Art. 631 – Codice civile – Disposizioni rimesse all’arbitrio del terzo
È nulla ogni disposizione testamentaria con la quale si fa dipendere dall'arbitrio di un terzo l'indicazione dell'erede o del legatario [632, 664 c.c.], ovvero la determinazione della quota di eredità.
Tuttavia è valida la disposizione a titolo particolare [588 c.c.] in favore di persona da scegliersi dall'onerato o da un terzo [1473 c.c.] tra più persone determinate dal testatore o appartenenti a famiglie o categorie di persone da lui determinate, ed è pure valida la disposizione a titolo particolare a favore di uno tra più enti [600 c.c.] determinati del pari dal testatore. Se sono indicate più persone in modo alternativo e non è stabilito chi deve fare la scelta, questa si considera lasciata all'onerato [699 c.c.].
Se l'onerato o il terzo non può o non vuole fare la scelta, questa è fatta con decreto dal presidente del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione [456 c.c.], dopo avere assunto le opportune informazioni [751 c.p.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 3820/2013
In tema di fusione per incorporazione, l'art. 2504 bis c.c. nel testo modificato dal d.l.vo n. 6 del 2003, nel prevedere la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti, risolve la fusione in una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che, pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identità. Ove, peraltro, la società incorporata abbia ottenuto, in epoca successiva all'entrata in vigore dell'art. 4 del d.l.vo n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese, si determina, attesa l'efficacia costitutiva del suddetto provvedimento di cancellazione, l'immediata estinzione della società stessa, che non può più mantenere la propria individualità, né può far valere la persistenza di una propria autonoma legittimazione attiva. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto che, correttamente, il giudice d'appello avesse dichiarato inammissibile l'impugnazione proposta direttamente dalla società incorporata in epoca successiva all'avvenuta cancellazione dal registro delle imprese).
Cass. civ. n. 28035/2011
In tema di sanzioni amministrative, risponde della violazione di cui all'art. 2631, comma primo, c.c., l'amministratore che viola l'obbligo di convocare l'assemblea dei soci per l'approvazione del bilancio entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale, ove la prima convocazione vada deserta e non provveda, ai sensi degli artt. 2364 e 2369 c.c., a far svolgere effettivamente l'assemblea in seconda convocazione entro trenta giorni decorrenti dalla precedente adunanza, non potendo ritenersi adempiuta la prescrizione normativa con la mera fissazione di un'ulteriore convocazione.
Cass. civ. n. 8673/2004
La fattispecie previgente dell'art. 2631 c.c. che disciplinava il conflitto di interessi non è stata riprodotta, a seguito dell'introduzione del D.L.vo n. 61 del 2002, nel vigente art. 2631 c.c. che prevede la violazione amministrativa di omessa convocazione dell'assemblea, ed è solo in parte riprodotta dal vigente art. 2634 c.c. che disciplina l'infedeltà patrimoniale; ne consegue — nell'ipotesi in cui il reato contestato all'imputato sia quello previsto dal previgente art. 2631 c.c. e non siano ravvisabili gli estremi della fattispecie criminosa di cui al vigente art. 2634 c.c. — che il giudice ha il dovere di assolvere l'imputato e non può ordinare la trasmissione degli atti all'Autorità amministrativa.
Cass. civ. n. 36343/2002
In tema di omessa convocazione dell'assemblea, la nuova formulazione dell'art. 2631 c.c. introdotta dall'art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, in sostituzione dell'art. 2630, comma secondo, n. 2, c.c., ha trasformato la fattispecie di reato in illecito amministrativo. La nuova e più favorevole disciplina non pone alcuna distinzione con riferimento al tipo di società cui appartengano gli amministratori o i sindaci cui l'omissione sia imputata e deve, pertanto, trovare immediata applicazione anche nell'ipotesi di sindaci di società cooperativa che abbiano omesso di convocare l'assemblea dei soci nei casi previsti dalla legge o dallo statuto. (Nel caso di specie, riguardante l'omessa convocazione dell'assemblea dei soci di una cooperativa a r.l. per l'approvazione del bilancio di esercizio, la Suprema Corte ha annullato l'impugnata sentenza senza rinvio perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato).
Cass. civ. n. 318/2002
Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 9 e 62 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari) in quanto prevedono un meccanismo di determinazione del canone di equo affitto ancora basato, nonostante la intervenuta revisione degli estimi catastali, sul reddito dominicale stabilito a norma del regio decreto - legge 4 aprile 1939, n. 589 (Revisione generale degli estimi dei terreni) convertito, con modificazioni, in legge 29 giugno 1939, n. 976.
Cass. civ. n. 3082/1993
La norma di cui al secondo comma dell'art. 631 c.c. che, in esplicita deroga al principio generale dettato dal primo comma dello stesso articolo, prevede la validità della disposizione testamentaria a titolo particolare con riguardo al delimitato incarico di scegliere, tra più persone, o in una famiglia o categoria, predeterminate dallo stesso testatore, il soggetto beneficiario di una certa attribuzione, è una norma di stretta interpretazione, non applicabile al di là delle ipotesi in essa specificamente contemplate, tal che non può trovare applicazione nell'ipotesi in cui il testatore abbia attribuito all'esecutore testamentario la facoltà di procedere a suo libito ad imprecisati e generici cambiamenti delle disposizioni testamentarie già indicate.
Cass. civ. n. 1928/1982
In ipotesi di chiamata all'eredità subordinata alla condizione dell'aggiunta del cognome del testatore al proprio entro un determinato termine dall'apertura della successione, con la previsione, per il caso di mancato avveramento della condizione, della devoluzione di tutto il patrimonio relitto allo Stato, qualora risulti l'intento del de cuius di affidare i propri scopi (connessi al verificarsi di detta condizione) ed il beneficio al primo chiamato alla mera discrezione della pubblica amministrazione, senza alcun obbligo a calice, di quest'ultima di attivarsi per la realizzazione dell'evento dedotto in condizione, si configura la nullità della disposizione testamentaria, ove il testatore abbia in tal modo consapevolmente inteso rimettere all'arbitrio del secondo chiamato la designazione dell'erede (art. 631, primo comma, c.c.), ovvero la nullità — quanto al termine —della condizione perché illecita (art. 634 c.c.) ove il testatore abbia posto una condizione realizzante, nella sostanza, la fattispecie vietata di cui all'art. 631, primo comma, citato.
Cass. civ. n. 4496/1977
Nel caso in cui l'estensione di un fondo rustico concesso in affitto venga a ridursi per parziale destinazione del fondo stesso ad uso non agricolo da parte del concedente, il canone deve considerarsi indeterminato per causa sopravvenuta ed il suo mancato pagamento, fino ad una nuova determinazione convenzionale o giudiziale, non può provocare la risoluzione del contratto per inadempimento.