Art. 222 – Codice civile – Amministrazione affidata alla moglie
[In caso di lontananza o di altro impedimento del marito, la moglie può essere autorizzata dal tribunale, quando è necessario nell'interesse della comunione dei beni, ad assumere temporaneamente l'amministrazione di questi beni e, nei casi di necessità o utilità evidente, può anche essere autorizzata a compiere atti di alienazione, con le cautele che il tribunale creda di stabilire.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 19071/2025
In tema di misure cautelari interdittive, il divieto temporaneo di esercitare una professione di cui all'art. 290 cod. proc. pen. trova applicazione non solo con riguardo a quelle protette o vigilate da leggi speciali e soggette all'obbligo di iscrizione, ma anche in relazione a quelle aventi ad oggetto prestazioni di contenuto professionale o intellettuale oggetto di un rapporto di lavoro autonomo. (Fattispecie relativa a esercizio della professione di "massaggiatore olistico").
Cass. civ. n. 24670/2024
In tema di responsabilità professionale dell'avvocato, la tardiva proposizione di un appello privo di ragionevoli probabilità di accoglimento non costituisce per il cliente un danno risarcibile, nemmeno sotto il profilo della perdita di chance della mera partecipazione al giudizio di impugnazione.
Cass. civ. n. 24662/2024
Qualora, per esplicita richiesta delle parti ovvero per legge, il notaio che ha ricevuto un atto soggetto ad iscrizione o a trascrizione debba procurare che questa venga eseguita nel più breve tempo possibile ovvero immediatamente, spetta al prudente apprezzamento del giudice del merito e alla sua libera valutazione, tenendo conto delle determinanti del caso concreto, attinenti sia ai tempi e ai mezzi di normale impiego per l'esecuzione dell'iscrizione, sia alle evenienze non imputabili al notaio, individuare di volta in volta, con giudizio ex post, il termine nel quale quell'adempimento avrebbe dovuto essere eseguito, con la conseguenza che, prima della scadenza di detto termine, la prestazione deve ritenersi inesigibile e l'inadempimento non configurabile. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso la responsabilità professionale di un notaio che aveva eseguito la trascrizione del contratto di compravendita concluso dalle parti il secondo giorno dopo la stipula dell'atto).
Cass. civ. n. 19979/2024
In tema di inadempimento del contratto d'appalto, laddove l'opera risulti ultimata, il committente, convenuto per il pagamento, può opporre all'appaltatore le difformità ed i vizi dell'opera, in virtù del principio inadimpleti non est adimplendum al quale si ricollega la più specifica disposizione dettata dal secondo periodo dell'ultimo comma dell'art. 1667 c.c., analoga a quella di portata generale di cui all'art. 1460 c.c. in materia di contratti a prestazioni corrispettive, anche quando la domanda di garanzia sarebbe prescritta ed, indipendentemente, dalla contestuale proposizione, in via riconvenzionale, di detta domanda, che può anche mancare, senza pregiudizio alcuno per la proponibilità dell'eccezione in esame.(Nella specie, la S.C. affermando il principio ha chiarito che esso trova applicazione anche nel caso di prestazione d'opera ex art. 2226 c.c.).
Cass. civ. n. 19823/2024
Al privato libero professionista, che ricopre l'incarico di direttore generale di aziende sanitarie, si applica, come a coloro che hanno un rapporto di lavoro dipendente con le pubbliche amministrazioni, la normativa in materia di divieto di cumulo degli incarichi, poiché l'art. 3-bis, comma 10, del d.lgs. n. 502 del 1992 estende l'incompatibilità ai rapporti di lavoro autonomo, quale è quello che si instaura con la stipulazione di contratto d'opera con l'ente pubblico, in conformità alle finalità, perseguite dall'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, di sottrarre tutti coloro che svolgono un'attività alle dipendenze, in senso lato, della P.A. ai condizionamenti che potrebbero derivare dall'esercizio di altre attività, verificandosi altrimenti una ingiustificata disparità di trattamento.
