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Art. 480 — Prescrizione

Art. 480 — Prescrizione

Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni [ 481, 485, 487, 525, 2946 c.c. ].

Il termine decorre dal giorno dell’apertura della successione [ 456 c.c. ] e, in caso d’istituzione condizionale [ 633 ss. c.c. ], dal giorno in cui si verifica la condizione [ 1353, 1359, 2935 c.c. ] . In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa.

Il termine non corre per i chiamati ulteriori [ 688 c.c. ], se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è venuto meno [ 525 c.c. ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 4695/2017

In tema di successioni “mortis causa”, non influisce sulla decorrenza del termine di prescrizione per l’accettazione dell’eredità, di cui all’art. 480 c.c., la sopravvenienza di beni nell’asse ereditario, atteso che tale circostanza, pur potendo incidere sull’interesse concreto del chiamato a subentrare nella posizione giuridica del defunto, non esclude la giuridica possibilità di accettare l’eredità, stante il carattere universale del fenomeno successorio, che comprende non solo i rapporti attivi, ma anche quelli passivi facenti capo al “de cuius”, e rende, pertanto, irrilevante, ai fini dell’applicabilità del comma 2 della detta norma, la mera ignoranza circa l’effettiva consistenza dell’asse relitto.

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Cass. civ. n. 8776/2013

La prescrizione del diritto di accettare l’eredità, di cui all’art. 480 cod. civ., rimane sospesa nei soli casi espressamente stabiliti da detta norma, non sussistendo altri fatti impeditivi del suo decorso. (Nella specie, la S.C., alla luce dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inapplicabile alla prescrizione del diritto di accettazione ereditaria la causa di sospensione di cui all’art. 2941, n. 8, cod. civ.).

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Cass. civ. n. 264/2013

Il vigente ordinamento giuridico non prevede due distinti ed autonomi diritti di accettazione dell’eredità, derivanti l’uno dalla delazione testamentaria e l’altro dalla delazione legittima, ma contempla – con riguardo al patrimonio relitto dal defunto, quale che sia il titolo della chiamata – un unico diritto di accettazione, che, se non viene fatto valere, si prescrive nel termine di dieci anni dal giorno dell’apertura della successione, come conferma l’art. 483, secondo comma, c.c., il quale attribuisce automatico rilievo ad un testamento scoperto dopo l’accettazione dell’eredità (pur limitando entro il valore dell’asse l’obbligo di soddisfare i legati ivi disposti), senza che esso debba essere a sua volta accettato. In tema di successioni “mortis causa”, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 480, secondo comma, c.c., interpretato nel senso che il termine decennale di prescrizione del diritto di accettare l’eredità decorre unitariamente dal giorno dell’apertura della successione, pure nel caso di successiva scoperta di un testamento del quale non si aveva notizia. Invero, detta disciplina si rivela frutto di una scelta ragionevole del legislatore, in quanto finalizzata, come in tutte le ipotesi di prescrizione, al perseguimento della certezza delle situazioni giuridiche, e quindi ispirata dall’esigenza di cristallizzare in modo definitivo, dopo un certo lasso di tempo, la regolamentazione dei diritti ereditari tra le diverse categorie di successibili, in maniera da accordare specifica tutela a chi abbia accettato, nell’indicato termine di dieci anni, l’eredità devolutagli per legge o per testamento, ed anche a chi, dopo aver accettato nel termine l’eredità legittima, abbia fatto valere un testamento successivamente scoperto, rispetto a colui che, chiamato per testamento e non pure per legge all’eredità, non abbia potuto accettare la stessa nel termine di prescrizione per mancata conoscenza dell’esistenza di tale scheda testamentaria; d’altra parte, prevedendo l’art. 480 c.c. un termine prescrizionale, cui va riconosciuta natura sostanziale e non processuale, esso rimane per sua natura estraneo all’ambito di tutela dell’art. 24 Cost., in quanto non volto all’esercizio del diritto di difesa.

