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Art. 2236 — Responsabilità del prestatore d’opera

Art. 2236 — Responsabilità del prestatore d’opera

Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave [ 1176, 2104 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 15732/2018

La distinzione fra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà di cui all’art. 2236 c.c., operante anche in materia di responsabilità dell’appaltatore, non rileva quale criterio di ripartizione dell’onere della prova, ma soltanto ai fini della valutazione del grado della diligenza e del corrispondente grado della colpa del professionista. Ne consegue che, in caso di inesatta realizzazione dell’opera commissionata, grava sull’appaltatore sia l’onere di dimostrare la particolare difficoltà della prestazione, sia l’onere di provare che il risultato della stessa, non rispondente a quello convenuto, è dipeso da fatto a sé non imputabile in quanto non ascrivibile alla propria condotta conforme alla diligenza qualificata, dovuta in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto.

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Cass. civ. n. 16275/2015

La responsabilità del professionista è limitata alle sole ipotesi di dolo o colpa grave qualora l’esecuzione della prestazione d’opera implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, nozione che ricomprende non solo la necessità di risolvere problemi insolubili o assolutamente aleatori, ma anche l’esigenza di affrontare problemi tecnici nuovi, di speciale complessità, che richiedano un impegno intellettuale superiore alla media, o che non siano ancora adeguatamente studiati dalla scienza. (Nell’affermare tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la responsabilità di un ingegnere, che aveva redatto un progetto di sopraelevazione di un fabbricato, di cui aveva garantito la fattibilità, senza avere acquisito una completa conoscenza delle strutture di fondazione, né dell’originario progetto dell’edificio, ravvisando in tale contegno gli estremi della colpa grave).

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Cass. civ. n. 8546/2005

In tema di responsabilità del prestatore di opera intellettuale, poichè l’art. 1176 c.c. fa obbligo al professionista di usare, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti la sua attività professionale, la diligenza del buon padre di famiglia, il medesimo risponde normalmente per colpa lieve; nella sola ipotesi che la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, l’art. 2236 c.c. prevede un’attenuazione di responsabilità, nel senso che il professionista è tenuto al risarcimento del danno unicamente per dolo o colpa grave. Pertanto, la prova dell’esistenza di tale presupposto, derogando alle norme generali sulla responsabilità per colpa, incombe al professionista; peraltro, la domanda di risarcimento del danno, basata sulla colpa grave, contiene quella per colpa lieve, senza che, pertanto, la pronuncia di condanna fondata su colpa lieve del professionista possa dar luogo a vizio di ultrapetizione.

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Cass. civ. n. 5928/2002

La disposizione dell’art. 2236 c.c., secondo cui quando la prestazione professionale implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il professionista non risponde dei danni se non in caso di dolo o di colpa grave, deve intendersi nel senso che l’impegno intellettuale richiesto in tali casi sia superiore a quello professionale medio, con conseguente presupposizione di preparazione e dispendio di attività anch’esse superiori alla media; l’onere di dimostrare la sussistenza di quel quid pluris che potrebbe comportare una attenuazione della responsabilità incombe in ogni caso sul professionista. (Nel caso di specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto insussistente l’ipotesi di cui alla citata disposizione nel caso del difensore che aveva omesso di indicare la data della prima udienza nella copia notificata dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, irregolarità alla quale era conseguita la dichiarazione di esecutività del decreto ingiuntivo opposto).

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Cass. civ. n. 5945/2000

La limitazione della responsabilità professionale del medico ai soli casi di dolo o colpa grave a norma dell’art. 2236 c.c. si applica nelle sole ipotesi che presentino problemi tecnici di particolare difficoltà (perché trascendono la preparazione media o perché non sono stati ancora studiati a sufficienza, ovvero dibattuti con riguardo ai metodi da adottare) e, in ogni caso, tale limitazione di responsabilità attiene esclusivamente all’imperizia, non all’imprudenza e alla negligenza, con la conseguenza che risponde anche per colpa lieve il professionista che, nell’esecuzione di un intervento o di una terapia medica provochi un danno per omissione di diligenza ed inadeguata preparazione; la sussistenza della negligenza va valutata in relazione alla specifica diligenza richiesta al debitore qualificato dall’art. 1176 comma secondo c.c. ed il relativo accertamento compete al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

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Cass. civ. n. 6937/1996

La disposizione di cui all’art. 2236 c.c. – che, nei casi di prestazioni implicanti la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, limita la responsabilità del professionista ai soli casi di dolo o colpa grave – non trova applicazione ai danni ricollegabili a negligenza ed imprudenza, essendo essa circoscritta, nei limiti considerati, ai casi di imperizia ricollegabili alla particolare difficoltà di problemi tecnici che l’attività professionale, in concreto, renda necessario affrontare. (Nella specie, è stata esclusa l’applicabilità della menzionata disposizione in relazione al comportamento di un avvocato che, pur avendo ricevuto dal proprio assistito un foglio in bianco contenente una procura, aveva omesso di impugnare il licenziamento subito dall’assistito stesso, cagionandogli, così, danni risarcibili).

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