Cass. civ. n. 13157/2024
In relazione alle condotte illecite poste in essere in violazione della normativa edilizia, mentre sul piano amministrativo, cioè nei rapporti con la pubblica amministrazione, la responsabilità per gli abusi incombe sia sul committente, sia sul direttore dei lavori, sia sull'appaltatore, ai fini della responsabilità nei rapporti interni rilevano il rapporto contrattuale e le obbligazioni da esso derivanti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che ha affermato la responsabilità per inadempimento del progettista-direttore dei lavori che, omettendo di segnalare alla committente la necessità di richiedere ed ottenere l'assenso alle varianti alle opere già autorizzate, ne aveva determinato la responsabilità sul piano amministrativo).
Cass. civ. n. 13059/2024
Il rapporto di lavoro degli psicologi carcerari iscritti, previa selezione, in appositi elenchi e chiamati in convenzione dalle amministrazioni penitenziarie, ex art. 80, comma 4, della l. n. 354 del 1975, è - a differenza di quello di natura subordinata degli psicologi carcerari di ruolo - di tipo autonomo, senza che depongano in senso contrario le modalità del rapporto (organizzazione del lavoro in turni, obbligo di attenersi alle direttive del direttore del carcere, nonché di segnalare e giustificare assenze), che non integrano indici di subordinazione, ma sono espressione dell'indispensabile coordinamento dell'attività professionale con la complessa organizzazione carceraria e, quindi, con l'amministrazione penitenziaria.
Cass. civ. n. 11940/2024
In tema di studio professionale associato, pur potendosi attribuire a quest'ultimo la titolarità dei crediti derivanti dall'attività professionale degli associati, resta obbligatorio che la prestazione sia resa personalmente dal singolo professionista munito dei requisiti imposti dalla legge, non rientrando il credito per il compenso tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione.
Cass. civ. n. 6287/2024
Il giudicato formatosi in relazione ad una domanda di pagamento di retribuzioni presuppone l'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro ex art. 2094 c.c., ma non preclude la proposizione di una ulteriore domanda, relativa al medesimo rapporto, che abbia ad oggetto la richiesta di un corrispettivo ai sensi dell'art. 2222 c.c., in quanto si tratta di domande diverse ed incompatibili per la loro evidente alternatività.
Cass. civ. n. 39526/2023
La causazione a una cliente di lesioni colpose anche gravi, avvenuta nello svolgimento dell'attività di parrucchiere, non è riconducibile, ex art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, né all'area degli infortuni sul lavoro, in assenza di un rapporto lavorativo con la parte lesa, né alla nozione di "colpa professionale", che rimanda ai soli esercenti di una delle professioni intellettuali previste e disciplinate dall'art. 2229 cod. civ., sicchè la competenza a giudicare spetta, in tal caso, al giudice di pace.
Cass. civ. n. 14527/2023
Il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale – cui si era uniformato – con quella sovraordinata nazionale).
Cass. civ. n. 13849/2023
Se privo della forma scritta prevista "ad substantiam", il contratto d'opera professionale stipulato con la P.A. (ancorché rientrante in attività svolta "iure privatorum") è affetto da nullità, la quale rileva nel rapporto tra l'amministrazione e il professionista, ma giammai può costituire causa di esclusione della responsabilità di quest'ultimo nei confronti dei terzi.
Cass. civ. n. 9455/2023
Il conferimento di un incarico professionale relativo ad ottenere il certificato di abitabilità, ove emerga l'esistenza pregressa di quest'ultimo, è nullo per difetto di causa, non essendo all'uopo consentito al giudice ordinario disapplicare il provvedimento amministrativo, ove illegittimo, in quanto tale potere è limitato ai casi in cui esso sia la fonte del diritto contestato. (Nella specie, la S.C. ha rigettato la censura afferente alla mancata disapplicazione da parte dei giudici di merito del certificato di abitabilità, atteso che esso non costituiva fonte dei diritti vantati dal professionista, ma elemento di fatto al quale le parti avevano fatto riferimento sul piano della giustificazione causale dell'impegno reciprocamente assunto).