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Cass. civ. n. 16426/2012

In tema di successioni per causa di morte, l’art. 480 c.c. pone un’eccezione alla regola che si desume dal combinato disposto dell’art. 2935 c.c., in relazione alla decorrenza della prescrizione, e dell’art. 523 c.c., circa l’ordine della devoluzione, nel senso che, sebbene per i chiamati ulteriori la delazione non sia coeva all’apertura della successione, ma si attui in linea eventuale e successiva solo se, ed in quanto, i primi chiamati non vogliano o non possano accettare l’eredità, la prescrizione decorre anche per i chiamati ulteriori sin dal momento dell’apertura della successione, salva l’ipotesi in cui vi sia stata accettazione da parte dei precedenti chiamati e il loro acquisto ereditario sia venuto meno. Tale eccezione trova spiegazione alla luce dell’art. 481 c.c., che attribuisce a chiunque vi abbia interesse, e dunque prioritariamente ai chiamati ulteriori, l’ “actio interrogatoria”, mediante la quale è possibile chiedere al giudice di fissare un termine, necessariamente anteriore alla scadenza di quello di prescrizione, ex art. 480 c.c., entro cui il chiamato manifesti la propria intenzione di accettare l’eredità o di rinunciarvi.

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Cass. civ. n. 2202/2004

La prescrizione del diritto di accettare l’eredità non è soggetta a interruzione in seguito al riconoscimento del diritto stesso da parte di chi beneficerebbe del suo mancato esercizio entro il termine stabilito dall’art. 480 c.c.

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Cass. civ. n. 10333/1993

Per il combinato disposto degli artt. 2935 e 480 c.c., nel testo risultante dall’intervento interpretativo della Corte costituzionale (sentenza n. 191 del 1983) il termine decennale di prescrizione per l’accettazione dell’eredità decorre per i figli naturali non riconosciuti e dichiarati tali giudizialmente dopo la morte del genitore, solo dal passaggio in giudicato della decisione di accertamento del loro status, trovandosi essi fino a tale accertamento nell’impossibilità giuridica, e non di mero fatto, di accettare l’eredità.

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Cass. civ. n. 2326/1990

[ … ] Detto principio è applicabile anche con riferimento ai figli naturali nati anteriormente all’1 luglio 1939, considerando che il loro diritto di chiedere la dichiarazione dello status — escluso dall’al t. 123 att. c.c., fino alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della stessa norma avvenuta con la sentenza n. 7 del 1963 della Corte costituzionale — è stato espressamente riconosciuto dall’art. 1 della L. 23 novembre 1971 n. 1047, che ha fissato un termine di due anni dalla sua entrata in vigore per l’esercizio dell’azione di dichiarazione di paternità naturale (con il conseguente sorgere del diritto potestativo di accettazione dell’eredità, inscindibilmente connesso con l’accertamento dello status e da questo dipendente).

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Cass. civ. n. 6032/1981

Il termine di prescrizione del diritto di accettare l’eredità iure rapraesentationis (dieci anni decorrenti dal giorno dell’apertura della successione) viene sospeso, ai sensi dell’art. 480 c.c. durante il tempo intercorso fra l’accettazione di precedenti chiamati ed il venir meno del loro acquisto. Pertanto, ove il rappresentato che abbia originariamente rinunziato all’eredità revochi la rinunzia ed agisca per la divisione ereditaria nei confronti del coerede, il giudicato formatosi sull’efficacia della revoca, equivalendo all’accertamento dell’inesistenza dell’acquisto del chiamato stesso, ha l’effetto di far ritenere come mai sospeso il termine suddetto che, conseguentemente, per i chiamati in via ulteriore deve ritenersi spirato con il compimento del decennio decorrente dall’apertura della successione, restando unicamente rilevante la rinunzia del precedente chiamato.

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