provvedimento amministrativo, nonché l’indicazione delle norme che si ritengono violate onde permettere alla parte la possibilità di predisporre un’adeguata difesa in sede di impugnazione ed alla Corte di cassazione, giudice competente per l’impugnazione, di individuare a quale delle ipotesi previste dal citato art. 13 il Prefetto ha fatto riferimento nel disporre l’espulsione e di valutare le ragioni della decisione.

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Cass. civ. n. 2381/2000

Il provvedimento emesso dal tribunale nella forma del decreto, alla stregua di quanto previsto per i procedimenti in camera di consiglio, anche se di natura contenziosa (nella specie, rigetto del ricorso per la revisione della sentenza di divorzio relativamente all’obbligo di corresponsione di assegno per il mantenimento di figlio divenuto maggiorenne) legittimamente è sottoscritto dal solo presidente, non essendo necessaria la firma del relatore.

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Cass. civ. n. 1608/1997

Il giudizio di merito relativo alla dichiarazione di paternità o maternità naturale di minori, innanzi al tribunale, a norma dell’art. 38 att. c.c. (come modificato dall’art. 221 della legge 18 maggio 1975 e dall’art. 68 della legge 4 maggio 1983, n. 184) ove attivato con citazione invece che con ricorso (a mezzo del quale deve essere introdotto, a norma dell’art. 737 c.p.c., trattandosi di giudizio soggetto al rito camerale anziché al rito contenzioso ordinario) non è viziato da nullità quando l’atto introduttivo contenga tutti gli elementi necessari a farlo considerare come ricorso e siano stati adottati dal giudice i conseguenti provvedimenti di legge ai fini della instaurazione del contraddittorio.

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