Cass. civ. n. 8574/2023
Il contratto d'opera professionale con la pubblica amministrazione deve rivestire forma scritta "ad substantiam" e l'osservanza di tale forma richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo della P.A. legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e dell'entità del compenso; ne consegue che non rispetta detti requisiti formali l'adozione da parte dell'organo collegiale dell'ente di un'autorizzazione al conferimento dell'incarico, trattandosi di mero atto interno. (Nella specie, la S.C. ha affermato che la proroga dell'incarico di un contratto di consulenza esterna non può essere disposta con delibera dell'ente pubblico).
Cass. civ. n. 8487/2023
In tema di prestazione d'opera, con riferimento alla professione dei geometri, il chiaro ed univoco tenore delle disposizioni dell'art. 16, lett. l) ed m), del r.d. n. 274 del 1929, espressamente limitanti l'esercizio dell'attività di geometra a "progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione" - nel caso della lett. m) a " progetto, direzione e vigilanza" -, rispettivamente, di costruzioni rurali nonché di edifici per uso d'industrie agricole di limitata importanza, e di modeste costruzioni civili, comporta, per esclusione, la nullità degli incarichi conferiti a tali professionisti per direzione e vigilanza del cantiere e dei lavori - o comunque comportanti obbligo della relativa sorveglianza - eccedenti dai limiti indicati. L'eventuale inosservanza di tali obblighi non può essere, dunque, posta a base di azioni contrattuali, come quella risarcitoria per inesatto adempimento, da parte del committente, il quale, in quanto partecipe, per effetto del volontario conferimento dell'incarico, della violazione delle norme di ordine pubblico in questione, non può dolersi delle conseguenze dannose derivanti dal compimento di attività illecite, cui scientemente, o quanto meno incautamente, ha dato causa.
Cass. civ. n. 8058/2023
Sussiste la responsabilità dell'architetto, dell'ingegnere o del geometra, il quale, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, non assicuri la conformità dello stesso alla normativa urbanistica, in quanto l'irrealizzabilità del progetto per inadeguatezze di natura tecnica costituisce inadempimento dell'incarico e consente al committente di rifiutare di corrispondergli il compenso, ovvero di chiedere la risoluzione del contratto. Né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto.
Cass. civ. n. 6075/2023
In tema di modelli di utilità, nell'oggetto di un incarico professionale orientato al deposito della documentazione da allegare ad una domanda di brevetto non può ritenersi compresa, salva apposita pattuizione, un'attività di ricerca di eventuali anteriorità brevettuali, essendo quest'ultima un'attività che, nella prassi commerciale, risulta oggetto di specifica richiesta.
Cass. civ. n. 756/2023
I compensi dovuti a un professionista, facente parte di un'associazione professionale, possono essere pignorati nei confronti dei suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, a nulla rilevando che egli abbia delegato altri all'incasso, oppure si sia obbligato, nei confronti dell'associazione medesima, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale, salvo che non vi sia stata una formale cessione dei suddetti crediti. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo al pignoramento dei crediti vantati, da un commercialista membro di un'associazione professionale, a titolo di compenso per l'attività di membro del collegio sindacale di alcune società, sul presupposto che l'obbligo di riversare i rispettivi compensi in favore dell'associazione, contemplato dal relativo statuto, vincolasse i soli membri della stessa, e fosse pertanto inopponibile ai creditori del singolo associato).
Cass. civ. n. 756/2023
I compensi dovuti a un professionista, facente parte di un'associazione professionale, possono essere pignorati nei confronti dei suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, a nulla rilevando che egli abbia delegato altri all'incasso, oppure si sia obbligato, nei confronti dell'associazione medesima, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale, salvo che non vi sia stata una formale cessione dei suddetti crediti.
Cass. civ. n. 8058/2023
Sussiste la responsabilità dell'architetto, dell'ingegnere o del geometra, il quale, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, non assicuri la conformità dello stesso alla normativa urbanistica, in quanto l'irrealizzabilità del progetto per inadeguatezze di natura tecnica costituisce inadempimento dell'incarico e consente al committente di rifiutare di corrispondergli il compenso, ovvero di chiedere la risoluzione del contratto. Né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto.
Cass. civ. n. 4667/2021
Il principio della retribuzione sufficiente di cui all'articolo 36 della Costituzione riguarda esclusivamente il lavoro subordinato e non può essere invocato in tema di compenso per prestazioni lavorative autonome, ancorché rese, con carattere di continuità e coordinazione, nell'ambito di un rapporto di collaborazione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 27/01/2015).
Cass. civ. n. 38592/2021
Nel contratto di prestazione d'opera professionale l'assenza di pattuizione di un corrispettivo non consente di escludere l'esistenza di un'obbligazione contrattuale.
Cass. civ. n. 27370/2021
In tema di contratto d'opera e in ipotesi di difformità e vizi dell'opera, ai sensi dell'art. 2226 c.c., la denuncia deve essere effettuata nei confronti dell'effettivo prestatore d'opera, sicché non è idonea ad impedire la decadenza la denuncia, anche se tempestiva, effettuata nei confronti di un soggetto terzo che, pur avendo un rapporto diretto con il committente, non abbia alcuna diretta relazione con il prestatore d'opera e che risulti del tutto estraneo in ordine alla responsabilità per i vizi riscontrati.
Cass. civ. n. 12127/2020
La responsabilità professionale dell'avvocato presuppone la violazione del dovere di diligenza richiesto dalla natura dell'attività esercitata (art. 1176, comma 2, c.c.), sicché la conoscenza della normativa che impone la rinnovazione dell'ipoteca ai sensi degli artt. 2847 e 2878, n. 2, c.c., trattandosi di questione prettamente giuridica, fa parte dell'obbligo di prestazione professionale e rientra nella diligenza media esigibile dal difensore e non invece dal cliente (nella specie, una società), che non è tenuto a conoscere il periodo di scadenza della garanzia ipotecaria. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, pur riconoscendo la responsabilità del professionista per aver lasciato scadere la garanzia ipotecaria, aveva attribuito una parte di responsabilità alla società assistita, sostenendo che questa avrebbe dovuto essere a conoscenza della scadenza della garanzia ipotecaria e che, quindi, con la sua negligente condotta aveva concorso nella causazione degli effetti pregiudizievoli).
Cass. civ. n. 29745/2020
Ai sensi dell'art. 2500 quinquies c.c. la trasformazione di una società non libera i soci a responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali anteriori alla iscrizione della delibera di trasformazione nel registro delle imprese, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione; quest'ultimo si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di trasformazione sia stata comunicata, non hanno espressamente negato la loro adesione nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione, la quale deve avere come oggetto specifico la trasformazione della società. Ne consegue che, ai fini della operatività della presunzione di consenso, all'omessa comunicazione non possono supplire né la conoscenza acquisita "aliunde" della trasformazione da parte dei creditori, né l'invio di atti ai medesimi dai quali l'avvenuta trasformazione sia riconoscibile, né la notizia legale dell'avvenuta trasformazione che deriva dalla pubblicità della delibera.
Cass. civ. n. 185/2020
Il contratto di prestazione d'opera intellettuale, ai sensi dell'art. 2230 c.c., è disciplinato dalle norme contenute nel capo secondo del titolo terzo del libro quinto del codice civile, nonché, se compatibili, da quelle contenute nel capo precedente riguardanti il contratto d'opera in generale. Posto che la disciplina del recesso unilaterale dal contratto prevista dall'art. 2237 c.c. dispone che, in caso di recesso del cliente, al prestatore d'opera spetta il rimborso delle spese sostenute ed il corrispettivo per l'opera eseguita, mentre quella dettata dall'art. 2227 c.c. per il contratto d'opera in generale comprende anche il mancato guadagno, vi è incompatibilità tra le due disposizioni con conseguente prevalenza della norma speciale, in ragione delle peculiarità che contraddistinguono la prestazione d'opera intellettuale.
Cass. civ. n. 10057/2019
In tema di contratto d'opera per la redazione di un progetto edilizio, pur trattandosi di una fase preparatoria rispetto all'esecuzione dell'opera, il professionista (che nella specie abbia cumulato l'incarico di progettista e di direttore dei lavori), deve assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da prevenire la soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente. Ne consegue che ne sussiste la responsabilità per l'attività espletata sia nella fase antecedente all'esecuzione delle opere in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato sia in quella successiva di controllo e verifica della difformità dell'opera progettata rispetto a quella eseguita, non costituendo la riscontrata difformità di per sè indice di un accordo illecito volto alla realizzazione di un abuso edilizio, trattandosi di un obbligo del professionista giustificato dalla specifica competenza tecnica necessariamente richiesta a chi abbia assunto l'incarico del progetto e della direzione dei lavori.
Cass. civ. n. 17718/2019
Il rispetto del principio di personalità della prestazione, che connota i rapporti di cui agli artt. 2229 e ss. c.c., ben può contemperarsi con l'autonomia riconosciuta allo studio professionale associato, al quale può essere attribuita la titolarità dei diritti di credito derivanti dallo svolgimento dell'attività professionale (nella specie, attività di difesa e assistenza in un contenzioso tributario) degli associati allo studio, non rientrando il diritto al compenso per l'attività svolta tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione.
Cass. civ. n. 17279/2018
Tutte le società commerciali a totale o parziale partecipazione pubblica, quale che sia la composizione del loro capitale sociale, le attività in concreto esercitate, ovvero le forme di controllo cui risultano effettivamente sottoposte, restano assoggettate al fallimento, essendo loro applicabile l'art. 2221 c.c. in forza del rinvio alle norme del codice civile, contenuto prima nell'art. 4, comma 13, del d.l. n. 95 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 135 del 2012 e poi nell'art. 1, comma 3, del d.l.vo n. 175 del 2016.
Cass. civ. n. 18286/2018
In tema di contratto d'opera, la mancata determinazione del corrispettivo non è causa di nullità del contratto, poiché lo stesso può essere stabilito, ai sensi dell'art. 2225 c.c., in base alle tariffe vigenti od agli usi. Il ricorso a tale norma è possibile anche quando le parti, pur avendo pattuito detto corrispettivo, non abbiano fornito la relativa prova.
Cass. civ. n. 15502/2018
In tema di contratto d'opera e in ipotesi di difformità e vizi dell'opera, ai sensi dell'art. 2226 c.c. e al fine di individuare il termine di decadenza per la denunzia di essi, occorre distinguere i vizi noti al committente o facilmente riconoscibili da quelli occulti, giacché, nella prima ipotesi, l'accettazione dell'opera senza riserve libera il prestatore dalla responsabilità per i suddetti vizi mentre, nella seconda, il termine di decadenza di otto giorni decorre dalla relativa scoperta, a prescindere, quindi, dall'accettazione dell'opera.
Cass. civ. n. 26264/2018
Nella categoria generale delle professioni intellettuali, solo quelle determinate dalla legge (art. 2229, comma 1, c.c.) sono tipizzate ed assoggettate all'iscrizione in albi ed elenchi; mentre, all'infuori di queste, vi sono non solo professioni intellettuali caratterizzate per il loro specifico contenuto, ma anche prestazioni di contenuto professionale o intellettuale non specificamente caratterizzate, che ben possono essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo. Ne consegue che prestazioni di contenuto professionale o attività intellettuali possono essere svolte anche da una società di capitali, sicché il relativo rapporto va inquadrato nell'ambito del contratto d'opera intellettuale, anziché di appalto di servizi. (La S.C. ha enunciato il principio con riferimento ad una fattispecie in cui l'attività di tenuta della contabilità e di redazione delle dichiarazioni fiscali era stata affidata ad una s.r.l.).
Cass. civ. n. 486/2018
Il prestatore d'opera, se conviene con il committente di prendere in consegna il bene per l'esecuzione della prestazione principale su di esso, assume, ai sensi degli artt. 2222 e 1177 c.c., anche l'obbligo accessorio di custodirlo fino alla riconsegna, pure in caso di deposito a titolo gratuito o di cortesia. (Principio enunciato in fattispecie in cui un'auto, consegnata, per il lavaggio, dal suo proprietario al gestore di apposito impianto, era stata rubata mentre era parcheggiata sul piazzale dello stesso, chiusa a chiave dal gestore che aveva riposto la chiave in una bacheca non chiusa ubicata nel locale della cassa, accessibile a chiunque, senza, perciò, l'adozione di tutte le cautele idonee a superare la presunzione di colpa a carico del depositario).
Cass. civ. n. 10057/2018
In tema di compenso per l'attività svolta dal professionista, il giudice, indipendentemente dalla specifica richiesta del medesimo, a fronte di risultanze processuali carenti sul "quantum" ed in difetto di tariffe professionali e di usi, non può rigettare la domanda di pagamento del compenso, assumendo l'omesso assolvimento di un onere probatorio in ordine alla misura dello stesso, bensì deve determinarlo, ai sensi degli artt. 1709 e 2225 c.c., con criterio equitativo ispirato alla proporzionalità del corrispettivo con la natura, quantità e qualità delle prestazioni eseguite e con il risultato utile conseguito dal committente.
Cass. civ. n. 15805/2016
Il corrispettivo della prestazione di esercizio di una professione "non protetta" (nella specie, relazione peritale in materia lavoristica) può essere stabilito dal giudice ai sensi dell'art. 2225 c.c. assumendo come parametro le tariffe vigenti per analoghe prestazioni di esercizio di una professione "protetta" (nella specie, tariffe dei dottori commercialisti).
Cass. civ. n. 29437/2016
Il borsista o il ricercatore che, negli intervalli di tempo fra una borsa di studio e l'altra o fra un contratto di ricerca e il successivo, continui a svolgere attività in favore di una struttura sanitaria deve considerarsi un prestatore d'opera autonomo ex art. 2222 c.c., non essendo detta attività precaria riconducibile alla categoria della parasubordinazione, in assenza della continuità e della coordinazione delle prestazioni rese, con conseguente inapplicabilità dell'art. 36 Cost. in punto di sufficienza e proporzionalità della retribuzione.
Cass. civ. n. 4908/2015
In tema di contratto di prestazione d'opera, sebbene l'art. 2226 cod. civ. non ne faccia richiamo, è applicabile la disciplina dettata, con riguardo al contratto di appalto, dall'art. 1667 cod. civ. in ordine alla garanzia per i vizi, secondo cui la denuncia dei vizi non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto i vizi o li ha occultati, conseguendone che l'impegno di provvedere alla eliminazione dei difetti o vizi dell'opera dà vita ad un nuovo rapporto che si sostituisce a quello originario ed è fonte di un'autonoma obbligazione, che si prescrive nel termine ordinario decorrente dalla data di assunzione dell'impegno stesso.
Cass. civ. n. 16768/2015
L'art. 2228 c.c., che attribuisce al prestatore d'opera il diritto ad un compenso per il lavoro prestato proporzionato all'utilità dell'opera compiuta, si applica solo quando la prosecuzione dell'opera divenga impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti, situazione non ravvisabile nel caso di ammissione dell'obbligato a concordato preventivo, occorrendo, per l'operatività della norma, che si tratti di fatti estranei alla volontà o al comportamento delle parti, quali la forza maggiore derivante da eventi naturali o da provvedimenti dell'autorità.
Cass. civ. n. 7510/2014
In tema di compenso per l'attività svolta dal professionista, il giudice, indipendentemente dalla specifica richiesta del medesimo, a fronte di risultanze processuali carenti sul "quantum" ed in difetto di tariffe professionali e di usi, non può rigettare la domanda di pagamento del compenso, assumendo l'omesso assolvimento di un onere probatorio in ordine alla misura del medesimo, bensì deve determinarlo, ai sensi degli artt. 1709 e 2225 cod. civ., con criterio equitativo ispirato alla proporzionalità del corrispettivo con la natura, quantità e qualità delle prestazioni eseguite e con il risultato utile conseguito dal committente.
Cass. civ. n. 6835/2014
Lo scopo di lucro (c.d. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, essendo individuabile l'attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell'attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo), requisito quest'ultimo che, non essendo inconciliabile con il fine mutualistico, ben può essere presente anche in una società cooperativa, pur quando essa operi solo nei confronti dei propri soci. Ne consegue che anche tale società ove svolga attività commerciale può, in caso di insolvenza, può essere assoggettata a fallimento in applicazione dell'art. 2545 terdecies cod. civ. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza dichiarativa di fallimento di una società cooperativa avente quale oggetto la commercializzazione verso terzi di prodotti agricoli conferiti dai soci, dei quali la società incassava il prezzo, senza che sia risultato provato che tutte le operazioni di vendita ed incasso compiute dalla società siano state seguite dal completo versamento del denaro ai soci).
Cass. civ. n. 21397/2013
La liquidazione d'ufficio di un corrispettivo d'opera in misura inferiore a quella pretesa non richiede una specifica istanza dell'attore, non avendo le parti l'onere di sollecitare il giudice all'esercizio dei suoi poteri officiosi, qual è quello di accogliere la domanda per un importo inferiore rispetto al domandato, ed imponendo la mancanza di convenzione sul corrispettivo, al pari del difetto sulla relativa prova, non già il rigetto della domanda, ma l'accoglimento di questa per un importo minore del preteso, previa determinazione "officio iudicis" in base all'art. 2225 c.c..
Cass. civ. n. 10420/2013
Costituisce prestazione d'opera intellettuale ed è soggetta alle norme che il codice civile prevede per il relativo contratto quella espletata da un perito assicurativo, atteso che l'esercizio di tale attività è subordinata - come richiesto dall'art. 2229 cod. civ. - all'iscrizione in apposito albo o elenco, ai sensi della legge 17 febbraio 1992, n. 166. Ne consegue l'applicazione della facoltà di recesso "ad nutum", prevista dall'art. 2237 cod. civ., in difetto di prova, da parte del prestatore di lavoro, circa la pattuizione, anche implicita, di una deroga convenzionale alla disciplina legale.
Cass. civ. n. 9488/2011
La clausola inserita nella convenzione che disciplina in via generale i rapporti tra un cliente (nella specie, una pubblica amministrazione) ed i propri avvocati, la quale preveda la facoltà del cliente di accordare compensi superiori al minimo tariffario solo a sua discrezione, non ha natura vessatoria, in quanto non limita la facoltà del professionista di opporre eccezioni al cliente, ma delimita l'oggetto del contratto, individuando il corrispettivo della prestazione con riferimento all'entità e alle modalità di liquidazione del compenso professionale.
Cass. civ. n. 1842/2011
Nei rapporti bancari in conto corrente, la banca non può sottrarsi all'onere di provare il proprio credito invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell'ultima registrazione, in quanto tale obbligo volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi estranei all'attività imprenditoriale non può sollevarla dall'onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore.
Cass. civ. n. 4489/2010
In tema di contratto di prestazione d'opera professionale, titolare del rapporto è colui che conferisce l'incarico. in nome proprio, ovvero colui che, munito di procura, agisce in nome e per conto del mandante, sicché, ove difetti la rappresentanza, la persona nel cui interesse sia richiesta un'attività professionale non assume alcuna obbligazione nei confronti del professionista officiato. Tale principio trova applicazione anche con riferimento agli incarichi conferiti ad un professionista dall'avvocato munito di procura "ad litem", atteso che essa attribuisce lo "ius postulandi" e non certo il potere di compiere in nome e per conto della parte attività di tipo diverso da quelle strettamente processuali, ancorché strumentali al positivo esito della controversia.
Cass. civ. n. 26683/2009
In tema di INVIM, il diritto di computare nel valore iniziale del bene immobile alienato le spese incrementative (sostenute, come nella specie, dopo l'entrata in vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643) non è escluso dalla mancata allegazione alla dichiarazione dei documenti dimostrativi, potendo tale documentazione essere fornita successivamente al giudice tributario. Tuttavia, allorché si sia dichiarato, al fine del computo in aumento del valore iniziale, il sostenimento di spese incrementative, il contribuente ha l'onere di fornirne in giudizio, in caso d'impugnazione della rettifica adottata dall'Ufficio, idonea documentazione giustificativa; né può sottrarsi all'assolvimento di tale onere invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni (art. 2220 c.c.), perché l'interesse fiscale esige che il contribuente conservi la documentazione contabile necessaria per giustificare le spese incrementative dichiarate per tutto il periodo in cui è esercitabile il potere di accertamento dell'Ufficio, anche ove questo si protragga oltre la scadenza del termine decennale di conservazione delle scritture contabili.
Cass. civ. n. 14702/2007
L'art. 2237 cod. civ. - nel consentire al cliente di recedere dal contratto di prestazione di opera intellettuale - ammette, in senso solo parzialmente analogo a quanto stabilito dall'art. 2227 cod. civ. per il contratto d'opera, la facoltà di recesso indipendentemente da quello che è stato il comportamento del prestatore d'opera intellettuale, ossia prescindendo dalla presenza o meno di giusti motivi a carico di quest'ultimo. Tale amplissima facoltà - che trova la sua ragion d'essere nel preponderante rilievo attribuito al carattere fiduciario del rapporto nei confronti del cliente - ha come contropartita l'imposizione a carico di quest'ultimo dell'obbligo di rimborsare il prestatore delle spese sostenute e di corrispondergli il compenso per l'opera da lui svolta, mentre nessuna indennità è prevista (a differenza di quanto prescritto dal cit. art. 2227 cod. civ.) per il mancato guadagno. Ciò non esclude, tuttavia, che ove si inseriscano nel contratto clausole estranee al suo contenuto tipico, alle stesse possano applicarsi, in difetto di più specifiche determinazioni, le normali regole relative all'inadempimento dei contratti, con la possibilità, nel caso di contratto a prestazioni corrispettive, di avvalersi di quella forma di autotutela rappresentata dall'eccezione di inadempimento disciplinata dall'art. 1460 cod. civ. (Rigetta, App. Messina, 15 marzo 2004).
Cass. civ. n. 13351/2006
In tema di contratto d'opera, la norma di cui all'art. 2224 c.c. costituisce applicazione specifica dell'obbligo di diligenza previsto in via generale dall'art. 1176 c.c. che, facendo riferimento alla figura media del buon padre di famiglia, detta un criterio di carattere generale che sta ad indicare la misura in astratto dell'attenzione, della cura e dello sforzo psicologico che il debitore deve adoperare per attuare esattamente la prestazione pattuita. Pertanto, non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che applichi d'ufficio il canone di cui all'art. 1176 c.c., atteso che in tal caso la decisione non si fonda su un titolo di responsabilità diverso da quello richiesto, né risultano mutati il petitum o la causa petendi, non essendo introdotti nel tema controverso nuovi elementi di fatto. (Nella specie, il committente aveva agito ai sensi dell'art. 2224 c.c. nei confronti dell'esecutore dei lavori di restaurazione di una imbarcazione, affondata a causa di infiltrazioni d'acqua verificatesi durante la navigazione; la sentenza impugnata, nell'affermare la responsabilità del prestatore d'opera, ha ritenuto la violazione dell'obbligo della diligenza media, applicando d'ufficio la norma di cui all'art. 1176 c.c.).